Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
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T.A.R. LAZIO, Roma, Sez. I 
ter, 16 Giugno 2006, Sentenza n. 4731
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO
ROMA -
SEZIONE PRIMA TER
 
nelle persone dei magistrati:
Dott. Luigi Tosti Presidente
Dott. Giampiero Lo Presti Componente
Dott. Roberto Caponigro Componente, relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 1944 del 2006, proposto da
Enel S.p.A., in persona dell’Amministratore delegato e legale rappresentante pro 
tempore dott. Fulvio Conti, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Giuseppe de 
Vergottini, Cesare Caturani e Salvatore Cardillo ed elettivamente domiciliata 
presso lo studio dei primi due in Roma, Via Bertoloni n. 44;
Enel Produzione S.p.A., in persona del Presidente e legale rappresentante pro 
tempore, Ing. Sandro Fontecedro, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Giuseppe de 
Vergottini, Cesare Caturani e Pasquale Scarpitti ed elettivamente domiciliata 
presso lo studio dei primi due in Roma, Via Bertoloni n. 44
contro
Regione Lazio, in persona del Presidente pro tempore Pietro Marrazzo, 
rappresentata e difesa dagli Avv.ti Luca Di Raimondo e Gennaro Terracciano ed 
elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Roma, Piazza di 
Spagna n. 35
notiziandone
Ministero delle Attività Produttive e Ministero dell’Ambiente e della Tutela del 
Territorio, rappresentati e difesi dall’Avvocatura dello Stato, con domicilio 
eletto in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;
Autorità Portuale di Civitavecchia, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Paolo e 
Diego Vaiano, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, Lungotevere 
Marzio, 3; 
Soc Compagnia Porto di Civitavecchia SpA, rappresentata e difesa dall’Avv. Mario 
Sanino, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, V.le Parioli n. 180;
Ati Imprese Consorziate Civitavecchia – I.C.C. e Consorzio COIMPRE rappresentati 
e difesi dall’ Avv. Anna Maria Pitzolu, con domicilio eletto in Roma (lido di 
Ostia), Via Lucio Coilio n. 19;
Soc Sales SpA, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Paolo Dell’Anno, Mario 
Zambernardi e Carlo Srubek Tomassy, con domicilio eletto presso lo studio del 
primo in Roma,Via Cicerone n. 60
con l'intervento ad adiuvandum di
CONSORZIO MONTAGGI INDUSTRIALI 
COMIND+18 
rappresentato e difeso da:
PITZOLU AVV. ANNA MARIA 
con domicilio eletto in LIDO DI OSTIA 
VIA LUCIO COILIO, 19 
presso la sua sede
e con l'intervento ad adiuvandum di 
SALES S.P.A 
rappresentato e difeso da:
SRUBEK TOMASSY AVV. CARLO 
DELL'ANNO AVV. PAOLO 
ZAMBERNARDI AVV. MARIO 
con domicilio eletto in ROMA 
VIA CICERONE, 60 
presso
DELL'ANNO AVV. PAOLO 
e con l'intervento ad opponendum di 
COMUNE DI ALLUMIERE 
rappresentato e difeso da:
DI RAIMONDO AVV. LUCA 
con domicilio eletto in ROMA 
VIA DELLA CONSULTA, 50 
presso la sua sede
e con l'intervento ad opponendum di 
COMUNE DI MONTE ROMANO 
rappresentato e difeso da:
DI RAIMONDO AVV. LUCA 
con domicilio eletto in ROMA 
VIA DELLA CONSULTA, 50 
presso la sua sede
e con l'intervento ad opponendum di 
FARE VERDE ONLUS 
rappresentato e difeso da:
DI RAIMONDO AVV. LUCA 
con domicilio eletto in ROMA 
VIA DELLA CONSULTA, 50 
presso la sua sede
e con l'intervento ad opponendum di 
COMUNE DI TARQUINIA 
rappresentato e difeso da:
DI RAIMONDO AVV. LUCA 
con domicilio eletto in ROMA 
VIA DELLA CONSULTA, 50 
presso la sua sede
e con l'intervento ad opponendum di 
COMUNE DI BLERA 
rappresentato e difeso da:
DI RAIMONDO AVV. LUCA 
con domicilio eletto in ROMA 
VIA DELLA CONSULTA, 50 
presso la sua sede
e con l'intervento ad opponendum di 
AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE DI ROMA 
rappresentato e difeso da:
FANCELLU AVV ANTONIO 
SIENI AVV. MASSIMILIANO 
con domicilio eletto in ROMA 
VIA IV NOVEMBRE, 119/A 
presso
AVVOCATURA PROVINCIA DI ROMA 
e con l'intervento ad opponendum di 
LEGAMBIENTE LAZIO ONLUS 
rappresentato e difeso da:
FURLANETTO AVV. MARIADOLORES 
con domicilio eletto in ROMA 
VIA A. VIVALDI, 15 
presso la sua sede
e con l'intervento ad opponendum di 
CODACONS-COORD. COMITATI TUTELA AMBIENTE E CONSUMATORI 
rappresentato e difeso da:
RIENZI AVV. CARLO
TABANO AVV. CRISTINA
VENERUSO AVV. ENRICO 
con domicilio eletto in ROMA 
V.LE DELLE MILIZIE, 9 
presso 
RIENZI AVV. CARLO
e con l'intervento ad adiuvandum di 
MINISTERO ATTIVITA' PRODUTTIVE MIN AMBIENTE E TERRITORIO 
rappresentato e difeso da:
AVVOCATURA DELLO STATO 
con domicilio eletto in ROMA 
VIA DEI PORTOGHESI, 12 
presso la sua sede
e con l'intervento ad opponendum di 
ASS.ITAL.WORLD WIDE FUND FOR NATURE ONLUS 
rappresentato e difeso da:
MARSILI AVV. PIETRO 
con domicilio eletto in ROMA 
VIA DUE MACELLI, 60 
presso la sua sede
e con l'intervento ad opponendum di 
FORUM AMBIENTALISTA MOVIMENTO ROSSO-VERDE ONLUS 
rappresentato e difeso da:
SALERNI AVV. ARTURO 
DAMIZIA AVV. MARIA ROSARIA 
con domicilio eletto in ROMA 
VIALE CARSO, 23 
presso
SALERNI AVV. ARTURO 
e con l'intervento ad opponendum di 
PUPPI MAURIZIO+20 
rappresentato e difeso da:
PIFERI AVV. ANTONELLO ROBERTO 
INSOLERA AVV. PIETRO 
con domicilio eletto in ROMA 
VIA OVIDIO, 26 
presso
MANCINI AVV. GIANLUCA 
e con l'intervento ad opponendum di 
COMUNE DI LADISPOLI+2 
rappresentato e difeso da:
PAGGI AVV MARIO 
con domicilio eletto in ROMA 
VIA FLAMINIA, 189 
presso SEGRETERIA TAR LAZIO 
e con l'intervento ad opponendum di 
ASSOCIAZIONE W A S VERDI AMBIENTE E SOC ONLUS 
rappresentato e difeso da:
CAGNUCCI AVV. DOMENICO 
con domicilio eletto in ROMA 
VIA Q. SELLA, 41 
presso la sua sede
e con l'intervento ad opponendum di 
PROVINCIA DI VITERBO 
rappresentato e difeso da:
VENETTONI AVV. ROBERTO 
con domicilio eletto in ROMA 
VIA CESARE FRACASSINI, 18 
presso la sua sede
per l’annullamento
dell’ordinanza del Presidente della Regione Lazio n. Z0001 del 10.2.2006 avente 
ad oggetto “Sospensione dei lavori di realizzazione delle opere a mare per la 
riconversione della centrale termoelettrica Torrevaldaliga Nord 
sita in Civitavecchia ex art.10 L.R. 18/11/1991 n.74”;
di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente ed in particolare della 
deliberazione della Giunta regionale del Lazio n.59/2006 del 10.2.2006 e, per 
quanto occorrer possa, della nota prot. n.032476/25/04 del 27 febbraio 2006
nonché per il risarcimento
dei danni ingiustamente subiti
per l’annullamento
della delibera della Giunta regionale del Lazio n.181 del 31/3/2006 avente 
ad oggetto “Provvedimento definitivo a tutela dell’ambiente in relazione alle 
opere a mare della Centrale Termoelettrica dell’Enel di Torvaldaliga Nord sita 
in Civitavecchia – Presa d’atto di conclusione del procedimento”;
del provvedimento della Regione Lazio – Dip. Territorio prot. n.053288/2S/04 del 
28.3.2006 avente ad oggetto “Porto di Civitavecchia – Opere di dragaggio in 
funzione del progetto definitivo di costruzione delle banchine destinate agli 
accosti Enel – Diniego di autorizzazione”;
di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente ed in particolare, per 
quanto occorrer possa, del provvedimento della Regione Lazio – Dip. Territorio 
prot. D2/25/04/46709 del 16.3.2006 avente ad oggetto “Porto di Civitavecchia – 
opere di dragaggio in funzione del progetto definitivo di costruzione delle 
banchine destinate agli accosti di Enel – Comunicazione di avvio del 
procedimento del 27.2.2006”.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti i motivi aggiunti depositati dai ricorrenti;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di:
AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE DI ROMA 
ASS.ITAL.WORLD WIDE FUND FOR NATURE ONLUS 
ASSOCIAZIONE W A S VERDI AMBIENTE E SOC ONLUS 
AUTORITA' PORTUALE DI CIVITAVECCHIA 
CODACONS-COORD. COMITATI TUTELA AMBIENTE E CONSUMATORI 
COMUNE DI ALLUMIERE 
COMUNE DI BLERA 
COMUNE DI LADISPOLI+2 
COMUNE DI MONTE ROMANO 
COMUNE DI TARQUINIA 
CONSORZIO MONTAGGI INDUSTRIALI COMIND+18 
FARE VERDE ONLUS 
FORUM AMBIENTALISTA MOVIMENTO ROSSO-VERDE ONLUS 
LEGAMBIENTE LAZIO ONLUS 
MINISTERO DELLE ATTIVITA' PRODUTTIVE
MINISTERO AMBIENTE E TERRITORIO 
PROVINCIA DI ROMA 
PROVINCIA DI VITERBO 
PUPPI MAURIZIO+20 
REGIONE LAZIO 
SALES S.P.A 
SOC ATI IMPRESE CONSORZIATE CIVITAVECCHIA - ICC+1 
SOC COMPAGNIA PORTO DI CIVITAVECCHIA SPA 
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Uditi alla pubblica udienza del 25 maggio 2006, relatore il Dott. Roberto 
Caponigro, gli avvocati come da verbale d’udienza;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto:
FATTO
Il Presidente della Regione Lazio, con atto del 10 febbraio 2006, ha ordinato 
alla Società Enel Produzione S.p.A., per le motivazioni espresse in narrativa, 
l’immediata sospensione delle opere a mare, relative ai lavori di realizzazione 
della riconversione della Centrale termoelettrica di Torvaldaliga Nord sita in 
Civitavecchia, attualmente condotta in assenza di procedura ambientale secondo 
le norme comunitarie, ravvisando una situazione di pericolo e danno ambientale 
senza poterne conoscere e valutare gli effetti rispetto agli ecosistemi marini 
ed ai fenomeni indotti di carattere meteomarino e, inoltre, l’attivazione della 
prescritta procedura di valutazione di impatto ambientale sia per la 
realizzazione del molo che per la variante alla darsena grandi masse, in 
applicazione del punto 13 dell’allegato II della direttiva 97/11CE.
Le ricorrenti – premesso, tra l’altro, che Enel Produzione è stata autorizzata 
alla costruzione ed esercizio della centrale termoelettrica di Torrevaldaliga 
Nord, nella configurazione alimentata a carbone, con decreto del Ministero delle 
Attività Produttive del 24 dicembre 2003 n. 55/02/2003 emanato ai sensi 
dell’art. 1 del D.L. 7/2002, c.d. decreto “sblocca centrali”, convertito con 
modificazioni in L. 55/2002, provvedimento già impugnato dinanzi alla Sezione II 
bis di questo Tribunale con ricorsi definiti con le sentenze di rigetto n. 5481 
del 5 luglio 2005 e n. 6267 del 28 agosto 2005 – hanno articolato, avverso 
l’ordinanza presidenziale di sospensione, i seguenti motivi di impugnativa:
1. Sviamento di potere. Irragionevolezza. Eccesso di potere per perplessità e 
contraddittorietà. Malgoverno dell’azione amministrativa. Pretestuosità della 
motivazione. Carenza dei presupposti. Difetto di attribuzione. Incompetenza 
assoluta.
Risulterebbe che la Regione Lazio, a lavori di riconversione della centrale in 
avanzatissimo stato di esecuzione, avrebbe esternato una rinnovata volontà 
politica di vedere modificata addirittura la prima caratteristica dell’impianto, 
ossia la scelta del combustibile della centrale per la produzione di energia 
elettrica.
Il reale presupposto dell’adozione dell’ordinanza di sospensione, pertanto, 
assumerebbe una valenza politica, sicché la stessa sarebbe affetta da sviamento; 
l’ordinanza di sospensione delle opere a mare connesse alla riconversione a 
carbone della centrale, infatti, non sarebbe stata dettata da effettive ed 
urgenti necessità ambientali ma rappresenterebbe esclusivamente il pretesto 
individuato dalla Regione per ostacolare il procedere dei lavori.
2. Incompetenza assoluta. Carenza di attribuzione. Falsa applicazione dell’art. 
10 della L.R. 74/1991 e violazione dell’art. 6 della L. 349/1986.
L’ordinanza impugnata sarebbe stata emanata in assenza della competenza 
regionale richiesta dall’art. 10 L.R. 74/1991 per l’adozione di un simile 
provvedimento, atteso che il procedimento c.d. “sblocca centrali” è di carattere 
speciale e assegna alla sola amministrazione statale il potere decisorio, mentre 
l’intervento regionale sarebbe previsto nella fase endoprocedimentale e di 
rilascio dell’intesa.
In particolare, sia le opere a mare connesse al progetto di riconversione della 
centrale di Torrevaldaliga sia il progetto “Darsena Energetico Grandi Masse” 
sarebbero state sottoposte alla valutazione di impatto ambientale del Ministero 
dell'Ambiente.
La normativa incardinerebbe una competenza del Ministero dell’Ambiente a fronte 
di progetti sottoposti, per attribuzione di legge, alla valutazione di impatto 
ambientale da parte dell’amministrazione statale, escludendo la possibilità di 
intervento di altre amministrazioni nei diversi livelli di governo.
Il potere di ordinanza contingibile e urgente che il Presidente della Regione 
Lazio avrebbe inteso esercitare sarebbe incompatibile con la riserva di legge 
statale di cui al combinato disposto degli artt. 6 e 8 L. 349/1986 e dell’art. 1 
D.L. 55/2002.
