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CONSIGLIO DI STATO, 
Sez. VI - 25 Febbraio 2008 (Ud. 11/01/2008), sentenza n. 653
BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Autorizzazione paesaggistica - D.lgs. n. 
42/2004, art. 146 - Cd. “condono ambientale” di cui alla L. n. 308/2004 - Parere 
della Soprintendenza - Natura - Parere obbligatorio e vincolante. Il d.lgs. 
n. 42/2004 ha totalmente ridisegnato il procedimento per il rilascio 
dell’autorizzazione paesaggistica (art. 146), eliminando il potere della 
Soprintendenza di annullare l’autorizzazione paesaggistica già rilasciata dal 
Comune e prevedendo l’intervento della medesima Soprintendenza in sede 
endoprocedimentale, con facoltà di esprimere un parere che risulta qualificato, 
piuttosto che quale esercizio di potere consultivo, come espressione di un 
potere decisorio complesso, facente capo a due apparati distinti, così 
anticipando, già in sede procedimentale, l’apporto partecipativo dell’autorità 
statale (art. 146, commi 6, 7 e 8, d.lgs. cit.). Il medesimo art. 146, comma 12, 
nella versione modificata dall’entrata in vigore del d.lgs. n. 157/2006 
(Disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo 22 gennaio 2004 
n.42, in relazione al paesaggio), prevede che non possano più essere rilasciate 
autorizzazione paesaggistiche “in sanatoria” ossia successive alla 
realizzazione, anche parziale, degli interventi, come invece si riteneva 
possibile nel regime precedente. A temperamento di tale previsione, la legge n. 
308/2004 ha inserito nell’art. 167, cit t.u., la possibilità di sanare ex post 
gli interventi abusivi, purché realizzati entro il 30 settembre 2004 (e comunque 
gli abusi minori puntualmente precisati nel comma 4 dell’art. 167, con il 
medesimo procedimento, ed a regime, secondo la disposizione inserita dal d.lgs. 
24 marzo 2006 n. 157, già sopra citato), instaurando un’apposita procedura 
contemplante, a differenza dell’ordinario procedimento di rilascio 
dell’autorizzazione paesaggistica, che l’accertamento di compatibilità 
paesaggistica possa essere compiuto dalla p.a. preposta alla gestione del 
vincolo, previa acquisizione del parere della Soprintendenza che, nella 
particolare fattispecie in esame (cd. condono ambientale), assume nondimeno 
carattere non solo obbligatorio, ma vincolante. Pres. Varrone, Est. Scola - L.S. 
(avv. Laudadio) c. Ministero per i Beni e la Attività Culturali (avv. Stato) e 
altri (n.c.) - (Annulla T.a.r. Campania, Napoli, sezione VI, n. 4885/2007). 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 25 febbraio 2008 (Ud. 11 gennaio 2008), sentenza 
n. 653
 
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N.653/08
Reg.Dec.
N. 5153 Reg.Ric.
ANNO 2007
 
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la 
seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 5153/2007, proposto da: 
- Lucci Salvatore, rappresentato e difeso dall’avv. Felice Laudadio e con lui 
elettivamente domiciliato presso lo studio del dott. Gian Marco Grez, 
Lungotevere Flaminio n. 46-IV B, Roma, appellante; 
contro
- il Ministero per i beni e le attività culturali, in persona del Ministro 
in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, 
domiciliataria per legge in via dei Portoghesi n. 12, Roma, appellato;
- Soprintendenza per i beni artistici, paesaggio e patrimonio storico, artistico 
e demoantropologico e la Sovrintendenza per i beni architettonici ed il 
paesaggio e per il patrimonio storico artistico e archeologico di Napoli e 
provincia, in persona dei rispettivi rappresentanti legali in carica, non 
costituite in giudizio, appellate;
per l’annullamento e/o la riforma, previa sospensione dell’efficacia,
della sentenza breve del T.a.r. Campania, Napoli, sezione VI, n. 4885/2007, 
concernente l’invito alla revoca, in sede di autotutela, della concessione 
edilizia a sanatoria n. 24967/2006 di cui al nulla osta del Comune di Pozzuoli 
in rapporto ad una tettoia in legno smontabile.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’amministrazione appellata;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore, alla pubblica udienza dell’11 gennaio 2008, il consigliere Aldo SCOLA;
Uditi, per le parti, l’avvocato dello Stato Alessandra Bruni e l’avv. Ferone, su 
delega dell’avv. Felice Laudadio.
Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
FATTO
Salvatore Lucci impugnava, dinanzi al T.a.r. Campania, gli atti in epigrafe 
individuati relativi all’invito formulato dalla Soprintendenza al Comune di 
Pozzuoli a revocare in regime di autotutela un provvedimento autorizzatorio in 
materia paesaggistica, reso nel contesto di un procedimento, instaurato dal 
Lucci ed inteso ad ottenere l’accertamento di compatibilità paesistica in 
relazione ad una tettoia smontabile realizzata alla via Scalandrone n. 12, nel 
Comune di Pozzuoli.
Nel procedimento era stato acquisito il parere favorevole della Commissione per 
il paesaggio del Comune di Pozzuoli a seguito del quale il Comune aveva emesso 
l’atto n.prot. 24967 del 3 luglio 2006, poi trasmesso alla Soprintendenza che, 
invece di rendere il proprio parere nel termine di legge, aveva emesso l’atto 
impugnato sul rilievo che la procedura di accertamento della compatibilità 
paesaggistica degli interventi edilizi realizzati in assenza dell’autorizzazione 
paesaggistica - di competenza dell’Amministrazione comunale - prevede il 
preventivo parere vincolante della Soprintendenza.
Il Lucci deduceva: 1) violazione e falsa applicazione degli artt. 167, comma 5, 
e 181, comma 1-quater, d.lgs. n. 42/2004: la normativa indicata prevederebbe la 
possibilità di ottenere il cd. condono ambientale di interventi realizzati su 
aree vincolate dopo il 30 settembre 2004, secondo un procedimento che prevede, 
dopo apposita istruttoria, la proposta di autorizzazione paesaggistica in 
sanatoria da parte dell’autorità competente alla gestione del vincolo alla 
Soprintendenza competente per territorio, tenuta a comunicare il proprio parere 
vincolante entro novanta giorni dalla ricezione della proposta; l’autorizzazione 
verrebbe rilasciata o negata dall’amministrazione competente entro il termine 
perentorio di centottanta giorni dalla ricezione della richiesta, previo 
rilascio del predetto parere della Soprintendenza; nel caso di specie, alla 
proposta del Comune di Pozzuoli (atto prot. n.24967 del 3 luglio 2006) la 
Soprintendenza non avrebbe fatto seguire alcun parere nel termine di legge, ma 
si sarebbe limitata ad emanare l’atto impugnato, di carattere abnorme, non 
integrando il parere richiesto né il pur possibile annullamento 
dell’autorizzazione paesistica già rilasciata (ove tale si fosse ritenuto l’atto 
comunale), ai sensi dell’art. 159, comma 3, d.lgs. n. 42/2004; l’invito alla 
revoca dell’atto comunale indiccherebbe che la Soprintendenza avrebbe, in 
realtà, compiuto un riesame nel merito del provvedimento comunale, soprapponendo 
la propria valutazione tecnico-discrezionale a quella effettuata dal Comune che, 
in sede di rilascio del nulla-osta paesaggistico, aveva ritenuto l’insussistenza 
di alcun pregiudizio alla conservazione delle caratteristiche ambientali dei 
luoghi interessati dall’intervento, riesame considerato inammissibile ed 
illegittimo; 2) eccesso di potere per difetto di istruttoria; travisamento dei 
fatti; sviamento; violazione dell’art. 3, legge n. 241/1990): la Soprintendenza 
avrebbe negato il nulla osta sulla base dell’erroneo presupposto che il Comune 
avesse svolto il proprio procedimento ex art. 159, d.lgs. n. 42/2004, laddove 
l’iter procedimentale de quo sarebbe stato totalmente riconducibile al combinato 
disposto degli artt. 167, comma 5 e 181, comma 1-quater, d.lgs. n. 42/2004, 
configurandosi il provvedimento comunale come una semplice proposta di 
autorizzazione paesistica; 3) eccesso di potere per disparità di trattamento e 
manifesta ingiustizia: in relazione a fattispecie assolutamente identiche, la 
Soprintendenza avrebbe immotivatamente adottato provvedimenti del tutto 
differenti; 4) eccesso di potere per difetto di motivazione e perplessità: la 
Soprintendenza non avrebbe sufficientemente esternato le valutazioni di 
opportunità alla base della scelta discrezionale compiuta, limitandosi al 
generico richiamo delle norme di legge, in tal modo non risultando 
identificabile il potere esercitato dalla Soprintendenza nel negare il nulla 
osta paesaggistico, non essendo previsto che la Soprintendenza, accertato un 
eventuale vizio di legittimità, possa invitare l’amministrazione competente alla 
revoca della proposta di autorizzazione paesaggistica, dovendo l’ente statale 
limitarsi o ad annullare il provvedimento ex art. 159, d.lgs. n. 42/2004, ovvero 
rendere il proprio parere qualora si versi, come nel caso, nella diversa 
fattispecie di cui agli artt. 167 e 181 della normativa de qua.
