Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
  
TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. IV, 7 settembre 2007, sentenza n. 5773
 
VIA - ENERGIA - Costruzione ed esercizio di impianti di potenza superiore a 300 MW termici - L. 55/2002 - Autorizzazione unica - Esito positivo della VIA - Condizione essenziale - Autonoma impugnazione del decreto di VIA favorevole - Possibilità. In materia di costruzione e l'esercizio degli impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici, se è vero che la valutazione di impatto ambientale si inserisce in procedimento che culmina nell’autorizzazione unica, ai sensi dell’art.1, comma 2, del d.l. n.7/2002, convertito nella legge n.55/2002, è altrettanto vero che l’esito positivo della V.I.A., rappresenta condizione essenziale per il rilascio della suddetta autorizzazione (la predetta norma precisa tra l’altro che “l’esito positivo della VIA costituisce parte integrante e condizione necessaria del procedimento autorizzatorio”). Pertanto, il carattere lesivo del giudizio positivo di compatibilità ambientale opera immediatamente, in quanto solo l’adozione del decreto di VIA favorevole al progetto consente il rilascio dell’autorizzazione finale, con la conseguenza che il decreto stesso è autonomamente impugnabile, assieme agli atti preparatori o altrimenti connessi (TAR Piemonte, II, 15/4/2005, n.1028; Cons.Stato, VI, 9/6/2005, n.3043). Pres. Nicolosi, Est. Bellucci - Provincia di Lodi (avv. Mariotti) c. Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e altri (Avv. Stato) e Regione Lombardia (avv. Cederle), riunito ad altro ric. - T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez. IV - 7 settembre 2007, n. 5773
VIA - ENERGIA - Impianti di potenza superiore a 300 MW termici - L. 55/2002 - 
Art. 1, c. 3 - Autorizzazione unica - Obbligo di acquisire il parere del comune 
e della provincia nel cui territorio ricadono le opere - Non attiene al distinto 
procedimento di VIA L’obbligo di chiedere il parere del Comune e della 
Provincia nel cui territorio ricadono le opere (per la realizzazione di impianti 
di produzione di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici) è 
riferito dall’art.1, comma 3, della legge n.55/2002 all’autorizzazione unica, e 
non alla procedura di VIA, la quale soggiace a regole di partecipazione sue 
proprie (legge n.349/1986 e dal DPCM n.377/1988), che prevedono la facoltà di 
partecipazione al procedimento degli interessati ad esito della pubblicazione 
dell’istanza di pronuncia di compatibilità ambientale, nonchè la facoltà, e non 
l’obbligo, di ricorrere alla Conferenza di servizi ex artt. 14 e seguenti della 
legge n.241/1990. Né è prospettabile al riguardo l’obbligo di intesa con la 
Regione, in quanto il medesimo è previsto dall’art.1, comma 2, della legge 
n.55/2002 ai diversi fini dell’autorizzazione unica finale ivi definita. Pres. 
Nicolosi, Est. Bellucci - Provincia di Lodi (avv. Mariotti) c. Ministero 
dell’Ambiente e della tutela del territorio e altri (Avv. Stato) e Regione 
Lombardia (avv. Cederle), riunito ad altro ric. - T.A.R. LOMBARDIA, Milano, 
Sez. IV - 7 settembre 2007, n. 5773
INQUINAMENTO ATMOSFERICO - BAT - Discrezionalità tecnica dell’amministrazione 
- Censurabilità - Limiti. La scelta amministrativa in ordine alla necessità 
di utilizzo della migliore tecnologia disponibile, in assenza di norme cogenti 
sul punto, incide su aspetti di discrezionalità tecnica non censurabili, se non 
sotto il profilo dell’eccesso di potere per manifesta illogicità o travisamento 
(TAR Lazio, Roma, I, 31/5/2004, n.5117; TAR Puglia, Bari, I, 21/1/2004, n.171). 
Pres. Nicolosi, Est. Bellucci - Provincia di Lodi (avv. Mariotti) c. Ministero 
dell’Ambiente e della tutela del territorio e altri (Avv. Stato) e Regione 
Lombardia (avv. Cederle), riunito ad altro ric. - T.A.R. LOMBARDIA, Milano, 
Sez. IV - 7 settembre 2007, n. 5773
VIA - Incidenza sui valori ambientali e interesse all’esecuzione dell’opera - 
Giudizio comparativo - Discrezionalità amministrativa - Sindacato 
giurisdizionale - Limiti. Il concetto di valutazione di impatto ambientale 
presuppone che l’opera da valutare abbia un’incidenza sui valori ambientali, 
modificandoli in misura più o meno rilevante. Si tratta quindi di stabilire se 
le alterazioni conseguenti alla sua realizzazione possano reputarsi accettabili 
alla stregua di un giudizio comparativo, focalizzato da un lato sulla necessità 
di salvaguardare preminenti valori ambientali, dall’altro sull’interesse 
pubblico sotteso all’esecuzione dell’opera. In tale contesto rilevano 
determinazioni ampiamente discrezionali, tecniche e amministrative, sindacabili 
dal giudice amministrativo entro limiti ristretti, ovvero in relazione 
all’eventuale emersione delle figure sintomatiche di illegittimità costituite 
dall’illogicità manifesta e dalla contraddittorietà (TAR Puglia, Bari, I, 
21/1/2004, n.171; TAR Lazio, Roma, I, 31/5/2004, n.5117; Cons.Stato, VI, 
5/1/2004, n.1). Pres. Nicolosi, Est. Bellucci - Provincia di Lodi (avv. Mariotti) 
c. Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e altri (Avv. Stato) e 
Regione Lombardia (avv. Cederle), riunito ad altro ric. - T.A.R. LOMBARDIA, 
Milano, Sez. IV - 7 settembre 2007, n. 5773
ENERGIA - Impianti di potenza superiore a 30 MW termici - Autorizzazione 
unica - Amministrazione procedente - Obbligo di acquisire il parere motivato del 
comune e della provincia interessati - Estensione ad altri enti - Esclusione - 
Ragioni. Stante l’univoco disposto dell’art. 1, c. 3 della L. n. 55/2002, in 
tema di autorizzazione unica per la realizzazione e l’esercizio di impianti di 
energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici, l’amministrazione 
procedente è tenuta ad acquisire il parere motivato solo del comune e della 
provincia nel cui territorio ricadono le opere, non invece di altri enti, i 
quali possono comunque avvalersi della facoltà di intervenire al procedimento, 
attraverso la presentazione di osservazioni o l’intervento nella Conferenza di 
Servizi (art. 1, c. 2 L. 55/2002; artt. 9 e 10 L. n. 241/1990). Il 
coinvolgimento specifico di tutti gli altri enti potenzialmente coinvolti dalle 
emissioni della centrale allargherebbe infatti a dismisura la platea dei 
soggetti partecipanti, introducendo profili di incertezza, ben potendo anche 
enti territoriali situati a notevole distanza dal sito in cui sorge l’opera 
reclamare conseguenze di tipo ambientale in relazione alle eventuali emissioni 
ritenute insalubri, in contraddizione con i profili di concentrazione e 
celerità, ritenuti primari dalla legge n.55/2002 ai fini dell’istruttoria dello 
specifico procedimento autorizzatorio previsto (TAR Piemonte, II, 15/4/2005, 
n.1028; TAR Lazio, Roma, II, 23/8/2005, n.6267; Cons.Stato, VI, 11/2/2004, 
n.458). Tale assetto di coinvolgimento delle amministrazioni locali tiene conto 
della necessaria celerità con cui, allo scopo specificato dall’art.1, comma 1, 
della legge n.55/2002 “di evitare il pericolo di interruzione di fornitura di 
energia elettrica su tutto il territorio nazionale e di garantire la necessaria 
copertura del fabbisogno nazionale”, le funzioni amministrative concernenti la 
costruzione di impianti di energia elettrica di particolare rilievo devono 
essere svolte: il previsto “obbligo di richiedere il parere motivato del Comune 
e della Provincia nel cui territorio ricadono le opere” e la necessità del 
conseguimento di un’intesa con la Regione assicurano peculiare ma sufficiente 
coinvolgimento degli enti locali, giustificato dalla specialità del procedimento 
de quo, in linea con gli artt.5, 97, 117 e 118 della Costituzione (Corte 
Costituzionale, 13/1/2004, n.6). Pres. Nicolosi, Est. Bellucci - Provincia di 
Lodi (avv. Mariotti) c. Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e 
altri (Avv. Stato) e Regione Lombardia (avv. Cederle), riunito ad altro ric. -
T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez. IV - 7 settembre 2007, n. 5773
INQUINAMENTO - Autorizzazione Integrata ambientale - D.Lgs. n. 59/2005 - Art. 
17 - Disciplina transitoria. L’art.17 del d.lgs. n.59/2005 prevede un regime 
transitorio speciale per i procedimenti iniziati al momento della sua entrata in 
vigore, imponendo alle autorità competenti di concludere l’iter procedurale 
attenendosi ai principi ed alle regole di sollecita adozione del provvedimento 
conclusivo fissate nello stesso art.17, senza necessità di convocare apposita 
conferenza di servizi ai sensi dell’art.5 del d.lgs. n.59/2005. Pres. Nicolosi, 
Est. Bellucci - Provincia di Lodi (avv. Mariotti) c. Ministero dell’Ambiente e 
della tutela del territorio e altri (Avv. Stato) e Regione Lombardia (avv. 
Cederle), riunito ad altro ric. - T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez. IV - 7 
settembre 2007, n. 5773
ENERGIA - Impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici 
- Art. 1, c. 1 L. 55/2002 - Termine del 31/12/2003 - Superamento per effetto 
dell’art. 1 sexies, c. 8 della L. n. 290/2003. L’eventuale inosservanza del 
termine del 31/12/2003, di cui al primo comma dell’art. 1 della L. 55/2002, 
riguardando l’assoggettamento al regime dell’autorizzazione unica, non è 
suscettibile di inficiare la valutazione di impatto ambientale, facente parte di 
diverso procedimento, ma semmai, l’autorizzazione finale introdotta dalla l. n. 
55/2002. Tuttavia, la questione è stata superata con l’art. 1 sexies, c. 8 della 
L. n. 290/2003, di conversione del d.l. n. 239/2003, dalla quale è desumibile 
“la volontà del legislatore nazionale di stabilizzare definitivamente la 
soluzione, che era invece solo transitoria, del d.l. n.7/2002 e della legge di 
conversione n.55/2002” (Corte Costituzionale, 13/1/2004, n.6). Pres. Nicolosi, 
Est. Bellucci - Provincia di Lodi (avv. Mariotti) c. Ministero dell’Ambiente e 
della tutela del territorio e altri (Avv. Stato) e Regione Lombardia (avv. 
