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CORTE DI CASSAZIONE Sezione Seconda Civile, del 31 gennaio 2006 Sentenza n. 2166
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI CASSAZIONE Sezione
Seconda Civile, del 31 gennaio 2006 Sentenza n. 2166
(Presidente
M. Spadone, Relatore L. Piccialli)
Omissis
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto notificato in data 24. 4. 97 la sig. ra Fernanda Gazza, proprietaria di
un immobile urbano in Portile di Modena, confinante con il cortile della locale
Chiesa Parrocchiale, citò il parroco di quest'ultima, don Giuliano Gazzetti,
davanti al Giudice di Pace di Modena, lamentando che dall'uso particolarmente
intenso delle strutture, prossime alla propria abitazione, del "campo —
giochi" della Parrocchia, segnatamente dalle attività di calcetto e
pallacanestro ivi praticate, derivavano rumori eccedenti la normale
tollerabilità; chiese, conseguentemente, farsi obbligo al parroco di adottare
idonei accorgimenti atti a contenere le emissioni rumorose e limitarsi gli orari
di esercizio delle attività sportive.
Costituitosi il parroco, contestava la fondatezza della domanda, sostenendo la
tollerabilità dei rumori, costituiti prevalentemente da voci infantili, e faceva
presente di avere provveduto ad insonorizzare i cesti della pallacanestro, della
cui rumorosità si era, tra l'altro, doluta l'attrice. All'esito di
istruttoria, orale, documentale ed ispettiva, con sentenza del 16. 3. 00,
l'adito giudice, dato atto dell'avvenuta insonorizzazione dei cesti sopra
menzionati, accogliendo per il resto e per quanto di ritenuta ragione la
domanda, limitava l'uso del campetto sportivo a quattro ore giornaliere, due
antimeridiane e due pomeridiane, nonché a due ore serali, per due giorni a
settimana, oltre che per la durata, di una settimana all'anno, dei tornei di
calcetto, compensando interamente le spese del giudizio.
Proposti appelli, principale dal parroco, incidentale dalla Gazza, con sentenza
del 28. 9. 02 del Tribunale di Modena, in composizione monocratica , il gravame
principale veniva respinto ed, in accoglimento, di quello incidentale, l'uso del
"campo di basket — calcetto" veniva limitato a " due ore consecutive
pomeridiane in orario non antecedente alle ore 16", con condanna del parroco
alle spese del grado.
Il giudice di secondo grado, premesso che dei tre criteri enunciati dall'art.
844 c. c. , nel caso di specie, si rendeva applicabile solo quello della normale
tollerabilità, non potendo soccorrere, in considerazione della natura ricreativa
dell'attività svolta dalla parte convenuta, quello del contemperamento tra
esigenze della proprietà e produttive, mentre il criterio sussidiario e
facoltativo della priorità dell'uso neppure era stato dedotto, e considerato che
agli effetti del superamento del suddetto limite di tollerabilità non poteva
utilizzarsi il criterio tecnico della comparazione con la c. d "rumorosità di
fondo", tenuto conto della discontinuità delle emissioni in questione, rilevava
che l'eccedenza rispetto alla normale tollerabilità era risultata provata dalle
risultanze della prova testimoniale, riferenti in particolare che durante
l'esercizio delle attività sportive nell'abitazione dell'attrice non era
possibile, neppure con le finestre chiuse, l'ascolto della televisione.
"Pur riconoscendo il rilievo sociale dell'attività sportivo – ricreativa
esercitata in una parrocchia"- proseguiva quel giudice – "è argomento di buon
senso che l'utilizzo del campo di calcetto – basket per caratteristiche
ontologiche dell'attività sportiva che ivi si esercita . . . se esercitata nelle
immediate adiacenze dí una proprietà residenziale . . e senza regolamentazione
di orario , arreca disturbo alla proprietà. . "
L'accoglimento dell'appello incidentale veniva giustificato, in considerazione
delle suesposte caratteristiche dell'attività denunciata e privilegiando le
esigenze abitative, sul rilievo che "la regolamentazione del primo giudice
quanto agli orari di utilizzo del campetto non consiste in adeguata tutela della
proprietà"; conseguentemente l'uso del campetto veniva ulteriormente limitato,
"anche tenendo contr, degli orari a suo tempo disposti con regolamento
della parrocchia", nei termini sopra precisati.
Avverso tale sentenza il parroco Gazzetti ha proposto ricorso per cassazione
deducente due motivi.