Il Ministero si costituiva in giudizio e resisteva al gravame, che i primi 
giudici respingevano con sentenza poi impugnata dal Lucci per errore di 
giudizio, violazione dell’art. 159, d.lgs. n. 42/2004, omesso esame di un punto 
decisivo della vertenza; violazione degli artt. 167, comma 5, e 181, comma 
1-quater, d.lgs. n. 42/2004, in relazione agli artt. 1366 e 1367, c.c., 
violazione dei principi in materia d’interpretazione degli atti amministrativi; 
violazione degli artt. 152 e 181, d.lgs. n. 42/2004, in rapporto agli artt. 3 e 
97, Cost., e 114 e segg., legge cost. n. 3/2001 (non essendo consentito un 
riesame del merito delle valutazioni comunali: cfr. C.d.S., sezione VI, dec. n. 
207/2006); violazione del principio di non contraddizione, in relazione a due 
altri casi identici ma trattati diversamente; violazione dell’art. 9, legge n. 
205/2000 e dell’art. 3, legge n. 241/1990; eccesso di potere per travisamento e 
sviamento in relazione all’atto impugnato, mera proposta di autorizzazione 
paesistica; violazione del d.lgs. n. 42/2004 e del principio di tipicità e 
legalità dell’azione amministrativa, vizio motivazionale e perplessità.
All’esito della pubblica udienza di discussione la vertenza passava in 
decisione, dopo l’abbandono della connessa istanza cautelare.
DIRITTO
L’appello è fondato e va accolto, dato che il collegio non può concordare con 
quanto statuito dal primo giudice, poiché l’amministrazione statale non poteva 
sostituire la propria valutazione tecnico-discrezionale a quella effettuata dal 
Comune che, in sede di rilascio del nulla osta paesaggistico, aveva ritenuto, 
anche se con motivazione sintetica, l’insussistenza di alcun pregiudizio alla 
conservazione delle caratteristiche ambientali dei luoghi interessati 
dall’intervento.
Il d.lgs. n. 42/2004 (cd. Codice Urbani) ha totalmente ridisegnato il 
procedimento per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica (art. 146), in 
particolare, per quanto rileva in questa sede, eliminando, nel sistema a regime, 
il potere della Soprintendenza di annullare l’autorizzazione paesaggistica già 
rilasciata dal Comune e prevedendo l’intervento della medesima Soprintendenza in 
sede endoprocedimentale, con facoltà di esprimere un parere che risulta 
qualificato, piuttosto che quale esercizio di potere consultivo, come 
espressione di un potere decisorio complesso, facente capo a due apparati 
distinti, così anticipando, già in sede procedimentale, l’apporto partecipativo 
dell’autorità statale (art. 146, commi 6, 7 e 8, d.lgs. cit.).
Il medesimo art. 146, comma 12, nella versione modificata dall’entrata in vigore 
del d.lgs. n. 157/2006 (Disposizioni correttive ed integrative al decreto 
legislativo 22 gennaio 2004 n.42, in relazione al paesaggio), prevede che non 
possano più essere rilasciate autorizzazione paesaggistiche “in sanatoria” ossia 
successive alla realizzazione, anche parziale, degli interventi, come invece si 
riteneva possibile nel regime precedente. 
A temperamento di tale previsione, la legge n. 308/2004 ha, comunque, inserito 
nell’art. 167, cit t.u., la possibilità di sanare ex post gli interventi 
abusivi, purché realizzati entro il 30 settembre 2004 (e comunque gli abusi 
minori puntualmente precisati nel comma 4 dell’art. 167, con il medesimo 
procedimento, ed a regime, secondo la disposizione inserita dal d.lgs. 24 marzo 
2006 n. 157, già sopra citato), instaurando un’apposita procedura, ad istanza 
della parte interessata, contemplante, a differenza dell’ordinario procedimento 
di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, che l’accertamento di 
compatibilità paesaggistica possa essere compiuto dalla p.a. preposta alla 
gestione del vincolo, previa acquisizione del parere della Soprintendenza che, 
nella particolare fattispecie in esame (cd. condono ambientale), assume 
nondimeno carattere non solo obbligatorio, ma vincolante.