Cederle), riunito ad altro ric. - T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez. IV - 7 
settembre 2007, n. 5773
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOMBARDIA
Sezione Quarta
Sent. n. 5773/2007 del 07/09/2007
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sui ricorsi riuniti
I
n.2221/2005, proposto dalla Provincia di Lodi, in persona del Presidente in carica, rappresentata e difesa dall’avvocato Giovanni Mariotti, ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Milano, Largo Schuster, n.1;
contro
il Ministero dell’Ambiente e della 
tutela del territorio, il Ministero delle attività produttive ed il Ministero 
per i beni e le attività culturali, in persona del rispettivo Ministro pro 
tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di 
Milano, e domiciliati per legge presso gli uffici della stessa in Milano, via 
Freguglia n.1;
la Regione Lombardia, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e 
difesa dall’avvocato Marco Cederle dell’Avvocatura regionale, presso la cui sede 
in Milano, via Fabio Filzi, n.22, è elettivamente domiciliata;
e nei confronti di
Energia s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, 
rappresentata e difesa dagli avvocati Pier Giuseppe Torrani, Domenico Ielo e 
Marta Spaini, ed elettivamente domiciliata presso il loro studio in Milano, 
corso Magenta, n.63;
e con l’intervento ad adiuvandum del
Comune di Casalpusterlengo, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e 
difeso dall’avvocato Giovanni Mariotti, ed elettivamente domiciliato presso il 
suo studio in Milano, Largo Schuster, n.1; 
per l’annullamento
degli atti relativi alla realizzazione, da parte di Energia s.p.a., di una 
centrale termoelettrica a ciclo combinato, e cioè:
del decreto (parere favorevole) n.492 del 21/4/2005, adottato dal Ministero 
dell’Ambiente di concerto col Ministero per i beni e le attività culturali, 
sulla compatibilità ambientale; della nota del Ministero per le Attività 
produttive n.14705 del 26/5/2005; degli atti presupposti, connessi e 
consequenziali, comprendenti i resoconti ed i verbali della Conferenza dei 
Servizi, il parere favorevole della Commissione per le valutazioni di impatto 
ambientale n.269 del 21/10/2004; il parere del Ministero per i beni e le 
attività culturali del 18/11/2004; gli atti della Soprintendenza per i beni 
architettonici ed il paesaggio per le province di Milano, Lodi, Lecco, Bergamo, 
Como, Pavia, Sondrio e Varese; il parere della Direzione generale per i beni 
architettonici e paesaggistici e della Direzione generale per i beni 
archeologici;
nonchè sui motivi aggiunti, proposti altresì contro il Ministero della Salute, 
il Ministero dell’Interno, il Ministero delle Comunicazioni, il Ministero della 
Difesa, in persona del rispettivo Ministro in carica, rappresentati e difesi 
dall’Avvocatura dello Stato, e domiciliati per legge presso la sede della stessa 
in Milano, via Freguglia, n.1,
per l’annullamento
della deliberazione della Regione Lombardia n.VIII/00155 del 14/6/2005, 
avente ad oggetto il parere previsto per il rilascio dell’autorizzazione unica 
per il progetto di nuova centrale termoelettrica e opere connesse; del decreto 
del Ministero dell’Ambiente n.DSA/DEC/2005/00852 datato 3/8/2005, avente ad 
oggetto l’autorizzazione integrata ambientale; del decreto del Ministero delle 
Attività produttive n.55/02/05 del 4/8/2005, avente ad oggetto l’autorizzazione 
resa ai sensi del d.l. n.7/2002 convertito nella legge n.55/2002; degli atti 
connessi comprendenti il parere favorevole del Comando provinciale dei Vigili 
del fuoco di cui alla nota n.4158 del 27/6/2005, i resoconti ed i verbali della 
Conferenza di Servizi del 15/6/2005 e dell’8/7/2005 ed il relativo procedimento;
II
n.2654/2005, proposto dalla Provincia di Lodi, in persona del Presidente in 
carica, rappresentata e difesa dall’avvocato Giovanni Mariotti, ed elettivamente 
domiciliata presso il suo studio in Milano, Largo Schuster, n.1;
contro
il Ministero dell’Ambiente e della 
tutela del territorio, il Ministero delle attività produttive, il Ministero per 
i beni e le attività culturali, il Ministero della salute, il Ministero 
dell’Interno, il Ministero delle Comunicazioni ed il Ministero della Difesa, in 
persona del rispettivo Ministro pro tempore, rappresentati e difesi 
dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Milano, e domiciliati per legge 
presso gli uffici della stessa in Milano, via Freguglia n.1;
la Regione Lombardia, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e 
difesa dall’avvocato Marco Cederle dell’Avvocatura regionale, presso la cui sede 
in Milano, via Fabio Filzi, n.22, è elettivamente domiciliata;
e nei confronti di
Energia s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, 
rappresentata e difesa dagli avvocati Pier Giuseppe Torrani, Domenico Ielo e 
Marta Spaini, ed elettivamente domiciliata presso il loro studio in Milano, 
corso Magenta, n.63;
e con l’intervento ad adiuvandum dei
Comuni di Casalpusterlengo, Terranova dei Passerini, Turano Lodigiano e 
Bertonico, in persona del rispettivo Sindaco pro tempore, rappresentati e difesi 
dall’avvocato Giovanni Mariotti, ed elettivamente domiciliati presso il suo 
studio in Milano, Largo Schuster, n.1; 
per l’annullamento
degli atti relativi alla realizzazione, da parte di Energia s.p.a., di una 
centrale termoelettrica a ciclo combinato, e cioè dei seguenti atti:
deliberazione della giunta regionale della Lombardia n.VIII/000155 del 14/6/2005 
avente ad oggetto il parere previsto per il rilascio dell’autorizzazione unica 
del progetto di nuova centrale termoelettrica e opere connesse; decreto del 
Ministero dell’Ambiente n. DSA/DEC/2005/00852 del 3/8/2005 avente ad oggetto 
l’autorizzazione integrata ambientale; decreto del Ministero delle Attività 
produttive n.55/02/05 del 4/8/2005 avente ad oggetto l’autorizzazione resa ai 
sensi del d.l. n.7/2002 convertito nella legge n.55/2002; atti connessi al 
procedimento comprendenti: il parere favorevole del Comando provinciale dei 
vigili del fuoco di cui alla nota n.4158 del 27/6/2005 comunicato nel corso 
della seconda Conferenza di servizio; i resoconti ed i verbali della Conferenza 
di servizi del 15/6/2005 e dell’8/7/2005 ed il procedimento relativo; il decreto 
(parere favorevole) n.492 del 21/4/2005, adottato dal Ministero dell’Ambiente di 
concerto col Ministero per i beni e le attività culturali, sulla compatibilità 
ambientale; 
Visti i ricorsi con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle Amministrazioni intimate;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Energia s.p.a.;
Visti i motivi aggiunti relativi al primo ricorso, depositati in giudizio in 
data 7/10/2005;
Visti gli atti di intervento ad adiuvandum;
Viste le memorie depositate dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Uditi, alla pubblica udienza del 10 luglio 2007, relatore il Primo Referendario 
Gianluca Bellucci, l’avvocato Giovanni Mariotti per la ricorrente e per i Comuni 
che hanno presentato atto di intervento, l’avvocato dello Stato Caridi per le 
Amministrazioni intimate, l’avvocato Marco Cederle per la Regione Lombardia, gli 
avvocati Domenico Ielo e Marta Spaini per Energia s.p.a.;
Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
Energia s.p.a., in data 23/6/2003, ha presentato domanda di autorizzazione unica 
per la realizzazione di una centrale termoelettrica, secondo la procedura 
prevista dalla legge n.55/2002, a ciclo combinato, con potenza elettrica di 750 
MW, alimentata a metano, ed opere connesse costituite da un elettrodotto 380 KV 
lungo 650 metri e da un gasdotto lungo 6,6 chilometri.
La centrale è destinata a ricadere nei comuni di Bertonico e Turano Lodigiano, 
l’elettrodotto connesso interesserà i comuni di Turano Lodigiano e 
Casalpusterlengo, mentre il tracciato del metanodotto interesserà i comuni di 
Bertonico e Turano Lodigiano.
La società istante ha altresì chiesto al Ministero per i beni e le attività 
culturali, in data 30/6/2003, la pronuncia sulla compatibilità ambientale 
dell’impianto, ai sensi dell’art.6 della legge n.349/1986.
La Direzione generale per i beni architettonici e paesaggistici, chiesto con 
nota del 21/7/2003 il parere alle competenti Soprintendenze, nella Conferenza di 
Servizi del 4/9/2003 ha chiesto un approfondimento del SIA sulle scelte 
concernenti la situazione vincolistica, le alternative alla localizzazione e le 
opere di compensazione ambientale.
Il Ministero dell’Ambiente, in data 30/12/2003, ha chiesto alla società Energia 
un approfondimento del progetto, cui ha fatto seguito, il 7/4/2004 e il 
6/7/2004, il deposito di documenti da parte della stessa e la ripubblicazione 
dell’avviso di deposito del progetto.
Ad esito della nota della Direzione generale del 3/8/2004 la Soprintendenza per 
i beni architettonici delle province della Lombardia ha espresso il proprio 
parere in data 13/10/2004.
La Direzione generale per i beni architettonici ha espresso parere l’11/11/2004.
Il 15/11/2004 la Regione Lombardia è stata sollecitata a rendere il parere di 
competenza ai sensi dell’art.6 della legge n.349/1986.
La Direzione generale per i beni architettonici, in data 18/11/2004, ha dato 
parere favorevole recependo il parere della Soprintendenza, sotto la condizione 
dell’osservanza delle misure di mitigazione indicate nello SIA e 
subordinatamente all’esame di alcune condizioni.
Il procedimento di valutazione di impatto ambientale ha avuto come esito il 
decreto n.492 del 21/4/2005, con il quale il Ministero dell’Ambiente, di 
concerto col Ministero per i beni culturali, si è pronunciato favorevolmente 
sulla compatibilità ambientale del progetto di Energia s.p.a..
Avverso tale provvedimento e gli atti connessi la ricorrente è insorta 
deducendo, con il ricorso n.2221/2005:
1) violazione della legge n.55/2002 per difetto dei presupposti; errata 
applicazione; violazione dell’art.1, comma 2, della legge n.55/2002; violazione 
dell’art.3 del d.lgs.n.59/2005; mancato rispetto dei principi di qualità 
ambientale e salute in violazione dell’art.174 del Trattato istitutivo della 
Comunità europea;
2) insufficiente coinvolgimento delle Regioni, della Provincia e dei Comuni 
nella V.I.A.; violazione del procedimento; errata applicazione dell’art.1, comma 
2, della legge n.55/2002, dell’art.14 della legge n.241/1990 e degli artt.5, 97, 
117 e 118 della Costituzione; violazione dell’intesa con la Regione e del Piano 
energetico regionale; difetto di istruttoria ed eccesso di potere;
3) violazione dell’art.1, comma 3, della legge n.55/2002; violazione del giusto 
procedimento; difetto di motivazione; violazione dell’art.97 della Costituzione; 
difetto di istruttoria, carenza dei presupposti, incompetenza; violazione 
dell’art.14 ter, comma 5, della legge n.241/1990; violazione del piano 
energetico regionale;
4) violazione dell’art.1, comma 1, della legge n.443/2001; mancato coordinamento 
con le altre opere pubbliche di interesse nazionale; difetto di istruttoria 
sulla localizzazione dell’impianto e sulla scelta di siti alternativi; 
violazione delle norme sulle distanze;
5) violazione della legge n.241/1990 e degli artt.1, 3, 17, 18 e 19 del d.lgs.n.190/2002; 
mancata considerazione dello sviluppo sostenibile; violazione dell’art.1, 
lettera “g”, della legge n.239/2004; eccesso e sviamento di potere; violazione 
degli artt.19 e 21 del d.lgs.n.334/1999; violazione del D.M. 19/3/2001 e del 
D.M. Ambiente 9/8/2000;
6) carenza di istruttoria sulla qualità dell’aria; violazione del diritto alla 
salute e del D.M. n.60/2002; violazione del D.P.R. n.203/1988 e del 
d.lgs.n.351/1999;
7) difetto di istruttoria per mancato coordinamento con la L.R. n.26/2003; 
violazione della legge n.36/1994; carenza della valutazione di impatto 
ambientale per i requisiti di cui all’art.6 del d.lgs.n.349/1986 e dell’art.1 
della legge n.55/2002;
8) errata applicazione della legge n.36/2001 e del D.P.C.M. 8/7/2003; carenza 
dei presupposti;
9) violazione dell’art.1, commi 36 e 37, della legge n.239/2004; difetto di 
istruttoria e omessa valutazione di adeguate misure di impatto ambientale.
Successivamente al decreto ministeriale di compatibilità ambientale, la Regione 
ha espresso parere favorevole in data 14/6/2005 e si sono tenute le Conferenze 
di Servizi del 15/6/2005 e dell’8/7/2005 (documenti n.21 e n.22 depositati in 
giudizio dalla ricorrente); prima di quest’ultima il Comune di Terranova dei 
Passerini ha presentato deliberazione consiliare datata 24/6/2005 di richiesta 
di riapertura dell’istruttoria.
Nel corso della Conferenza dell’8/7/2005 è stato presentato il parere favorevole 
dei Vigili del Fuoco, condizionato all’osservanza delle prescrizioni dettate dal 
Comando provinciale con nota n.4158 del 27/6/2005, nel quale si evidenziava che 
la documentazione tecnica di Energia s.p.a. non rispondeva a quanto previsto 
dalla circolare del 4/6/2002, non contemplando un progetto riguardante gli 
aspetti antincendio.
Nella stessa Conferenza la Provincia di Lodi ha palesato carenze di istruttoria 
del procedimento circa la criticità ambientale per alcuni parametri dell’aria.
La ricorrente ha ribadito al Ministero la contrarietà all’impianto contestando 
varie violazioni procedurali ed ha chiesto, senza esito, una nuova convocazione 
della Conferenza dei Servizi.
Sono seguiti il decreto del Ministero dell’Ambiente datato 3/8/2005, avente ad 
oggetto l’autorizzazione integrata ambientale, ed il decreto del Ministero delle 
attività produttive datato 4/8/2005, di autorizzazione ai sensi del 
d.l.n.7/2002, convertito nella legge n.55/2002.
