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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006


CORTE DI CASSAZIONE CIVILE Sezione Unite, 8/11/2006 (Ud. 12/10/2006) Sentenza n. 23735



Elettrodotti - Esposizione a campo elettromagnetico - Tutela della salute - Linea elettrica - Abitazione privata - Interramento della linea elettrica - Giurisdizione in materia di pubblici servizi - Giudice ordinario - L. n. 205/2000 - Art. 32 Cost. In tema di costruzione e messa in esercizio di una linea di trasmissione di energia elettrica, la domanda proposta dal privato nei confronti della P.A. o dei suoi concessionari, tesa ad ottenere - previo accertamento del pericolo per la salute derivante dall'esposizione al campo elettromagnetico, data la breve distanza tra la linea elettrica e l'abitazione dell'istante - un'inibitoria, con la richiesta, in particolare, di emanazione da parte del giudice di un ordine di interramento della linea elettrica a ridosso della abitazione del privato, è devoluta alla cognizione del giudice ordinario, atteso che la P.A. e priva di qualunque potere, ancorché agisca per motivi di interesse pubblico, di affievolire o di pregiudicare indirettamente il diritto alla salute, il quale, garantito come fondamentale dall'art. 32 della Costituzione, appartiene a quella categoria di diritti che non tollerano interferenze esterne che ne mettano in discussione l'integrità. Tale principio vale anche nel nuovo quadro di riparto della giurisdizione in materia di pubblici servizi, di cui all'art. 7 della legge 21 luglio 2000, n. 205. Presidente V. Carbone, Relatore L. F. Di Nanni. CORTE DI CASSAZIONE CIVILE Sezione Unite, 8 novembre 2006 (Ud. 12/10/2006) Sentenza n. 23735

Salute - Lesione della salute umana - Ricorso all'art. 2043 cod. civ. - Protezione dell'ordinamento - Diritto alla salute - Affievolimento - Esclusione. In tema di lesione della salute umana, anche la Corte costituzionale, con sentenza del 30 dicembre 1987 n. 641, ha dichiarato che è possibile il ricorso all'art. 2043 cod. civ. sia sotto forma della reintegrazione del patrimonio del danneggiato, sia sotto quello della prevenzione dell'illecito. Sicché, la protezione che l'ordinamento vigente apprestata al titolare del diritto alla salute si estrinseca sia nel vietare agli altri consociati di tenere comportamenti che contraddicano il diritto, sia nel sanzionare gli effetti lesivi della condotta illecita, obbligando il responsabile al risarcimento del danno. Il diritto alla salute infatti, appartiene a quella categoria di diritti che non tollerano interferenze esterne che ne mettano in discussione l'integrità, (Cass. ss. uu. 21 marzo 2006, n. 6218). Presidente V. Carbone, Relatore L. F. Di Nanni. CORTE DI CASSAZIONE CIVILE Sezione Unite, 8 novembre 2006 (Ud. 12/10/2006) Sentenza n. 23735

Salute - Rapporti intersoggettivi - Diritto alla salute - Sovrasta l'amministrazione. Il carattere di assolutezza del diritto alla salute e la sua elaborazione sul versante dei rapporti intersoggettivi ha trovato risconto sia nell'affermazione che esso è sovrastante all'amministrazione di guisa che questa non ha alcun potere, neppure per motivi di pubblico specialmente rilevante, non solo di affievolirlo, ma neanche di pregiudicarlo nel fatto indirettamente, perché, incidendo in un diritto fondamentale, la pubblica amministrazione agisce nel fatto, dal momento che, non essendo giuridicamente configurabile un suo potere in materia, esso per il diritto non provvede, ma esplica comunque e soltanto attività materiale illecita: Cass. ss. uu. 20 febbraio 1992, n. 2092, testualmente ripresa da Cass. ss. uu. 1°agosto 2006, n. 17461. Presidente V. Carbone, Relatore L. F. Di Nanni. CORTE DI CASSAZIONE CIVILE Sezione Unite, 8 novembre 2006 (Ud. 12/10/2006) Sentenza n. 23735



Udienza Pubblica del
SENTENZA N.
REG. GENERALE n.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
CIVILE SEZIONI UNITE


Composta dagli III. mi Signori


omissis


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


1. Luigi D'Auria ed altri, con atto di citazione del 21 dicembre 1994, hanno convenuto in giudizio davanti al tribunale di Melfi la Spa Enel (Ente nazionale per l'energia elettrica), chiedendo:

a) che alla convenuta fosse inibita la messa in esercizio dell'elettrodotto Matera S. Sofia a 380 Kv, che li esponeva al grave rischio di danno alla salute derivante dalla propagazione delle onde elettromagnetiche, ordinandone l'interramento o la rimozione;

b) che fosse dichiarata l'inesistenza della servitù come costituita.