Il nuovo riparto costituzionale di competenze tra Stato e Regioni assegnerebbe 
(art.117, co. 2, lett. s) alla competenza esclusiva statale la potestà 
legislativa in materia di “tutela dell’ambiente”.
3. Carenza di attribuzione. Incompetenza assoluta. Violazione della L. 84/1994.
Anche ove l’ordinanza pretendesse porsi come espressione di una funzione di 
vigilanza regionale, il provvedimento sarebbe comunque viziato per incompetenza 
in quanto il potere di vigilanza in materia di demanio marittimo e di opere da 
realizzarsi all’interno dell’area portuale, ai sensi della L. 84/1994, 
spetterebbe all’Autorità Portuale.
4. Violazione e falsa applicazione dell’art. 10 della L.R. 74/1991. Eccesso di 
potere per erroneità dei presupposti. Erroneità della motivazione. Difetto di 
istruttoria. Travisamento. Contraddittorietà.
Il presupposto fondamentale dell’ordinanza, ossia la non riconducibilità delle 
opere a mare connesse alla centrale di Torrevaldaliga Nord nell’ambito del 
procedimento autorizzatorio concluso con decreto MAP del 24.12.2003 sarebbe 
infondato in quanto dette opere a mare sarebbero state considerate nell’ambito 
della procedura di VIA di cui al D.M. 380 del 6.11.2003. Le opere marittime 
ritenute non autorizzate, inoltre, avrebbero ricevuto parere positivo di 
conformità ambientale anche da parte dell’amministrazione regionale.
5. Violazione e falsa applicazione dell’art. 10 della L.R. 74/1991. Inesistenza 
del danno ambientale. Motivazione carente o insufficiente. Erroneità dei 
presupposti. Difetto di istruttoria. Violazione del principio di 
proporzionalità.
L’ordinanza presidenziale non evidenzierebbe alcuna situazione di grave pericolo 
o di danno ambientale tale da giustificare l’ordine di sospensione dei lavori 
relativi alle opere a mare. La mancata dimostrazione del danno ambientale 
determinerebbe anche che l’ordinanza è stata emessa in violazione del principio 
di proporzionalità.
6. Violazione degli artt. 7 e 8 della L. 241/1990. Ingiustizia grave e 
manifesta. Eccesso di potere per carenza dei presupposti. Vizio 
dell’istruttoria. Pretestuosità dell’azione amministrativa. Carenza assoluta di 
motivazione. Difetto di ragionevolezza.
L’amministrazione regionale non avrebbe comunicato l’avvio del procedimento 
impedendo la partecipazione al medesimo.
Le ricorrenti hanno altresì proposto istanza di risarcimento dei danni.
La Regione Lazio, con ampia ed articolata memoria, ha contestato la fondatezza 
delle censure dedotte concludendo per il rigetto del ricorso.
Gli interventori ad adiuvandum e ad opponendum si sono costituiti in giudizio 
sviluppando argomentazioni a sostegno delle ragioni, rispettivamente, delle 
ricorrenti e dell’amministrazione resistente.
Nel corso del giudizio, con provvedimento n. 181 del 31 marzo 2006, la Giunta 
Regionale del Lazio ha deliberato di:
• prendere atto del provvedimento dirigenziale del 28 marzo 2006 di diniego 
dell’autorizzazione all’escavo relativo alle opere di realizzazione delle 
banchine destinate agli accosti Enel;
• inviare la delibera al Ministero dell’Ambiente affinché avvii una nuova 
valutazione di impatto ambientale relativamente alle opere a mare suindicate;
• prendere atto che il provvedimento presidenziale n. Z0001 del 10 febbraio 2006 
di sospensione dei lavori cessa di produrre effetti a seguito della 
deliberazione e deve ritenersi automaticamente caducato in ragione del 
perseguimento delle finalità per le quali la L.R. 74/1991 prevede tale potere 
extra ordinem, considerato che i valori ambientali che si è inteso tutelare 
devono ritenersi comunque salvaguardati dalla inibitoria, allo stato degli atti, 
derivante dal diniego di autorizzazione all’escavo. 
Avverso la delibera della Giunta Regionale del Lazio n. 181 del 31.3.2006 nonché 
del presupposto provvedimento della Regione Lazio – Dip. Territorio del 
28.3.2006, l’Enel S.p.A. e l’Enel Produzione S.p.A. hanno proposto i seguenti 
motivi aggiunti:
7. Violazione e falsa applicazione della L. 55/2002. Eccesso di potere per 
pretestuosità, contraddittorietà, erroneità della motivazione. Difetto di 
attribuzione. Irragionevolezza. Difetto di istruttoria. Sviamento. Violazione 
del principio di legittimo affidamento. 
Le opere a mare, inclusi i dragaggi funzionali alla loro realizzazione, in 
quanto opere connesse, sarebbero state oggetto, in un primo momento, della 
valutazione di impatto ambientale conclusa con D.M. del 6.11.2003 e, 
successivamente, dell’autorizzazione unica del Ministero delle Attività 
Produttive del 24.12.2003 rilasciata in conformità alla normativa specifica che 
disciplina il procedimento autorizzatorio dell’impianto, costituita dalla L. 
55/2002.
La normativa speciale che disciplina l’intervento richiederebbe una sola 
procedura di VIA statale comprendente, nel caso di specie, le opere di 
conversione a carbone della centrale e quelle connesse quali sono le opere a 
mare, sicché non vi sarebbe margine per una ulteriore e separata procedura di 
VIA che riguardi le sole opere a mare ed i dragaggi strumentali alla loro 
realizzazione, già oggetto di VIA espletata nel corso del procedimento. In 
merito alla costruzione ed esercizio di un impianto soggetto alla disciplina 
della normativa c.d. “sblocca centrali”, in deroga alle situazioni ordinarie, 
non vi sarebbe margine per alcun altro atto autorizzatorio diverso 
dall’autorizzazione unica. Con l’emanazione dei provvedimenti di propria 
competenza previsti dall’art. 1 della L. 55/2002 la Regione Lazio avrebbe 
esaurito il proprio potere nell’ambito dell’intervento.
8. Eccesso di potere per erroneità dei presupposti e della motivazione. Difetto 
di istruttoria. Violazione e falsa applicazione dell’art. 35 del D.Lgs. 152/1999 
e dell’art. 21 della L. 179/2002.
Nell’ambito della VIA della Darsena Grandi Masse sarebbero stati previsti 
dragaggi per complessivi 4.200.000 mc ed il progetto Enel prevederebbe, come 
opere connesse alla conversione della centrale, la realizzazione di due nuove 
banchine per garantire la manovra e l’accosto delle navi alle quali sarebbe 
necessario effettuare i dragaggi per complessivi 1.227.000 mc, vale a dire la 
quantità autorizzata dalla VIA della riconversione della centrale. I dragaggi 
complessivi previsti nei due progetti, quindi, ammonterebbero a 5.427.000 mc ma 
tale somma complessiva non potrebbe essere attribuita interamente al progetto 
della riconversione della centrale Enel.
In previsione della esecuzione delle attività di dragaggio, Enel e Compagnia 
Porto di Civitavecchia (titolare del decreto autorizzativo per la realizzazione 
della Darsena energetico grandi masse) avrebbero stabilito di suddividersi le 
aree di dragaggio, sicché i dragaggi sarebbero effettuati per 2.427.000 mc a 
cura della Compagnia Porto di Civitavecchia e per 3.000.000 mc a cura dell’Enel, 
senza che tale accordo possa l’implicare l’aumento di cubatura imputabile ai 
lavori di riconversione della centrale o che il quantitativo complessivo dei 
dragaggi da effettuare non sia stato valutato nell’ambito della VIA.
La Regione Lazio, in ogni caso, intenderebbe erroneamente applicare l’art. 35 
del D.Lgs. 152/1999 come integrato dall’art. 21 della L. 179/2002 che si 
riferisce esclusivamente alla immersione a mare di materiale derivante da 
attività di escavo, sicché sarebbero comunque estranee le prime attività di 
dragaggio dell’Enel, ossia i primi 500.000 mc, che prevedono il reimpiego a 
terra del materiale dragato. 
9. Incompetenza assoluta, difetto di attribuzione. Violazione della L. 84/1994. 
Eccesso di potere per contrasto con il decreto MAP 24.12.2003.
L’intervento inibitorio della Regione Lazio concreterebbe un’invasione delle competenze dell’Autorità Portuale nonché degli altri organismi appositamente istituiti dal decreto MAP di autorizzazione per la vigilanza ed il controllo delle attività di realizzazione dei lavori.
10. Eccesso di potere per pretestuosità, contraddittorietà, irragionevolezza. 
Sviamento di potere. Malgoverno dell’azione amministrativa.
Le ragioni di opposizione all’intervento andrebbero ricercate nella pretesa 
della nuova Giunta regionale del Lazio di vedere modificata la prima 
caratteristica dell’impianto ossia la scelta del combustibile di alimentazione 
abbandonando il carbone in favore del gas.
Di talché, le ricorrenti hanno chiesto l’annullamento degli atti impugnati con i 
motivi aggiunti ed il risarcimento dei danni ingiustamente subiti.
L’amministrazione regionale ha proposto una serie di eccezioni in rito e, nel 
merito, ha contestato la fondatezza delle censure dedotte concludendo per il 
rigetto dell’impugnativa.
Gli interventori hanno articolato le rispettive difese sostenendo o avversando 
le ragioni delle ricorrenti.
Con ordinanza n. 512, pronunciata nella camera di consiglio del 20 aprile 2006, 
questa Sezione – premesso, tra l’altro, che l’istanza cautelare proposta con il 
ricorso introduttivo avverso l’ordinanza adottata il 10 febbraio 2006 dal 
Presidente della Regione Lazio può ritenersi improcedibile per sopravvenuta 
carenza di interesse – ha accolto l’istanza cautelare proposta con i motivi 
aggiunti nella parte in cui gli atti impugnati non consentono la prosecuzione 
dei lavori nei limiti di escavazione già previsti con il decreto VIA n. 
680/6.11.2003.
All’udienza pubblica del 25 maggio 2006, la causa è stata introitata per la 
decisione.
DIRITTO
1. La Regione Lazio, con memoria depositata il 15 maggio 2006, ha proposto una 
serie di osservazioni in rito che possono così sintetizzarsi:
• ha dedotto l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse 
dell’impugnativa proposta avverso l’ordinanza di sospensione dei lavori adottata 
il 10 febbraio 2006 dal Presidente della Regione Lazio in quanto, con 
l’ordinanza n. 512/2006, il Collegio ha dato atto che, a seguito della delibera 
di Giunta Regionale n. 181 del 31 marzo 2006, la detta ordinanza presidenziale, 
impugnata con il ricorso introduttivo, ha cessato di produrre effetti;
• ha chiesto di rimettere alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee, ai 
sensi dell’art. 234 del Trattato, la questione se la norma dell’art. 2, co. 1, 
della direttiva 85/337/CEE, come modificata dal comma 1 dell’art. 1 della 
direttiva 97/11/CE, secondo cui “Gli Stati membri adottano le disposizioni 
necessarie affinché, prima del rilascio della autorizzazione, per i progetti per 
i quali si prevede un notevole impatto ambientale, in particolare per la loro 
natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione, sia prevista una autorizzazione 
ed una valutazione del loro impatto” – vada interpretata ed applicata nel senso 
che la procedura di valutazione di impatto ambientale semplificata prevista 
dall’att. 1, co. 1, del D.L. 7/2002, convertito in L. 55/2002, per le centrali 
termiche con potenza termica pari o superiore a 300 MW, che rientrano nel punto 
2 dell’art. 1 della direttiva 85/337/CEE, possa essere considerata esaustiva e 
possa rendere superflua l’acquisizione dell’autorizzazione per l’immersione di 
materiali di escavo di fondali marini di competenza regionale prevista dall’art. 
21 della L. 179/2002 e dall’art. 35, co. 2, del D.Lgs. 152/1999;
• ha chiesto di rimettere alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee, ai 
sensi dell’art. 234 del Trattato, l’ulteriore questione se la norma dell’art. 2, 
co. 1, della direttiva 85/337/CEE, come modificata dal comma 1 dell’art. 1 della 
direttiva 97/11/CE, secondo cui “Gli Stati membri adottano le disposizioni 
necessarie affinché, prima del rilascio della autorizzazione, per i progetti per 
i quali si prevede un notevole impatto ambientale, in particolare per la loro 
natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione, sia prevista una autorizzazione 
ed una valutazione del loro impatto” – vada interpretata ed applicata nel senso 
che la procedura di valutazione di impatto ambientale semplificata prevista 
dall’att. 1, co. 1, del D.L. 7/2002, convertito in L. 55/2002, possa essere 
effettuata sul solo progetto preliminare, senza prevedere che, in caso di 
sensibili differenze tra progetto preliminare e progetto definitivo, sia 
obbligatorio aggiornare ed integrare la VIA;
• ha chiesto che il giudice valuti l’ammissibilità del ricorso, in quanto sia 
collettivo che cumulativo, così come la regolarità delle procure, anche alla 
luce della circostanza che l’Enel S.p.A. e l’Enel Produzione S.p.A. hanno 
affidato il mandato a collegi difensivi di composizione parzialmente diversa, 
nonché la sussistenza della legittimazione in capo ad entrambi i soggetti;
• ha dedotto che la controversia non può essere sottoposta alla disciplina 
dettata dall’art. 23 bis della L. 1034/1971, atteso che i provvedimenti 
impugnati non riguardano i lavori di conversione a carbone della centrale e che 
il giudizio verte sulla legittimità di un diniego di autorizzazione, inerente i 
conferimenti conseguenti all’escavo e i suoi relativi effetti sugli ecosistemi 
marini e sui fenomeni di carattere meteomarino;
• ha chiesto l’estromissione degli atti di interventi ad adiuvandum proposti con 
riferimento ai motivi aggiunti non notificati ma esclusivamente depositati in 
giudizio; 
• ha eccepito l’inammissibilità di tutte le domande contenute negli atti di 
intervento ad adiuvandum, con particolare riferimento alle domande risarcitorie, 
che si sostanziano in domande nuove e diverse rispetto alle richieste avanzate 
dalle ricorrenti.
L’esame delle numerose deduzioni in rito formulate dall’amministrazione 
resistente, peraltro, consente al Collegio di definire con precisione il thema 
decidendum del presente giudizio.
1.1 La deduzione di improcedibilità del ricorso introduttivo per sopravvenuta 
carenza di interesse non è condivisibile.
Con il ricorso introduttivo, le 
ricorrenti hanno impugnato l’ordinanza del Presidente della Regione Lazio del 10 
febbraio 2006 di sospensione dei lavori delle opere a mare per la riconversione 
della centrale termoelettrica Torrevaldaliga Nord sita in Civitavecchia e la 
presupposta delibera di Giunta regionale n. 59 del 10 febbraio 2006 nonché hanno 
chiesto il risarcimento dei danni ingiustamente subiti. 