La particolare natura di parere vincolante sta ad indicare il peculiare e sicuro 
rilievo endoprocedimentale (ma con valenza anche esterna, come per tutti i 
pareri vincolanti atti a condizionare l’esito stesso del procedimento) 
dell’intervento che si giova, per la sua espressione, dell’istruttoria tecnica e 
documentale (acquisizione degli atti e di eventuali integrazioni, acquisizione 
del parere della Commissione paesaggistico-ambientale) svolta dall’autorità 
formalmente preposta alla tutela del vincolo, e, nel caso di specie, dal Comune, 
subdelegato dalla Regione, la cui posizione, nel particolare procedimento de quo 
inevitabilmente recede nel confronto con l’autorità statale (cfr. Corte cost., 
sent. 5 maggio 2006 n. 183), attesa l’attinenza del procedimento medesimo “al 
trattamento penale degli abusi” ed “all’autonomia delle sanzioni amministrative 
rispetto a quelle penali”; pertanto, “gli effetti dell’accertamento di 
conformità appaiono limitati alla punibilità degli abusi, che non investe le 
sanzioni amministrative, né quelle edilizie, ma neppure quelle paesaggistiche”; 
in ogni caso, l’accertamento “postumo” di compatibilità paesaggistica “non 
comporta autorizzazione in sanatoria (inammissibile alla luce dell’art. 146, 
comma 10, lettera c)” (cfr. Corte cost., sent. cit.).
Donde l’imprescindibilità dell’intervento dell’autorità statale, cui spetta “il 
potere di incidere sulla sanzionabilità penale” e cui “va riconosciuta 
discrezionalità in materia di estinzione del reato o della pena o di non 
procedibilità” e la riconducibilità solo formale del procedimento in esame a 
quello per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica; in realtà, “il comma 
1-quater dell’art. 181 del codice Urbani, come aggiunto dall’art. 1, comma 36, 
lettera c), legge n. 304 del 2004, non fa altro che rendere applicabile, su 
iniziativa dell’interessato, il modello di procedimento regolato dall’art. 143 
per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, estrapolando dalla sequenza 
degli atti (il provvedimento è emesso dall’organo titolare della funzione 
autorizzatoria, la Regione, appunto, od il Comune delegato) il parere di un 
organo statale, la Soprintendenza, ai soli fini del riscontro delle condizioni 
oggettive di irrilevanza penale degli interventi in assenza dell’autorizzazione 
od in difformità da essa: l’uniformità di metodi di valutazione sul territorio 
nazionale, che è inerente al trattamento penale degli abusi, è tale da 
giustificare la “chiamata in sussidiarietà” dello Stato nelle funzioni 
amministrative” (cfr. Corte cost., sent. cit.).
Nel caso di specie, il Comune, come prospettava l’attuale appellante, aveva 
trasmesso alla Soprintendenza una proposta di autorizzazione e non una vera e 
propria autorizzazione paesaggistica, chiaramente orientata a provocare 
l’ingresso della Soprintendenza nel peculiare procedimento de quo, essendo 
possibile esprimere un parere, per di più vincolante, ove la p.a., deputata per 
legge, solo alla formale emanazione del provvedimento finale, lo abbia 
richiesto. 
L’intera sequenza manca dell’eventuale parere (vincolante) della Soprintendenza, 
che non è tempestivamente intervenuto e non può più intervenire tardivamente, 
per cui del tutto illegittimo si appalesa il rifiuto della Soprintendenza 
d’intervenire in un procedimento gestito e concluso interamente dal Comune di 
Pozzuoli e che si è svolto secondo modalità tali da esigere, nella forma e nella 
sostanza, l’espressione del parere vincolante ex legge n. 308/2004, tanto 
più in presenza di casi identici nei quali la Soprintendenza sembrerebbe essersi 
incontestatamente regolata in modo diverso, senza plausibili giustificazioni.
L’appello va, dunque, accolto, con contestuale riforma dell’impugnata sentenza e 
correlativo accoglimento del ricorso di primo grado, annullandosi gli atti ivi 
impugnati (ed assorbendosi ogni altra doglianza non espressamente esaminata, ma 
palesemente interdipendente rispetto a quanto già vagliato e condiviso), mentre 
le spese del doppio grado di giudizio possono integralmente compensarsi per 
giusti motivi tra le parti costituite, tenuto anche conto delle alterne vicende 
processuali.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione sesta): 
- accoglie l’appello;
- annulla l’impugnata sentenza;
- accoglie il ricorso di primo grado;
- annulla gli atti ivi impugnati;
- compensa spese ed onorari del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, Palazzo Spada, dal Consiglio di Stato in sede 
giurisdizionale, nella camera di consiglio dell’11 gennaio 2008, con 
l'intervento dei signori magistrati:
Claudio VARRONE Presidente
Carmine VOLPE Consigliere
Paolo BUONVINO Consigliere
Aldo SCOLA Consigliere rel. est.
Bruno Rosario POLITO Consigliere
Presidente
Claudio Varrone
Consigliere                                                        
Segretario
Aldo Scola                                                        
Glauco Simonini
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 25/02/2008
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
Il Direttore della Sezione
Maria Rita Oliva
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