L'Enel costituita nel giudizio, ha dedotto che era stato autorizzato con decreto ministeriale ed ha eccepito il difetto di giurisdizione del giudice ordinario sulla domanda di inibitoria ed interramento, perché devoluta alla cognizione del giudice amministrativo ai sensi dell'art. 4 L. 20 marzo 1865 n. 2248; nel merito ha chiesto il rigetto della domanda.


2. Il tribunale ha reso le seguenti decisioni:

a) dichiarato la  propria giurisdizione in relazione alla domanda di inibitoria della messa in esercizio dell'elettrodotto;
b) ha dichiarato la carenza di giurisdizione del giudice ordinario sull'esistenza della servitù di elettrodotto;
c) ha rigettato le domande di risarcimento del danno alla salute, perché sfornite di prova.


3. La Corte di appello di Potenza, con sentenza non definitiva del 14 aprile 2000 ha riconosciuto la giurisdizione del giudice ordinario anche con riferimento alla domanda risarcitoria del danno non direttamente connesso alla lesione del diritto alla salute, rimettendo le parti davanti al tribunale nei limiti di tale domanda. Con sentenza definitiva del 13 novembre 2003 ha disposto l'inibizione della messa in esercizio del tratto di elettrodotto che interessava l'abitazione, tra gli altri, di Luigi D'Auria. La Corte ha dichiarato che, in base alle considerazioni illustrate nelle consulenze tecniche, era emersa la lesività per la salute umana della presenza di campi elettromagnetici che si propagavano dall'elettrodotto incriminato.


4. La  s.p.a. T.E.R.N.A., succeduta all'Enel ha proposto ricorso per cassazione ed ha depositato memoria, con la quale ha dedotto la sopravvenuta carenza di interesse al ricorso.


Luigi D'Auria resiste con controricorso.


Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.


Il ricorso è stato assegnato alle sezioni unite ai sensi dell'art. 374 cod. proc. civ., in ragione della questione di giurisdizione contenuta nel primo motivo del ricorso.


MOTIVI DELLA DECISIONE


1. La questione di giurisdizione.


1.1. La Corte di appello, con la sentenza non definitiva, ha respinto l'eccezione di difetto di giurisdizione del giudice ordinario, affermando che la pubblica amministrazione non ha un potere ablatorio del diritto alla salute costituzionalmente garantito e che ricorre la giurisdizione del giudice ordinario sulla domanda del privato volta alla tutela di questo diritto quando sia leso da una attività anche provvedimentale della stessa pubblica amministrazione. Con la sentenza definitiva ha aggiunto che l'eccezione di difetto di giurisdizione non era proponibile e, in ogni caso, era infondata, giacché, ai sensi dell'art. 5 cod. proc. civ., la giurisdizione si determina avuto riguardo alla legge vigente e allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda (l'atto di citazione in primo grado era stato notificato il 24 gennaio 1994), escludendo la rilevanza dei successivi mutamenti normativi e dello stato di fatto. Secondo la Corte di appello, l'art. 2 della legge 353/90 modificativo del citato art. 5, ha esteso il principio della perpetuatio iurisdictionis allo ius superveniens per esigenze di carattere pratico e per valorizzare l'atto di iniziativa della parte che chiede giustizia, rispetto ai provvedimenti dell'autorità che l'amministra. Infine, l'ordito della legge 295 del 2000 non contiene previsioni derogative dell'art. 5 cod. proc. civ.


1.2. La società T.E.R.N.A., con il primo motivo del ricorso si riferisce alla sentenza non definitiva ed a quella definitiva nella parte in cui entrambe le decisioni hanno dichiarato la giurisdizione del giudice ordinario in relazione alla domanda dei privati volta alla tutela del diritto alla salute.