Avverso le suddette autorizzazioni e gli atti connessi la ricorrente ha proposto 
i seguenti motivi aggiunti:
10) errore e difetto di motivazione; violazione del programma energetico 
regionale e dell’accordo Stato Regioni sull’utilizzo delle migliori tecnologie 
disponibili e sui criteri previsti dal PER per il parere regionale; violazione 
di legge e difetto di istruttoria e motivazione; eccesso e sviamento di potere; 
nullità derivata della A.I.A. e dell’autorizzazione; violazione dell’art.3 del 
d.lgs.n.59/2005; difetto di motivazione;
11) illegittimità del parere regionale e della Conferenza di servizio sulla 
possibilità di cogenerazione e cessione del calore; violazione dei criteri del 
PER della Lombardia e della Conferenza unificata Stato Regioni del 5/9/2002; 
difetto di motivazione e di istruttoria; mancata indagine sull’utilizzo della 
migliore tecnologia disponibile; violazione dell’accordo di riqualificazione 
dell’area ex Sarni e dell’accordo di programma ex legge regionale n.30/1994, 
nonché del recupero dell’area; difetto di valutazione e motivazione di AIA ed 
autorizzazione; violazione dell’art.3 del d.lgs.n.59/2005; eccesso e sviamento 
di potere; difetto di istruttoria e motivazione;
12) difetto di istruttoria del parere regionale circa lo studio dell’assetto 
idrogeologico del territorio ai sensi del decreto della giunta regionale 
n.V/22502/92 e del R.D. n.1775/1993; violazione della legge n.55/2002; vizio del 
procedimento; difetto di istruttoria di AIA e dell’autorizzazione ministeriale;
13) parere regionale: mancata valutazione unitaria degli impianti presenti e di 
quelli autorizzati sul territorio regionale in riferimento al PER ed alla 
potenza autorizzabile sul territorio; illegittimità derivata di AIA e decreto di 
autorizzazione n.55/02/05; carenza di istruttoria e difetto di motivazione; 
sviamento ed eccesso di potere; violazione dell’art.1, comma 1, della legge 
n.443/2001; mancato coordinamento con le altre opere pubbliche di interesse 
nazionale; difetto di istruttoria sulla localizzazione dell’impianto e sulla 
scelta di siti alternativi; in via subordinata: illegittimità del PER ove non 
consentisse la valutazione del territorio in relazione agli impianti 
autorizzati;
14) parere regionale, VIA ed AIA: carenza di istruttoria sulla qualità 
dell’aria; violazione del D.M. n.60/2002, del D.P.R.n.203/1988 e dell’art.15 
della legge n.183/1987; violazione degli artt.216 e 217 del R.D.n.1265/1934 
sulla scelta della localizzazione dell’impianto; violazione dell’art.104 del 
D.P.R.n.616/1977 circa le funzioni attribuite alla Provincia di prevenzione 
dell’inquinamento; violazione del principio di prevenzione e dell’art.97 della 
Costituzione; violazione del D.P.R.n.203/1988 e del d.lgs.n.351/1999; 
illegittimità costituzionale per violazione degli artt.32 e 41 della 
Costituzione; violazione dell’art.1 del d.l.n.7/2002, convertito nella legge 
n.55/2002; richiesta di CTU;
15) parere regionale, AIA e decreto di autorizzazione finale: violazione di 
attività istruttoria nella Conferenza di servizi e nel procedimento; 
snaturamento della funzione istruttoria della stessa e violazione degli artt.3, 
7, 14 della legge n.241/1990; violazione del procedimento; errata applicazione 
dell’art.1, commi 2 e 3, della legge n.55/2002, dell’art.14 della legge 
n.241/1990 e degli artt.5, 97, 117 e 118 della Costituzione; mancata 
partecipazione degli enti interessati; violazione della L.R.n.86/1983; 
violazione delle attribuzioni dell’Ente Parco; violazione del PER; difetto di 
motivazione; eccesso di potere; violazione del procedimento previsto dagli 
artt.3 e 5 del d.lgs.n.59/2005; sviamento di potere; violazione del 
procedimento; illegittimità dell’autorizzazione; difetto di motivazione;
16) sulla mancata considerazione unitaria e delle reciproche correlazioni tra le 
prescrizioni rese in sede di V.I.A., di parere della Regione Lombardia e 
dell’autorizzazione dei vigili del fuoco e dell’AIA; carenza di istruttoria; 
violazione dell’art.14 della legge n.241/1990; mancata considerazione unitaria 
delle prescrizioni rese in sede di V.I.A., di parere regionale e di 
autorizzazione del CCPP dei vigili del fuoco;
17) parere del Comando dei vigili del fuoco; carenza di istruttoria; eccesso di 
potere;
18) difetto di istruttoria per mancato coordinamento con la L.R.n.26/2003; 
violazione della legge n.36/1994; carenza della valutazione di autorizzazione di 
impatto ambientale; insufficiente motivazione quanto all’impatto sull’attività 
agricola della zona ed all’incidenza sulle aree protette; carente istruttoria 
quanto agli effetti connessi al potenziamento dell’elettrodotto; mancata 
considerazione dello sviluppo sostenibile; violazione dell’art.1, lettera “g”, 
della legge n.239/2004; eccesso e sviamento di potere; violazione degli artt.19 
e 21 del d.lgs.n.334/1999; violazione del D.M. 19/3/2001 e del D.M. Ambiente del 
9/8/2000;
19) parere regionale, AIA ed autorizzazione: violazione dell’art.1, commi 36 e 
37, della legge n.239/2004; difetto di istruttoria, omessa valutazione di 
adeguate misure di impatto ambientale; carenza di istruttoria; difetto di 
motivazione; sviamento di potere.
Si sono costituiti in giudizio i Ministeri intimati, la Regione Lombardia ed 
Energia s.p.a..
Il Comune di Casalpusterlengo ha presentato atto di intervento ad adiuvandum.
La ricorrente ha puntualizzato le doglianze con memorie difensive.
Con ordinanza n.101, resa nella Camera di consiglio del 13 gennaio 2006, è stata 
respinta l’istanza cautelare introdotta col ricorso n.2221/2005.
La deducente, con impugnativa n.2654/2005, è insorta avverso gli atti gravati 
con motivi aggiunti, riproponendo le censure dedotte con i motivi medesimi.
Si sono costituite in giudizio le Amministrazioni evocate in giudizio con il 
suddetto ricorso, nonché la controinteressata Energia s.p.a..
I Comuni di Casalpusterlengo, Bertonico, Terranova dei Passerini e Turano 
Lodigiano hanno presentato atti di intervento ad adiuvandum in relazione al 
citato ricorso n.2654/2005.
Con ordinanza n.102, resa nella Camera di consiglio del 13 gennaio 2006, è stata 
respinta l’istanza cautelare introdotta con detto gravame.
All’udienza del 10 luglio 2007 le cause sono state poste in decisione.
DIRITTO
In via preliminare può procedersi alla riunione, per ragioni di connessione, dei 
ricorsi indicati in epigrafe.
Occorre innanzitutto soffermarsi sulla istanza di rinvio della trattazione delle 
cause ad altra udienza, formulata dalla ricorrente con nota depositata in 
giudizio il 5/6/2007 sull’assunto che la sopravvenuta decisione della 
Commissione europea, in data 15/5/2007, avente ad oggetto la verifica del piano 
nazionale di assegnazione delle quote e la riscontrata necessità di modifica del 
medesimo, influirebbe sulle quote da assegnare e sull’impianto de quo.
L’istanza non può essere accolta.
La predetta decisione riguarda non solo le imprese che vogliono affacciarsi sul 
mercato con nuovi impianti, ma, in eguale misura, gli impianti già esistenti.
Diversamente opinando si introdurrebbe una misura discriminatoria a danno delle 
prime e distorsiva della libera concorrenza.
La richiamata decisione, pertanto, pur avendo influenza sull’attività 
pianificatoria nazionale, non può ripercuotersi di per sé su attività già 
assentite ma non ancora avviate.
Né risulta che l’Amministrazione stia predisponendo atti di ritiro delle 
autorizzazioni rilasciate (nessuna indicazione proviene al riguardo dai 
documenti depositati in giudizio dalla ricorrente in data 10/7/2007).
Il Collegio preliminarmente rileva che le censure dedotte con motivi aggiunti 
relativi all’impugnativa n.2221/2005 sono state riproposte con il ricorso 
n.2654/2005.
Tuttavia, ai sensi dell’art.21, comma 1, della legge n.1034/1971, nel testo 
novellato dalla legge n.205/2000, le determinazioni connesse all’oggetto del 
ricorso pendente vanno impugnate con motivi aggiunti. 
Ne consegue che, essendo i motivi aggiunti l’appropriata sede di trattazione 
delle doglianze proposte avverso atti connessi a quelli gravati in via 
principale, il ricorso autonomo che ribadisca i contenuti degli stessi deve 
essere dichiarato inammissibile per violazione del principio del ne bis in idem 
(TAR Lombardia, Milano, III, 16/11/2005, n.4044; TAR Lombardia, Milano, IV, 
14/3/2007, n.424). 
Ciò comporta l’inammissibilità del ricorso n.2654/2005.
Per la stessa ragione anche gli atti di intervento ad adiuvandum presentati in 
relazione a tale impugnativa devono ritenersi inammissibili, in quanto nel 
processo amministrativo l’intervento ad adiuvandum è necessariamente accessorio 
al ricorso principale, seguendone la sorte (ex multis: Cons.Stato, IV, 8/9/1987, 
n.533; TAR Lazio, Roma, III, 16/11/2006, n.12512). 
Si ritiene quindi di prescindere, per quanto concerne il secondo ricorso, dal 
giudizio sulla posizione sostanziale degli intervenienti, alla quale fa 
riferimento la controinteressata nell’eccepire l’inammissibilità dei predetti 
atti di intervento.
E’ stata eccepita l’inammissibilità della prima impugnativa, per il rilievo che 
la stessa avrebbe ad oggetto atti endoprocedimentali.
L’assunto non è condivisibile.
Il ricorso n.2221/2005 ha ad oggetto il decreto ministeriale sulla compatibilità 
ambientale del progetto, emesso ai sensi dell’art.6 della legge n.349/1986, e 
gli atti connessi.
Se è vero che la valutazione di impatto ambientale si inserisce in procedimento 
che culmina nell’autorizzazione unica, ai sensi dell’art.1, comma 2, del d.l. 
n.7/2002, convertito nella legge n.55/2002, è altrettanto vero che l’esito 
positivo della V.I.A., rilevante nel caso di specie, rappresenta condizione 
essenziale per il rilascio della suddetta autorizzazione (la predetta norma 
precisa tra l’altro che “l’esito positivo della VIA costituisce parte integrante 
e condizione necessaria del procedimento autorizzatorio”). Pertanto, il 
carattere lesivo del giudizio positivo di compatibilità ambientale opera 
immediatamente, in quanto solo l’adozione del decreto di VIA favorevole al 
progetto consente il rilascio dell’autorizzazione finale, con la conseguenza che 
il decreto stesso è autonomamente impugnabile, assieme agli atti preparatori o 
altrimenti connessi (TAR Piemonte, II, 15/4/2005, n.1028; Cons.Stato, VI, 
9/6/2005, n.3043). 
Occorre inoltre considerare che, stante la connessione tra pronuncia di 
compatibilità ambientale ed autorizzazioni finali, la presentazione dei motivi 
aggiunti avverso quest’ultime consente la deduzione di censure anche avverso 
atti endoprocedimentali la cui illegittimità sia suscettibile di ripercuotersi 
sui provvedimenti conclusivi.
Si è ulteriormente obiettato che il ricorso sarebbe inammissibile in relazione 
alla deduzione di vizi di merito ed alla carenza della causa petendi, stante la 
mancanza di norme che sorreggano le censure sollevate con l’impugnativa.
Il rilievo è infondato.
I motivi di ricorso sono incentrati su violazioni di legge (con indicazione 
delle norme asseritamente violate), su carenza di motivazione (con conseguente 
inosservanza dell’art.3 della legge n.241/1990) e su profili che, secondo la 
prospettazione dell’esponente, essendo sintomatici di carenza di istruttoria, 
oppure di illogicità o erroneità dell’azione amministrativa, costituirebbero 
possibile motivo di illegittimità per eccesso di potere o per violazione di 
norme procedimentali.
Preliminarmente il Collegio osserva altresì, in relazione al primo ricorso, che 
il Comune di Casalpusterlengo, con l’atto di intervento ad adiuvandum, ha fatto 
valere un interesse qualificato e differenziato (tale Ente, infatti, si trova a 
ridosso dell’area in cui sorgerà la centrale e sul suo territorio ricade parte 
del tracciato dell’elettrodotto –vedi verbale della Conferenza di Servizi del 
4/9/2003, costituente il documento n.2 depositato in giudizio da Energia 
s.p.a.-), ovvero l’interesse alla salvaguardia della salute dei propri abitanti.
Orbene, tale posizione avrebbe dovuto essere azionata direttamente mediante 
proposizione di ricorso entro il termine decadenziale previsto dall’art.21, 
comma 1, della legge n.1034/1971, giacchè il Comune di Casalpusterlengo non ha 
fatto valere, come è tipico dell’intervento, un mero interesse di fatto, ma un 
interesse legittimo (Cons.Stato, IV, 6/9/2006, n.5151; TAR Lazio, Roma, I, 
6/6/2006, n.4303). 
Ne discende che il predetto atto di intervento, proposto da soggetto 
cointeressato, è inammissibile.
Entrando nel merito dell’impugnativa si osserva quanto segue.
Con il primo motivo l’esponente deduce che, essendo decorso il termine previsto 
dall’art.1, comma 1, della legge n.55/2002, non può trovare applicazione nel 
caso di specie la disciplina sull’autorizzazione unica, e che, qualora tale 
disciplina rilevasse, avrebbe dovuto essere adottato procedimento di rilascio 
dell’autorizzazione integrata ambientale, ai sensi del d.lgs.n.59/2005.
Il rilievo non può essere accolto.
L’impugnato giudizio positivo di compatibilità ambientale si è svolto secondo la 
procedura prevista dalla legge n.349/1986 e dal D.P.C.M. 10/8/1988, n.377, 
stante il disposto dell’art.1, comma 2, della legge n.55/2002, il quale prevede 
che il suddetto giudizio sia separatamente esperito secondo la disciplina sua 
propria. 
L’eventuale inosservanza del termine del 31/12/2003, contemplato al comma 1, 
riguardando l’assoggettamento al regime dell’autorizzazione unica, non è 
suscettibile di inficiare la valutazione di impatto ambientale, facente parte di 
diverso procedimento, ma, semmai, l’autorizzazione finale introdotta dalla legge 
n.55/2002, non impugnata con il ricorso ma successivamente, con motivi aggiunti.
La questione è stata tuttavia superata con l’art.1 sexies, comma 8, della legge 
27/10/2003, n.290 (di conversione del d.l. n.239/2003), dalla quale è desumibile 
“la volontà del legislatore nazionale di stabilizzare definitivamente la 
soluzione, che era invece solo transitoria, del d.l. n.7/2002 e della legge di 
conversione n.55/2002” (Corte Costituzionale, 13/1/2004, n.6).
Privo di pregio è il riferimento, introdotto col motivo in questione, al d.lgs. 
n.59/2005. Quest’ultimo non incide sulla contestata valutazione di impatto 
ambientale, ma sull’autorizzazione finale ivi prevista, la quale peraltro 
usufruisce del regime acceleratorio contemplato dall’art.17 del citato d.lgs. 
n.59/2005, teso a salvaguardare gli atti del procedimento di VIA compiuti prima 
della sua entrata in vigore, sia qualora il procedimento medesimo sia ancora in 
corso, sia qualora, come nel caso di specie, il procedimento di verifica 
positiva della compatibilità ambientale venga concluso prima dell’entrata in 
vigore del d.lgs.n.59/2005.
Con il secondo rilievo la ricorrente lamenta l’insufficiente coinvolgimento 
nella VIA di Regione (il cui parere non è stato acquisito), Provincia e Comuni, 
nonché l’inosservanza del piano energetico regionale.
La censura è infondata.
Come visto, ai sensi dell’art.1, comma 2, della legge n.55/2002 il procedimento 
di valutazione di impatto ambientale è disciplinato da proprie regole 
procedurali, costituite dalla legge n.349/1986 e dal DPCM n.377/1988. 
Ne deriva che valgono per essa distinte regole di partecipazione al 
procedimento, il cui rispetto è assicurato dalla pubblicità, nelle forme 
previste dal legislatore, dell’intenzione di realizzare l’opera e dal deposito 
dei relativi documenti tecnici. 
