Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
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T.A.R. TOSCANA, Sez. I - 3 Ottobre 2005, Sentenza n. 4572
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
PER LA TOSCANA - I^ SEZIONE -
ha pronunciato la seguente:
N. 4572 REG. SENT.
ANNO 2005
n. 395 Reg. Ric.
Anno 2005
S E N T E N Z A
sul ricorso n. 395/2005 proposto da:
SOC. TIM - TELECOM ITALIA MOBILE S.P.A. 
rappresentato e difeso da:
MORBIDELLI GIUSEPPE 
con domicilio eletto in FIRENZE 
VIA LAMARMORA 14 
presso
MORBIDELLI GIUSEPPE 
contro
COMUNE DI PISTOIA 
rappresentato e difeso da:
PAPA VITO 
PACI FEDERICA MARIA C. 
VITALE DARIA 
con domicilio eletto in FIRENZE 
VIA DEI RONDINELLI N. 2 
presso
STUDIO LEGALE LESSONA 
per l’annullamento
della deliberazione del C.C. del Comune di Pistoia n.214 del 20 dicembre 2004, 
che ha approvato il “regolamento comunale per la localizzazione, installazione e 
l’esercizio degli impianti di telecomunicazione per telefonia cellulare” ai 
sensi dell’art.8, c.6°, legge 22.2.2001 n.36. 
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’ atto di costituzione in giudizio della parte intimata;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Designato relatore, alla pubblica udienza del 21 giugno 2005, il Consigliere 
dott. ssa Giacinta Del Guzzo;
Uditi, altresì, per le parti l’avv. D.M.Traina delegato da G.Morbidelli e l’avv. 
V.Papa;
Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
F A T T O
La Società Telecom Italia Mobile ( TIM ) s.p.a, esercente di attività di 
telecomunicazione e di telefonia mobile in ambito nazionale, espone di essere 
assegnataria di licenza individuale per il servizio di comunicazioni mobili UMTS 
e di avere precisi obblighi di copertura del territorio nazionale.
La tecnologia UMTS, studiata per la trasmissione non più delle sole voci, ma 
anche delle immagini a colori in movimento, imporrebbe l’installazione sul 
territorio di un numero maggiore di Stazioni Radio Base ( SRB ) rispetto alla 
tecnologia GSM, stazioni che dovrebbero essere ubicate a distanza ravvicinata 
sul territorio dove deve essere garantito il servizio.
Il Comune di Pistoia, che, in data 20 dicembre 2004, ha approvato con 
l’impugnata delibera il “Regolamento comunale per la localizzazione, 
installazione e l’esercizio degli impianti di telecomunicazione per telefonia 
cellulare”, a cui è allegato “l’elenco definitivo dei siti riportati nel piano e 
definiti idonei per la localizzazione degli impianti”, non avrebbe tenuto conto 
delle cennate esigenze di copertura della rete e, quanto ad attività 
istruttoria, si sarebbe limitato a prendere atto “ delle valutazioni 
dell’ufficio proponente, in relazione ai pareri rilasciati dalle circoscrizioni 
comunali”.
L’impugnazione della società TIM poggia sui seguenti motivi di diritto:
I) Violazione e/o falsa applicazione della L. n. 36/2001, del D. Lgs. n. 
259/2003.
Eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza, carenza di istruttoria, 
travisamento, sviamento, difetto di motivazione. 
Il Regolamento impugnato sarebbe illegittimo sotto più profili sia di carattere 
generale che specifico.
Le finalità elencate nell’art. 2 del Regolamento ( tutela ambientale, 
paesaggistica e della salute ) non rientrerebbero nelle attribuzioni comunali 
previste dalla L. n. 36/2001.
Sarebbe, in particolare, illegittimo l’art. 4, che espressamente stabilisce che 
gli impianti non possano essere localizzati in aree diverse da quelle 
specificamente a ciò destinate, salvo un generico riferimento ad una possibile 
installazione in deroga. 
Sarebbe, poi, frutto di sviamento il favor per la localizzazione degli impianti 
in aree pubbliche o di proprietà di società partecipate dagli enti locali.
L’illegittimità sarebbe, anche, da individuare nell’assenza di partecipazione da 
parte delle imprese del settore in contrasto con il principio del giusto 
procedimento e con quanto stabilisce l’art. 4, comma 3, del D.Lgs. n. 259/2003.