La ricorrente sostiene che la Corte di appello non ha considerato che gli artt. 4 e 5 della legge 22 marzo 1865 n. 2248 allegato E contengono il principio della preminenza della funzione amministrativa nella realizzazione dei fini assegnati alla pubblica amministrazione, con la conseguenza che, nei giudizi proposti nei confronti della pubblica amministrazione, l'intervento del giudice ordinario è ammissibile solo quando si controverta su comportamenti materiali e non anche quando questi sono espressione di azione amministrativa di tipo provvedimentale. Secondo la ricorrente, l'accoglimento della domanda di inibitoria della messa in esercizio di un elettrodotto o di interramento o rimozione delle linee elettriche costituiva illegittima interferenza con l'attività da essa svolta e, quindi, con la gestione di un pubblico servizio e rientrava nella giurisdizione ai sensi dell'art. 7 della legge n. 205 del 2000 e degli artt. 4 e 5 della legge n. 2248 del 1865. La T.E.R.N.A prosegue affermando: a) che la giurisdizione del giudice ordinario non si poteva invocare in materia di controversie relative al risarcimento del danno alla salute, poiché quella in oggetto non era una controversia meramente risarcitoria, ma era diretta ad ottenere l'emanazione di un provvedimento che interferiva con l'attività e la gestione di un provvedimento
che interferiva con l'attività e la gestione di un servizio pubblico; b) che la giurisdizione amministrativa non poteva venir meno per effetto della necessità di tutelare il diritto alla salute costituzionalmente garantito, poiché, secondo la giurisprudenza della Corte Costituzionale e di questa Corte, la tutela di questo diritto incontra limiti oggettivi per l'esigenza di tutelare altri interessi concorrenti, del pari costituzionalmente protetti.


Il motivo non è fondato.


2. La situazione di fatto indicata dagli attori non è controversa: si riferisce alla costruzione e messa in esercizio di una linea di trasmissione di energia elettrica,  la cui induzione magnetica è indicata por si su valori superiori alla soglia di attenzione, secondo la letteratura scientifica.


Gli interessati, temendo che l'esercizio dell'elettrodotto, per la distanza tra la linea elettrica e le loro abitazione, potesse dare luogo ad un'esposizione al campo elettromagnetico generato dal passaggio dell'energia, capace di creare pregiudizio per la loro salute, hanno proposto una domanda per far accertare che, alla distanza indicata, l'esposizione al campo elettromagnetico era fonte di pericolo. Hanno pure chiesto che all'accertamento seguano ordini del giudice di interramento della linea elettrica a ridosso della sua abitazione.


Il petitum sostanziale dell'azione, quindi, è costituito dalla richiesta di tutela del diritto alla salute.


2.1. La protezione che l'ordinamento vigente apprestata al titolare del diritto alla salute si estrinseca sia nel vietare agli altri consociati di tenere comportamenti che contraddicano il diritto, sia nel sanzionare gli effetti lesivi della condotta illecita, obbligando il responsabile al risarcimento del danno. Il diritto alla salute infatti, appartiene a quella categoria di diritti che non tollerano interferenze esterne che ne mettano in discussione l'integrità: Cass. ss. uu. 21 marzo 2006, n. 6218, in fattispecie analoga.


Anche la Corte costituzionale ha dichiarato che, in tema di lesione della salute umana, è possibile il ricorso all'art. 2043 cod. civ. sia sotto forma della reintegrazione del patrimonio del danneggiato, sia sotto quello della prevenzione dell'illecito sentenza 30 dicembre 1987 n. 641.


2.2. Questi principi debbono essere confermati, perché il diritto alla salute, che l'art. 32 della Costituzione espressamente proclama come fondamentale diritto da tempo ha perduto la  valenza assicurativa - corporativa propugnata nei primi anni dell'entrata in  vigore della Carta costituzionale e fa parte della categoria dei diritti sociali a valenza erga omnes o della categoria dei diritti assoluti della personalità, acquistando, secondo la nuova prospettiva, il titolo per influire sulle relazioni private e limitare l'esercizio dei pubblici poteri.