Orbene, tale partecipazione nel caso di specie è avvenuta, visto che 
dall’impugnato decreto del Ministero dell’Ambiente, adottato di concerto col 
Ministro dei beni culturali il 21/4/2005 (documento n.4 depositato in giudizio 
dalla controinteressata), risulta che la Regione Lombardia, ancorché sollecitata 
in data 15/11/2004, non ha fatto pervenire il proprio parere, che i Comuni di 
Lodi, Bertonico, Turano Lodigiano e la locale Sezione dell’Associazione WWF 
hanno espresso osservazioni, e che è stata data adeguata pubblicità 
all’iniziativa, mettendo qualunque interessato in condizione di partecipare al 
procedimento de quo.
Peraltro il Ministero delle Attività produttive, nella Conferenza di servizi del 
4/9/2003, ha comunicato alle amministrazioni presenti (Regione Lombardia, 
Provincia di Lodi, Comuni di Bertonico, Turano e Casalpusterlengo) la 
possibilità di presentare osservazioni ai fini del procedimento di valutazione 
ambientale, precisando l’avvenuta pubblicazione dell’avviso di attivazione del 
procedimento stesso ed indicando la documentazione depositata ad esso relativa 
(vedi la nota del Ministero dell’Ambiente datata 3/9/2003, costituente allegato 
3 A al documento n.1 depositato in giudizio dall’Avvocatura, richiamato nel 
verbale della predetta Conferenza costituente a sua volta il documento n.2 
depositato da Energia s.p.a.).
Non trova pertanto applicazione, nel caso del giudizio di compatibilità 
ambientale, la necessità, prevista dall’art.1, comma 3, della legge n.55/2002 ai 
diversi fini dell’autorizzazione unica ivi introdotta, del parere del Comune e 
della Provincia nel cui territorio ricadono le opere.
E’ vero che l’art.6, comma 4, della legge n.349/1986 prevede che il Ministro 
dell’Ambiente si pronuncia sulla compatibilità ambientale “sentita la regione 
interessata” e che la Regione Lombardia non ha invece espresso alcun preventivo 
parere. Tuttavia occorre considerare che quest’ultima, ancorché sollecitata dal 
Ministero in data 15/11/2004 (ovvero oltre cinque mesi prima dell’adozione 
dell’impugnato decreto di compatibilità ambientale), non si è pronunciata, 
dimostrando in tal modo di non avere obiezioni da sollevare. Il sentire la 
Regione interessata, previsto dalla predetta norma, si è quindi risolto nella 
richiesta di parere rivolta dall’amministrazione statale, cui ha fatto seguita 
la mancanza di qualsiasi esplicita osservazione della Regione stessa, protratta 
nel tempo.
Né è prospettabile al riguardo l’obbligo di intesa con la Regione, in quanto il 
medesimo è previsto dall’art.1, comma 2, della legge n.55/2002 ai diversi fini 
dell’autorizzazione unica finale ivi definita.
Ciò posto, non rilevando nella fattispecie la richiesta di un’intesa, un nulla 
osta o un vero e proprio assenso della Regione, ma, semmai, la richiesta di un 
parere o un’osservazione della stessa, non può trovare applicazione l’art.14, 
comma 2, della legge n.241/1990, il quale prevede la Conferenza di Servizi come 
strumento per superare la mancata acquisizione di vere e proprie manifestazioni 
di volontà, “intese, concerti, nulla osta o assensi di altre Pubbliche 
amministrazioni”, e non di atti consultivi.
Peraltro, una partecipazione consultiva della Regione nella fase preliminare del 
procedimento de quo vi è stata, giacchè un suo rappresentante è intervenuto in 
via interlocutoria nella Conferenza di Servizi del 4/9/2003 ed ha collaborato 
all’attività istruttoria integrando il gruppo istruttore della Commissione VIA 
che si è occupata del progetto in questione (pagina 44, punto 7.1 della 
relazione della Commissione VIA dell’ottobre 2004, costituente allegato n.1 al 
documento n.2 depositato in giudizio dall’Avvocatura dello Stato; pagina 1 della 
determinazione espressa dalla predetta Commissione, costituente allegato 2 al 
suddetto documento; pagina 4 della nota del Ministero dell’Ambiente datata 
30/12/2003, prot.n. via/2003/15082, costituente l’allegato 5 al predetto 
documento n.2).
Non rileva, ai fini della VIA, il piano energetico regionale, il quale, essendo 
estraneo ai parametri di raffronto per la verifica di compatibilità ambientale 
previsti dalla normativa sulla valutazione di impatto ambientale, incide invece 
sull’autorizzazione finale.
Tuttavia, con nota del 30/12/2003 il Ministero dell’Ambiente ha chiesto alla 
proponente chiarimenti e documentazione integrativa, al fine di dimostrare la 
compatibilità con i criteri di valutazione di cui all’accordo tra Governo, 
Regioni, Province, Comuni e Comunità montane del 5/9/2002 costituente parte 
integrante del PER (si veda l’allegato n.5 al documento n.2 depositato in 
giudizio dall’Avvocatura e l’appendice 5.3 del PER identificato come documento 
n.7 depositato in giudizio dalla ricorrente), ed a conclusione dell’istruttoria 
ha dato atto degli elementi di ravvisata coerenza complessiva con i suddetti 
criteri (pagina 5 dell’impugnato decreto datato 21/4/2005), i quali non rilevano 
come tassativi requisiti di ammissione del progetto, l’inosservanza di uno solo 
dei quali sia ostativa alla stessa, ma costituiscono parametri orientativi che 
l’amministrazione deve nel loro insieme valutare ai fini della determinazione 
finale sul progetto proposto.
Con la terza doglianza l’istante deduce che nel contestato decreto di 
compatibilità ambientale non risulta il coinvolgimento della Provincia di Lodi, 
del Comune di Turano Lodigiano e dei Comuni interessati dalle emissioni che 
saranno provocate dall’impianto, e che il Ministero non ha indicato le ragioni 
per cui ha disatteso le osservazioni pervenute, né ha rimesso la decisione alla 
Conferenza unificata di cui all’art.8 del d.lgs. n.281/1997, ai sensi 
dell’art.14 ter della legge n.241/1990; l’istante ribadisce che è stato violato 
il piano energetico regionale, precisando la necessità di confrontare tutti i 
progetti presentati e di utilizzare i criteri valutativi costituiti dalla 
prossimità alle linee di collegamento e dal parametro della migliore tecnologia 
disponibile.
Il rilievo è infondato.
Come visto, l’obbligo di chiedere il parere del Comune e della Provincia nel cui 
territorio ricadono le opere è riferito dall’art.1, comma 3, della legge 
n.55/2002 all’autorizzazione unica, e non alla procedura di VIA, la quale 
soggiace a regole di partecipazione sue proprie, che prevedono la facoltà di 
partecipazione al procedimento degli interessati ad esito della pubblicazione 
dell’istanza di pronuncia di compatibilità ambientale, facoltà che nel caso di 
specie è stata assicurata, attraverso le dovute forme di pubblicità, dal 
Ministero, nonchè la facoltà, e non l’obbligo, di ricorrere alla Conferenza di 
servizi ex artt.14 e seguenti della legge n.241/1990.
Ciò premesso, di fronte alle problematiche riguardanti la qualità dell’aria, 
sollevate dal Comune di Lodi, all’opposizione a partecipare a qualsiasi 
confronto, deliberata dai comuni di Bertonico e Turano Lodigiano, alla lamentata 
esclusione dalla VIA del progetto di sviluppo dell’area ex Sarni, espressa dal 
WWF, il Ministero dell’Ambiente con l’atto impugnato ha dato puntuale contezza 
delle ragioni che presiedono alla valutazione positiva, ed ha assicurato la 
maggiore aderenza possibile del progetto ad esigenze di salvaguardia ambientale 
dettando prescrizioni a presidio della qualità dell’aria (implicitamente 
rispondendo alle obiezioni del Comune di Lodi, oltre che alle dichiarate 
opposizioni dei predetti Enti), dell’ambiente idrico, del suolo, della 
vegetazione e dell’impatto acustico.
Nè la normativa sulla VIA contempla, a superamento di pareri contrari espressi, 
la necessità di convocare una Conferenza dei Servizi. 
Peraltro, come visto, nel corso della Conferenza di Servizi del 4/9/2003 il 
Ministero delle Attività Produttive, dando lettura della nota del Ministero 
dell’Ambiente datata 3/9/2003, ha precisato alle Amministrazioni presenti (tra 
le quali la Provincia di Lodi, la Regione Lombardia ed i Comuni di Bertonico, 
Turano Lodigiano e Casalpusterlengo) l’avvio del procedimento VIA, le forme di 
pubblicazione dell’attivazione del procedimento stesso e l’invito a presentare 
le proprie valutazioni ai fini della VIA, garantendo alle stesse una possibilità 
di partecipazione ulteriore rispetto a quella assicurata dalla pubblicità 
esperita su quotidiani (vedasi il verbale della predetta Conferenza depositato 
in giudizio, come documento n.2, dalla controinteressata, nonché l’allegato 3 al 
documento n.1 depositato in giudizio dall’Avvocatura dello Stato), e tuttavia la 
provincia non ha espresso le proprie osservazioni ai fini della determinazione 
di compatibilità ambientale prevista dall’art.6 della legge n.349/1986, a 
differenza dei Comuni di Lodi, Bertonico, Turano Lodigiano e della Sezione Alto 
Lodigiano del WWF (pagina 27 dell’impugnato decreto ministeriale datato 
21/4/2005).
Per quanto attiene ai criteri indicati nel PER, il Collegio, pur ribadendo che 
il medesimo è riferito al rilascio delle autorizzazioni e non alla VIA, osserva 
che il decreto positivo di valutazione ambientale, alla pagina 5, evidenzia che 
“la localizzazione della centrale…prende l’avvio dalle considerazioni 
localizzative presenti nel piano energetico regionale, che attribuisce all’area 
3 (Lodigiano) una priorità elevata per l’insediamento di nuove grandi centrali 
termoelettriche” e che il sito scelto ricade ad una rilevante distanza (compresa 
tra i 20 ed i 30 chilometri) dalle altre centrali esistenti.
Il progetto in questione, sotto i profili della compatibilità con gli strumenti 
di pianificazione (vedasi le pagine 8 e seguenti della relazione istruttoria 
datata ottobre 2004 della Commissione per le valutazioni dell’impatto ambientale 
presso il Ministero dell’Ambiente, costituente l’allegato n.1 al documento n.2 
depositato in giudizio dall’Avvocatura dello Stato) e con le esigenze di 
fabbisogno energetico (pagina 7 della predetta relazione e pagina 5 
dell’impugnato decreto del Ministero dell’Ambiente), del grado di innovazione 
tecnologica con particolare riferimento al rendimento energetico ed al livello 
di emissioni dell’impianto (punto 2.1 di detto decreto), utilizzo delle migliori 
tecnologie (pagina 2 della nota del Ministero dell’Ambiente del 30/12/2003 
–allegato n.5 al documento n.2 depositato dall’Avvocatura dello Stato-) e 
utilizzo dell’energia termica cogenerata (pagina 5 del decreto), appare 
nell’insieme coerente con la finalità del PER di conciliare le esigenze di 
soddisfacimento del fabbisogno energetico con i criteri di massima efficienza ed 
efficacia dei nuovi impianti.
Con il quarto motivo l’istante deduce la mancata indicazione, nello studio di 
impatto ambientale, delle alternative al progetto, lamenta l’inosservanza della 
legge n.443/2001 e che le localizzazioni alternative prese in esame concernono 
solo le province di Lodi e Cremona, fa riferimento al parere della 
Soprintendenza di Milano, Bergamo, Pavia, Sondrio, Varese, Lecco, Como, Lodi 
(secondo cui l’insediamento de quo sarebbe penalizzante per il territorio) ed 
evidenzia la mancanza di adeguata motivazione circa l’inosservanza della 
distanza a tutela della fascia di rispetto ex art.142, comma “c”, del 
d.lgs.n.42/2004 e delle zone vincolate.
Il rilievo non ha fondamento.
La pagina 13 della citata relazione istruttoria dell’ottobre 2004 (allegato n.1 
al documento n.2 depositato in giudizio dall’Avvocatura dello Stato) precisa che 
“il proponente ha preso in esame due alternative per la configurazione 
dell’impianto: architettura due turbine a gas più due turbine e vapore e 
architettura due turbine a gas più una turbina a vapore, scegliendo 
quest’ultima”, mentre la pagina 12 dà atto della valutazione, da parte di 
Energia s.p.a., per l’individuazione di siti alternativi, delle province di Lodi 
e Cremona, precisando che la scelta della società interessata trova 
giustificazione nelle “considerazioni localizzative presenti nel piano 
energetico regionale, che attribuisce all’area 3 (lodigiano) una priorità 
elevata per l’insediamento di nuove grandi centrali termoelettriche”, e che 
lascia quindi una marginale possibilità di scelta circa le localizzazioni 
alternative.
Quanto al parere espresso in data 13/10/2004 dalla Soprintendenza, il Collegio 
osserva che le perplessità dalla stessa sollevate sono state recepite nel parere 
espresso dal Ministero per i beni culturali in data 18/11/2004 (allegato n.3 al 
documento n.2 depositato in giudizio dall’Avvocatura dello Stato), il quale ne 
ha tenuto conto dettando prescrizioni a tutela del paesaggio e della fascia di 
rispetto del colatore Valguercia ex art.142, comma “c”, del d.lgs.n.42/2004, 
prescrizioni che sono poi state esplicitamente confermate al punto 3 del decreto 
di compatibilità ambientale.
Rileva in particolare, al riguardo, il prescritto adeguamento progettuale, con 
creazione di zone di verde qualificato e allontanamento dei manufatti dalla 
predetta fascia di rispetto.