La potestà regolamentare comunale non potrebbe spingersi fino ad imporre 
previsioni di ordine urbanistico di fatto ostative alla localizzazione di nuovi 
impianti. Sarebbe inibito al Comune di fissare regole per la localizzazione 
degli impianti e, comunque, di procedere a localizzazioni puntuali con l’effetto 
di escludere ogni sorta di localizzazione.
Nella specie, vi sarebbe stata violazione del giusto procedimento: non vi 
sarebbe stata, infatti, alcuna forma di pubblicità e sarebbe stato trascurato 
ogni apporto conoscitivo e collaborativo proveniente da parte degli operatori di 
telefonia mobile.
L’art. 5, che individua tre tipi di aree, sarebbe parimenti illegittimo.
Nella prima tipologia è prescritta una particolare cautela per l’installazione 
degli impianti (aree di interesse storico-architettonico e di interesse 
paesaggistico- ambientale). Nella seconda ( aree comprese nel perimetro di 
cinquanta metri di distanza da asili, scuole, ospedali, case di cura, aree verdi 
attrezzate, aree destinate all’infanzia) l’installazione degli impianti è 
vietata. Nel terzo tipo di area (area interna alla terza cerchia muraria urbana) 
l’installazione è egualmente vietata.
Le scelte preclusive sarebbero del tutto immotivate ed esulerebbero dalle 
competenze urbanistico-edilizie, di decoro o protezione del territorio. 
A sostegno delle scelte operate non sarebbe neppure invocabile il principio 
della minimizzazione dell’esposizione della popolazione all’esposizione ai campi 
elettromagnetici. 
L’illegittimità dell’art. 5 sarebbe rafforzata dalle previsioni dell’art. 6 
anch’esse illegittime, in quanto ostative o preclusive all’installazione degli 
impianti in violazione della normativa di settore.
Detta norma prevede che, qualora gli impianti ricadano nelle aree di particolare 
cautela e causino un impatto visivo, debbano essere ricollocati in altri siti 
idonei a giudizio dell’Amministrazione. L’obbligo di ricollocazione è previsto 
anche per gli impianti esistenti e per quelli che, pur installati ai sensi del 
Regolamento, si vengano a trovare in contrasto con sopravvenuti strumenti 
urbanistici.
L’art. 7, in combinato con gli artt. 2 e 6, comma 6, favorisce la realizzazione 
degli impianti in aree di proprietà pubblica , mentre la scelta di realizzare 
l’impianto su aree private o pubbliche non può che spettare al gestore.
Illegittimo sarebbe anche l’art. 8 (che prevede che il Comune curi il catasto 
comunale degli impianti) per contrasto con l’art. 5 della L. reg. n. 54/2000, 
che ha istituito il catasto regionale degli impianti presso l’ARPAT. La norma 
comunale imporrebbe una prestazione non solo non prevista dalla legge, ma 
addirittura in contrasto con essa.
Anche l’art. 9 sarebbe illegittimo, in quanto, da un lato, ribadisce la priorità 
dell’installazione su siti di proprietà pubblica, dall’altro, impone al gestore 
di presentare una “relazione descrittiva che evidenzi le motivazioni, le 
finalità, le alternative di localizzazione nonché gli interventi alternativi 
ipotizzabili” e ciò senza che una norma primaria imponga tale onere.
L’art. 11 sarebbe illegittimo perché prevede, per l’installazione di nuovi 
impianti e le modifiche di quelli esistenti- con esclusione delle sole modifiche 
radioelettriche- il rilascio della concessione edilizia da parte del dirigente 
del servizio urbanistica “sulla base del programma annuale delle installazioni 
fisse e nel rispetto delle norme” di cui al Regolamento. Il provvedimento 
concessorio “è comprensivo del titolo abilitativo da rilasciare ai sensi del d. 
lgs. 259/2003”. Alla DIA sono soggetti gli interventi, che non prevedono 
modifiche radioelettriche, che non comportino variazioni di sagoma nonché quelli 
di sostituzione di parti degli impianti con materiali di uguali caratteristiche.
I successivi artt. 12 e 13 regolano il procedimento autorizzatorio.
Le cennate disposizioni sarebbero illegittime per violazione dell’art. 87 del D. 