Resiste la Gazza con controricorso, illustrato con successiva memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso viene dedotta "violazione e falsa applicazione
dell'art. 844 c. c. , in relazione all'art. 2 n. 1 della legge
25 marzo 1985 n. 121 (art. 360 n. 3 c. p. c. ) con omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione circa punti decisivi della
controversia prospettati dalle parti e rilevabili di ufficio (art. 360 n.
5 c. p. c. )
Si lamenta che il Tribunale di Modena non abbia "tenuto conto del carattere
strumentale delle strutture sportive e ricreative parrocchiali in oggetto, del
valore ed interesse sociale della forma di godimento proprietà. . " in
questione, che in "considerazione dei valori costituzionali . . . e riflessi
della socialità, dell'educazione e della libertà religiosa. . ", riconosciute
dalle norme concordatarie , sarebbero stati insuscettibili di "sottostare al
contemperamento delle differenti e diverse ragioni della proprietà. . ", anche
perché non sarebbe stata ex adverso "dedotta lesione di beni
costituzionalmente rilevanti, quali il diritto alla salute ed alla vita di
relazione"; ne deriverebbe la sottrazione della fattispecie alla disciplina di
cui all'art. 844 c. c. , venendo in rilievo "non già le esigenze della
proprietà, ma la piena libertà della Chiesa Cattolica di svolgere "la sua
missione pastorale, educativa e caritativa, di evangelizzazione e
santificazione...", riconosciutale dall'art. 2 nl della L.
121/85 sopra citata.
Tanto premesso, la prima questione che si pone é quella di stabilire, ai fini
dell'ammissibilità del suesposto mezzo di impugnazione, se la tematica proposta
nel suesposto motivo di ricorso, nel quale si sostiene che la controversia
avrebbe dovuto essere risolta prescindendo dalla nonna civile applicata dai
giudici di merito, tenendosi conto solo del dettato concordatario e di quello
costituzionale, che gli attribuirebbe preminenza sulla disciplina privatistica,
non costituisca un motivo nuovo; tanto viene, tra l'altro, eccepito nel
controricorso, evidenziandosi che in entrambi i gradi di merito il Gazzetti si
difese semplicemente sostenendo la tollerabilità delle emissioni, a termini
dell'art. 844 c. c. , sia pure alla stregua di valutazione comparativa degli
opposti interessi, correlata alle rispettive forme di godimento della proprietà,
così comunque convenendo sull'applicabilità della norma civilistica.
L'obiezione, pur evidenziando un mutamento della condotta difensiva da parte
convenuta, non può tuttavia comportare l'inammissibilità del motivo
d'impugnazione, non potendo ritenersi che l'invocata applicazione alla
fattispecie di norme diverse da quelle sulla cui astratta applicabilità non si
erano sollevate eccezioni in sede di merito, abbia comportato l'introduzione nel
processo di vere e proprie questioni nuove, secondo la corrente accezione
giurisprudenziale di legittimità, dalla quale il collegio non ritiene di doversi
discostare.
A configurare tale novità, comportante l'inammissibilità del motivo
d'impugnazione, non è sufficiente il richiamo a norme diverse da quelle
dibattute nei precedenti gradi, ma occorre anche che vi sia stato un
allargamento o mutamento della materia del contendere, comportante modificazione
dell'azione o delle eccezioni (in senso tecnico) già proposte, oppure
implicante, ai fini dell'invocata applicabilità della diversa disciplina
giuridica, accertamenti di merito o valutazione di elementi di fatto nuovi e
diversi, rispetto a quelli già dedotti nelle precedenti sedi (v. , tra le altre,
Cass. sez. 1A n. 5241/03, sez. 3^n. 5375/03, sez. lav. n.
l I792/03, n. 10195/04, sez. . 5^n. 15673/04). Nel caso di specie
l'invocazione della disciplina concordataria, che nel motivo di ricorso si
sostiene comportare la radicale inapplicabilità alla fattispecie di quella
dettata dall'art. 844 c. c. , mentre in sede di merito la preminenza delle
finalità "sociali e pastorali"perseguite dalla Parrocchia era stata addotta solo
quale elemento qualificante il particolare uso della proprietà, ai fini della
valutazione comparativa richiesta dalla norma civile, non sposta i termini
essenziali della questione, risolvendosi nella proposizione di una prospettiva
giuridica diversa sotto la quale esaminare la vicenda, che comunque sarebbe
imposta dal fondamentale principio Tura navi! curia, comportante l'obbligo del
giudice di applicare di ufficio la norma adeguata al caso sottopostogli,
indipendentemente dalle deduzioni delle parti.