Nessun pregio assume il riferimento, da parte della ricorrente, alla legge 
n.443/2001, giacchè l’applicazione della stessa riguarda opere espressamente 
individuate dal Governo nel documento di programmazione economico finanziaria, 
alle quali non risulta appartenere l’impianto in questione; inoltre, le finalità 
di riequilibrio socio economico tra aree, cui si richiama genericamente la 
deducente, riguarda l’atto con il quale il Governo o, in sede di prima 
applicazione, il CIPE, è chiamato a qualificare l’opera come strategica, e non 
la valutazione di impatto ambientale.
Non depone in senso contrario l’art.1, comma 7, lettera “i”, della legge 
n.239/2004 (richiamato dalla deducente in memoria difensiva), in quanto tale 
norma si limita a prevedere, nel quadro della ripartizione delle competenze tra 
enti pubblici, la possibilità per lo Stato di individuare come infrastrutture 
strategiche gli impianti di generazione di energia.
Con il quinto motivo la ricorrente deduce che l’applicazione analogica 
dell’art.18 del d.lgs.n.190/2002 obbliga ad analizzare tutte le interferenze 
dell’opera progettata con l’ambiente ed a considerare l’alternativa zero; 
aggiunge che gli effetti prodotti dall’intervento non sono stati considerati 
nell’ottica dello sviluppo sostenibile; lamenta che non si sono valutati tutti 
gli interessi coinvolti; osserva altresì che non sono state valutate le opere 
connesse alla centrale, la scarsa capacità della zona di disperdere inquinanti e 
la presenza vicina di altre attività a rischio, tra cui quelle di industrie 
pericolose, che non è stato richiesto il certificato di prevenzione incendi e 
che il PER avrebbe dovuto considerare che già esiste nella provincia di Lodi la 
centrale di Tavazzano.
Il motivo non è condivisibile.
Il citato d.lgs.n.190/2002 non può trovare applicazione nel caso di specie, 
riguardando il diverso caso delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi 
strategici e di interesse nazionale.
Valgono invece, per il caso in esame, la legge n.349/1986 e il DPCM n.377/1988, 
espressamente richiamate nell’art.1, comma 2, della legge n.55/2002.
Peraltro, le ragioni della mancata adozione dell’alternativa zero risultano 
dalla pagina 7 della relazione istruttoria del Ministero dell’Ambiente, laddove 
si precisa che la Lombardia è in una situazione largamente deficitaria, rispetto 
al fabbisogno, nella produzione di energia elettrica (per il 2010 si prevede un 
deficit energetico del 10% del fabbisogno, mentre la situazione al 2001 vede un 
deficit del 35%), cosicché l’abbandono del progetto non sarebbe in linea con 
l’obiettivo, prefissato dalla Regione, di ridurre la dipendenza energetica (TAR 
Puglia, Bari, I, n.171/2004). 
L’impugnato decreto, inoltre, precisa le possibili interferenze dell’opera con 
tutte le componenti ambientali (aria, acqua, suolo e sottosuolo, vegetazione ed 
ecosistemi, situazione acustica) ed introduce prescrizioni onde minimizzare 
l’impatto con tali componenti, analizza le possibili interferenze con due vicine 
industrie escludendo che incidenti che le riguardino possano coinvolgere la 
centrale (la distanza tra il perimetro della zona di attenzione riguardante la 
società Coneda Chimica ed il perimetro del sito di Energia s.p.a. è di 200 
metri, mentre la distanza dal perimetro della zona di attenzione della società 
Sovegas è di oltre 700 metri: pagine 9 e 10), specifica che l’impianto è esterno 
alle tre zone di rischio degli stabilimenti Sasol s.p.a. e Sovegas s.p.a. 
(pagina 5), tiene conto dei vincoli paesaggistici e a canale che vengono 
interessati dall’intervento (pagina 4), presuppone una situazione 
tranquillizzante in ordine al verificato impatto sulla salute (pagine 42 e 43 
della relazione istruttoria), analizza l’impatto del metanodotto e 
dell’elettrodotto connessi alla centrale (si vedano le pagine 10 e 11, che fanno 
seguito alle considerazioni espresse nella relazione istruttoria alle pagine 18 
e 19, e la prescrizione di cui al punto 1.2 del decreto), dà atto che lo studio 
dell’impatto paesaggistico è stato presentato da Energia s.p.a. secondo le 
indicazioni metodologiche contenute nelle “linee guida per l’esame paesistico 
dei progetti” e che saranno approntati accorgimenti idonei a prevenire contrasti 
con il paesaggio circostante (pagine 20 e 21), considera e vaglia le possibili 
interferenze con il parco (la cui distanza minima dal sito è di 3,5 chilometri) 
e con proposti siti di importanza comunitaria (la cui distanza minima è di 4 
chilometri) escludendo la sussistenza di un’incidenza significativa delle opere 
in questione (pagine 4 e 20), in linea con la legge n.349/1986 e con il DPCM 
n.377/1988, ed evidenzia che le altre centrali esistenti più vicine sono a 
distanza rilevante dall’impianto de quo (tra i 20 ed i 30 chilometri; in 
particolare la centrale di Tavazzano dista 22 chilometri –pagina 5-).
Quanto alla certificazione di prevenzione di incendi, occorre osservare che la 
stessa ha rilevanza ai fini dell’autorizzazione unica finale, la quale è stata 
infatti rilasciata con la condizione della presentazione di progetto antincendi 
e degli adempimenti necessari all’ottenimento del certificato di prevenzione di 
incendi.
In ordine alla dedotta carenza del PER, si rileva che la ricorrente non ha 
dimostrato che il funzionamento degli impianti autorizzati, unito a quello 
dell’impianto in questione, porterebbe a superare “il valore complessivo 
ammissibile per l’intera regione”, né, allo stato, risulta alcun documento 
idoneo a fornire una prova al riguardo.
Con la sesta censura l’istante sostiene che lo studio di impatto ambientale 
utilizza dati obsoleti, risalenti al periodo 1999/2002, non considera il piano 
regionale per la qualità dell’aria e i finora riscontrati episodi di superamento 
degli standard di qualità dell’aria; aggiunge che sono stati considerati i 
valori di cui al D.M. 12/7/1990, e non quelli indicati dalla Regione, dal D.M. 
n.60/2002 e dal d.lgs.n.183/2004; reputa inadeguato lo studio della dispersione 
degli inquinanti (modello ISC3) adottato ai fini della VIA.
Il motivo è infondato.
Il rilevamento della qualità dell’aria è stato effettuato, nel triennio 
2000/2002, con sei centraline esistenti nella provincia di Lodi gestite 
dall’ARPA, relativamente ad anidride solforosa e biossido di azoto, nel 2001 e 
2002 con la centralina di Lodi per il monossido di carbonio e il PM10, nel 2002 
con la centralina di Abbadia Cerreto per l’ozono, a cui si aggiungono campagne 
di rilevamento delle varie sostanze inquinanti con mezzo mobile svolte dalla 
Provincia di Lodi nel 2000 a Casalpusterlengo e nel biennio 1999/2000 ad Ossago, 
e da Energia s.p.a. nel maggio 2003 nei Comuni di Terranova Passerini e Turano 
(si vedano le pagine 22 e seguenti della relazione istruttoria della Commissione 
per le valutazioni di impatto ambientale presso il Ministero dell’Ambiente).
Orbene, il numero di analisi condotte, la loro tempistica ed il numero di 
inquinanti presenti nell’aria accertati lasciano desumere una sufficiente 
valutazione dei dati attuali. 
In tale contesto, che vede superamenti dei valori limiti per l’ozono, il PM10 e, 
in minor misura, per il biossido di azoto, senza oltrepassare il limite di 
allarme, pur essendo modesta la prevista incidenza dell’opera sui livelli dei 
suddetti inquinanti l’amministrazione ha ritenuto necessario l’approntamento, a 
carico del proponente, di strumenti per i monitoraggi delle concentrazioni degli 
inquinanti atmosferici da eseguire durante la fase di esercizio della centrale 
(punti 2.4 e 2.5 del decreto). Tale misura, la soluzione di elevare il camino a 
100 metri di altezza, anziché all’altezza originariamente progettata di 80 
metri, ed i bassi limiti di emissione imposti per ossido di azoto e monossido di 
carbonio (punto 2.1 del decreto), cui si aggiunge la misura di compensazione, 
proposta da Energia s.p.a., consistente nella realizzazione di 50 ettari di 
foresta planiziale (-pagina 20 della citata relazione istruttoria dell’ottobre 
2004- misura recepita alla pagina 17 della successiva autorizzazione unica del 
4/8/2005), appaiono nell’insieme ragionevoli rispetto allo scopo di conciliare 
l’evidente necessità di nuovi impianti di produzione energetica con le esigenze 
di salvaguardia ambientale proprie di una zona che presenta aspetti problematici 
per concentrazioni di ozono e polveri.
I valori limite di riferimento per le emissioni inquinanti di impianti 
industriali, imposti dal D.M. 12/7/1990 e dalla deliberazione della giunta 
regionale n.VII/17989 del 28/6/2004, non hanno trovato nel caso di specie 
isolata e meccanica applicazione ai fini della valutazione dell’ammissibilità 
dell’intervento proposto, in quanto l’amministrazione non si è limitata a 
verificarne l’osservanza, ma ha tenuto conto dei vigenti valori limite di 
qualità dell’aria dell’ambiente sui quali le emissioni dell’impianto, ancorchè 
rispettose del D.M. 12/7/1990 e della delibera del 28/6/2004, possono influire, 
sia pure in modo non significativo (pagina 32 della citata relazione 
istruttoria). 
Invero, benché la possibile emissione di polveri da parte dell’impianto sia tale 
da non modificare significativamente i livelli di polveri attualmente presenti 
nella zona, benché l’effetto di formazione di ozono al suolo derivante dalla 
centrale sia ritenuto poco significativo (pagina 16 del provvedimento positivo 
di valutazione ambientale), e benché le emissioni di ossido di azoto e monossido 
di carbonio siano limitate alla misura minima possibile (pagina 28), e comunque 
al di sotto dei limiti posti in via generale dall’ordinamento (vedasi il citato 
D.M. e la predetta deliberazione della giunta regionale) il provvedimento 
impugnato prescrive controlli costanti della qualità delle emissioni e 
monitoraggi della qualità dell’aria durante le fasi di avvio, di esercizio e di 
arresto dell’impianto (punti 2.4 e seguenti).
Quanto allo studio ISC3 contestato dalla deducente, si rileva che lo stesso 
rientra nell’elenco dei modelli consigliati dall’Istituto Superiore della Sanità 
(pagina 27 della relazione istruttoria dell’ottobre 2004 e pagina 12 del verbale 
della Commissione per le valutazioni di impatto ambientale –allegato n.2 al 
documento n.2 depositato in giudizio dall’Avvocatura dello Stato-), e quindi non 
è frutto di scelta arbitraria dell’amministrazione procedente; inoltre, 
quest’ultima ha anche valutato, attraverso il modello “WinDimula 2”, diverso dal 
sistema ISC3 e più adatto alla trattazione delle calme di vento, la diffusione 
degli inquinanti in atmosfera in situazioni di calma di vento (pagine 32 e 33 
della menzionata relazione e pagina 15 del verbale della predetta Commissione), 
concludendo che i valori stimati col modello di studio alternativo “non si 
discostano significativamente da quanto calcolato, a livello annuale, con 
ISC-ST32”.
Invero, poichè il concetto di valutazione di impatto ambientale presuppone che 
l’opera da valutare abbia comunque un’incidenza sui valori ambientali, 
modificandoli in misura più o meno rilevante, si è trattato di stabilire se le 
alterazioni conseguenti alla sua realizzazione potessero reputarsi accettabili 
alla stregua di un giudizio comparativo, focalizzato da un lato sulla necessità 
di salvaguardare preminenti valori ambientali, dall’altro sull’interesse 
pubblico sotteso all’esecuzione dell’opera. 
In tale contesto, che nel caso di specie ha visto l’introduzione, ad 
integrazione dell’assenso rilasciato, di prescrizioni tese a garantire la 
compatibilità ambientale dell’opera progettata, rilevano determinazioni 
ampiamente discrezionali, tecniche e amministrative, sindacabili dal giudice 
amministrativo entro limiti ristretti, ovvero in relazione all’eventuale 
emersione delle figure sintomatiche di illegittimità costituite dall’illogicità 
manifesta e dalla contraddittorietà, figure che, per quanto sopra esposto, nel 
caso di specie risultano insussistenti (TAR Puglia, Bari, I, 21/1/2004, n.171; 
TAR Lazio, Roma, I, 31/5/2004, n.5117; Cons.Stato, VI, 5/1/2004, n.1).
Con la settima censura la ricorrente deduce la mancanza di coordinamento col 
programma di tutela e uso delle acque e col piano di gestione del bacino 
idrografico; lamenta l’omessa considerazione degli scarichi dell’impianto, degli 
effetti del rilascio di vapori e degli attraversamenti degli elettrodotti, i 
quali potrebbero creare alterazioni alle aree sensibili.
Il motivo non è condivisibile.
Le pagine 14 e 15 della relazione istruttoria danno puntuale contezza 
dell’impatto dell’opera in questione sui prelievi e sugli scarichi idrici, 
prevedendo l’utilizzo di un pozzo esistente o di un pozzo di nuova costruzione, 
nonché sistemi di trattamento e scarico delle acque distinti a seconda della 
tipologia delle stesse (acque meteoriche, nere, di processo, calde, oleose, 
acide o caustiche, chimicamente inquinate o contaminate), con utilizzo, per le 
acque inquinate, di un sistema di trattamento proprio della centrale. 