Lgs. n. 259/2003, che prevede la necessità di un’unica autorizzazione e, cioè, 
quella disciplinata dalla norma stessa.
Sarebbero anche illegittimi l’ art. 17 (che stabilisce che i gestori devono 
sostenere un onere finanziario per il controllo ed il monitoraggio degli 
impianti) e l’art. 18 (che prevede una serie di sanzioni), detta materia è 
coperta da riserva di legge, cosicché sarebbero illegittime tutte le sanzioni 
non coerenti con la L. reg. n. 54/2000.
II) Ulteriore violazione e/o falsa applicazione del D. Lgs. n. 259/2003.
Eccesso di potere per illogicità, sviamento di potere.
Il Regolamento impugnato sarebbe illegittimo perché si porrebbe in evidente 
contrasto con l’esigenza di copertura del territorio.
La TIM avrebbe, infatti, la necessità di installare almeno 15 impianti a fronte 
dei 6/7 previsti dal piano di localizzazione approvato.
La ricorrente conclude per l’accoglimento delle proprie ragioni.
L’istanza cautelare proposta in uno al ricorso è stata rinviata al merito nella 
Camera di consiglio tenuta il 20 aprile 2005.
Il Comune di Pistoia, costituitosi in giudizio, ha depositato memorie e 
documenti.
Alla pubblica Udienza tenuta il 21 giugno 2005 la causa è passata in decisione.
DIRITTO
Il ricorso all’esame è rivolto contro la delibera n. 214 del 20.12.2004, con la 
quale il Consiglio comunale di Pistoia ha approvato il testo definitivo del 
“Regolamento comunale per la localizzazione, installazione e l’esercizio degli 
impianti di telecomunicazione per telefonia cellulare” e l’elenco dei siti 
definiti idonei per la localizzazione degli impianti stessi (allegato 1 al 
Regolamento).
Nella delibera il Consiglio comunale ha precisato (punto 5) che, “per quanto 
concerne il sito denominato “Zona sportiva PT 081 PT” si dovrà provvedere a 
localizzare gli eventuali impianti ad una distanza di ml. 50 dal verde 
attrezzato e dai campi sportivi” e stabilito (punto 6) “che non sarà consentita 
la realizzazione di stazioni radio base per la telefonia cellulare al di fuori 
delle aree elencate nell’allegato 1 al Regolamento e comunque al di fuori dei 
siti individuati nell’aggiornamento del Piano previsto su base annuale.
Il Regolamento, secondo quanto enunciato all’art. 1, comma 1, è stato adottato 
“ai sensi dell’art. 8, comma 6, della “Legge quadro sulla protezione dalle 
esposizioni a campi elettrici, magnetici e elettromagnetici” 22 febbraio 2001 n. 
36, allo scopo di dare attuazione ai principi contenuti nella legge citata, nel 
D.M. n. 381/98 “Regolamento recante norme per la determinazione dei tetti di 
radiofrequenze compatibili con la salute umana” per quanto ancora applicabile e 
nel D.P.C.M. dell’8 luglio 2003 “Fissazione dei limiti di esposizione, dei 
valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della 
popolazione dalle esposizioni ai campi elettromagnetici generati dalle frequenze 
comprese tra 100 KHz e 300 GHz.”
Al comma 2 viene precisato che il Regolamento si applica a tutti gli impianti, 
“da realizzare o in corso di realizzazione o già esistenti sull’intero 
territorio comunale.”
Le finalità del Regolamento, esposte all’art. 2 di quest’ultimo, sono le 
seguenti:
tutelare la salute umana, l’ambiente, il paesaggio come beni primari e, nel 
rispetto dei principi costituzionali, dettare norme per:
“- minimizzare l’impatto urbanistico, paesaggistico ed ambientale delle nuove 
installazioni mediante l’individuazione di aree idonee per la localizzazione dei 
nuovi impianti;
- favorire la ricollocazione di quelli esistenti qualora in contrasto con i 
valori paesaggistici ed ambientali;
- razionalizzare le installazioni sul territorio, privilegiando la realizzazione 
di strutture condivise da più gestori e l’utilizzo di supporti già esistenti 
quali le torri per la pubblica illuminazione ovvero altri elementi emergenti del 
territorio;
- favorire la realizzazione, ove possibile e nel rispetto dei principi di cui 
agli altri punti del presente regolamento, degli impianti in aree di proprietà 
pubblica o di società partecipate da enti locali;
- migliorare la tutela igienico-sanitaria della popolazione minimizzandone 
l’esposizione ai campi elettromagnetici ;
- verificare la corrispondenza delle emissioni effettive rispetto a quelle 
dichiarate, attraverso sistemi di rilevamento per il monitoraggio in continuo 
dei campi elettromagnetici generati dagli impianti (o almeno da alcuni di essi) 
allo scopo di contenere l’inquinamento ambientale derivante dalle emissioni 
elettromagnetiche degli impianti e verificare il conseguimento, nel loro 
esercizio, degli obiettivi di qualità fissati dalle attuali norme;
- garantire comunque le esigenze di copertura del servizio di telefonia 
attraverso la preventiva valutazione delle esigenze dei singoli gestori e 
l’aggiornamento annuale del piano dei siti.”