Con l’adozione della delibera giuntale n. 181 del 31 marzo 2006, la Regione 
Lazio ha preso atto del provvedimento dirigenziale del 28 marzo 2006 di diniego 
di autorizzazione all’escavo relativo alle opere di realizzazione delle banchine 
destinate agli accosti Enel e - ritenuto che a seguito dell’adozione di tale 
atto deve ritenersi superato il provvedimento presidenziale contingibile e 
urgente, atteso che la risorsa ambientale posta in pericolo è da ritenersi 
comunque salvaguardata dalla inibitoria dei lavori in conseguenza del 
provvedimento dirigenziale di diniego di autorizzazione all’escavo – ha preso 
altresì atto che il provvedimento presidenziale del 10 febbraio 2006 di 
sospensione dei lavori cessa di produrre effetti e deve ritenersi 
automaticamente caducato in ragione del perseguimento delle finalità per le 
quali la L.R. 74/1991 prevede tale potere extra ordinem.
Ne consegue che la cessazione degli effetti dell’ordinanza presidenziale di 
sospensione lavori del 10 febbraio 2006, a seguito dell’adozione della delibera 
di G.R. del 31 marzo 2006, ha determinato, così come evidenziato nell’ordinanza 
di questa Sezione n. 512/2006, l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di 
interesse dell’istanza cautelare proposta con il ricorso introduttivo.
Di contro, la cessazione degli effetti degli atti impugnati con il ricorso 
introduttivo non è una circostanza idonea a far venire meno l’interesse alla 
decisione dello stesso nel merito e ciò non soltanto per il persistere di un 
eventuale interesse morale all’accertamento dell’illegittimità degli atti, ma 
soprattutto in quanto la possibile statuizione giurisdizionale di annullamento 
può assumere rilievo nel giudizio risarcitorio diretto a ristorare la parte 
ricorrente del pregiudizio ingiustamente subito a causa dell’illegittimità 
provvedimentale.
In altri termini, la evidente persistenza dell’interesse all’azione risarcitoria 
del danno determina la necessità dello svolgimento del giudizio impugnatorio in 
quanto l’eventuale illegittimità degli atti, ancorché non più produttivi di 
effetti, costituisce elemento costitutivo della possibile responsabilità civile 
dell’amministrazione.
1.2 Parimenti non persuasive sono le pregiudiziali comunitarie proposte dalla 
Regione.
L’art. 234 (ex art. 177) del Trattato CE attribuisce alla Corte di giustizia la 
competenza a pronunciarsi, in via pregiudiziale:
a) sull’interpretazione del trattato;
b) sulla validità e l’interpretazione degli atti compiuti dalle istituzioni 
della Comunità e della BCE;
c) sull’interpretazione degli statuti degli organismi creati con atto del 
Consiglio, quando sia previsto dagli statuti stessi.
Quando una questione del genere è sollevata dinanzi ad una giurisdizione di uno 
degli Stati membri, tale giurisdizione può, qualora reputi necessaria per 
emanare la sua sentenza una decisione su questo punto, domandare alla Corte di 
giustizia di pronunciarsi sulla questione.
Quando una questione del genere è sollevata in un giudizio pendente davanti ad 
una giurisdizione nazionale, avverso le cui decisioni non possa proporsi un 
ricorso giurisdizionale di diritto interno, tale giurisdizione è tenuta a 
rivolgersi alla Corte di giustizia.
Ne consegue che, essendo state le questioni sollevate dinanzi a questo 
Tribunale, il Collegio ha facoltà di domandare alla Corte di giustizia di 
pronunciarsi sulla questione qualora reputi necessaria per emanare la sentenza 
una decisione sul punto.
Il Collegio, invece, ritiene che una decisione sul punto non sia necessaria per 
l’emanazione della sentenza.
In particolare, con riferimento all’art. 2, co. 1, della direttiva 85/337/CEE, 
come modificata dal comma 1 dell’art. 1 della direttiva 97/11/CE, secondo cui 
“Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché, prima del 
rilascio dell’autorizzazione, per i progetti per i quali si prevede un notevole 
impatto ambientale, in particolare per la loro natura, le loro dimensioni o la 
loro ubicazione, sia prevista un’autorizzazione e una valutazione del loro 
impatto” – la Regione ha chiesto:
• se la norma vada interpretata ed applicata nel senso che la procedura di 
valutazione di impatto ambientale semplificata prevista dall’att. 1, co. 1, del 
D.L. 7/2002, convertito in L. 55/2002, per le centrali termiche con potenza 
termica pari o superiore a 300 MW, che rientrano nel punto 2 dell’art. 1 della 
direttiva 85/337/CEE possa essere considerata esaustiva e possa rendere 
superflua l’acquisizione dell’autorizzazione per l’immersione di materiali di 
escavo di fondali marini di competenza regionale prevista dall’art. 21 della L. 
179/2002 e dall’art. 35, co. 2, del D.Lgs. 152/1999; 
• se la norma vada interpretata ed applicata nel senso che la procedura di 
valutazione di impatto ambientale semplificata prevista dall’att. 1, co. 1, del 
D.L. 7/2002, convertito in L. 55/2002, possa essere effettuata sul solo progetto 
preliminare, senza prevedere che, in caso di sensibili differenze tra progetto 
preliminare e progetto definitivo, sia obbligatorio aggiornare ed integrare la 
VIA.
La valutazione di irrilevanza, ai fini della decisione, delle pregiudiziali 
comunitarie induce ad approfondire alcune tematiche che torneranno nella 
trattazione del merito della controversia.
1.2.1 Con riferimento alla prima delle due questioni, occorre premettere che 
l’art. 1 del D.L. 7/2002, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 
della L. 55/2002, recante misure urgenti per garantire la sicurezza del sistema 
elettrico nazionale, dispone che, al fine di evitare il pericolo di interruzione 
di fornitura di energia elettrica su tutto il territorio nazionale e di 
garantire la necessaria copertura del fabbisogno nazionale, sino alla 
determinazione dei principi fondamentali della materia in attuazione dell’art. 
117, co. 3, Cost., e comunque non oltre il 31 dicembre 2003, previa intesa in 
sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le 
province autonome di Trento e di Bolzano, la costruzione e l’esercizio degli 
impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici, gli 
interventi di modifica o ripotenziamento, nonché le opere connesse e le 
infrastrutture indispensabili all’esercizio degli stessi, sono dichiarati opere 
di pubblica utilità e soggetti ad un’autorizzazione unica, rilasciata dal 
Ministero della attività produttive, la quale sostituisce autorizzazioni, 
concessioni ed atti di assenso comunque denominati, previsti dalle norme vigenti 
costituendo titolo a costruire e ad esercire l’impianto in conformità al 
progetto approvato.
Detta autorizzazione è rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale 
partecipano le amministrazioni statali e locali interessate, svolto nel rispetto 
dei princìpi di semplificazione e con le modalità di cui alla L. 241/1990, e 
successive modificazioni, d’intesa con la regione interessata. Ai soli fini del 
rilascio della valutazione di impatto ambientale (VIA), alle opere in discorso 
si applicano le disposizioni di cui alla L. 349/1986 e al decreto del Presidente 
del Consiglio dei Ministri 377/1988, e successive modificazioni. Fino al 
recepimento delle direttiva 96/61/CE del Consiglio, del 24 settembre 1996, tale 
autorizzazione comprende l’autorizzazione ambientale integrata e sostituisce, ad 
ogni effetto, le singole autorizzazioni ambientali di competenza delle 
amministrazioni interessate e degli enti pubblici territoriali. L’esito positivo 
della VIA costituisce parte integrante e condizione necessaria del procedimento 
autorizzatorio. L’istruttoria si conclude una volta acquisita la VIA in ogni 
caso entro il termine di centottanta giorni dalla data di presentazione della 
richiesta, comprensiva del progetto preliminare e dello studio di impatto 
ambientale.
In primo luogo, giova rilevare che può ritenersi semplificato, in quanto unico, 
il procedimento in esito al quale è rilasciata l’autorizzazione, ma non certo la 
valutazione di impatto ambientale che, non a caso, è definita dalla norma 
“integrata”, non “semplificata”.
L’art. 1, co. 2, ai soli fini del rilascio della valutazione di impatto 
ambientale, prevede l’applicazione della L. 349/1986 e del D.P.C.M. 377/1988, 
vale a dire delle disposizioni ordinarie in materia di VIA, sicché non è 
stabilita alcuna semplificazione della relativa procedura.
La legge, come detto, prevede altresì che, fino al recepimento della direttiva 
96/61/CE, l’autorizzazione unica comprende l’autorizzazione ambientale integrata 
e sostituisce, ad ogni effetto, le singole autorizzazioni ambientali di 
competenza delle amministrazioni interessate e degli enti pubblici territoriali.
L’attuazione integrale della direttiva 96/61/CE è avvenuta con il D.Lgs. n. 59 
del 18 febbraio 2005, per cui, durante lo svolgimento del procedimento unico 
concluso con l’adozione del decreto del Ministero delle Attività Produttive n. 
55/02/2003 del 24 dicembre 2003, la citata direttiva comunitaria non era stata 
ancora recepita.
L’autorizzazione unica comprende l’autorizzazione ambientale integrata e 
sostituisce, ad ogni effetto, le singole autorizzazioni ambientali di competenza 
delle amministrazioni interessate e degli enti pubblici territoriali, sicché non 
è condivisibile la prospettazione della parte resistente secondo cui il rilascio 
dell’autorizzazione unica non avrebbe in concreto consentito l’acquisizione 
dell’autorizzazione per l’immersione di materiali di escavo di fondali marini di 
competenza regionale prevista dall’art. 21 della L. 179/2002 e dall’art. 35, co. 
2, del D.Lgs. 152/1999.
Tale autorizzazione non è stata considerata superflua, ma, in base al chiaro 
disposto normativo, è stata sostituita dall’autorizzazione unica comprensiva 
dell’autorizzazione ambientale integrata.
L’autorizzazione unica rilasciata dal Ministero delle Attività Produttive, 
infatti, sostituisce autorizzazioni, concessioni ed atti di assenso comunque 
denominati, previsti dalle norme vigenti, costituendo titolo a costruire e ad 
esercire l’impianto in conformità al progetto approvato. 
In altri termini, l’autorizzazione per l’immersione in mare di materiale 
derivante da attività di escavo non è stata esclusa dal procedimento 
autorizzatorio per la costruzione e l’esercizio degli impianti di energia 
elettrica di potenza superiore a 300 MW, ma, essendo stata sostituita 
dall’autorizzazione unica, è da ritenere oggetto di una valutazione compresa 
nell’ambito del procedimento unico di competenza statale.
Né può ritenersi che, facendo riferimento l’art. 1 del D.L. 55/2002 alle 
autorizzazioni previste da norme vigenti, la norma non comprende 
l’autorizzazione de qua e ciò in quanto l’art. 21 della L.179/2002, 
temporalmente successiva al decreto c.d. “sblocca centrali”, è attributiva alla 
regione della competenza al rilascio di un’autorizzazione già prevista dall’art. 
35 del D.Lgs. 152/1999, vale a dire da una norma vigente al momento 
dell’emanazione del D.L. 55/2002.
Va da sé, inoltre, che il presente giudizio attiene solo alla legittimità dei 
provvedimenti con cui il Presidente della Regione Lazio, con ordinanza del 10 
febbraio 2006, ha sospeso le opere a mare e la Giunta Regionale del Lazio, con 
delibera del 31 marzo 2006, ha negato l’autorizzazione all’escavo, ma non 
attiene minimamente alla legittimità del procedimento in base al quale il 
Ministero delle Attività Produttive ha rilasciato il decreto di autorizzazione 
unica n. 55 del 24 dicembre 2003, oggetto di separati giudizi definiti in primo 
grado con sentenze di questo Tribunale, Sezione II bis, 5 luglio 2005 n. 5481 e 
23 agosto 2005 n. 6267, per cui non è ammissibile introdurre nel presente 
giudizio questioni afferenti a supposti profili di illegittimità del 
procedimento unico.
1.2.2 Con riferimento alla seconda questione, ossia se la norma comunitaria vada 
interpretata ed applicata nel senso che la procedura di valutazione di impatto 
ambientale semplificata prevista dall’art. 1, co. 1, del D.L. 7/2002, convertito 
in L. 55/2002, possa essere effettuata sul solo progetto preliminare, senza 
prevedere che, in caso di sensibili differenze tra progetto preliminare e 
progetto definitivo, sia obbligatorio aggiornare ed integrare la VIA, giova 
ribadire che, ai sensi dell’art. 1, co. 2, della L. 55/2002, ai soli fini del 
rilascio della valutazione di impatto ambientale, si applicano alle opere in 
questione le disposizioni di cui alla L. 349/1986 e al D.P.C.M. 377/1988.
Per quanto di interesse in questa sede, ai sensi dell’art. 6, co. 6, della L. 
349/1986, qualora nell’esecuzione di opere in grado di produrre rilevanti 
modificazioni dell’ambiente, tra cui quelle relative a centrali termiche ed 
altri impianti di combustione con potenza termica di almeno 300 MW, il Ministro 
dell’Ambiente ravvisi comportamenti contrastanti con il parere espresso sulla 
compatibilità ambientale o comunque tali da compromettere fondamentali esigenze 
di equilibrio ecologico e ambientale, ordina la sospensione dei lavori e rimette 
la questione al Consiglio dei Ministri.
L’art. 1 del D.P.C.M. 377/1988, inoltre, nello specificare che sono sottoposti 
alla procedura di valutazione di cui all’art. 6 della L. 349/1986, tra l’altro, 
i progetti delle opere relative a centrali termiche ed altri impianti di 
combustione con potenza termica di almeno 300 MW, indica, al secondo comma, che 
la stessa procedura di VIA si applica agli interventi su opere già esistenti 
qualora da tali interventi derivi un’opera con caratteristiche sostanzialmente 
diverse dalla precedente.
Pertanto, qualora nel corso dell’esecuzione dell’opera siano riscontrabili 
significative differenze rispetto all’opera già oggetto di VIA, da un lato, il 
Ministero dell’Ambiente ha il potere di ordinare la sospensione dei lavori, 
dall’altro, deve nuovamente effettuarsi la procedura di valutazione di impatto 
ambientale ex art. 6 L. 349/1986.
Né tale assetto di competenze appare mutato per l’entrata in vigore del D.Lgs. 
59/2005, recante norme per l’attuazione integrale della direttiva 96/61/CE 
relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento.