Il motivo di ricorso, pur ammissibile alla stregua delle suesposte
considerazioni, è tuttavia manifestamente infondato.
Deve, invero, rilevarsi che il richiamo alla norma concordataria, che
riconosce la piena libertà ed autonomia della Chiesa Cattolica e degli enti
ecclesiastici nel perseguimento della propria "missione pastorale, educativa e
caritativa", è poco conferente nel caso di specie, nel quale la promozione di
attività ricreative e sportive, essenzialmente finalizzate a favorire
l'aggregazione dei giovani presso le strutture parrocchiali, costituisce un
mezzo solo indiretto per la realizzazione delle finalità istituzionali
sopraindicate, svolgendosi in concreto con modalità non dissimili da quelle
connotanti le analoghe attività di altri soggetti, pubblici e privati, operanti
nel mondo dello sport e della ricreazione.
Le limitazioni, derivanti dal diritto comune, allo svolgimento di siffatte
attività, non peculiari della Chiesa cattolica, devono pertanto ritenersi
intrinsecamente inidonee a dar luogo a quelle compressioni della libertà
religiosa e delle connesse alte finalità, che la norma concordataria di cui
all'art. 2 L. 121/85, in ottemperanza al dettato costituzionale, ha inteso
garantire, pur senza comportare, come è stato condivisibilmente affermato dalla
giurisprudenza penale di questa Corte (v. , in particolare, sulla ricorrente
questione, in parte analoga a quella oggetto della presente controversia,
dell'eccedenza nell'uso delle campane oltre i limiti della normale
tollerabilità, agli effetti dell'art. 659 c.p. :Cass. l^pen. n.
3261/94, n. 848/96, n. 2316/98, n. 443/01), la rinuncia da parte
dello Stato italiano alla tutela di beni giuridici primari, anche garantiti
dalla Costituzione (ara. 42 e 32), quali il diritto di proprietà
privata e quello alla salute (la cui tutela anche rientra tra le esigenze
perseguite dalla disciplina dettata dall'art. 844 c. c. ).
Dalle suesposte considerazioni discende che anche la Chiesa cattolica e le sue
istituzioni locali, quando iure privatorum utuntur, come nel caso di
specie in cui è in discussione l'uso di beni di proprietà privata, soggetti ex
art. 831 alle regole del codice civile, in quanto non diversamente disposto
dalle leggi speciali che li riguardano ( ed, in subiecta materia, nessun
privilegio o esenzione il diritto vigente prevede), sono tenuti, al pari degli
altri soggetti giuridici, all'osservanza delle norme di relazione e,
dunque, alle comuni limitazioni all'esercizio del diritto di proprietà, tra le
quali rientrano quelle di cui all'art. 844 c. c.
Con il secondo motivo viene dedotta "violazione e falsa applicazione . . . .
dell'art. 844 c.c, con omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa
punti decisivi della controversia. . . Violazione dell'art. 2697
cod. civ. e dell'art. 116 c. p. c. ", in riferimento al giudizio di
intollerabilità delle emissioni, che sarebbe stato apodittico, ancorato alle
doglianze della sola Gazzetti, unica fra tutti i confinanti, e ad apprezzamenti
soggettivi espressi da testi, anziché basarsi su accertamenti tecnici,
neppur richiesti dalla parte attrice; tale giudizio non avrebbe tenuto
conto del criterio della c. d "rumorosità di fondo", della situazione dei luoghi
e del relativo sistema di vita ed abitudini, avrebbe omesso ogni valutazione
della priorità dell'uso, alla stregua del quale era stata dedotto e provato che
il campetto era stato realizzato da oltre venti anni, in un sito utilizzato, fin
dal medioevo, dalla comunità parrocchiale.
Si lamenta, infine, l'immotivato accoglimento dell'appello incidentale,
comportante, senza spiegarne le effettive ragioni, la drastica riduzione dei
tempi di utilizzo della struttura sportiva. Delle suesposte doglianze solo
l'ultima è fondata.
Il giudizio di intollerabilità delle emissioni, costituendo esercizio di
attività discrezionale di merito rimesso al prudente apprezzamento del giudice,
come costantemente affermato a questa Corte, si sottrae, ove adeguatamente
motivato e rispettoso dei criteri direttivi dettati dalla norma di cui all'art.