Tanto premesso, prima di passare al merito delle censure proposte, il Collegio 
ritiene utili talune considerazioni alla luce del quadro normativo della materia 
e dei principi affermati in giurisprudenza con riguardo alle questioni che qui 
interessano.
Innanzi tutto, va posto in rilievo come la L. quadro n. 36/2001 menzioni 
espressamente l’applicazione del “principio di precauzione”, tra le finalità 
della legge stessa (art.1,comma primo,punto b, “promuovere la ricerca 
scientifica per la valutazione degli effetti a lungo termine e attivare misure 
di cautela in applicazione del principio di precauzione di cui all’art. 174, 
paragrafo 2, del trattato istitutivo dell’Unione Europea”).
Orbene, se,da un canto, deve prendersi , in ogni caso , atto dell’importanza sul 
piano generale derivante dall’introduzione nell’ordinamento giuridico del 
principio di precauzione; dall’altro, è evidente come nell’applicazione di tale 
principio - unitamente alla promozione dell’innovazione tecnologica e delle 
azioni di risanamento volte a minimizzare l’intensità e gli effetti dei campi 
elettrici, magnetici ed elettromagnetici - il legislatore abbia individuato i 
mezzi e gli strumenti per il perseguimento della tutela della salute umana, 
dell’ambiente e del paesaggio (finalità primarie del complesso normativo recato 
dalla L. quadro) nonchè gli Enti competenti a disciplinare i singoli ambiti di 
tutela. 
La considerazione che precede si collega a quanto disposto nell’art. 8 della L. 
quadro, ove si precisano le competenze attribuite, nella materia, alle Regioni, 
alle Province ed ai Comuni.
Con specifico riguardo alle competenze comunali (questione involta dal ricorso 
all’esame) il Collegio (confortato da altre pronunce di giudici amministrativi) 
ritiene che la potestà regolamentare (attribuita dal legislatore con la formula 
“I comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto 
insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare 
l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici”) configuri una 
particolare competenza, che è distinta dalla (e si aggiunge alla) competenza 
urbanistica ed edilizia propria di tali Enti locali (cfr. Cons. Stato, VI Sez., 
n. 3095/2002 e n. 4391/2003; T.A.R. Toscana, I Sezione, n. 3016/2005). 
Il Comune deve, tuttavia, esercitare tale propria competenza nel rispetto del 
quadro normativo di riferimento. Non può, quindi, adottare misure che prevedano 
limiti generalizzati di esposizione diversi da quelli previsti dallo Stato né 
costituire deroghe presso che generalizzate o quasi a tali limiti, essendo, 
invece, consentita l’individuazione di specifiche e diverse misure, la cui 
idoneità al fine della “minimizzazione” emerga dallo svolgimento di compiuti ed 
approfonditi rilievi istruttori sulla base di risultanze di carattere 
scientifico(cfr. cit. VI Sez. n. 3095/2002 nonché, più recentemente, VI Sez., n. 
450/2005).
Peraltro, l’intervenuta assimilazione delle opere per stazioni radio base alle 
opere di urbanizzazione primaria (art. 86, comma 3, del D. Lgs. n.259/2003) non 
preclude al Comune, nell’esercizio del potere di pianificazione urbanistica, la 
localizzabilità di dette opere in determinati ambiti del territorio, sempre che 
sia, in tal modo, assicurato l’interesse di rilievo nazionale ad una capillare 
distribuzione del servizio (cfr., in termini, Cons. Stato, IV Sez., Ordinanza 
6.4.2004 n. 1612).