In ragione della descritta traiettoria argomentativa, atteso che in caso di 
significative differenze tra l’opera già sottoposta a VIA e l’opera in concreto 
da effettuare è necessario avviare una nuova procedura di impatto ambientale con 
riferimento a tale ultima opera, la prospettazione dell’amministrazione 
regionale a base della pregiudiziale comunitaria si rivela inconferente.
1.3 L’eccezione di inammissibilità del ricorso con riferimento al suo carattere 
collettivo e cumulativo nonché alla legittimazione in capo ai soggetti 
proponenti è infondata.
Il ricorso è collettivo in quanto proposto da più soggetti, vale a dire Enel 
S.p.A. ed Enel Produzione S.p.A., ed è cumulativo in quanto relativo ad una 
pluralità di atti, impugnati con il ricorso introduttivo e con i motivi 
aggiunti.
Per quanto attiene a tale ultimo aspetto, l’art. 21 della L. 1034/1971, come 
modificato dalla L. 205/2000, prevede, come noto, che tutti i provvedimenti 
adottati in pendenza del ricorso tra le stesse parti, connessi all’oggetto del 
ricorso, sono impugnati mediante la proposizione di motivi aggiunti e non 
sussiste dubbio che, nel caso di specie, i provvedimenti impugnati con motivi 
aggiunti siano connessi con quelli impugnati con il ricorso introduttivo.
Il ricorso collettivo, con cui più soggetti hanno eccezionalmente la facoltà di 
impugnare insieme un provvedimento amministrativo, è ammissibile a condizione 
che non sussista un conflitto di interessi tra i ricorrenti, nel senso che 
l’interesse sostanziale fatto valere non presenti punti di contrasto o 
conflitto, in modo che l’eventuale accoglimento possa tornare a vantaggio di 
tutti (ex multis: Cons. Stato, IV, 14 ottobre 2004, n. 6671).
Tale condizione sussiste nella fattispecie in esame, sicché il ricorso, in 
quanto proposto congiuntamente dalle ricorrenti, è ammissibile.
Né può rilevare in senso contrario che i due soggetti abbiano delegato a 
rappresentare e difendere in giudizio collegi parzialmente diversi in quanto 
l’identità del difensore non costituisce condicio sine qua non per 
l’ammissibilità del ricorso collettivo. 
Parimenti sussistente è la legittimazione processuale in capo sia ad Enel S.p.A. 
che ad Enel Produzione S.p.A.
La posizione dei due distinti soggetti giuridici, infatti, è sia differenziata 
che qualificata.
Enel Produzione S.p.A. è soggetto destinatario del decreto di autorizzazione 
unica emanato dal Ministero delle Attività Produttive in data 24 dicembre 2003 
nonché dell’impugnata ordinanza di sospensione lavori del 10 febbraio 2006 e 
dell’impugnata delibera di G.R. del 31 marzo 2006 che inibisce i lavori in 
conseguenza del diniego di autorizzazione all’escavo.
L’Enel S.p.A., di contro, ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. 79/1999, ha assunto 
le funzioni di indirizzo strategico e di coordinamento dell’assetto industriale 
e delle attività esercitate dalle società da essa controllate, sicché ha agito 
nella qualità di holding del gruppo Enel. 
1.4 La Regione Lazio ha altresì eccepito che la controversia non può essere 
sottoposta alla disciplina dettata dall’art. 23 bis della L. 1034/1971, atteso 
che i provvedimenti impugnati non riguardano i lavori di conversione a carbone 
della centrale e che il giudizio verte sulla legittimità di un diniego di 
autorizzazione, inerente i conferimenti conseguenti all’escavo e i suoi relativi 
effetti sugli ecosistemi marini e sui fenomeni di carattere meteomarino.
La prospettazione non è condivisibile.
Il Collegio ritiene che - anche a voler prescindere dal disposto di cui all’art. 
1, co. 552, della L. 311/2004, secondo cui alle controversie aventi ad oggetto 
le procedure ed i provvedimenti in materia di impianti di generazione di energia 
elettrica di cui al D.L. 7/2002, convertito in L. 55/2002, ed alle relative 
questioni risarcitoria, devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice 
amministrativo, si applicano le disposizioni di cui all’art. 23 bis della L. 
1034/1971 – la controversia, in quanto relative a provvedimenti che inibiscono 
direttamente (l’ordinanza presidenziale del 10 febbraio 2006) o indirettamente 
(la delibera di Giunta Regionale del 31 marzo 2006) la prosecuzione dei lavori, 
rientra nell’ambito di applicazione del detto art. 23 bis che, alla lett. b) del 
primo comma, fa esplicito riferimento ai giudizi aventi ad oggetto 
“provvedimenti relativi alle procedure di … esecuzione di opere pubbliche o di 
pubblica utilità”.
Di talché, le norme contenute nell’art. 23 bis della L. 1034/1971 e, in 
particolare, la dimidiazione dei termini processuali prevista dal suo secondo 
comma si applicano alla fattispecie in esame. 
1.5 L’eccezione di estromissione degli atti di intervento ad adiuvandum proposti 
con riferimento ai motivi aggiunti non notificati ma esclusivamente depositati 
in giudizio, invece, è fondata e va accolta. 
Nel sistema delineato dalla L. 205/2000 – che, come detto, consente 
l’impugnazione mediante proposizione di motivi aggiunti dei provvedimenti 
adottati in pendenza del ricorso tra le stesse parti, connessi all’oggetto del 
ricorso stesso – i motivi aggiunti costituiscono un ricorso accessorio nella 
forma ma autonomo nella sostanza, sicché l’intervento con riferimento ad essi 
deve essere notificato alle parti del processo ai sensi degli artt. 22, co. 2, 
della L. 1034/1971 e 38 del R.D. 642/1907, così come richiede l’intervento nel 
ricorso introduttivo.
Ne consegue, l’ammissibilità, con riferimento ai motivi aggiunti, dei soli 
interventi ad adiuvandum della Sales S.p.A. e dell’Avvocatura dello Stato (per 
il Ministero delle Attività Produttive ed il Ministero dell’Ambiente e del 
Territorio).
1.6 Parimenti fondata è l’eccezione di inammissibilità delle domande 
risarcitorie contenute negli atti di intervento ad adiuvandum, che si 
sostanziano in domande nuove e diverse rispetto alle richieste avanzate dalle 
ricorrenti.
L’interventore, infatti, non è legittimato ad ampliare il thema decidendum 
fissato dal ricorrente nel ricorso introduttivo e negli eventuali motivi 
aggiunti.
Viceversa, ove un interessato ritenga di avere una posizione di per sé 
tutelabile, deve essere qualificato cointeressato e, in quanto tale, è 
legittimato a proporre una propria impugnativa, sicché sono inammissibili le 
istanze risarcitorie proposte in sede di intervento ad adiuvandum.
2. Con il ricorso introduttivo, l’Enel S.p.A. e l’Enel Produzione S.p.A. hanno 
impugnato l’ordinanza con cui il Presidente della Regione Lazio, in data 10 
febbraio 2006 ha ordinato alla Enel Produzione S.p.A l’immediata sospensione 
delle opere a mare, relative ai lavori di realizzazione della riconversione 
della Centrale termoelettrica di Torrevaldaliga Nord sita in Civitavecchia, 
attualmente condotte in assenza di procedura ambientale secondo le norme 
comunitarie, ravvisando una situazione di pericolo e danno ambientale senza 
poterne conoscere e valutare gli effetti rispetto agli ecosistemi marini ed ai 
fenomeni indotti di carattere meteomarino e, inoltre, l’attivazione della 
prescritta procedura di valutazione d’impatto ambientale sia per la 
realizzazione del molo che per la variante alla darsena grandi masse, in 
applicazione del punto 13 dell’allegato II della Direttiva 97/11 CE.
La determinazione - visto, tra l’altro, l’art. 10 L.R. 74/1991 che prevede la 
sospensione dei lavori sul territorio regionale per opere che rischiano di 
compromettere fondamentali interessi generali di tutela ambientale – è stata 
assunta:
- ritenuto che nella fattispecie l’applicazione degli artt. 1 e 3 della L. 
55/2002 non trovi applicazione per l’esonero dalla procedura di VIA sia per i 
moli di attracco a servizio della centrale sia per la variante implicita della 
darsena grandi masse, in quanto in contrasto con il diritto prevalente della 
Comunità Europea che recita all’art. 2, co. 1, della direttiva 85/337 CEE e 
successive modifiche “gli Stati membri adottano disposizioni necessarie 
affinché, prima del rilascio dell’autorizzazione, i progetti per i quali si 
prevede un impatto ambientale importante in particolare per la loro natura, le 
loro dimensioni o la loro ubicazione, sia prevista una autorizzazione ed una 
valutazione del loro impatto” obbligando lo Stato membro ad espletare la 
valutazione di impatto ambientale;
- preso atto della nuova documentazione trasmessa dall’Enel dal cui esame è 
emerso che la relazione tecnica a supporto del parere pro veritate appare 
assolutamente generica in quanto non considera fra l’altro la sostanziale 
variazione indotta dalla modifica delle attività all’interno di tutta la Darsena 
Grandi Masse senza una sufficiente documentazione della capacità del molo di 
attracco a resistere agli eventi meteomarini sia interni che esterni alla 
darsena;
- ritenuto che le conclusioni che hanno contribuito a suffragare il parere pro 
veritate non siano condivisibili in quanto l’opera di attracco delle navi 
carboniere comporterebbe significativi impatti indotti dalla natura delle opere 
e dalle dimensioni delle navi carboniere anche in relazione ai possibili effetti 
meteomarini sia interni che esterni alla darsena;
- ritenuto che la banchina di attracco per dette navi non possa rientrare 
nell’ambito delle procedure di cui all’art. 1 della L. 55/2002 in quanto l’opera 
stessa richiederebbe un autonomo procedimento di VIA per la complessità degli 
impatti indotti dalla realizzazione della stessa e per la non previsione della 
stessa nell’ambito della Darsena Grandi Masse;
- ritenuto che l’incidenza di detto molo a servizio dell’Enel comporti una 
sostanziale modificazione delle attività merceologiche, di navigazione e di 
infrastrutturazione all’interno delle banchine con rilevanza anche dei traffici 
esterni indotti dalle nuove attività portuali, non possa essere applicabile il 
disposto della L. 55/2002 che dia per acquisita la variante del piano Regolatore 
Generale;
- preso atto della sommaria descrizione della documentazione in ordine al 
recupero: del reinserimento della posedonia oceanica; degli esiti analitici in 
ordine alla conoscenza degli effetti condotti sul modello 3 D della banchina; 
della generica descrizione delle caratteristiche del materiale d’imbonimento, la 
sua provenienza e caratterizzazione, ovvero la sua compatibilità per 
l’immissione in mare;
- preso atto di un documento trasmesso dall’Enel produzione con il quale nel 
giugno 2005 l’Autorità Portuale autorizzava l’inizio dei lavori per le opere 
marittime invitando l’Enel alla presentazione del progetto esecutivo indicando 
con elaborato grafico l’immissione in mare in un’area prospiciente la centrale 
Torvaldaliga Nord e parte della Pineta La Frasca per la quale non è mai stato 
condotto ed esaminato alcuno studio d’impatto ambientale e/o verifica 
d’incidenza e non è stata concessa alcuna autorizzazione da parte 
dell’amministrazione;
- preso atto che le opere marittime accessorie alla riconversione a carbone 
della Centrale Enel di Torvaldaliga comportano un significativo impatto 
ambientale determinato dalle variazioni connesse all’esercizio di attracco e 
protezione di un maggior numero di naviglio di notevoli dimensioni (navi 
carboniere lunghe 300 mt.); tali variazioni incidono sulla sicurezza e sulla 
mole dei lavori che comportano l’aumento dell’escavo dei fondali (parte dei 
quali in area SIC), la loro destinazione finale, nonché per la tipologia delle 
opere di protezione e le modalità di cantiere, la tempistica di realizzazione 
dei dragaggi e delle opere di difesa, ovvero dei moli di sopraflutto e 
sottoflutto, oltre alla realizzazione di una diversa geometria e dimensione 
delle opere di prelievo e reimmissione a mare delle centrali all’imboccatura del 
porto commerciale inducendo nelle aree interessate possibili modificazioni 
significative dell’ecosistema marino;
- ritenuto che il significativo impatto sopra richiamato comporti la necessità 
di una valutazione di impatto ambientale per le opere a mare che delle varianti 
indotte nella darsena grandi masse, anche in ordine alle precedenti 
determinazioni facenti parte il decreto ministeriale 6923/02;
- preso atto che l’Enel Produzione S.p.A. non ha attivato la procedura di VIA 
per la realizzazione delle opere marittime necessarie alla conversione a carbone 
della centrale di Torvaldaliga Nord, ogni conseguente atto autorizzatorio ed 
ogni eventuale successiva realizzazione di opera marittima è da considerarsi in 
contrasto con la normativa comunitaria;
- preso atto che nel tratto di mare prospiciente alla centrale di Torvadaliga 
Nord sono in corso opere di realizzazione di una massicciata in assenza delle 
valutazioni di impatto ambientale;
- preso atto che delle opere attualmente in corso non risulta agli atti la 
documentazione necessaria per le valutazioni e successive autorizzazioni di cui 
all’art. 35, co. 1, lett. b) del D.Lgs. 152/1999, che regolamenta l’immissione 
in mare di materiali inerti, materiali geologici inorganici e manufatti al solo 
fine di utilizzo, ove ne sia dimostrata la compatibilità ambientale e 
l’innocuità;
- vista altresì la delibera della Giunta Regionale n. 59 del 10 febbraio 2006, 
con la quale si impegnava il Presidente della Giunta Regionale ad adottare le 
necessarie misure di salvaguardia;
- ritenuto che ricorrano i presupposti per l’applicazione dell’art. 10 L.R. 
74/1991. 
Con il secondo motivo del ricorso introduttivo, le Società ricorrenti hanno 
dedotto l’illegittimità della descritta ordinanza presidenziale dal fatto che 
essa sarebbe stata emanata in assenza della competenza regionale richiesta 
dall’art. 10 L.R. 74/1991 per l’adozione di un simile provvedimento, atteso che 
il procedimento c.d. “sblocca centrali” è di carattere speciale e assegna alla 
sola amministrazione statale il potere decisorio, mentre l’intervento regionale 
sarebbe previsto nella fase endoprocedimentale e di rilascio dell’intesa. In 
particolare, la normativa incardinerebbe una competenza del Ministero 
dell’Ambiente a fronte di progetti sottoposti, per attribuzione di legge, alla 
valutazione di impatto ambientale da parte dell’amministrazione statale, 
escludendo la possibilità di intervento di altre amministrazioni nei diversi 
livelli di governo e, nel caso di specie, sia le opere a mare connesse al 
progetto di riconversione della centrale di Torrevaldaliga sia il progetto 
“Darsena Energetico Grandi Masse” sarebbero state sottoposte alla valutazione di 
impatto ambientale del Ministero dell'Ambiente.