844 c.c. , ad ogni censura in sede di legittimità.
Nel caso di specie, come rilevasi dalla narrativa, i giudici di merito
hanno tenuto conto della particolare situazione dei luoghi, caratterizzata dalla
prossimità delle finestre dell'abitazione della Gazza alla struttura sportiva;
tale riscontro, costituente accertamento di fatto incensurabile, evidenzia
l'infondatezza del profilo di censura di aver attribuito rilievo alle sole
doglianze dell'attrice, unica tra tutti i vicini, tenuto conto che agli effetti
dell'applicazione dell'art. 844 c. c. , norma di relazione disciplinante, quale
limitazione legale della proprietà, rapporti di vicinato, non è richiesta (come
invece, ai fini penali, di cui all'art. 659 cp) la c. d "diffusività"
delle emissioni, vale a dire la percepibilità delle stesse da un numero
indeterminato di soggetti, essendo bensì sufficiente l'incompatibilità con l'uso
normale della proprietà da parte di che, per la vicinanza tra gli immobili, vi
si trovi particolarmente esposto.
Né miglior sorte merita la doglianza, attinente ai mezzi di prova utilizzati,
che non necessariamente debbono essere di natura tecnica, non venendo in rilievo
l'osservanza dei precisi limiti alle emissioni acustiche prescritti dalle leggi
speciali (in particolare, dalla L. 477/95 sul c. d "inquinamento acustico"), la
cui finalità è quella di garantire il rispetto di livelli minimi di
accettabilità in funzione della tutela di interessi collettivi (v. , tra le
altre, Cass. 2^ n. 6223/02, n. 1151/03 ) e non anche di regolare rapporti
di vicinato.
Nell'ambito di questi ultimi, segnatamente in particolari situazioni,
come quella nella specie descritta, attinente ad emissioni rumorose
discontinue, difficilmente verificabili e riproducibili, per la loro
spontaneità, sul piano sperimentale, non appare censurabile il
ricorso alla prova testimoniale, e non anche alla consulenza tecnica (la
cui adozione costituisce tipico esercizio di facoltà discrezionale di merito),
quale fonte conoscitiva dei fatti denunciati dall'attrice, oltre che alle
nozioni di comune esperienza, quale criterio integrativo ex art. 115 co. 2 c. p.
c. , di valutazione dell'attendibilità del contenuto delle testimonianze;
tale utilizzazione, in quanto attinente a fatti caduti sotto la diretta
percezione sensoriale dei deponenti (in particolare il clamore esterno
proveniente dal campetto, riferito abitualmente superante, anche con le
finestre chiuse, il volume del televisore in funzione in casa della Gazza) non
può ritenersi espressione di meri giudizi valutativi, vietati ai testi, avendo
ad oggetto circostanze di fatto, l'esposizione delle quali
necessariamente implicava quella delle sensazioni fisiche che ne avevano
determinato l'apprendimento (sull'ammissibilità di siffatte testimonianze e
l'inscindibilità del relativo contenuto, rimesso alla prudente valutazione del
giudice, v. , tra le altre, Cass. sez. 2^ n. 4511 /95, n. 3509/99,
sez. 3^n. 2270/98, n. 1937/03, sez. lav. . n. 5/01).
Le rimanenti doglianze si risolvono in palesi censure di merito:così quelle
relativi alla mancata considerazione della c. d "rumorosità di fondo",
parametro di corrente uso giurisprudenziale, sulla cui mancata adozione
nella particolare fattispecie il giudice di appello ha reso adeguata
motivazione, ed al preuso, costituente, ai sensi del secondo comma,
ultima parte, dell'art. 844 c. c. e per costante giurisprudenza, un
criterio meramente sussidiario e facoltativo (v. , tra le altre, Cass. 2A n.
161/96 e , tra le più recenti, n. 17281 del 25. 8. 05), al quale nella
specie i giudici di merito non hanno ritenuto necessario far ricorso, essendo
stata sufficiente la ponderata valutazione delle opposte esigenze in conflitto,
nell'ambito della quale, pur tenendosi conto delle finalità socialmente
meritevoli caratterizzanti la destinazione della struttura parrocchiale (il cui
uso non è stato del tutto inibito), si è tuttavia attribuito preminenza alle
primarie ed insopprimibili esigenze di vita quotidiana connotanti l'uso
abitativo del confinante immobile, che da un indiscriminato esercizio
delle attività ricreative e sportive sarebbero state seriamente pregiudicate.