La giurisprudenza ( richiamando le sentenze costituzionali n. 307 e n. 324 del 
2003) ha , ancora, osservato come l’evoluzione normativa sul tema non abbia 
messo in discussione il potere del Comune di disciplinare la localizzazione 
delle infrastrutture di telecomunicazione nell’ambito del proprio territorio, 
purchè, ovviamente, tale disciplina non si risolva in un impedimento che renda 
impossibile in concreto, o, comunque, estremamente difficile, la realizzazione 
di una rete completa di infrastrutture di telecomunicazioni ed ha sottolineato 
come il regime giuridico di tali infrastrutture non sia completamente identico a 
quello delle opere di urbanizzazione primaria, la cui localizzazione deve 
rispondere alla soddisfazione di esigenze proprie dell’insediamento abitativo, 
in quanto, viceversa, il criterio di localizzazione delle infrastrutture di 
telecomunicazione deve essere finalizzato a consentire la realizzazione della 
rete in modo tale che questa assicuri la copertura del servizio pubblico 
sull’intero territorio comunale, nel rispetto delle esigenze di pianificazione 
nazionale degli impianti (cfr., in termini, Cons. Stato, VI Sez., n. 3193/2004).
La giurisprudenza si è espressa, anche, in ordine alla necessità di un titolo 
edilizio ad hoc per la realizzazione delle stazioni radio base.
In tal senso è stato richiamato (cfr. cit. decisione VI Sez. n. 3193/2004) il 
costante orientamento secondo il quale l’installazione di un’antenna, visibile 
dai luoghi circostanti, comporta alterazione del territorio avente rilievo 
ambientale ed estetico, sicchè, ai sensi dell’art. 1 della L. 28.1.1977 n. 10, 
essa è soggetta al rilascio della concessione edilizia ed il recepimento del 
detto principio giurisprudenziale da parte dell’art. 3 del T. U. dell’edilizia 
n. 380/2001, norma che assoggetta al permesso di costruire “l’installazione di 
torri e tralicci per impianti radio-ricetrasmittenti e di ripetitori per i 
servizi di telecomunicazione” in quanto “interventi di nuova costruzione” nonché 
la previsione da parte del Codice delle comunicazioni elettroniche di specifici 
procedimenti di autorizzazione per le infrastrutture di comunicazione (artt. 86 
e 87 del D. Lgs. n. 259/2003).
Né pare contraddire il detto orientamento, dal Collegio condiviso anche sulla 
base della legislazione regionale sul governo del territorio (L. reg. n. 5/1995, 
L. reg n. 1/2005), la decisione della VI Sezione n. 100/2005, che, riconoscendo 
di aderire ad una tesi semplificante, si è pronunciata per l’assorbimento delle 
valutazioni urbanistico-edilizie nel procedimento delineato dall’art.87 del 
Codice. La decisione chiarisce, infatti, che l’assunto poggia, in una 
prospettiva teleologica, su plurimi elementi testuali dai quali è consentito 
desumere che il legislatore delegato si sia attenuto ai criteri della delega 
(art. 41 della L. n.166/2002), che imponevano la previsione di “procedure 
tempestive, non discriminatorie e trasparenti per la concessione del diritto di 
installazione di infrastrutture….” e che tali criteri non sarebbero rispettati 
ove si richiedesse un distinto titolo edilizio da rilasciarsi a seguito di 
separato procedimento.
La citata decisione, quindi, non afferma che l’autorizzazione prevista dall’art. 
87 debba rilasciarsi sulla sola base del controllo del rispetto delle misure di 
protezione della salute ed escluda, pertanto, ogni esplicazione da parte del 
Comune di attività di controllo sull’uso del proprio territorio, bensì che, in 
un unico procedimento, debbono essere vagliati gli aspetti correlati alla tutela 
della salute della popolazione e, nel contempo, l’impatto urbanistico-edilizio 
della progettata infrastruttura.
Evidenziati consistenza e limiti della competenza comunale nella materia, il 
Collegio può passare all’esame delle censure sollevate dalla parte ricorrente.