L’articolata censura è fondata e, assorbite le ulteriori doglianze, è idonea a 
determinare la fondatezza del ricorso introduttivo.
L’art. 10 della L.R. 74/1991, recante disposizioni in materia di tutela 
ambientale, attribuisce al Presidente della Giunta Regionale, qualora vengano 
ravvisate o accertate situazioni di grave pericolo o di danno ambientale, il 
potere di adottare, su proposta dell’assessore competente, nell’ambito delle 
competenze regionali previste dalla normativa vigente:
a) ordinanze contingibili ed urgenti per la sospensione sul territorio regionale 
di lavori ed opere che rischiano di compromettere fondamentali interessi 
generali di tutela ambientale;
b) provvedimenti cautelari con i quali venga vietata qualsiasi trasformazione di 
aree facenti parte del territorio regionale di particolare pregio naturalistico 
e paesistico.
Il Presidente della Regione Lazio, quindi, ha inteso esercitare il potere di 
emettere le ordinanze contingibili ed urgenti previsto dall’art. 10, co. 1, 
lett. a), della detta disposizione.
Tale potere, però, è attribuito dal legislatore regionale, e non potrebbe essere 
altrimenti, soltanto nell’ambito delle competenze regionali previste dalla 
normativa vigente.
Nella fattispecie de qua, invece, non sussiste alcuna competenza regionale di 
tipo provvedimentale, sicché l’Autorità amministrativa ha adottato l’impugnato 
provvedimento di sospensione delle opere a mare senza averne il relativo potere.
Il Collegio ha già avuto modo di chiarire che l’art. 1, co. 1, del D.L. 7/2002, 
convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della L. 55/2002, prevede 
che la costruzione e l’esercizio degli impianti di energia elettrica di potenza 
superiore a 300 MW termici, gli interventi di modifica o ripotenziamento, nonché 
le opere connesse e le infrastrutture indispensabili all’esercizio degli stessi, 
sono dichiarati opere di pubblica utilità e soggetti ad un’autorizzazione unica, 
rilasciata dal Ministero delle Attività Produttive, la quale sostituisce 
autorizzazioni, concessioni ed atti di assenso comunque denominati, previsti 
dalle norme vigenti.
Tale normativa, che ha indubbiamente carattere di specialità, prevale su ogni 
altra norma ancorché attributiva di competenze amministrative in materia ad 
altri livelli di governo, vale a dire è derogatoria delle ordinarie competenze 
amministrative nella materia.
In altri termini, ogni atto amministrativo inerente alla costruzione e 
all’esercizio dei detti impianti ovvero alle opere ad esso connesse e alle 
infrastrutture indispensabili, qualunque sia l’Autorità amministrativa 
ordinariamente competente, è sostituito dall’autorizzazione unica rilasciata dal 
Ministero delle Attività Produttive.
Del pari, la detta autorizzazione unica, ai sensi del secondo comma dell’art. 1 
della L. 55/2002, è rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale 
partecipano le Amministrazioni statali e locali interessate, svolto nel rispetto 
dei principi di semplificazione e con le modalità di cui alla L. 241/1990, 
d’intesa con la regione interessata, mentre, ai soli fini del rilascio della 
valutazione di impatto ambientale (VIA), alle opere alle quali la legge si 
riferisce si applicano le disposizioni di cui alla L. 349/1986 e al D.P.R. 
377/1988 e successive modificazioni e, fino al recepimento, della direttiva 
96/61/CE del Consiglio, del 24 settembre 1996, tale autorizzazione comprende 
l’autorizzazione ambientale integrata e sostituisce, ad ogni effetto, le singole 
autorizzazioni di competenza delle amministrazioni interessate e degli enti 
pubblici territoriali.
Di talché, occorre desumere che anche l’autorizzazione per l’immersione di 
materiali di escavo di fondali marini di cui all’art. 35, co. 2, D.Lgs. 
152/1999, la cui competenza è in via ordinaria attribuita alla Regione dall’art. 
21 della L. 179/2002, è da ricomprendere nell’ambito del procedimento unico di 
cui alla L. 55/2002 senza che all’amministrazione regionale residui uno 
specifico potere in merito, da esercitare autonomamente ed in una diversa e 
separata sede.
D’altra parte - premesso che, come evidenziato nella sentenza di questo 
Tribunale, Sezione II bis 23 agosto 2005, n. 6267, le opere marittime 
autorizzate sono state esaminate nel corso del procedimento di VIA come risulta 
dal relativo decreto n. 680 del 6 novembre 2003 del Ministero dell’Ambiente e 
della Tutela del Territorio, alle pagg. 12 e 13, nella parte in cui viene svolta 
un’ampia valutazione delle opere connesse alla conversione a carbone della 
centrale (banchina per lo scarico del carbone, di lunghezza complessiva di circa 
350 m, larghezza 30 m e pescaggio 18 m; banchina per lo scarico del calcare ed 
il carico di gesso e ceneri, di lunghezza 200 m, larghezza 15 m e pescaggio 12 
m, approssimativamente parallela al filo di costa e perpendicolare alla banchina 
carbone) – l’ipotesi che nella concreta esecuzione delle opere emergano 
situazioni rilevanti sotto il profilo ambientale e, quindi, da sottoporre ad 
ulteriore valutazione, è espressamente presa in considerazione sia dalla L. 
349/1986 che dal D.P.C.M. 377/1988, richiamati dall’art. 1 del decreto c.d. 
“sblocca centrali”.
In particolare, come già rilevato nell’esame delle pregiudiziali comunitarie 
proposte dall’amministrazione resistente, l’art. 6, co. 6, della L. 349/1986 
prevede che, qualora nell’esecuzione delle opere il Ministro dell’Ambiente 
ravvisi comportamenti contrastanti con il parere sulla compatibilità ambientale 
espresso o comunque tali da compromettere fondamentali esigenze di equilibrio 
ecologico e ambientale, ordina la sospensione dei lavori e rimette la questione 
al Consiglio dei Ministri; l’art. 1, co. 2, del D.P.C.M. 377/1988 prevede 
altresì che la procedura di valutazione di impatto ambientale di cui all’art. 6 
della L. 349/1988 si applica anche agli interventi su opere, quali quelle in 
discorso, già esistenti e, quindi, già assoggettate a procedura di VIA qualora 
da tali interventi derivi un’opera con caratteristiche sostanzialmente diverse 
dalla precedente.
Ne consegue che l’Autorità statale (id est: il Ministero dell’Ambiente) ha il 
potere di intervenire sia nell’ipotesi paventata dal Presidente della Regione 
Lazio nell’ordinanza impugnata, in cui nell’esecuzione dell’opera siano 
ravvisati comportamenti tali da compromettere fondamentali esigenze di 
equilibrio ambientale, e, in tal caso, ordina la sospensione dei lavori 
rimettendo la questione al Consiglio dei Ministri, sia in una qualunque ipotesi 
di modifica sostanziale delle caratteristiche dell’opera già oggetto di 
procedura di VIA e, in tal caso, assoggetta nuovamente l’opera, così come 
modificata, a valutazione di impatto ambientale.
Né tale assetto di competenze appare mutato per l’entrata in vigore del D.Lgs. 
59/2005, recante norme per l’attuazione integrale della direttiva 96/61/CE 
relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento.
Sulla base di tali considerazioni, deve allora rilevarsi che, diversamente da 
quanto indicato nel provvedimento regionale del 10 febbraio 2006, le opere a 
mare connesse alla trasformazione della centrale termoelettrica sono state 
espressamente considerate nel decreto VIA n. 680/2003 emanato nel corso del 
procedimento unico conclusosi con l’autorizzazione unica rilasciata del 
Ministero delle Attività Produttive con decreto del 24 dicembre 2003 e, 
soprattutto, che l’ordinanza contingibile ed urgente è stata emanata in un 
ambito che, di esclusiva competenza statale, non può essere considerato di 
competenza regionale.
Di qui, l’errata applicazione dell’art. 10 della L.R. 74/1991, non sussistendone 
i relativi presupposti, e la conseguente emanazione in carenza di potere di un 
atto lesivo della sfera giuridica dei destinatari.
La fondatezza della censura in esame determina, assorbiti gli ulteriori motivi 
dedotti con il ricorso introduttivo, la fondatezza dello stesso e, per 
l’effetto, l’annullamento dei provvedimenti impugnati, vale a dire 
dell’ordinanza del Presidente della Regione Lazio n. Z0001 del 10 febbraio 2006 
e della presupposta deliberazione della Giunta Regionale n. 59/2006 del 10 
febbraio 2006.
3 Con i motivi aggiunti, l’Enel S.p.A. e l’Enel Produzione S.p.A. hanno 
impugnato, in particolare, la delibera della Giunta Regionale del Lazio n. 181 
del 31 marzo 2006 avente ad oggetto “Provvedimento definitivo a tutela 
dell’ambiente in relazione alle opere a mare della Centrale Termoelettrica dell’Enel 
di Torvaldaliga Nord sita in Civitavecchia – Presa d’atto di conclusione del 
procedimento” ed il presupposto provvedimento della Regione Lazio – Dip. 
Territorio del 28 marzo 2006 avente ad oggetto “Porto di Civitavecchia – Opere 
di dragaggio in funzione del progetto definitivo di costruzione delle banchine 
destinate agli accosti Enel – Diniego di autorizzazione”.
Con il provvedimento del 31 marzo 2006, la Giunta Regionale ha deliberato di:
• prendere atto del provvedimento dirigenziale del 28 marzo 2006 di diniego di 
autorizzazione all’escavo relativo alle opere di realizzazione delle banchine 
destinate agli accosti Enel;
• inviare la delibera al Ministero dell’Ambiente affinché avvii una nuova 
valutazione di impatto ambientale relativamente alle opere a mare suindicate;
• prendere atto che il provvedimento presidenziale del 10 febbraio 2006 di 
sospensione dei lavori cessa di produrre effetti a seguito della deliberazione e 
deve ritenersi automaticamente caducato in ragione del perseguimento delle 
finalità per le quali la L.R. 74/1991 prevede tale potere extra ordinem, 
considerato che i valori ambientali che si è inteso tutelare devono ritenersi 
comunque salvaguardati dalla inibitoria, allo stato degli atti, derivante dal 
diniego di autorizzazione all’escavo.
Il provvedimento è stato adottato:
- rilevato che la Capitaneria di Porto, in data 27 maggio 2005, ha inoltrato 
alla Regione Lazio istanza per le opere di dragaggio in funzione del progetto 
definitivo, ai sensi dell’art. 21 L. 179/2002, con la quale è stato richiesto un 
escavo per complessivi 3 milioni di metri cubi a fronte di una richiesta 
presentata con la documentazione integrativa prodotta nel procedimento di VIA 
nazionale che prevedeva un quantitativo di 1.227.000 metri cubi;
- rilevato che, non essendo state ritenute esaustive le deduzioni presentate 
dalla società Enel, in mancanza di chiarimenti e di documentazione tecnica in 
merito all’eccedenza del quantitativo di escavo previsto nel progetto definitivo 
e alla destinazione finale dello stesso, la competente Direzione regionale – 
Area Valutazione Impatto Ambientale della Regione Lazio ha concluso il 
procedimento in data 28 marzo 2006 emettendo provvedimento di diniego di 
autorizzazione all’escavo relativo alle opere di dragaggio inerenti la 
realizzazione delle banchine destinate agli accosti Enel, provvedimento del 
quale la Giunta Regionale prende atto;
- ritenuto che occorre comunque provvedere a sollecitare il Ministero 
dell’Ambiente quanto ad una nuova procedura di VIA nazionale in merito a dette 
opere, con salvezza dell’esercizio dei poteri di competenza regionale in 
materia;
- ritenuto che, a seguito dell’adozione dell’atto, deve ritenersi superato il 
provvedimento contingibile e urgente presidenziale, atteso che la risorsa 
ambientale che era posta in pericolo è comunque da ritenersi salvaguardata in 
ragione della inibitoria dei lavori in conseguenza del provvedimento 
dirigenziale di diniego di autorizzazione all’escavo; ciò che consente di 
attendere l’esito della VIA sollecitata;
- ritenuto che, in definitiva, sono venute meno le ragioni per le quali si 
impegnava il Presidente della Giunta Regionale ad adottare i provvedimenti 
contingibili ed urgenti a tutela dell’ambiente;
- ritenuto che appare rispettato il disposto dell’art. 10 della L.R. 74/1991, 
costituendo la delibera provvedimento definitivo e conclusivo, preso entro il 
termine di 90 giorni previsto nell’ordinanza presidenziale del 10 febbraio 2006.
La delibera della Giunta Regionale del 31 marzo 2006 è un atto plurimo.
Il Collegio osserva che può definirsi plurimo il provvedimento caratterizzato da 
un’unitarietà solo formale ma non anche sostanziale in quanto scindibile in una 
pluralità di atti di identico o di diverso contenuto.
Ciascuno dei singoli atti contenuti nel provvedimento plurimo è indipendente e 
non segue necessariamente la sorte che, eventualmente, investa uno di essi.
Nel caso di specie, la fondatezza dei motivi aggiunti, nei sensi e nei limiti di 
seguito indicati, dà conto dell’illegittimità dell’atto con cui 
l’amministrazione regionale ha negato l’autorizzazione all’escavo.
Viceversa, non è viziato l’atto con cui la Regione ha determinato di inviare la 
delibera stessa al Ministero dell’Ambiente affinché avvii una nuova valutazione 
di impatto ambientale relativamente alle opere a mare.
Inoltre, non è in contestazione la legittimità della delibera laddove prende 
atto della cessazione dell’efficacia dell’ordinanza contingibile ed urgente con 
cui il Presidente della Regione ha sospeso la realizzazione delle suddette opere 
a mare. 
3.1 Con il primo motivo aggiunto, le società ricorrenti – specificato che le 
opere a mare, inclusi i dragaggi funzionali alla loro realizzazione, in quanto 
opere connesse, sarebbero state oggetto, in un primo momento, della valutazione 
di impatto ambientale conclusa con D.M. del 6.11.2003 e, successivamente, 
dell’autorizzazione unica del Ministero delle Attività Produttive del 24.12.2003 
rilasciata in conformità alla normativa specifica che disciplina il procedimento 
autorizzatorio dell’impianto, costituita dalla L. 55/2002 – hanno evidenziato 
che la normativa speciale disciplinante l’intervento richiederebbe una sola 
procedura di VIA statale comprendente le opere di conversione a carbone della 
centrale e quelle connesse quali sono le opere a mare, sicché non vi sarebbe 
margine per una ulteriore e separata procedura di VIA che riguardi le sole opere 
a mare ed i dragaggi strumentali alla loro realizzazione, già oggetto di VIA 
espletata nel corso del procedimento. In particolare, in merito alla costruzione 
ed esercizio di un impianto soggetto alla disciplina della normativa c.d. 
