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CORTE 
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 9/10/2008 (Ud. 09/07/2008), Sentenza n. 38410
FAUNA E FLORA - Importazione illecita di specie protette - Accertamento della 
legittimità dell'importazione - Mancanza di diligenza - Responsabilità - Art. 1, 
L. n 150/1992. L'ignoranza o l'errore (fattispecie relativa ala importazione 
illecita di carapaci) non può produrre effetti scriminanti se dipende da colpa 
configurabile allorché l’imputato abbia ammesso di sapere che animali vivi o 
morti appartenenti a specie protette non possono essere importati. Egli, proprio 
perché a suo dire l'appartenenza di quei gusci non era facilmente conoscibile da 
parte del comune turista e proprio perché aveva dimostrato di sapere che animali 
o parti di essi appartenenti a specie protette non possono essere importati vivi 
o morti, prima di introdurre in Italia ben sette gusci di tartaruga, 
appartenenti a specie protette, avrebbe dovuto rivolgersi a persone esperte allo 
scopo di accertare la legittimità dell'importazione. Tale doverosa mancanza di 
diligenza lo rende responsabile del reato di cui all'articolo 1 della legge n 
150 del 1992. Pres. De Maio, Est. Petti, Ric. Gueye. CORTE DI CASSAZIONE 
PENALE, Sez. III, 09/10/2008 (Ud. 9/07/2008), Sentenza n. 38410
      
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UDIENZA  9.7.2008
SENTENZA N. 1782
REG. GENERALE n.17047/08
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Signori
Dott. Guido DE MAIO                          Presidente
Dott. Agostino CORDOVA                   Consigliere
Dott. Pierluigi ONORATO (est.)            Consigliere
Dott. Ciro PETTI                                  Consigliere
Dott. Aldo FIALE                                 Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da Gueye Moussa Ndioumbe, nato l'11 agosto del 1970 nel 
Senegal ,avverso la sentenza della corte d'appello di Firenze del 31 gennaio del 
2008;
udita la relazione svolta del consigliere dott. Ciro Petti;
udito il procuratore generale nella persona del dott. Santi Consolo, il quale 
ha concluso per il rigetto del ricorso;
sentito il difensore avv Dionesalvi Salvatore, il quale ha concluso per 
l'accoglimento del ricorso;
letti il ricorso e la sentenza denunciata osserva quanto segue:
IN FATTO
Con sentenza del 31 gennaio del 2008, la corte d'appello di Firenze confermava 
quella resa dal tribunale della medesima città il 9 maggio del 2006, con cui 
Gueye Moussa Ndioumbe era stato condannato alla pena di mesi due di arresto ed 
euro 5000 di ammenda, quale responsabile, in concorso di circostanze attenuanti 
generiche,del reato di cui all'articolo 1 della legge n 150 del 1992, per avere 
illegalmente importato in Italia sette carapaci di " Testudo Hermanni" 
specie protetta. Fatto commesso il 7 dicembre del 2003.
Il prevenuto si era difeso sostenendo che per errore sul fatto aveva ritenuto 
che quella merce potesse essere importata senza alcuna restrizione.
A fondamento della decisione la corte osservava che non trattavasi di errore sul 
fatto ma di ignoranza della legge penale non scusabile perché dipendente da un 
comportamento negligente del prevenuto; che per tale ragione era del tutto 
inutile disporre la rinnovazione del dibattimento al fine di accertare se quei 
gusci potessero facilmente essere attribuiti a specie protette.