Fondato (ed assorbente di ogni altra doglianza, costituendo vizio del 
procedimento) risulta il rilievo concernente la mancata partecipazione dei 
gestori interessati alla realizzazione della rete di TLC al procedimento che ha 
condotto alla redazione dell’impugnato regolamento e dell’annesso Piano dei 
siti.
Il Collegio ha già avuto occasione di affermare (cfr. T.A.R. Toscana, I Sezione, 
sentenza n. 3016/2005) la conformità a legge del piano di localizzazione degli 
impianti, che superi la visione “atomistica” tendente a considerare 
singolarmente gli impianti stessi, essendo stato adottato dopo aver sentito e 
vagliato esigenze, proposte ed osservazioni dei gestori interessati.
La necessità di coinvolgere i gestori interessati (soggetti ben individuati) nel 
procedimento di localizzazione degli impianti discende, non solo, dalle 
previsioni e dalla ratio della normativa di settore (art. 9, commi 1 e 2, della 
L. quadro; art. 41, comma 2, della L. n. 166/2002; art. 4, commi 2 e 3, art. 86, 
comma 2, del Codice delle comunicazioni elettroniche) ma discende, anche, dai 
principi generali in tema di partecipazione al procedimento amministrativo dei 
soggetti, nei cui confronti il provvedimento è destinato a produrre effetti, 
introdotti nell’ordinamento dalla L. n. 241/1990 nonchè dai canoni che debbono 
presiedere all’esercizio dell’attività amministrativa, affinché questa si 
conformi all’art. 97 della Costituzione. 
Né potrebbe invocarsi la natura regolamentare dell’atto conclusivo del 
procedimento, atteso che tale atto (a prescindere da quanto potrebbe 
argomentarsi sulla sua natura di atto di governo del territorio e sulle connesse 
forme di pubblicità e di partecipazione, che caratterizzano il procedimento di 
formazione di tale categoria di atti amministrativi), nel concreto, è diretto ad 
indirizzare l’attività industriale di ben individuati soggetti tenuti ad 
apprestare un pubblico servizio sulla base delle licenze loro rilasciate ed in 
conformità agli obblighi assunti in forza delle stesse.
Né vale sostenere (come ha argomentato il Comune a propria difesa sul punto) che 
i gestori non avrebbero formulato proposte al riguardo; che i medesimi gestori 
verrebbero ad incidere sul potere di governo del territorio in ragione delle 
sole esigenze e logiche industriali; che eventuali accordi potranno raggiungersi 
successivamente.
E’, infatti, evidente che, nell’ambito di un corretto confronto, gli interessi 
pubblici (compreso quello all’estensione della rete del servizio TLC) e quelli 
privati dovranno trovare soluzioni atte a soddisfare le esigenze di entrambe le 
parti (pubblica e privata) e che, in ogni caso, le soluzioni finali saranno 
frutto di adeguate istruttorie e di riferimenti tecnici e scientifici e le 
scelte saranno idoneamente motivate, con l’ulteriore conseguenza, di non poco 
conto, di diminuire la conflittualità ed accelerare il perseguimento del 
pubblico interesse.
In conclusione, per le considerazioni sopra esposte, il ricorso viene accolto.
Le spese di giudizio possono compensarsi tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Sezione I^, 
definitivamente pronunziando sul ricorso n. 395/2005, proposto dalla Società TIM 
- Telecom Italia Mobile s.p.a, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’atto 
impugnato.
Compensa le spese di giudizio tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’ Autorità amministrativa.
Cosi’ deciso in Firenze, il 21 giugno 2005, in Camera di Consiglio, con 
l’intervento dei Signori:
Avv. Giovanni Vacirca Presidente
dott.ssa Giacinta del Guzzo consigliere est.
dott. Bernardo Massari consigliere 
F.to Giovanni Vacirca
F.to Giacinta Del Guzzo est.
F.to Mario Uffreduzzi - Direttore della Segreteria
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 3 OTTOBRE 2005
Firenze, lì 3 OTTOBRE 2005
IL DIRETTORE DELLA SEGRETERIA
F.to Mario Uffreduzzi m.p.