“sblocca centrali”, in deroga alle situazioni ordinarie, non vi sarebbe margine 
per alcun altro atto autorizzatorio diverso dall’autorizzazione unica e, con 
l’emanazione dei provvedimenti di propria competenza previsti dall’art. 1 della 
L. 55/2002, la Regione Lazio avrebbe esaurito il proprio potere nell’ambito 
dell’intervento. 
L’articolata doglianza presenta profili di fondatezza.
In via preliminare, sebbene l’argomentazione concernente l’esonero delle opere a 
mare dalla procedura di Via, a base dell’ordinanza contingibile ed urgente di 
sospensione lavori, non sembra riproposta nella successiva delibera di Giunta 
Regionale, occorre ribadire che le opere marittime autorizzate, come 
esplicitamente indicato nella sentenza di questo Tribunale, Sezione II bis, 23 
agosto 2005, n. 6267, sono state esaminate nel corso del procedimento di VIA 
come risulta dal testo del relativo decreto n. 680 del 6 novembre 2003, alle 
pagg. 12 e 13, nella parte in cui è svolta una ampia valutazione delle opere 
connesse alla conversione a carbone della centrale.
In particolare, riguardo alle opere connesse, la trasformazione della centrale 
prevede la realizzazione di una banchina per lo scarico del carbone, di 
lunghezza complessiva di circa 350 m, lunghezza 30 m e pescaggio 18 m nonché una 
banchina per lo scarico del calcare ed il carico di gessi e ceneri, di lunghezza 
200 m, larghezza 15 m e pescaggio 12 m.
Per quanto maggiormente interessa in questa sede, nel citato decreto di 
valutazione di impatto ambientale, è indicato che, relativamente ai dragaggi 
previsti per la realizzazione delle banchine calcare-gesso-ceneri e carbone, in 
risposta ad una specifica richiesta di chiarimenti da parte della Commissione 
VIA, concernenti l’aumento dei dragaggi ed il bilancio dei materiali rispetto a 
quanto previsto dal progetto della Darsena Energetico Grandi Masse, Enel ha 
fornito, tra l’altro, le seguenti informazioni:
- in totale il volume aggiuntivo dei materiali da dragare è pari a 1.227.000 mc 
a fronte di un volume originario di materiale da dragare previsto dal progetto 
Darsena Energetico Grandi Masse pari a 4.200.000 mc;
- i materiali risultanti dai dragaggi aggiuntivi del progetto dei pontili di 
Enel Produzione (1.227.000 mc) saranno utilizzati per il riempimento dell’area 
in radice al nuovo pontile principale e per il riempimento del pontile stesso 
(circa 200.000 mc); ulteriori 300.000 mc saranno utilizzati per riempimenti 
nell’area di centrale. La parte rimanente sarà conferita all’Autorità Portuale, 
in accordo con quest’ultima, che la utilizzerà per realizzare alcune colmate in 
ambito portuale;
- preliminarmente alla realizzazione dei dragaggi si provvederà alle operazioni 
di trapianto della Posidonia a, al fine di contenere la diffusione del materiale 
risospeso, durante la fase dei dragaggi si realizzerà una scogliera protettiva 
provvisoria costituente il molo di sottoflutto del progetto originario della 
“Darsena Energetico Grandi Masse”. La scogliera provvisoria sarà rimossa a valle 
della realizzazione della banchina carbone di Enel Produzione, che avrà funzione 
anche di molo di sottoflutto.
Ciò posto, il Collegio ritiene che la censura sia fondata, in primo luogo, per 
la violazione della L. 55/2002 e del sistema di competenze da essa predisposto.
L’autorizzazione unica ex L. 55/2002, come più volte evidenziato, comprende 
l’autorizzazione ambientale integrata e sostituisce, ad ogni effetto, le singole 
autorizzazioni ambientali di competenza delle amministrazioni interessate e 
degli enti pubblici territoriali, sicché l’autorizzazione per l’immersione di 
materiali di escavo di fondali marini di competenza regionale prevista dall’art. 
21 della L. 179/2002 e dall’art. 35, co. 2, del D.Lgs. 152/1999, in base al 
chiaro disposto normativo, è da ritenere compresa nell’ambito del procedimento 
unico di cui alla citata legge senza che alla Regione residui uno specifico 
potere in merito, da esercitare autonomamente ed in una diversa e separata sede.
L’autorizzazione per l’immersione in mare di materiale derivante da attività di 
escavo, quindi, non è stata esclusa dal procedimento autorizzatorio per la 
costruzione e l’esercizio degli impianti di energia elettrica di potenza 
superiore a 300 MW, ma, essendo stata sostituita dall’autorizzazione unica, è da 
ritenere oggetto di una valutazione compresa nell’ambito del procedimento unico 
di competenza statale.
Né, si ribadisce, è ammissibile introdurre nel presente giudizio eventuali 
questioni afferenti a supposti profili di illegittimità del procedimento unico 
atteso che tale argomento esula dal thema decidendum del presente giudizio.
In sostanza, il Collegio ritiene che, sebbene il diniego di autorizzazione all’escavo 
sia stato adottato dall’amministrazione regionale in esito ad un procedimento ad 
istanza di parte, detta amministrazione, nella fattispecie in esame, sia priva 
di tale potere autorizzatorio in quanto anche il relativo procedimento è da 
ritenere compreso nel procedimento unico introdotto dalla normativa speciale di 
cui alla L. 55/2002.
In particolare, l’impugnato diniego è stato adottato in esito all’istanza 
inoltrata dalla Capitaneria di Porto il 27 maggio 2005 per gli interventi di 
dragaggio a mare, ai sensi dell'art. 21 L. 179/2002, con la quale è stato 
richiesto un escavo per complessivi 3 milioni di metri cubi.
Peraltro, con successiva nota del 5 agosto 2005 indirizzata all’Autorità 
Portuale di Civitavecchia, alla Capitaneria di Porto di Civitavecchia ed alla 
Regione Lazio, l’Enel, a parziale modifica dell’istanza presentata in data 17 
maggio 2005 intesa ad ottenere l’autorizzazione ad effettuare interventi di 
dragaggio nell’area rilasciata in concessione antistante la Centrale di 
Torrevaldaliga Nord, ha precisato, tra l’altro, che nel progetto da essa stessa 
presentato il 22 aprile 2002 al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del 
Territorio per la pronuncia di compatibilità ambientale e richiamato dal decreto 
VIA 680/2003 è previsto il riutilizzo di parte del materiale proveniente dalle 
operazioni di dragaggio per riempimenti nell’ambito delle attività di cantiere 
(circa 500.000 mc) e che il previsto impiego del materiale di dragaggio è 
coerente con i contenuti dell’art. 35 del D.Lgs. 152/1999, secondo cui 
l’autorizzazione all’immersione in mare dei materiali di escavo di fondali 
marini o salmastri o di terreni litoranei emersi è rilasciata dall’autorità 
competente solo quando è dimostrata, nell’ambito dell’istruttoria, 
l’impossibilità tecnica o economica del loro utilizzo ai fini di ripascimento o 
di recupero ovvero lo smaltimento alternativo. 
Alla luce di quanto sopra, l’Enel ha sostenuto che il riutilizzo del materiale 
di escavo relativo alla prima fase delle operazioni di dragaggio, per un 
ammontare complessivo di circa 500.000 mc, risulta già autorizzato dal decreto 
di compatibilità ambientale 680/2003 emanato dal Ministero dell’Ambiente e dal 
decreto del Ministero delle Attività Produttive n. 55/2003, ritenendo 
conseguentemente di aver adempiuto ad ogni prescritta autorizzazione.
Di talché, considerato che l’autorizzazione per l’immersione in mare di 
materiale derivante da attività di escavo, ai sensi della L. 55/2002, è da 
considerare compresa nell’ambito del procedimento unico di competenza statale, 
occorre verificare che cosa, per quanto attiene all’argomento in discussione, 
abbia costituito oggetto del decreto VIA 680/2003 e del successivo decreto di 
autorizzazione unica 55/2003.
Il Ministero delle Attività Produttive, Direzione Generale per l’energia e le 
risorse minerarie – visto l’art. 1 del D.L. 7/2002, in base al quale la 
costruzione e l’esercizio degli impianti di energia elettrica di potenza 
superiore ai 300 MW termici, nonché le opere connesse e le infrastrutture 
indispensabili all’esercizio degli stessi, sono dichiarati opere di pubblica 
utilità e soggetti ad un’autorizzazione unica, la quale comprende 
l’autorizzazione ambientale integrata, di cui alla direttiva n. 96/61/CE del 
Consiglio, del 24 settembre 1996, e sostituisce autorizzazioni, concessioni ed 
atti di assenso comunque denominati, previsti dalle norme vigenti, anche in 
materia ambientale – ha rilasciato, in data 24 dicembre 2003, ad Enel Produzione 
S.p.A., ai sensi della indicata normativa, l’autorizzazione, anche per quanto 
concerne l’autorizzazione ambientale integrata, di cui alla direttiva n. 
96/61/CE del Consiglio del 24 settembre 1996, alla costruzione e all’esercizio 
della esistente centrale termoelettrica di Torre Valdaliga Nord nella 
configurazione alimentata a carbone, cosituita da tre sezioni della potenza 
elettrica complessiva di circa 1980 MW e delle opere infrastrutturali connesse, 
ivi comprese quelle marittime e portuali, come riportate nell’istanza 
autorizzativa e nella ulteriore documentazione trasmessa, specificando che la 
costruzione della centrale e delle opere connesse dovrà avvenire in conformità 
al progetto preliminare approvato nel corso dell’istruttoria e subordinando 
l’autorizzazione al rispetto delle prescrizioni formulate dalle amministrazioni 
interessate e riportate in apposito allegato, che costituisce parte integrante 
del decreto. 
Detta autorizzazione unica, tra gli atti endoprocedimentali, richiama l’esito 
favorevole della procedura di VIA di cui al decreto n. 680 del 6 novembre 2003.
Con il decreto di pronuncia di compatibilità ambientale n. 680/2003, il Ministro 
dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, di concerto con il Ministro per i 
Beni e le Attività Culturali, ha espresso giudizio positivo circa la 
compatibilità ambientale del progetto della Enel Produzione S.p.A. relativo alla 
conversione a carbone dell’esistente centrale termoelettrica alimentata ad olio 
combustibile ubicata in Comune di Civitavecchia, località Torrevaldaliga Nord, a 
condizione dell’osservanza delle prescrizioni formulate.
Nell’ambito del decreto VIA 680/2003 è indicato che in totale il volume 
aggiuntivo dei materiali da dragare è pari a 1.227.000 mc a fronte di un volume 
originario di materiali da dragare previsto dal progetto Darsena Energetico 
Grandi Masse pari a 4.200.000 mc e che i materiali risultanti dai dragaggi 
aggiuntivi del progetto dei pontili di Enel Produzione (1.227.000 mc) saranno 
utilizzati per il riempimento dell’area in radice al nuovo pontile principale e 
per il riempimento del pontile stesso (circa 200.000 mc); ulteriori 300.000 mc 
saranno utilizzati per riempimenti nell’area di centrale, mentre la parte 
rimanente sarà conferita all’Autorità Portuale, in accordo con quest’ultima, che 
la utilizzerà per realizzare alcune colmate in ambito portuale.
Ne consegue che, in relazione alla prima fase di dragaggio aggiuntivo, che 
prevede un escavo di 500.000 mc, è previsto il riutilizzo dei materiali in 
attività a terra e non la loro immersione in mare, sicché non sussiste dubbio 
che l’attività di dragaggio sia stata già prevista e consentita dal decreto VIA 
680/2003 e dalla successiva autorizzazione unica, con conseguente superfluità di 
ogni ulteriore valutazione amministrativa.
Allo stesso modo, anche per la residua escavazione contemplata dal citato 
decreto VIA, ossia fino ad un totale di volume aggiuntivo dei materiali da 
dragare pari a 1.227.000 mc, in relazione alla quale i materiali risultanti dai 
dragaggi saranno conferiti all’Autorità Portuale per la realizzazione di alcune 
colmante in ambito portuale, la sua valutazione nell’ambito del procedimento 
unico esclude qualunque ulteriore intervento amministrativo, ad eccezione, 
ovviamente, del caso in cui i lavori in concreto effettuati differiscano da 
quelli autorizzati nel quale sovviene il disposto di cui all’art. 6, co. 6, 
della L. 349/1986.
Di qui, attesa l’assoluta incompetenza a provvedere in merito, l’illegittimità 
dell’impugnata delibera di Giunta Regionale, nella parte in cui, negando 
l’autorizzazione all’escavo, inibisce di fatto la prosecuzione della 
realizzazione delle opere anche con riferimento ai dragaggi fino ad un volume 
aggiuntivo di 1.227.000 mc già autorizzato in sede VIA 680/2003.
3.2 Per quanto attiene al dragaggio di ulteriori volumi di materiale, occorre 
osservare che le ricorrenti, nel secondo motivo aggiunto, hanno evidenziato che, 
in previsione della esecuzione delle attività di dragaggio, Enel e Compagnia 
Porto di Civitavecchia (titolare del decreto autorizzativo per la realizzazione 
della Darsena energetico grandi masse) avrebbero stabilito di suddividersi le 
aree, sicché i dragaggi sarebbero effettuati per 2.427.000 mc a cura della 
Compagnia Porto di Civitavecchia e per 3.000.000 mc a cura dell’Enel, senza che 
tale accordo possa l’implicare l’aumento di cubatura imputabile ai lavori di 
riconversione della centrale o che il quantitativo complessivo dei dragaggi da 
effettuare non sia stato valutato nell’ambito della VIA.
Tra la cospicua documentazione, è stato prodotto in giudizio l’art. 5 
dell’addendum agli accordi parasociali, intercorsi tra Enel Produzione S.p.A., 
Compagnia Italpetroli S.p.A. e Compagnia Porto di Civitavecchia S.p.A., in cui è 
stabilito che Enel Produzione si impegna ad eseguire, a proprie cura e spese, i 
dragaggi relativi alle aree prospicienti le banchine e parte di quelli relativi 
al bacino di evoluzione, necessari anche in assenza di diga foranea, nonché la 
loro messa in dimora nella colmata della Darsena, il tutto fino a complessivi 
2,5 milioni di metri cubi. Tali dragaggi, ad eccezione di quelli relativi all’imbasamento 
dei cassoni, verrano indicativamente iniziati nell’ultimo trimestre dell’anno 
2006. Il relativo materiale di risulta verrà messo a dimora nella colmata 
realizzata tramite la cassonatura della banchina di riva, che dovrà essere stata 
già realizzata alla predetta data da Compagnia Porto di Civitavecchia.