Fondato è, invece, l'ultimo profilo di censura, considerato che, a fronte
dell'articolata ed equilibrata regolamentazione dell'uso della struttura
sportiva, che nell'ambito di una ponderata valutazione, aveva tenuto conto, nel
particolare contesto socio-ambientale, delle esigenze in conflitto e del diverso
atteggiarsi delle stesse, in relazione ai diversi periodi dell'anno ed allo
svolgimento di periodiche manifestazioni sportive di limitata durata, risulta
praticamente immotivato 1'accoglimento, da parte del giudice di secondo grado,
dell'appello incidentale, che ha portato a ridurre a due ore giornaliere detto
uso.
La giustificazione al riguardo adottata dal giudice di appello, testualmente
riportata in narrativa, si risolve in una mera e tautologica formula
astratta, che non rende adeguato conto delle ragioni inducenti alla drastica
riduzione, tali non potendo rinvenirsi nell'operato mero richiamo alla, pur
indiscutibile, preminenza delle esigenze abitative rispetto a quelle
ricreative e sportive.
Nel dare un, sia pur limitato e subordinato, spazio anche a queste ultime, è
mancata ogni concreta valutazione di, ormai diffusi, abitudini di vita e
comportamenti sociali, nell'ambito dei quali lo svolgimento delle suddette
attività, prevalentemente praticate all'aria aperta, è notoriamente più
intenso durante le stagioni caratterizzate da più ore di luce e da clima
favorevole; e da tali esigenze e costumi di vita, nel contesto
dell'apprezzamento discrezionale di cui all'art. 844 c. c. ,
conducente alla determinazione del limite della tollerabilità, quest'ultimo non
può essere dal giudice di merito individuato in termini assolutamente anelastici,
del tutto avulsi dalla considerazione delle suesposte componenti, che assumono
rilievo quali elementi intrinsecamente connotanti la liceità delle forme di
godimento della proprietà, da valutarsi sullo sfondo del particolare
contesto ambientale e sociale nel quale le opposte esigenze vengono in rilievo.
La sentenza impugnata va, conclusivamente, cassata limitatamente a tale punto,
con rinvio al Tribunale di provenienza, in persona di diverso magistrato, che
deciderà al riguardo sul gravame, attenendosi ai criteri direttivi sopra
indicati, regolando all'esito anche le spese del giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie per quanto di ragione il
secondo, cassa la sentenza impugnata limitatamente alle censure accolte e
rinvia, anche per il regolamento delle spese del presente giudizio, al Tribunale
di Modena, in persona di diverso magistrato.
Così deciso in Roma il 15 dicembre 2005.
1) Inquinamento acustico -
Immissioni sonore - Beni di proprieta' degli enti ecclesiastici - Limitazioni
legali della proprietà - Soggezione alla disciplina di diritto comune - Art.
844 c.c. - Art. 659 c.p.. Anche i beni di proprietà degli enti
ecclesiastici sono tenuti al rispetto delle norme che limitano il diritto di
proprietà, regolando esse i rapporti tra cittadini senza comprimere in
alcun modo la libertà religiosa (nel caso di specie è stata ritenuta applicabile
la disciplina dettata dall’art. 844 c.c. alle immissioni sonore
provocate dalle attività sportive praticate nel campo giochi di una parrocchia).
Presidente M. Spadone, Relatore L. Piccialli. CORTE
DI CASSAZIONE Sezione Seconda Civile, del 31 gennaio 2006 Sentenza n.
2166
2) Inquinamento Acustico – Immissioni - Rumori provocati da attività sportive
praticate all’aperto - Limitazioni legali della proprietà – Principi di
valutazione. In tema di immissioni (nella specie, rumori
provocati da attività sportive praticate all’aperto) il contemperamento delle
esigenze della proprietà con quelle ricreative e sportive deve essere effettuato
in concreto, tenendo conto anche delle abitudini di vita, dei
costumi sociali e della maggiore possibilità di praticare lo sport all’aperto
per un numero consistente di ore durante le stagioni caratterizzate da un
maggior numero di ore di luce e da un clima più mite. Presidente M.
Spadone, Relatore L. Piccialli. CORTE DI CASSAZIONE Sezione
Seconda Civile, del 31 gennaio 2006 Sentenza n. 2166
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