Alle pagine 18, 19, 29 e 30 del decreto VIA la salvaguardia del patrimonio 
idrico e le esigenze di approntamento di un’adeguata rete fognaria sono 
assicurate attraverso il recepimento delle risultanze istruttorie e 
l’introduzione di puntuali prescrizioni, mentre l’impatto irrilevante del vapore 
acqueo prodotto dalla centrale è rappresentato alla pagina 13 del decreto 
medesimo.
Peraltro, il sito interessato dall’intervento non presenta caratteristiche di 
pericolosità idraulica, essendo esterno alle perimetrazione del progetto di 
P.A.I. dell’Autorità di bacino del fiume Po (come risulta dalla pagina 18 
dell’impugnato decreto del Ministero dell’Ambiente).
Le interferenze ambientali dell’elettrodotto trovano invece puntuale analisi 
alle pagine 19 e 42 della relazione istruttoria, anche sotto il profilo della 
mancanza di effetti significativi delle radiazioni derivanti dai raccordi aerei, 
cui fanno riscontro le pagine 10, 22 e 23 del decreto di compatibilità 
ambientale.
Con l’ottava doglianza la ricorrente lamenta il difetto di un’analisi degli 
effetti da esposizione a campi magnetici e l’omessa verifica della distanza 
della centrale progettata (soprattutto per elettrodotto e gasdotto) rispetto ad 
edifici esistenti o futuri.
Il rilievo non può essere accolto.
Per quanto riguarda il primo aspetto della censura, valgono le considerazioni 
sopra espresse dal Collegio in relazione agli effetti dell’elettrodotto.
Per quanto attiene al profilo incentrato sul carente controllo delle distanze, 
occorre osservare che le pagine 3-59, 3-60, 3-69 e 138 dello studio di impatto 
ambientale (documento n.10 depositato in giudizio da Energia s.p.a.), indicano 
la localizzazione del metanodotto, dell’elettrodotto nonchè i parametri di 
rispetto degli obiettivi di qualità del campo magnetico generato cui ci si è 
ispirati nella progettazione dell’elettrodotto stesso, evidenziando il rispetto 
delle distanze di sicurezza (pagina 3-59 del predetto studio) e dei limiti di 
valore di campo elettromagnetico generato dall’elettrodotto previsti dalla 
normativa vigente (DPCM 8/7/2003 e legge n.36/2001), mentre le pagine 3-66 e 
3-67 dello studio danno contezza della corretta localizzazione della centrale e 
la pagina 6 della menzionata relazione istruttoria specifica le distanze tra la 
centrale stessa ed altri edifici.
L’istruttoria sul punto risulta pertanto esaurientemente espletata.
La nona censura è incentrata sulla mancata previsione di adeguate misure 
compensative o di impatto ambientale che devono essere adottate dalla società 
proprietaria del nuovo impianto.
Il motivo è infondato.
Il contributo economico compensativo del mancato uso alternativo del territorio 
e dell’impatto logistico dei cantieri è previsto dall’art.1, comma 36, della 
legge n.239/2004, la quale costituisce norma precettiva, che obbliga a 
corrispondere il contributo de quo una volta che è entrata in funzione la 
centrale, trattandosi di corrispettivo ragguagliato ad ogni MWh di energia 
prodotta. Pertanto, l’obbligo del contributo fa carico ex lege ad Energia 
s.p.a., indipendentemente da qualsiasi statuizione espressa sul punto dal 
provvedimento di valutazione ambientale.
In ogni caso, come già visto, quest’ultimo ha introdotto varie prescrizioni 
preordinate a contenere al minimo l’impatto derivante dalla nuova struttura 
(vedasi, in particolare, quelle dettate dal Ministero per i beni e le attività 
culturali con nota del 18/11/2004, recepite al punto 3 del giudizio positivo di 
compatibilità ambientale). 
Il ricorso principale risulta quindi infondato.
Con la decima censura, introdotta con motivi aggiunti, la Provincia di Lodi 
sostiene che la Regione, nell’esprimere il proprio parere sull’autorizzazione 
unica, avrebbe dovuto analizzare i criteri di valutazione previsti nell’accordo 
di cui alla Conferenza unificata tra Stato e Regioni del 5/9/2002 e nel piano 
energetico regionale, verificando tra l’altro la coerenza dell’impianto con le 
esigenze di fabbisogno energetico e sviluppo produttivo, l’innovazione 
tecnologica, l’utilizzo delle migliori tecnologie, il massimo utilizzo 
dell’energia termica cogenerata, la diffusione del teleriscaldamento, la 
prossimità delle linee di collegamento ed il fabbisogno energetico della zona; 
aggiunge che non è stata utilizzata la migliore tecnologia per l’abbattimento 
del NOx.
Il rilievo non è fondato.
La Regione, in sede di parere previsto dall’art.1 della legge n.55/2002 ai fini 
dell’autorizzazione unica, ha dato contezza degli elementi progettuali coerenti 
con il programma energetico regionale (finalità di riduzione del deficit 
energetico, limite di potenza, idoneità dell’area in questione, utilizzo delle 
migliori tecnologie disponibili, coerenza dell’intervento con le reti di 
distribuzione dell’energia elettrica e il gas, possibilità di cessione del 
calore in cogenerazione, alimentazione a metano in linea con lo scopo di 
minimizzare il rapporto tra produzione energetica ed emissioni inquinanti, 
utilizzo di sito industriale già esistente).
Risulta pertanto che il progetto de quo, nei suoi vari aspetti, recepisce le 
esigenze pubbliche sottese ai criteri dettati nel PER.
Tali criteri, invero, assumono valenza di parametri orientativi 
nell’individuazione del progetto, da considerare nel loro insieme, e non 
identificano rigidi e vincolanti requisiti, il mancato rispetto di uno dei quali 
precluda l’assentibilità dell’iniziativa. 
Ciò posto, la motivazione del parere regionale, esplicitata alla stregua dei 
predetti criteri, appare nell’insieme dare contezza del contemperamento, 
ravvisato nel progetto in questione, tra esigenze di tutela del territorio e 
obiettivo di riduzione del deficit energetico, evidenziando gli aspetti della 
proposta di Energia s.p.a. che risultano recepire i principi del PER e 
dell’accordo di reindustrializzazione dell’area stipulato nel 1998 
(deliberazione della giunta regionale n.VII/155 del 14/6/2005 –documento n.12 
depositato in giudizio dalla ricorrente-). 
Invero la costruzione della centrale risponde anche agli scopi ivi predefiniti 
di favorire l’insediamento di nuove attività produttive (vedi il testo del 
predetto accordo, costituente il documento n.29 depositato in giudizio 
dall’esponente) e di riutilizzo prioritario di siti industriali già esistenti 
(vedi la pagina 30 del paragrafo 5.3 dell’appendice 5 del Programma energetico 
regionale del marzo 2003 –documento n.7 depositato contestualmente al ricorso-).
Quanto al profilo della necessità di utilizzo della migliore tecnologia 
disponibile, la quale (identificata dalla ricorrente nella conversione 
catalitica per l’abbattimento del NOx, denominata SCR) non sarebbe stata 
adottata nel caso in questione, occorre osservare che mentre la pagina 5 
dell’autorizzazione integrata ambientale precisa che “la produzione di ossidi di 
azoto, pur significativa (e comunque inferiore a quella tipica delle altre 
tipologie di CTE), è limitata ai valori minimi consentiti dalle migliori 
tecnologie disponibili nell’ambito del processo di combustione del gas, in 
particolare utilizzando la tecnologia DLN”, la successiva pagina 7 spiega le 
ragioni che sconsigliano l’uso di abbattitori catalitici. Tali ragioni trovano 
riscontro nella relazione tecnica trasmessa dall’Istituto superiore di Sanità in 
data 14/1/2004 (documento n.18 depositato in giudizio dall’Avvocatura dello 
Stato il 25/6/2007), secondo cui il sistema SCR propugnato dalla ricorrente 
“possiede una maggiore efficienza nell’abbattimento degli ossidi di azoto ma 
induce l’emissione di ammoniaca e di particolato primario”. Pertanto, la scelta 
di ridurre al minimo, al livello più basso oggi imposto in ambito nazionale, 
attraverso il prescritto limite di 30 mg./Nm3, l’emissione di ossidi di azoto 
sia mediante bruciatori a bassa formazione di tali inquinanti, sia mediante 
innalzamento del camino ad un’altezza di 100 metri e sia mediante il previsto 
uso come combustibile del solo metano, appare immune da profili di erroneità ed 
illogicità.
Invero, la predetta scelta incide su aspetti di discrezionalità tecnica non 
censurabili, in assenza di norme cogenti sul punto, se non sotto il profilo 
dell’eccesso di potere per manifesta illogicità o travisamento, nella 
fattispecie insussistente (TAR Lazio, Roma, I, 31/5/2004, n.5117; TAR Puglia, 
Bari, I, 21/1/2004, n.171).
Peraltro, l’art.3 delle prescrizioni dettate con l’impugnata autorizzazione 
integrata ambientale raccomanda, in via cautelativa, “la predisposizione 
dell’impianto per la successiva eventuale installazione di abbattitori 
catalitici degli ossidi di azoto”, dimostrando una compiuta ponderazione delle 
opzioni tecniche alternative praticabili.
Rileva altresì sotto il profilo della scelta della migliore tecnologia 
disponibile il rendimento elettrico offerto dall’impianto, che, secondo quanto 
risulta alla pagina 7 dell’autorizzazione integrata ambientale del 3/8/2005, “si 
colloca intorno ai valori più alti ad oggi raggiungibili con impianti di questa 
tipologia”, in linea con l’art.3 del d.lgs.n.59/2005.
Con l’undicesimo rilievo l’istante sostiene che non è stato osservato il 
criterio, stabilito dalla Conferenza unificata Stato Regioni del 5/9/2002 e nel 
PER, del massimo utilizzo possibile dell’energia termica cogenerata, mancando 
utenze di calore significative.
La censura non è condivisibile.
Il criterio in questione, al pari degli altri prestabiliti dal PER, non integra 
di per sé un requisito di ammissione del progetto, ma identifica uno degli 
aspetti del progetto da valutare, assieme agli altri, ai fini della formulazione 
di un apprezzamento globale positivo o negativo dell’iniziativa proposta.
Nel caso di specie, come visto in relazione alla precedente doglianza, la 
Regione ha dato contezza del percorso logico seguito ai fini della propria 
pronuncia favorevole, alla luce della riscontrata osservanza di larga parte dei 
criteri del PER. Rileva infatti non la pedissequa aderenza ad ogni singolo 
criterio, ma un percorso argomentativo dell’amministrazione che faccia leva su 
una sintesi conclusiva del confronto del progetto con quei criteri, talchè se il 
grado di aderenza complessiva, ancorché sia stato disatteso un qualche singolo 
parametro, è soddisfacente in relazione all’obiettivo pubblico del 
contemperamento di ragioni di tutela del territorio e ragioni di efficiente 
produzione energetica, il parere favorevole risulta giustificato.
Nel caso di specie la Regione, oltre ad evidenziare un quadro progettuale 
nell’insieme omogeneo rispetto ai principi del PER, precisa che non sono escluse 
“possibilità di cessione di calore in cogenerazione ad altre utenze”, 
coerentemente con quanto indicato alla pagina 5 del decreto di valutazione di 
impatto ambientale (“la centrale è progettata per la cessione di calore a fini 
civili ed industriali fino a 50 MWt;…la ditta Sasol, ubicata nel comparto Sud 
dell’area ex Sarni, ha inviato una lettera di interesse all’acquisizione di 
calore cogenerato dalla centrale in progetto”).
Né può dirsi che il criterio in questione attenga alla migliore tecnologia 
disponibile, in quanto, a fronte dell’idoneità dell’impianto a cedere energia 
termica, il perfezionamento di accordi tesi all’effettiva attivazione di utenze 
attiene non alle caratteristiche tecniche ma alla gestione dell’impianto.
Con il dodicesimo motivo l’esponente lamenta l’omesso approfondimento 
dell’impatto idrogeologico dell’impianto, con conseguente carenza di 
istruttoria, stante la richiesta della Regione di depositare lo studio di 
impatto idrogeologico della centrale sul territorio.
Il rilievo non può essere accolto.
Valgono al riguardo le considerazioni espresse dal Collegio in relazione al 
settimo motivo di gravame: il decreto ministeriale di valutazione di impatto 
ambientale, alle pagine 18, 19, 29 e 30, ha dato ampia contezza dell’analisi 
delle possibili interferenze idrogeologiche. 
Alle indicazioni espresse in sede di VIA, recepite nell’autorizzazione integrata 
ambientale e nell’autorizzazione unica, si aggiungono le puntuali prescrizioni 
per l’approvvigionamento idrico contenute alla pagina 14 di quest’ultima 
(documento n.36 depositato in giudizio dalla ricorrente), laddove è confermata 
la prescrizione regionale che impone ad Energia s.p.a. di presentare la 
documentazione tecnica che definisca l’assetto idrogeologico della zona 
interessata dai nuovi pozzi.
Orbene, il fatto che in sede di VIA sia stato accertato che “il sito di progetto 
non presenta caratteristiche di pericolosità idraulica” e che è compatibile con 
l’ambiente idrico la realizzazione di nuovo pozzo rispondente a determinate 
caratteristiche (di profondità entro i 40 metri dal piano di campagna, al di 
fuori dell’orizzonte argilloso, con portata di emungimento non superiore a 10 
l/s, ecc.), ed il fatto che la Regione richieda documentazione tecnica 
integrativa in un già definito contesto ambientale che ammette prelievi di acqua 
da parte della centrale, consentono il rilascio dell’autorizzazione unica 
accompagnata dalla prescrizione relativa allo studio idrogeologico, in coerenza 
con l’art.1, comma 3, della legge n.55/2002, secondo cui tale autorizzazione può 
indicare le prescrizioni a carico del proponente per il coordinamento e la 
salvaguardia del sistema elettrico nazionale e la tutela ambientale.