Ricorre per cassazione l'imputato denunciando:
-
la violazione degli artt. 42,43 e 47 c.p. per il mancato riconoscimento di un 
errore incolpevole sul fatto;
-
mancanza ed illogicità della motivazione della sentenza nella parte in cui si 
era erroneamente interpretata la doglianza difensiva, qualificandola come errore 
sulla legge penale anziché sul fatto;
-
la violazione degli artt. 125 e 546 c.p. per l'omessa valutazione della prove a 
discarico nonché del teste chiave dell'accusa ,dalle cui dichiarazioni emergeva 
la sua buona fede giacché lo stesso teste aveva dichiarato che l'appartenenza di 
quei gusci a specie protette non era facilmente conoscibile;inoltre quei gusci 
erano esposti liberamente al mercato ed egli non era in grado di percepire la 
differenza tra le varie specie;
-
carenza di motivazione sulla valutazione delle dichiarazioni rese dai testimoni 
a discarico o dallo stesso teste chiave dell'accusa;
-
mancata assunzione di una prova decisiva ritualmente chiesta e più precisamente 
mancato espletamento di una perizia, la quale era indispensabile anche perché 
lo stesso Gremoli, principale teste d' accusa, aveva evidenziato la non 
riconoscibilità delle specie protette da parte di un comune turista;
-
illogicità della motivazione per avere la corte ritenuto evitabile l'ignoranza 
nonostante la deposizione del teste Gremoli, il quale aveva escluso la facile 
conoscibilità delle specie protette;
-
violazione del diritto alla prova per il mancato espletamento della perizia, 
più volte sollecitata;
-
mancanza e contraddittorietà della motivazione per avere la corte ritenuto 
inescusabile l'errore nonostante le dichiarazioni dei testimoni a discarico e di 
quelle rese dal teste chiave dell'accusa, il quale aveva escluso che un comune 
turista potesse riconoscere le specie protette.
IN DIRITTO
Il ricorso va dichiarato inammissibile per la manifesta infondatezza dei motivi, 
in larga misura ripetitivi di censure già esaminate dai giudici del merito.
Le censure, che costituiscono sostanzialmente la reiterazione di analoghe 
doglianze sottoposte all'esame dei giudici del merito, si riassumono in tre 
doglianze fondamentali : 
1) l'avere qualificato come ignoranza 
inescusabile della legge penale quello che in realtà era un errore sul fatto, in 
quanto una persona comune non avrebbe potuto rendersi conto che quei gusci 
appartenevano a specie protette;
2) l'avere omesso di apprezzare le risultanze processuali dalle quali si poteva desumere la sussistenza di tale errore ossia la non conoscibilità dell'appartenenza di quei gusci a specie protette;
3) la violazione del diritto alla prova per avere la corte impedito all'imputato di dimostrare con una perizia, la non facile conoscibilità dell'appartenenza di quei gusci specie protette.
Tutte le censure ruotano in definitiva sulla sussistenza di un errore di fatto. 
Esse si fondano sull'erronea premessa che l'errore di fatto scrimini comunque- 
Invece esso scrimina solo nei delitti dolosi perché, se dipende da colpa, non 
esclude la punibilità qualora il reato sia punito anche a titolo di colpa. 
Orbene i giudici del merito hanno statuito che l'ignoranza o l'errore nella 
fattispecie non poteva comunque scriminare perché dipendente da colpa. Invero il 
prevenuto, come risulta dalle sentenze impugnate, aveva ammesso di sapere che 
animali vivi o morti appartenenti a specie protette non potevano essere 
importati. Orbene l'imputato, proprio perché a suo dire l'appartenenza di quei 
gusci non era facilmente conoscibile da parte del comune turista e proprio 
perché aveva dimostrato di sapere che animali o parti di essi appartenenti a 
specie protette non possono essere importati vivi o morti, prima di introdurre 
in Italia ben sette gusci di tartaruga, appartenenti a specie protette, avrebbe 
dovuto rivolgersi a persone esperte allo scopo di accertare la legittimità dell'importazione. Tale doverosa mancanza di diligenza lo rende responsabile del 
reato ascrittogli, posto che questo è punito anche a titolo di colpa. Essendo 
evidente la colpa era del tutto inutile svolgere accertamenti per dimostrare se 
l'appartenenza di quei gusci a specie protetta fosse o no conoscibile da parte 
del comune turista giacché, quand'anche si fosse accertata la non facile 
conoscibilità, non sarebbe stata esclusa la responsabilità del prevenuto per la 
ragione anzidetta.
Dall'inammissibilità del ricorso discende l'obbligo di pagare le spese 
processuali e di versare una somma, che stimasi equo determinare in € 1000,00, 
in favore della Cassa delle Ammende, non sussistendo alcuna ipotesi di carenza 
di colpa del ricorrente nella determinazione della causa d'inammissibilità 
secondo l'orientamento espresso dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 
186 del 2000
P.Q.M.
LA CORTE
Letto l'art. 616 c.p.p.
DICHIARA
Inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese 
processuali ed al versamento della somma di € 1000,00 in favore della Cassa 
delle Ammende
Così deciso in Roma il 9 luglio del 2008
		
 
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