Il volume di 4.200.000 mc di materiali da dragare, come evincibile dallo stesso 
decreto VIA 680/2003 relativo al progetto per la conversione a carbone della 
centrale termoelettrica di Torrevaldaliga Nord, è stato previsto dal progetto 
Darsena Energetico Grandi Masse.
Il decreto VIA n. 6923/2002 concernente il progetto relativo alla variante al 
Piano Regolatore Portuale di Civitavecchia “Darsena Energetico Grandi Masse” da 
realizzarsi in ambito portuale nel Comune di Civitavecchia è stato pronunciato 
su istanza presentata dall’Autorità Portuale di Civitavecchia e non compare tra 
gli atti endoprocedimentali del procedimento unico conclusosi con il decreto del 
Ministero delle Attività Produttive di autorizzazione all’Enel Produzione di 
costruzione ed esercizio della esistente centrale termoelettrica di Torre 
Valdaliga Nord nella configurazione alimentata a carbone.
Nella nota del 27 maggio 2005, trasmessa dalla Capitaneria di Porto di 
Civitavecchia alla Regione Lazio, emerge, peraltro, che la Enel Produzione 
S.p.A. ha presentato, in data 17 maggio 2005, documentazione intesa ad ottenere 
l’autorizzazione ad effettuare interventi di dragaggio a mare nell’area in 
concessione antistante la centrale termoelettrica di Torre Valdaliga Nord 
finalizzata alla realizzazione delle banchine, principale e secondaria e del 
bacino di evoluzione, funzionali all’approvvigionamento del carbone una volta 
convertito l’impianto industriale; in particolare, per la realizzazione di detti 
pontili, è indicato come necessario procedere al dragaggio dei seguenti volumi 
di materiale: 360.000 mc per il pontile principale; 140.000 mc per il pontile 
secondario, per un totale stimato di ca. 500.000 mc.
La nota prosegue indicando come, in accordo a quanto previsto nel decreto di 
valutazione di impatto ambientale n. 680/2003, il materiale, per circa 200.000 
mc, è destinato al riempimento nell’area posta in radice al pontile principale e 
per il riempimento del pontile stesso e, per ca. 300.000 mc, è destinato per 
riempimenti nell’area di centrale. Ulteriori 2.500.000 mc, necessari per 
consentire la manovra e l’accosto delle navi carboniere ai pontili Enel, saranno 
dragati successivamente e i relativi materiali di risulta saranno conferiti in 
un’apposita vasca di colmata realizzata nell’ambito del progetto de quo. 
Il Collegio, pertanto, rileva che, rispetto a quanto già oggetto di valutazione 
nella pronuncia di compatibilità ambientale concernente la riconversione a 
carbone della centrale, gli interventi di dragaggio a mare prospettati da Enel 
Produzione S.p.A., quand’anche relativi a dragaggi previsti dal progetto Darsena 
Energetico Grandi Masse, rappresentano, per la parte eccedente il volume di 
1.227.000 mc, un quid novi, in relazione al quale sussiste l’esigenza di una 
nuova pronuncia dell’autorità amministrativa sulla compatibilità ambientale 
degli stessi, anche con riferimento all’eventuale reimmissione in mare dei 
materiali rivenienti dall’escavazione. 
Purtuttavia, l’impugnata delibera della Giunta Regionale, nella parte in cui 
nega l’autorizzazione all’escavo, si rivela comunque illegittima, per violazione 
della L. 55/2002, non rientrando nel potere dell’amministrazione regionale 
rilasciare l’autorizzazione nemmeno per i volumi da dragare superiori a 
1.227.000 mc.
In altri termini, mentre per le attività di dragaggio sino al volume di 
1.227.000 mc non è più dovuto alcun intervento amministrativo in quanto Enel 
Produzione S.p.A. è stata autorizzata allo svolgimento delle relative attività 
dal decreto del Ministero delle Attività Produttive n. 55/2003 che ha richiamato 
il decreto VIA 680/2003, sicché la Società può senz’altro procedere alla 
esecuzione dei lavori, per le attività di dragaggio oltre il volume di 1.227.000 
mc, in quanto non previste specificamente nel procedimento unico per la 
riconfigurazione della centrale a carbone, si rende necessaria una ulteriore 
valutazione di compatibilità ambientale, ma tale valutazione è di competenza 
statale e non regionale.
L’art. 1, co. 2, della L. 55/2002 dispone che, ai soli fini del rilascio della 
valutazione d’impatto ambientale, alle opere cui la legge si riferisce si 
applicano le disposizioni di cui alla L. 349/1986 e al D.P.C.M. 377/1988 e 
successive modificazioni; fino al recepimento della direttiva 96/61/CE del 
Consiglio, del 24 settembre 1996, tale autorizzazione comprende l’autorizzazione 
ambientale integrata e sostituisce, ad ogni effetto, le singole autorizzazioni 
ambientali di competenza delle amministrazioni interessate e degli altri enti 
pubblici territoriali. 
L’art. 6, co. 6, della richiamata L. 349/1986 prevede che, qualora 
nell’esecuzione dell’opera soggetta a VIA ravvisi comportamenti contrastanti con 
il parere sulla compatibilità ambientale già espresso, o comunque tali da 
compromettere fondamentali esigenze di equilibrio ecologico e ambientale, il 
Ministero dell’Ambiente ordina la sospensione dei lavori e rimette la questione 
al Consiglio dei Ministri, mentre l’art. 1 del D.P.C.M. 377/1988, nello 
specificare che sono sottoposti alla procedura di valutazione di cui all’art. 6 
della L. 349/1986, tra l’altro, i progetti delle opere relative a centrali 
termiche ed altri impianti di combustione con potenza termica di almeno 300 MW, 
indica, al secondo comma, che la stessa procedura di VIA si applica agli 
interventi su opere già esistenti qualora da tali interventi derivi un’opera con 
caratteristiche sostanzialmente diverse dalla precedente, sicché la Regione è 
priva di un proprio potere di sospensione dei lavori o in qualunque modo 
ostativo alla prosecuzione degli stessi, potendo invece sollecitare il 
competente Ministero dell’Ambiente all’eventuale esercizio dei propri poteri in 
materia.
In sostanza, il combinato disposto degli artt. 6 e 8 L. 349/1986 e dell’art. 1 
L. 55/2002, riservando all’autorità statale (id est: al Ministero 
dell’Ambientale) i poteri di intervento in materia, preclude l’intervento 
regionale pur previsto dalle norme ordinarie su cui detta normativa speciale 
prevale.
Né la questione assume diversa caratterizzazione per l’entrata in vigore del 
D.Lgs. 59/2005, attuazione integrale della direttiva CE 96/61/CE relativa alla 
prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento.
Anche ai sensi di tale decreto legislativo, infatti, le centrali termiche e gli 
altri impianti di combustione con potenza termica di almeno 300 MW rientrano tra 
le categorie di impianti di competenza statale e, in particolare, l’autorità 
competente è individuata nel Ministero dell’ambiente e della tutela del 
territorio.
Pertanto, l’atto di diniego di autorizzazione all’escavo contenuto 
nell’impugnata delibera di Giunta Regionale è illegittimo sia con riferimento 
alle attività di dragaggio sino a 1.227.000 mc, perché sino a tale limite le 
stesse sono state già oggetto di specifica VIA e sono comprese nel decreto di 
autorizzazione unica, sia con riferimento alle attività di dragaggio oltre 
1.277.000 mc, perché le stesse, in quanto non espressamente contemplate nel 
decreto di autorizzazione unica che richiama il decreto VIA 680/2003 ma non 
anche il decreto VIA 6923/2002, sono da sottoporre alla valutazione 
dell’autorità amministrativa statale (id est: del Ministero dell’Ambiente), 
sicché l’amministrazione regionale ha comunque agito in carenza di potere.
Di contro, sulla base di tutte le considerazioni esposte, non è illegittimo, per 
la richiesta attività di dragaggio superiore al volume di 1.227.000 mc, l’atto 
con cui la Giunta Regionale ha determinato di inviare la delibera al Ministero 
dell’Ambiente per una nuova valutazione di impatto ambientale relativamente alle 
opere a mare, atteso che, con riferimento alle suddette attività non comprese 
nella VIA 680/2003, occorre una specifica pronuncia della competente autorità 
statale. 
3.3 In conclusione, rilevata la sostanziale ininfluenza delle altre censure, il 
Collegio ritiene fondati, nei termini indicati, i motivi aggiunti nella parte in 
cui è impugnato l’atto di diniego all’escavo per le opere di realizzazione delle 
banchine, mentre, beninteso per il solo quid novi, vale a dire per la sola parte 
dell’escavazione superiore al limite di 1.227.000 mc di cui alla VIA 680/2003, 
la Regione ha correttamente sollecitato il Ministero dell’Ambiente ad una nuova 
valutazione di impatto ambientale. 
4. La fondatezza del ricorso introduttivo, con il conseguente annullamento degli 
atti impugnati, nonché la fondatezza, nei sensi e nei limiti indicati, dei 
motivi aggiunti, con conseguente parziale annullamento degli atti con questi 
ultimi impugnati, impongono l’esame delle domande di risarcimento dei danni 
proposte da Enel S.p.A. e da Enel Produzione S.p.A., mentre, nell’esame delle 
eccezioni in rito, il Collegio ha già rilevato l’inammissibilità delle richieste 
risarcitorie pervenute da interventori ad adiuvandum.
L’astratta risarcibilità dei danni derivanti da lesione dell’interesse 
legittimo, sia esso di tipo oppositivo o pretensivo, è indubbia.
In tal senso depongono sia le innovazioni normative, frutto anche dello stimolo 
proveniente dalla disciplina comunitaria, introdotte prima dal D.Lgs. 80/1998 e 
poi dalla L. 205/2000, sia l’indirizzo giurisprudenziale formulato dalle Sezioni 
Unite della Corte di Cassazione a partire dalla nota sentenza n. 500/1999.
In particolare, l’art. 35 del D.Lgs. 80/1998, come sostituito dall’art. 7 della 
L. 205/2000, nel prevedere la possibilità del risarcimento danni nelle materie 
devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, non opera 
alcuna distinzione tra le posizioni di diritto soggettivo e quelle di interesse 
legittimo, inducendo a ritenere che non è esclusa la possibile risarcibilità 
quando il danno derivi da lesione di interesse legittimo, ma soprattutto l’art. 
7, co. 3, della L. 1034/1971, come sostituito dal nuovo art. 35, co. 4, del 
D.Lgs. 80/98, devolve alla cognizione dei Tribunali Amministrativi tutte le 
questioni relative all’eventuale risarcimento del danno anche in giurisdizione 
generale di legittimità postulando, evidentemente, che possa sussistere un 
problema risarcitorio in caso di violazione di interessi legittimi.
Per altro verso, l’orientamento introdotto con la citata sentenza n. 500 del 22 
luglio 1999 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, nell’evidenziare che 
la normativa sulla responsabilità aquiliana ha la funzione di riparazione del 
danno ingiusto e cioè del danno che l’ordinamento non può tollerare rimanga a 
carico della vittima, ma che va trasferito sull’autore del fatto in quanto 
lesivo di interessi giuridicamente rilevanti quale che sia la loro 
qualificazione formale, ha sradicato il tradizionale, anche se non più 
monolitico, indirizzo giurisprudenziale della irrisarcibilità del danno 
derivante da lesione di interesse legittimo fondato sulla considerazione che la 
fattispecie dell’illecito civile ex art. 2043 c.c. richiede necessariamente la 
violazione di un diritto soggettivo.
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno affermato che, ai fini della 
responsabilità aquiliana, non assume rilievo determinante la qualificazione 
formale della posizione giuridica vantata dal soggetto, poiché la tutela 
risarcitoria è assicurata solo in relazione all’ingiustizia del danno, che 
costituisce fattispecie autonoma, contrassegnata dalla lesione di un interesse 
giuridicamente rilevante.
Il diritto al risarcimento del danno, quindi, è un diritto soggettivo distinto 
dalla posizione giuridica soggettiva la cui lesione è fonte di danno ingiusto, 
la quale può avere, indifferentemente, natura di diritto soggettivo, di 
interesse legittimo o di interesse comunque rilevante per l’ordinamento.
Un rilievo centrale è assunto dal danno, del quale è previsto il risarcimento 
qualora sia ingiusto e cioè prodotto non iure, in assenza di una causa di 
giustificazione, mentre la colpevolezza della condotta, in quanto contrassegnata 
da dolo o colpa, attiene all’imputabilità della responsabilità.
La lesione dell’interesse legittimo, peraltro, è condizione necessaria ma non 
sufficiente per accedere alla tutela risarcitoria ex art. 2043 c.c. in quanto 
occorre altresì che risulti leso, per effetto dell’attività illegittima e 
colpevole dell’amministrazione pubblica, l’interesse al bene della vita al 
quale, secondo il concreto atteggiarsi del suo contenuto, l’interesse legittimo 
effettivamente si collega.
Pertanto, la responsabilità aquiliana dell’amministrazione ex art. 2043 c. c. e, 
di conseguenza, la risarcibilità del danno derivante dalla lesione di un 
interesse legittimo, può dirsi sostanzialmente subordinata alla verifica delle 
seguenti condizioni:
a) un evento dannoso, vale a dire un evento che abbia causato la lesione del 
bene della vita costituente il lato interno della posizione giuridica 
soggettiva;
b) l’ingiustizia del danno, vale a dire il danno prodotto non iure, in assenza 
di cause di giustificazione al lesivo operato della pubblica amministrazione che 
abbia inciso su un interesse rilevante per l’ordinamento;
c) il nesso di causalità, vale a dire l’accertamento, secondo i criteri 
generali, della riferibilità dell’evento dannoso ad un’attività, commissiva od 
omissiva, dell’amministrazione;
d) la responsabilità dell’amministrazione, vale a dire la riferibilità del danno 
ad una condotta dolosa o colposa dell’amministrazione, non essendo invocabile il 
principio secondo cui la colpa sarebbe in re ipsa quando l’amministrazione 
adotti un provvedimento illegittimo.
Nella controversia in esame, ai fini della delibazione della questione 
risarcitoria, occorre distinguere tre diversi segmenti temporali.
Il primo comprende il periodo tra il 10 febbraio 2006 (data dell’ordinanza di 
sospensione dei lavori adottata dal Presidente della Regione Lazio) o, meglio, 
la data in cui il provvedimento ha concretamente avuto effetto ed il 31 marzo 
2006 (data di adozione della delibera della Giunta Regionale di diniego di 
autorizzazione all’escavo); il secondo è relativo al periodo tra il 31 marzo 
2006 ed il 20 aprile 2006 (data di pubblicazione dell’ordinanza cautelare n. 
512/2006 emessa da questo Tribunale), mentre il terzo è il periodo successivo al 
20 aprile 2006. 