2.2.1. Il carattere di assolutezza del diritto alla salute e la sua elaborazione sul versante dei rapporti intersoggettivi ha trovato risconto sia nell'affermazione che esso è sovrastante all'amministrazione di guisa che questa non ha alcun potere, neppure per motivi di interesse pubblico specialmente rilevante, non solo di affievolirlo, ma neanche di pregiudicarlo nel fatto indirettamente, perché, incidendo in un diritto fondamentale, la pubblica amministrazione agisce nel fatto, dal momento che, non essendo giuridicamente configurabile un suo potere in materia, esso per il diritto non provvede, ma esplica comunque e soltanto attività materiale illecita: Cass. ss. uu. 20 febbraio 1992, n. 2092, testualmente ripresa da Cass. ss. uu. 1°agosto 2006, n. 17461.


2.2.2. Con riferimento all'aspetto ora esaminato, nelle controversie che hanno per oggetto la tutela del diritto alla salute vale, quindi, il richiamo alla posizione di preminenza della funzione della pubblica amministrazione, la quale, invece, è priva di qualunque potere di affievolimento delle posizione soggettive valutate come assolute dall'ordinamento.


2.2.3. La domanda di risarcimento del danno proposta da privati nei confronti della pubblica amministrazione o di suoi concessionari per conseguire il risarcimento dei danni alla salute, in definitiva, è devoluta al giudice ordinario.


2.3. Né vale obbiettare che la sentenza definitiva ha applicato erroneamente il principio della perpetuati - iurisdictionis  di cui all'art. 5 cod. proc civ. (nel testo novellato dall'art. 2 della legge 293/1990) con riferimento allo ius superviviens costituito dall'art. 7 della legge n. 205 del 2000, nel senso che tale norma non ha fatto altro che confermare il difetto di giurisdizione del giudice ordinario previsto dagli artt. 4 e 5 L. 2248 del 1865, estendendo la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo anche alle controversie in materia di pubblici servizi.


La giurisdizione esclusiva in materia di pubblici servizi, infatti, può essere riconosciuta quando la pubblica amministrazione nell'esplicazione di un servizio pubblico, sia titolare di un potere di supremazia, riconosciuto dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 204 del 2004, e non già, come nel caso in esame, un tale potere non sia configurabile secondo l'ordinamento vigente.


D'altra parte, in questa controversia non vi sono provvedimenti della pubblica amministrazione o di suoi concessionari, che siano stati impugnati o dei quali si chiede l'annullamento, ma solo comportamenti della pubblica amministrazione che non possono incidere negativamente sulle posizioni di diritto soggettivo fatte valere dagli interessati.

Si deve considerare, infine, che la presente è una controversia risarcitoria proposta davanti al giudice ordinario, perché sono tali tutte quelle nelle quali è fatto valere un diritto soggettivo, del quale è chiesta la tutela mediante condanna del danneggiante al risarcimento in forma pecuniaria o diretta per equivalente.


2.4. Il primo motivo del ricorso, in conclusione, deve essere rigettato e dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario.


3. Con il secondo motivo del ricorso sono contestati i criteri adottati dalla Corte di appello per stabilire la lesività della propagazione dei campi magnetici generati dall'impianto elettrico: censura di violazione di legge, di nullità del procedimento della sentenza e di non corretta motivazione.


La T.E.R.N.A., sostanzialmente, addebita alla sentenza impugnata l'errore di avere determinato il danno non già attraverso l'esame dei parametri di pericolosità indicati nelle leggi, ma attraverso astratte considerazioni di consulenti tecnici, che tali parametri hanno disatteso. Nella tesi della ricorrente il principio di diritto violato sarebbe quello che, in caso di violazione di norme e regolamenti, la configurazione del danno non può essere configurata attraverso l'accertamento della colpa generica.


Con il terzo motivo sono svolte critiche alla consulenza tecnica.


Su questi motivi, compresa la questione della sopravvenuta carenza di interesse, e sulle spese de giudizio di cassazione deciderà la sezione semplice designata dal Primo Presidente, cui gli atti vanno rimessi.


p. q. m.


La Corte cassazione, a sezioni unite, rigetta il primo motivo del ricorso, dichiara la giurisdizione del giudice ordinario e dispone rimettersi gli atti al Primo Presidente per la designazione della sezione che provvederà sugli altri motivi del ricorso e sulle spese del giudizio.


così deciso in Roma, il giorno 12 ottobre 2006.

 

Luigi Francesco Di Nanni, Est.


L' estensore              Il presidente
  L. F. DI NANNI                  V. CARBONE


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