Con la tredicesima censura la ricorrente deduce la violazione della legge 
n.443/2001, valorizza il parere della Soprintendenza, datato 13/10/2004, secondo 
cui l’intervento de quo sarebbe penalizzante per il territorio, sostiene che non 
è stato garantito un ragionevole equilibrio tra le aree 2 e 3, aggiunge che 
probabilmente con il nuovo impianto sarà superato il fabbisogno stabilito dal 
piano energetico per l’area 3 e lamenta la carenza di istruttoria sotto vari 
profili.
Il motivo è infondato.
L’opera in questione non rientra nell’ambito di applicazione della legge 
n.443/2001, come già evidenziato nella trattazione della quarta doglianza, alla 
quale si rinvia anche in relazione al citato parere della Soprintendenza del 
13/10/2004.
La localizzazione dell’opera in questione e la sua potenza sono in linea con le 
previsioni del PER (punto 4.4.3.5), secondo cui “la quota ulteriore da fornire 
mediante la realizzazione di nuove centrali termoelettriche è…stimata in 1300 
MW, elevabili in caso di mancata realizzazione di una delle nuove centrali già 
autorizzate. La potenza realizzabile sarà distribuita sul territorio tenendo 
conto delle seguenti indicazioni:…la fascia individuata come area 3 potrà 
ospitare una potenza aggiuntiva tra 800 e 1200 MW; la fascia individuata come 
area 2 potrà ospitare una potenza aggiuntiva tra 400 e 1200 MW, ma con un 
livello di priorità inferiore a quello dell’area 3”.
La priorità ed il limite di potenza previsti per il sito in questione (area 3) 
risultano, infatti, rispettati nel caso di specie.
Con il quattordicesimo motivo l’istante deduce la carenza di istruttoria sulla 
qualità dell’aria, la mancata considerazione del parere dell’ARPA di Lodi, 
l’inadeguatezza dello studio sugli inquinanti dell’aria prodotto da Energia 
s.p.a., l’inosservanza del principio di precauzione, l’omessa introduzione, da 
parte di Regione e Ministero dell’Ambiente, di limiti ai picchi di inquinanti 
prodotti dall’impianto, in sintonia con il D.M. n.60/2002 e con il piano di 
risanamento della qualità dell’aria, ed eccepisce l’incostituzionalità, per 
violazione degli artt.32 e 41 della Costituzione, dell’art.1 della legge 
n.55/2002. 
La censura è infondata.
Valgono al riguardo le considerazioni espresse in sede di trattazione del sesto 
motivo di ricorso, le quali hanno evidenziato la correttezza dell’istruttoria 
condotta sul punto ai fini della VIA.
Coerentemente con gli accertamenti effettuati e le prescrizioni dettate in sede 
di giudizio di compatibilità ambientale, l’autorizzazione unica ex legge 
n.55/2002 (pagine 10, 15, 16 e 17) e l’autorizzazione integrata ambientale ex 
art.17 del d.lgs. n.59/2005 (alle pagine 2, 3, 5, 7, 9, 11, 12 e 13) impongono 
rigidi limiti per il contenimento delle emissioni inquinanti, monitoraggi sulla 
qualità dell’aria e delle emissioni della centrale durante il suo esercizio, un 
adeguamento dell’impianto alle migliori tecnologie entro il 2008 ai fini di 
un’ulteriore riduzione delle emissioni di NOx (nella prospettiva di una 
possibile revisione delle quote adesso prescritte), la creazione di una fascia 
tampone a bosco per il miglioramento della qualità dell’aria.
La tutela preventiva dell’interesse pubblico ambientale alla salubrità dell’aria 
si è concretato nelle predette statuizioni amministrative, le quali 
rappresentano profili intensi di discrezionalità tecnico amministrativa sul 
piano dell’apprezzamento e della comparazione degli interessi coinvolti, 
sindacabili dal giudice amministrativo solo per manifesta illogicità o erroneità 
non sussistente nel caso di specie (Cons.Stato, V, 5/3/2001, n.1207).
Inoltre, come ulteriore profilo di salvaguardia della qualità dell’aria recepito 
negli atti impugnati, occorre considerare che, a fronte della deliberazione 
della giunta regionale n.VII/17989 del 28/6/2004 (documento n.17 depositato in 
giudizio dall’Avvocatura dello Stato il 25/6/2007), che introduce limiti di 
emissione per impianti del tipo di quello in argomento pari a 30 mg./Nm3 per gli 
ossidi di azoto, e pari a 50 mg./Nm3 per il monossido di carbonio, in sede di 
valutazione di compatibilità ambientale il Ministero dell’Ambiente ha confermato 
il predetto limite per gli ossidi di azoto, ed ha imposto il più restrittivo 
limite di 40 mg./Nm3 per il monossido di carbonio, mentre la Regione, 
nell’esprimere parere favorevole sull’intesa ex legge n.55/2002 con delibera 
della giunta n.VIII/155 del 14/6/2005, ha abbassato il limite previsto per il 
monossido di carbonio a 30 mg./Nm3, e infine il Ministero dell’Ambiente, con 
l’autorizzazione integrata ambientale (pagina 15), ha confermato i restrittivi 
limiti da ultimo stabiliti nella misura di 30 mg./Nm3 per i due inquinanti.
Pertanto le problematiche evidenziate dall’ARPA con nota del 4/6/2004 
corrispondono a quelle valutate nel corso della successiva istruttoria condotta 
dalla Commissione ministeriale per le valutazioni di impatto ambientale, dalla 
Regione e dal Ministero, ed hanno trovato risposta nell’articolato regime di 
prescrizioni introdotte con le autorizzazioni finali.
In tale contesto, avendo l’amministrazione stabilito prescrizioni e misure 
idonee a contemperare l’interesse al soddisfacimento del fabbisogno energetico e 
l’interesse alla salubrità dell’ambiente, nell’ambito dell’ampia discrezionalità 
consentita dall’art.1 della legge n.55/2002, è irrilevante ai fini della 
decisione della causa la questione di illegittimità costituzionale sollevata, 
peraltro in modo apodittico, dalla ricorrente. 
La questione appare anche manifestamente infondata, visto che l’art.1, comma 1, 
della legge n.55/2002, al fine di ovviare al pericolo di interruzione di 
fornitura di energia elettrica, tiene conto da un lato dell’interesse pubblico 
sotteso alla costruzione e all’esercizio di impianti di energia elettrica, 
dall’altro, valorizzando le risultanze del distinto procedimento di VIA, della 
necessità di salvaguardare preminenti interessi ambientali, contemperando il 
principio della libera iniziativa economica funzionale alla sicurezza del 
sistema elettrico nazionale con le esigenze della salubrità dell’ambiente. 
Con il quindicesimo rilievo l’esponente osserva che nella Conferenza di Servizi 
istruttoria non è stata assicurata la partecipazione di tutti gli enti 
interessati, costituiti anche dai Comuni nel cui territorio ricadono le opere 
connesse alla centrale, dai Comuni che saranno coinvolti dalle emissioni 
dell’impianto e dal Consorzio Parco Adda Sud; lamenta la carenza di motivazione 
in cui sarebbero incorsi Regione, Ministero dell’Ambiente e Ministero delle 
Attività produttive, e aggiunge che la Regione, il Ministero dell’Ambiente ed il 
Ministero delle Attività produttive non hanno dato riscontro alle considerazioni 
dell’ARPA di Lodi e della Provincia di Lodi; sostiene che l’autorizzazione 
integrata deve essere preceduta dalla Conferenza di Servizi ai sensi dell’art.5 
del d.lgs. n.59/2005, che non è stata utilizzata la migliore tecnologia 
disponibile e che non è stata data motivazione circa il mancato accoglimento 
delle osservazioni della Provincia di Lodi; la deducente lamenta inoltre 
l’errata applicazione degli artt.5, 97, 117 e 118 della Costituzione.
Il motivo non può essere condiviso.
Premesso che la centrale ed il relativo metanodotto ricadono sul territorio dei 
comuni di Bertonico e Turano Lodigiano, e che l’elettrodotto riguarda i comuni 
di Turano Lodigiano e Casalpusterlengo (vedasi la relazione istruttoria della 
Commissione presso il Ministero dell’Ambiente alla pagina 7), si rileva che tali 
enti, unitamente alla provincia di Lodi, sono intervenuti nelle Conferenze di 
Servizi del 15/6/2005 e 8/7/2005 (documenti nn.21 e 23 depositati in giudizio 
dalla ricorrente), e durante quest’ultima hanno espresso la propria contrarietà 
alla realizzazione della centrale in argomento, in linea con l’art.1, comma 3, 
della legge n.55/2002, laddove statuisce “l’obbligo di richiedere il parere 
motivato del comune e della provincia nel cui territorio ricadono le opere…”.
Pertanto, stante l’univoco disposto della suddetta norma, l’amministrazione 
procedente non era tenuta ad acquisire anche il parere del Parco Adda Sud, e 
degli altri comuni. Quest’ultimi, comunque, avrebbero potuto avvalersi della 
facoltà di intervenire al procedimento, attraverso la presentazione di 
osservazioni o l’intervento nella Conferenza di Servizi, senza che rilevi per 
essi alcun obbligo al riguardo, secondo quanto prevede l’art.1, comma 2, prima 
parte, della predetta legge.
Il Collegio ritiene quindi, alla luce del menzionato art.1, comma 3, che le 
amministrazioni locali interessate, di cui è richiesta inderogabilmente la 
convocazione e la partecipazione alle conferenze di servizio indette, siano 
soltanto i comuni e la provincia nel cui territorio ricadono le opere. 
Il coinvolgimento specifico di tutti gli altri enti potenzialmente coinvolti 
dalle emissioni della centrale allargherebbe a dismisura la platea dei soggetti 
partecipanti, introducendo profili di incertezza, ben potendo anche enti 
territoriali situati a notevole distanza dal sito in cui sorge l’opera reclamare 
conseguenze di tipo ambientale in relazione alle eventuali emissioni ritenute 
insalubri, in contraddizione con i profili di concentrazione e celerità, 
ritenuti primari dalla legge n.55/2002 ai fini dell’istruttoria dello specifico 
procedimento autorizzatorio previsto (TAR Piemonte, II, 15/4/2005, n.1028; TAR 
Lazio, Roma, II, 23/8/2005, n.6267; Cons.Stato, VI, 11/2/2004, n.458). Nulla 
esclude che tali soggetti possano comunque partecipare volontariamente al 
procedimento ai sensi degli artt.9 e 10 della legge n.241/1990.
Tale assetto di coinvolgimento delle amministrazioni locali tiene conto della 
necessaria celerità con cui, allo scopo specificato dall’art.1, comma 1, della 
legge n.55/2002 “di evitare il pericolo di interruzione di fornitura di energia 
elettrica su tutto il territorio nazionale e di garantire la necessaria 
copertura del fabbisogno nazionale”, le funzioni amministrative concernenti la 
costruzione di impianti di energia elettrica di particolare rilievo devono 
essere svolte: il previsto “obbligo di richiedere il parere motivato del Comune 
e della Provincia nel cui territorio ricadono le opere” e la necessità del 
conseguimento di un’intesa con la Regione assicurano peculiare ma sufficiente 
coinvolgimento degli enti locali, giustificato dalla specialità del procedimento 
de quo, in linea con gli artt.5, 97, 117 e 118 della Costituzione (Corte 
Costituzionale, 13/1/2004, n.6).
Non rileva la circostanza, evidenziata con la censura in esame, che la prima 
Conferenza di Servizi (del 15/6/2005) sia stata indetta dopo il decreto di 
compatibilità ambientale.
Invero, come già visto, il procedimento teso al rilascio dell’autorizzazione ex 
legge n.55/2002 soggiace, stante l’art.1, comma 2, secondo paragrafo, della 
legge stessa, a regole procedurali autonome rispetto a quelle valevoli per la 
determinazione sull’impatto ambientale, al cui procedimento la ricorrente ha 
avuto a suo tempo la possibilità di partecipare.
Né rileva la circostanza che la Regione abbia espresso il proprio parere prima 
della suddetta Conferenza di Servizi. Ciò in quanto il parere favorevole, 
deliberato dalla giunta regionale con atto n.VIII/155 del 14/6/2005 e 
riguardante l’intesa che, in virtù dell’art.1, comma 2, primo paragrafo, della 
legge n.55/2002, la regione interessata è chiamata a decidere, è stato 
comunicato in tutti i suoi contenuti nella Conferenza del 15/6/2005, come 
risulta dal verbale di quest’ultima, laddove dà atto della comunicazione e del 
deposito della deliberazione regionale agli atti della conferenza.
Nemmeno è condivisibile la tesi della carenza di motivazione.
La Regione, nella premessa della deliberazione n.VIII/155 del 14/6/2005, 
puntualizza le ragioni giustificanti la realizzazione dell’intervento, e, al 
tempo stesso, al fine di assicurare il contemperamento delle esigenze di 
produzione energetica con quelle ambientali, propone articolate prescrizioni 
sulle questioni geologiche, idriche, della qualità dell’aria, dell’inquinamento 
acustico, e riguardanti la riqualificazione e l’inserimento ambientale 
(documento n.12 depositato in giudizio dalla ricorrente), prescrizioni che sono 
state recepite dall’art.2 dell’autorizzazione unica del 4/8/2005, coerentemente 
con l’art.1, comma 3, primo periodo, della legge n.55/2002, il quale demanda al 
suddetto permesso l’indicazione delle prescrizioni e degli obblighi di 
informativa posti a carico del soggetto proponente “per garantire il 
coordinamento e la salvaguardia del sistema elettrico nazionale e la tutela 
ambientale”.
Quest’ultima e l’autorizzazione integrata ambientale datata 3/8/2005 danno 
dettagliata contezza dell’iter logico seguito ai fini della determinazione 
finale, evidenziando i pro e i contro dell’installazione della centrale e 
precisando le prescrizioni tese ad ovviare agli aspetti problematici accertati 
nel corso dell’istruttoria.