Per tale ultimo periodo - considerato che con ordinanza n. 512/2006 è stata 
accolta la domanda incidentale di sospensione, proposta con i motivi aggiunti, 
nella parte in cui gli atti impugnati non consentono la prosecuzione dei lavori 
nei limiti di escavazione già previsti con il decreto VIA n. 680/6.11.2003 - 
Enel Produzione ha avuto la possibilità di riprendere i lavori, per cui, 
essendosi verificata, sia pure per effetto della pronuncia giurisdizionale in 
sede cautelare, una sorta di restitutio in integrum, è venuto meno l’evento 
dannoso, sicchè non sussiste un problema risarcitorio.
Un evento lesivo, invece, sussiste per gli altri due intervalli temporali in 
quanto, per effetto dell’attività amministrativa riconosciuta illegittima in 
sede giurisdizionale, è stato pregiudicato, durante il periodo dal 10 febbraio 
2006 al 20 aprile 2006, il bene della vita al quale il titolare dell’interesse 
legittimo aspirava, ossia la possibilità di proseguire i lavori per le opere a 
mare connesse alla conversione a carbone della centrale termoelettrica di 
Torrevaldaliga.
L’interesse leso, pertanto, è un interesse giuridicamente rilevante, cioè un 
interesse considerato e tutelato dall’ordinamento, ed in quanto tale la sua 
lesione determina, in presenza degli ulteriori elementi costitutivi 
dell’illecito, la risarcibilità del danno patrimoniale sofferto.
Inoltre, non sussiste alcuna causa giustificativa dell’attività amministrativa 
tale da escludere l’antigiuridicità del danno patìto dal ricorrente, mentre è 
presente il nesso eziologico tra la condotta dell’amministrazione e l’evento 
dannoso atteso che quest’ultimo, concretandosi in una sospensione dei lavori, è 
evidentemente riferibile alla censurata attività amministrativa che aveva 
illegittimamente inibito la prosecuzione degli stessi.
Pertanto, la sussistenza della responsabilità extracontrattuale 
dell’amministrazione regionale e la conseguente risarcibilità del danno 
patrimoniale sofferto da Enel Produzione discende dalla colpevolezza o meno 
della condotta amministrativa posta in essere. 
In altri termini, occorre verificare se la condotta amministrativa, a 
prescindere dall’elemento estrinseco rappresentato dall’illegittimità degli atti 
che, di per sé solo, non è sufficiente a determinare l’imputabilità 
all’amministrazione della responsabilità per le conseguenze dannose della 
propria azione, è stata caratterizzata da un atteggiamento soggettivo doloso o 
colposo, tale quindi da far apprezzare la presenza di un danno ingiusto idoneo a 
determinare la risarcibilità della posizione giuridica lesa.
Il dolo e la colpa, infatti, costituiscono il più generale criterio giuridico 
mediante il quale le conseguenza dannose vengono trasferite, sul piano 
patrimoniale, dal danneggiato al danneggiante e ad essi, per l’appunto, si 
riferisce l’art. 2043 c.c., secondo cui qualunque fatto doloso o colposo, che 
cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga chi ha commesso il fatto a risarcire 
il danno.
Il Collegio, insomma, ritiene che a fondamento della responsabilità civile della 
pubblica amministrazione derivante da attività provvedimentale illegittima vi 
sia il principio per cui obbliga al risarcimento quel solo danno frutto di un 
atto caratterizzato da un processo volitivo qualificabile come dolo o colpa in 
senso stretto.
Di talché, esclusa evidentemente ogni ipotesi dolosa, occorre valutare se l’agere 
amministrativo sia stato connotato da colpa grave. 
La colpa dell’amministrazione, peraltro, non è riferibile al soggetto fisico che 
ha assunto la paternità del provvedimento illegittimo ma all’amministrazione nel 
suo insieme, intesa come apparato, e deve essere accertata in senso oggettivo, 
tenendo conto dei vizi che hanno determinato l’illegittimità dell’azione, della 
gravità delle violazioni commesse, dei precedenti giurisprudenziali, 
dell’univocità o meno del dato normativo, delle condizioni concrete e 
dell’eventuale apporto dei soggetti destinatari dell’atto.
Ne consegue che, ove si accerti che l’errore in cui sia incorsa 
l’amministrazione, e dal quale è scaturita l’illegittimità provvedimentale sia 
scusabile, ovvero indotto da equivocità del dato normativo, da contrasti 
giurisprudenziali, da interpretazioni divergenti fornite da altri organi 
amministrativi, dalle risultanze di istruttoria procedimentali ovvero dalla 
particolare complessità e difficoltà dell’azione amministrativa, deve essere 
esclusa la colpa (cfr. ex multis: T.A.R. Calabria, Catanzaro, II, 5 maggio 2005, 
n. 736; Cons. Stato, VI, 4 novembre 2002, n. 6000; Cons. Stato, V, 18 novembre 
2002, n. 6393).
In altre parole, ribadito che l’imputabilità della responsabilità 
all’amministrazione non può avvenire sulla base del mero dato oggettivo 
dell’illegittimità del provvedimento dovendo verificarsi che la predetta 
adozione sia avvenuta in violazione delle regole di imparzialità alle quali 
l’esercizio della funzione deve costantemente ispirarsi, occorre precisare che 
il giudice amministrativo può affermare la responsabilità della pubblica 
amministrazione per danni a privati quando la violazione risulti grave e 
commessa in un contesto di circostanze di fatto ed in un quadro di riferimenti 
normativi e giuridici tali da palesare la negligenza e l’imperizia dell’organo 
nell’assunzione del provvedimento viziato, dovendo invece negare la stessa 
quando l’indagine presupposta conduce al riconoscimento dell’errore scusabile, 
come, ad esempio, per la sussistenza di contrasti giudiziari, per l’incertezza 
del quadro normativo di riferimento o per la complessità della situazione di 
fatto (ex multis: Cons. Stato, IV, 5 ottobre 2005, n. 5367; Cons. Stato, V, 10 
agosto 2004, n. 5500).
Il Collegio ritiene che, nel caso di specie, sia da escludere la responsabilità 
civile dell’amministrazione per insussistenza della colpa grave.
Con riferimento al periodo dal 31 marzo 2006 al 20 aprile 2006, occorre in primo 
luogo osservare che la Regione Lazio ha concluso un procedimento ad istanza di 
parte in quanto avviato da una domanda di Enel Produzione S.p.A. del 17 maggio 
2005 trasmessa dalla Capitaneria di Porto di Civitavecchia il 27 maggio 2005, 
sicché, anche tenendo conto della successiva precisazione fornita da Enel 
Produzione il successivo 5 agosto 2005 circa la prima fase delle operazioni di 
dragaggio, risulta applicabile la norma di cui all’art. 1227 c.c., sul concorso 
del fatto colposo del creditore, per effetto dell’esplicito richiamo contenuto 
nell’art. 2056 c.c. concernente la valutazione dei danni da illecito 
extracontrattuale.
Inoltre, giova considerare la elevata complessità esegetica della normativa di 
riferimento che rende scusabile l’errore in cui è incorsa l’amministrazione, 
come del resto la stessa Enel Produzione che ha attivato il procedimento, 
ritenendo applicabile alla fattispecie il disposto di cui all’art. 21 della L. 
179/2002 attributivo alla Regione della competenza autorizzatoria in materia di 
immersione di materiali di escavo di fondali marini.
A ciò si aggiunga che l’amministrazione ha agito avendo comunque di mira la 
salvaguardia di interessi pubblici di straordinaria importanza, per cui è da 
escludere che, sia pure adottando un provvedimento illegittimo, abbia 
contravvenuto ai doveri di imparzialità e buon andamento che ontologicamente è 
tenuta a perseguire.
La questione più problematica, invece, attiene al periodo 10 febbraio 2006/31 
marzo 2006 atteso che il danno ingiusto è stato in tal caso prodotto da 
un’attività provvedimentale illegittima esercitata d’ufficio.
Il Collegio è dell’avviso che anche in tal caso occorre tenere conto di una 
serie di circostanze che portano a giustificare, sotto il profilo della 
colpevolezza, l’attività amministrativa.
In particolare, l’incertezza normativa che ha caratterizzato e caratterizza il 
riparto di competenze amministrative tra Stato e Regioni in special modo 
all’indomani dell’entrata in vigore della L. Cost. 3/2001 di modifica al titolo 
V della Costituzione nonché la volontà dell’amministrazione che, sia pure 
attraverso un’ordinanza illegittima, era volta a porre in essere una misura di 
salvaguardia in una materia in cui gli interessi in gioco sono di primaria 
importanza ed in relazione ad un’opera pubblica avente un impatto ambientale di 
enorme rilevanza inducono a ritenere che, per la particolare complessità sia 
fattuale sia giuridica della situazione in cui è maturata l’adozione dell’atto, 
la condotta dell’amministrazione, sebbene viziata, possa reputarsi connotata da 
errore scusabile nell’accezione emersa nel diritto vivente.
In definitiva, difettando l’evento dannoso per il periodo successivo al 20 
aprile 2006 e non ravvisandosi colpa grave dell’amministrazione per quanto 
attiene agli illegittimi provvedimenti adottati che hanno esplicato effetti per 
il periodo dal 31 marzo 2006 al 20 aprile 2006 (delibera di G.R. 31 marzo 2006 e 
relativo atto presupposto) e per il periodo dal 10 febbraio 2006 al 31 marzo 
2006 (ordinanza contingibile ed urgente adottata il 10 febbraio 2006 dal 
Presidente della Regione e relativo atto presupposto), le domande di 
risarcimento dei danni proposte dalle ricorrenti, in carenza della contestuale 
presenza di tutti gli elementi costituivi dell’illecito, devono essere respinte.
L’attività provvedimentale illegittima, in sostanza, non è stata determinata da 
una condotta illecita dell’amministrazione, per cui in capo alla stessa non 
sussiste una responsabilità risarcitoria del danno patrimoniale derivante 
all’interessata dalla ingiusta lesione dell’interesse legittimo.
5. Sussistono giuste ragioni, considerata la peculiarità e la particolare 
complessità della fattispecie, per disporre la compensazione integrale delle 
spese del giudizio tra le parti.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Prima Ter di Roma, 
così provvede:
accoglie il ricorso introduttivo e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati;
accoglie, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione, l’impugnativa proposta 
con i motivi aggiunti e, per l’effetto, annulla in parte gli atti impugnati;
respinge le richieste di risarcimento dei danni.
Dispone la compensazione integrale delle spese del giudizio tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 25 maggio 2006.
Dott. Luigi Tosti Presidente
Dott. Roberto Caponigro Estensore
 
 
1) V.I.A. – Impianti di energia elettrica superiori a 300 MW – D.L. 7/2002 – Autorizzazione unica – Opere connesse – Immersione di materiali di scavo in mare – Sospensione dei lavori ex art. 10 L.R. Lazio n. 74/91 – Competenza regionale – Esclusione. Il potere di adottare ordinanze contingibili e urgenti o altri provvedimenti cautelari ex art. 10 della L.R. Lazio n. 74/1991, c. 1, lett. a) e b), in materia ambientale, è attribuito soltanto entro le competenze regionali previste dalla normativa vigente, sicchè è illegittimamente esercitato nell’ambito di un procedimento autorizzatorio per l’immersione di materiali di escavo in fondali marini, ove quest’attività sia connessa alla costruzione e all’esercizio degli impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici. Ai sensi dell’art. 1, c.1, del D.L. 7/2002 (cd. decreto “sblocca centrali”), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della L. 55/2002, infatti, la costruzione e l’esercizio di detti impianti, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili al loro esercizio, sono soggetti ad un’autorizzazione unica rilasciata dal Ministero delle Attività Produttive, la quale sostituisce autorizzazioni, concessioni ed atti di assenso comunque denominati, previsti dalle norme vigenti. Di talché, occorre desumere che anche l’autorizzazione per l’immersione di materiali di escavo di fondali marini di cui all’art. 35, co. 2, D.Lgs. 152/1999, la cui competenza è in via ordinaria attribuita alla Regione dall’art. 21 della L. 179/2002, è da ricomprendere nell’ambito del procedimento unico di cui alla L. 55/2002 senza che all’amministrazione regionale residui uno specifico potere in merito, da esercitare autonomamente ed in una diversa e separata sede. Il potere di intervento nell’ipotesi di comportamenti tali da compromettere fondamentali esigenze di equilibrio ambientale è quindi di competenza dell’Autorità statale (id est: Ministero dell’Ambiente), che può ordinare la sospensione dei lavori rimettendo la questione al Consiglio dei Ministri (art. 6, co. 6, della L. 349/1986). Né la questione assume diversa caratterizzazione per l’entrata in vigore del D.Lgs. 59/2005, attuazione integrale della direttiva CE 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento. Anche ai sensi di tale decreto legislativo, infatti, le centrali termiche e gli altri impianti di combustione con potenza termica di almeno 300 MW rientrano tra le categorie di impianti di competenza statale e, in particolare, l’autorità competente è individuata nel Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio. Pres. Tosti, Est. Caponigro – E.N.E.L. s.p.a (avv.ti de Vergottini, Caturani e Cardillo) c. Regione Lazio (avv. Di Raimondo e Terracciano) - T.A.R. LAZIO, Roma, Sez. I ter – 16 giugno 2006, n. 4731
2) Procedure e varie – Pubblica amministrazione - Responsabilità aquiliana dell’amministrazione ex art. 2043 c.c. – Risarcibilità del danno derivante dalla lesione di un interesse legittimo – Presupposti. La responsabilità aquiliana dell’amministrazione ex art. 2043 c. c. e, di conseguenza, la risarcibilità del danno derivante dalla lesione di un interesse legittimo, è subordinata alla verifica delle seguenti condizioni: a) un evento dannoso, vale a dire un evento che abbia causato la lesione del bene della vita costituente il lato interno della posizione giuridica soggettiva; b) l’ingiustizia del danno, vale a dire il danno prodotto non iure, in assenza di cause di giustificazione al lesivo operato della pubblica amministrazione che abbia inciso su un interesse rilevante per l’ordinamento; c) il nesso di causalità, vale a dire l’accertamento, secondo i criteri generali, della riferibilità dell’evento dannoso ad un’attività, commissiva od omissiva, dell’amministrazione; d) la responsabilità dell’amministrazione, vale a dire la riferibilità del danno ad una condotta dolosa o colposa dell’amministrazione, non essendo invocabile il principio secondo cui la colpa sarebbe in re ipsa quando l’amministrazione adotti un provvedimento illegittimo. Pres. Tosti, Est. Caponigro – E.N.E.L. s.p.a (avv.ti de Vergottini, Caturani e Cardillo) c. Regione Lazio (avv. Di Raimondo e Terracciano) - T.A.R. LAZIO, Roma, Sez. I ter – 16 giugno 2006, n. 4731
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