In ordine al lamentato difetto di motivazione sotto il profilo dell’omessa 
spiegazione del discostamento dalle osservazioni presentate dalla Provincia di 
Lodi nella Conferenza di servizi dell’8/7/2005, incentrate sull’attuale 
criticità ambientale per alcuni parametri di qualità dell’aria, sul mancato 
invito del rappresentante del Parco Adda Sud, sul mancato interpello della 
Provincia di Lodi da parte della Regione circa le linee di sviluppo della zona 
in questione, e su una non meglio precisata carenza documentale nell’istruttoria 
regionale, nonchè sulla richiesta della stessa Provincia di analizzare l’impatto 
ambientale con modelli di studio diversi, il Collegio osserva quanto segue.
Il pregresso reiterato superamento dei limiti fissati per alcuni parametri di 
qualità dell’aria è stato considerato dall’amministrazione già nella precedente 
fase della valutazione di impatto ambientale, la quale è culminata in 
provvedimento positivo integrato da prescrizioni che tengono conto della attuale 
situazione di criticità dell’ambiente atmosferico per alcuni inquinanti. Tali 
prescrizioni hanno trovato conferma e integrazione sia con il decreto di 
autorizzazione unica del 4/8/2005 (pagine 10 e 17), il quale prevede anche la 
realizzazione di foresta di 50 ettari, proposta da Energia s.p.a. nello studio 
di impatto ambientale, e contempla limiti di emissione dell’impianto ancor più 
restrittivi di quelli previsti nel decreto positivo di compatibilità ambientale 
(confronta la pagina 15 della prima con la pagina 28 del secondo), sia con il 
decreto di autorizzazione integrata ambientale del 3/8/2005 (artt.1 e seguenti).
Quest’ultimo, inoltre, alla pagina 7 dà contezza delle controdeduzioni del 
Ministero ad obiezioni sollevate dalla ricorrente e da altri comuni, mentre il 
decreto autorizzatorio del 4/8/2005 alla pagina 3 precisa le ragioni della 
mancata convocazione del Parco Adda Sud (sulla quale peraltro il Collegio si è 
già soffermato), alla pagina 7 replica che le dedotte argomentazioni sulla 
criticità ambientale non aggiungono nulla di nuovo all’esito dell’istruttoria 
condotta dall’amministrazione in quanto non dimostrano l’incidenza dell’impianto 
sulle prospettate criticità, e alle pagine 7-8 precisa che la Regione ha 
facoltà, e non obbligo, di interpellare gli enti territoriali, come risulta 
dall’art.1, comma 2, ultimo paragrafo della legge n.55/2002.
Pertanto, gli atti relativi al procedimento VIA ex legge n.349/1986, 
all’autorizzazione unica ex legge n.55/2002 ed alla autorizzazione integrata 
ambientale ex d.lgs. n.59/2005 danno nell’insieme contezza delle interferenze 
dell’opera su tutte le componenti dell’ambiente, evidenziano gli aspetti 
problematici e introducono prescrizioni tese a rispondere alle criticità 
rilevate, palesando nel loro insieme le ragioni per cui vengono disattese le 
obiezioni della Provincia di Lodi.
Quanto ai modelli di studio proposti dalla ricorrente, il Collegio, nel 
richiamare il giudizio esposto nella trattazione della sesta censura, ribadisce 
che già nel procedimento di valutazione ambientale è stato precisato che lo 
studio delle ricadute di inquinanti dell’aria provenienti dall’impianto nella 
fase di esercizio si basa sul modello ISC3-ST, la cui scelta risulta legittima 
per il fatto che esso rientra nell’elenco dei modelli consigliati dall’Istituto 
superiore di Sanità (pagina 27 della relazione istruttoria datata ottobre 2004 
del Ministero dell’Ambiente, costituente l’allegato n.1 al documento n.2 
depositato in giudizio dall’Avvocatura dello Stato) e che la sua applicazione è 
stata seguita dall’utilizzo di un sistema di analisi di diversa tipologia le cui 
risultanze non hanno smentito le precedenti conclusioni (pagina 33 della 
relazione istruttoria menzionata).
Parimenti non condivisibile è il profilo della censura in esame incentrato sulla 
mancata convocazione della conferenza di servizi ai fini del rilascio 
dell’autorizzazione integrata ambientale, ai sensi dell’art.5 del d.lgs. 
n.59/2005.
Si osserva al riguardo che l’art.17 del d.lgs. n.59/2005 prevede un regime 
transitorio speciale per i procedimenti che, come quello in questione, sono già 
iniziati al momento dell’entrata in vigore della suddetta normativa, imponendo 
alle autorità competenti di concludere l’iter procedurale attenendosi ai 
principi ed alle regole di sollecita adozione del provvedimento conclusivo 
fissate nello stesso art.17, senza necessità di convocare apposita conferenza di 
servizi ai sensi dell’art.5 del d.lgs. n.59/2005.
La correttezza dell’istruttoria condotta ai fini del rilascio 
dell’autorizzazione integrata ambientale risulta dalle approfondite ed 
articolate considerazioni e prescrizioni espresse ai fini della presupposta VIA, 
fatte proprie dall’autorizzazione stessa, dalle ulteriore analisi di cui è dato 
atto nella relazione preistruttoria del 7/7/2005 e richiamate 
nell’autorizzazione de qua, dalle considerazioni in essa contenute sull’impiego 
della migliore tecnologia disponibile (pagina 7), dai rigidi limiti di emissione 
ivi dettati (art.2), dalla prescrizione cautelativa di predisposizione 
dell’impianto ad abbattitori catalitici degli ossidi di azoto (art.3, comma 2).
Quanto alla mancata predisposizione preventiva di un piano di monitoraggio 
conforme alle specifiche contenute nell’art.7, comma 6, del d.lgs. n.59/2005, il 
Ministero precisa alla pagina 8 dell’autorizzazione integrata ambientale che ciò 
è dipeso, ricadendo il procedimento nella fase di transizione tra la legge 
n.55/2002 ed il d.lgs. n.59/2005, dall’avvenuta presentazione del progetto al 
livello di dettaglio previsto dalla prima legge, ed offre una ragionevole 
soluzione con gli artt.5 e 6 del provvedimento, i quali prescrivono 
l’approntamento di un piano di monitoraggio e controllo in linea con l’art.7, 
comma 6, del d.lgs.n.59/2005, che deve essere predisposto dal richiedente almeno 
dodici mesi prima della comunicazione di inizio attività.
Con il sedicesimo motivo la ricorrente deduce che manca una qualsiasi indagine 
di verifica del rispetto delle prescrizioni imposte; osserva inoltre che, 
contrariamente a quanto assicurato nella prima conferenza di servizi, non sono 
state svolte valutazioni comparative circa le prescrizioni del Ministero 
dell’Ambiente e della Regione, e che la valutazione comparativa è mancata anche 
riguardo alle prescrizioni del Comando provinciale dei vigili del fuoco.
Il rilievo è infondato.
Entrambe le autorizzazioni impugnate con i motivi aggiunti espongono le 
prescrizioni che, ai fini dell’insediamento e dell’esercizio della centrale, la 
società proponente deve osservare.
La mancanza di una analisi comparativa di dette prescrizioni non rappresenta di 
per sé ragione di illegittimità, giacchè non risulta alcun profilo di 
contraddizione o incompatibilità tra le stesse (con la sola eccezione della 
necessità di autorizzazione ad escavare e di concessione di derivazione, cui fa 
riferimento la Regione con deliberazione n.VIII/155 del 14/6/2005, le quali sono 
state però assorbite dall’autorizzazione unica ex legge n.55/2002, sia pure con 
prescrizioni), tale da richiedere modifiche o coordinamenti, ma, semmai, attiene 
al merito, alla mera opportunità della contestata scelta di non redigere un 
quadro comparativo dei vari precetti amministrativi introdotti.
Peraltro, l’insieme degli stessi risulta ben chiaro e comprensibile, visto che è 
puntualmente riprodotto nelle autorizzazioni impugnate.
Quanto alla dedotta mancanza di indagini, va considerato che le stesse attengono 
alla fase della realizzazione dell’intervento, ovvero al corretto esercizio 
delle iniziative assentite, e non alla legittimità dei permessi rilasciati.
La diciassettesima doglianza è incentrata sull’illegittimità, per carenza di 
istruttoria ed eccesso di potere, del parere del comando provinciale dei vigili 
del fuoco, il quale è positivo nonostante dia atto dell’incompletezza della 
documentazione prodotta dalla società proponente.
Il rilievo non può essere accolto.
Il predetto parere dà atto che la predetta documentazione non indica 
esplicitamente tutte le attività incluse nel D.M. 16/2/1982, precisa che per 
l’attività della centrale è stata effettuata la valutazione antincendi a livello 
di analisi preliminare di sicurezza con previsione di impianti di protezione e 
spegnimento, non accompagnata da elaborati grafici in scala opportuna per 
individuare la distribuzione di fabbricati, impianti, apparecchiature, accessi, 
vie di fuga, elementi di protezione, aggiunge che per la rete di trasporto del 
metano gli elaborati grafici descrivono il rispetto del D.M. 24/11/1984 ma non 
le distanze di sicurezza, ed evidenzia che per altre attività vi è stata 
un’analisi preliminare di sicurezza molto sintetica.
In sostanza si tratta di integrazioni documentali cui Energia s.p.a. è chiamata 
ai fini della esauriente dimostrazione del rispetto della normativa antincendio 
nel dettaglio dei profili progettuali di tutte le attività previste, e che 
giustificano espresse prescrizioni condizionanti il parere favorevole.
L’amministrazione procedente ha valorizzato tali precetti recependoli come 
condizioni dell’autorizzazione unica (art.2, pagina 17), cosicchè non è 
possibile l’installazione e l’avvio della centrale senza il dimostrato rispetto 
degli stessi ed il conseguimento del certificato di prevenzione incendi.
Con il diciottesimo motivo la ricorrente lamenta l’approssimativo studio degli 
effetti dell’opera sull’ambiente, evidenziando la mancanza di istruttoria 
riferita al piano di tutela dell’aria e dell’acqua, agli effetti 
sull’agricoltura ed agli attraversamenti dell’elettrodotto.
Il rilevo non è condivisibile.
Valgono sul punto le considerazioni di infondatezza espresse in relazione al 
quinto, sesto, settimo e ottavo motivo del ricorso principale.
Invero, le risultanze della positiva conclusione del procedimento di valutazione 
di impatto ambientale, avvenuta prima dell’entrata in vigore del d.lgs. 
n.59/2005, sono fatte salve dall’art.17, comma 2, dello stesso. Ed in effetti la 
contestata autorizzazione integrata conferma le prescrizioni del pregresso 
giudizio di incompatibilità ambientale, integrandolo con ulteriori motivazioni.
Per quanto riguarda il possibile impatto dell’opera sull’agricoltura, l’analisi 
delle interferenze dell’impianto sul clima, sull’aria (rispetto alla quale 
peraltro sono stati introdotti rigidi limiti di emissione, è stata prescritta 
una più elevata altezza del camino e sono stati previsti ulteriori monitoraggi) 
e sull’acqua escludono cambiamenti dannosi per la stessa (vedi la più volte 
citata relazione istruttoria dell’ottobre 2004).
La diciannovesima censura è incentrata sulla mancata previsione di misure 
compensative, sulla incongrua localizzazione prevista per l’intervento di 
riqualificazione consistente nel piantare una foresta planiziale e sulla 
circostanza che le misure compensative che la Regione può promuovere tra 
proponente ed enti locali sono di impossibile attuazione, visto che 
l’autorizzazione è già stata rilasciata.
Il motivo è infondato.
Per quanto riguarda le misure compensative, si rimanda al giudizio espresso dal 
Collegio in sede di trattazione del nono motivo di ricorso, mentre in ordine 
alla prevista piantagione (pagina 17 dell’autorizzazione unica) la scelta di 
ubicarla in aree adiacenti alla centrale appare del tutto ragionevole.
Invero, è indimostrata la tesi della ricorrente secondo cui le maggiori ricadute 
di inquinanti si avrebbero solo ad alcuni chilometri di distanza dalla centrale, 
a differenza dei benefici effetti della prevista foresta che invece (sembra 
potersi desumere dall’apodittico ragionamento della ricorrente) ricadrebbero 
solo nelle aree in cui questa è localizzata. 
In conclusione, il ricorso n.2221/2005 ed i relativi motivi aggiunti devono 
essere respinti, l’atto di intervento ad esso riferito deve essere dichiarato 
inammissibile, mentre il ricorso n.2654/2005 va dichiarato inammissibile stante 
il principio del ne bis in idem.
Sussistono, tuttavia, giusti motivi per compensare tra le parti le spese di 
giudizio, compresi gli onorari difensivi.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia, Quarta Sezione, 
definitivamente pronunciando sul ricorso n.2221/2005 ed i relativi motivi 
aggiunti, nonché sul ricorso n.2654/2005, li riunisce e così dispone:
-quanto al ricorso n.2221/2005, respinge l’impugnativa principale ed i relativi 
motivi aggiunti, e dichiara inammissibile l’atto di intervento ad adiuvandum;
-quanto al ricorso n.2654/2005, lo dichiara inammissibile. 
Compensa tra le parti le spese di giudizio, compresi gli onorari difensivi.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso, in Milano, nelle Camere di Consiglio del 10 e dell’11 luglio 2007, 
con l’intervento dei Magistrati: 
Maurizio Nicolosi - Presidente
Paolo Passoni - Consigliere
Gianluca Bellucci - Primo Referendario est. 
 
 
AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
 Vedi 
altre: 
SENTENZE PER ESTESO  
Ritorna alle
  MASSIME della sentenza  -  Approfondisci 
con altre massime:
GIURISPRUDENZA  -  
Ricerca in: 
LEGISLAZIONE  
-  Ricerca 
in:
DOTTRINA
www.AmbienteDiritto.it