1) Inquinamento elettromagnetico - Stazioni radio base - L. 36/2001 - Principio di precauzione - Competenze comunali - Individuazione. Nell’applicazione del principio di precauzione, la L. quadro n. 36/2001 - unitamente alla promozione dell’innovazione tecnologica e delle azioni di risanamento volte a minimizzare l’intensità e gli effetti dei campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici - ha individuato i mezzi e gli strumenti per il perseguimento della tutela della salute umana, dell’ambiente e del paesaggio, nonchè gli Enti competenti a disciplinare i singoli ambiti di tutela (art. 8). Con specifico riguardo alle competenze comunali, la potestà regolamentare di cui all’art 8 configura una particolare competenza, che è distinta dalla (e si aggiunge alla) competenza urbanistica ed edilizia propria di tali Enti locali (cfr. Cons. Stato, VI Sez., n. 3095/2002 e n. 4391/2003; T.A.R. Toscana, I Sezione, n. 3016/2005). Il Comune, dovendo tuttavia esercitare tale propria competenza nel rispetto del quadro normativo di riferimento, non può adottare misure che prevedano limiti generalizzati di esposizione diversi da quelli previsti dallo Stato né costituire deroghe presso che generalizzate o quasi a tali limiti, essendo, invece, consentita l’individuazione di specifiche e diverse misure, la cui idoneità al fine della “minimizzazione” emerga dallo svolgimento di compiuti ed approfonditi rilievi istruttori sulla base di risultanze di carattere scientifico(cfr. cit. VI Sez. n. 3095/2002 nonché, più recentemente, VI Sez., n. 450/2005). Peraltro, l’intervenuta assimilazione delle opere per stazioni radio base alle opere di urbanizzazione primaria (art. 86, comma 3, del D. Lgs. n.259/2003) non preclude al Comune, nell’esercizio del potere di pianificazione urbanistica, la localizzabilità di dette opere in determinati ambiti del territorio, sempre che sia, in tal modo, assicurato l’interesse di rilievo nazionale ad una capillare distribuzione del servizio (cfr., in termini, Cons. Stato, IV Sez., Ordinanza 6.4.2004 n. 1612). Pres. Vacirca, Est. del Guzzo - T. spa (Avv. Morbidelli) c. Comune di Pistoia (Avv.ti Papa, Paci e Vitale) - T.A.R. TOSCANA, Sez. I - 3 Ottobre 2005, n. 4572
2) Inquinamento elettromagnetico - Stazioni radio base - Criterio di localizzazione - Regime giuridico. Il regime giuridico delle infrastrutture per stazioni radio base non è completamente identico a quello delle opere di urbanizzazione primaria, la cui localizzazione deve rispondere alla soddisfazione di esigenze proprie dell’insediamento abitativo, in quanto, viceversa, il criterio di localizzazione delle infrastrutture di telecomunicazione deve essere finalizzato a consentire la realizzazione della rete in modo tale che questa assicuri la copertura del servizio pubblico sull’intero territorio comunale, nel rispetto delle esigenze di pianificazione nazionale degli impianti (cfr., in termini, Cons. Stato, VI Sez., n. 3193/2004). Pres. Vacirca, Est. del Guzzo - T. spa (Avv. Morbidelli) c. Comune di Pistoia (Avv.ti Papa, Paci e Vitale) - T.A.R. TOSCANA, Sez. I - 3 Ottobre 2005, n. 4572
3) Inquinamento elettromagnetico - Impianti di radiocomunicazione - Art. 87 D. Lgs. 259/2003 - Autorizzazione - Natura - Aspetti urbanistici - Vaglio - Deve essere ricompreso nel procedimento autorizzatorio unitario. L’autorizzazione prevista dall’art. 87 del D. Lgs. n. 259/2003 (cfr. la decisione del Cons. Stato, VI Sez., n. 100/2005) non esclude l’esplicazione da parte del Comune di attività di controllo sull’uso del proprio territorio; essa non va infatti rilasciata sulla sola base del controllo del rispetto delle misure di protezione della salute; devono piuttosto essere vagliati, in un unico procedimento, gli aspetti correlati alla tutela della salute della popolazione e, nel contempo, l’impatto urbanistico-edilizio della progettata infrastruttura. Pres. Vacirca, Est. del Guzzo - T. spa (Avv. Morbidelli) c. Comune di Pistoia (Avv.ti Papa, Paci e Vitale) - T.A.R. TOSCANA, Sez. I - 3 Ottobre 2005, n. 4572
4) Inquinamento elettromagnetico - Impianti di radiocomunicazione - Procedimento di localizzazione - coinvolgimento dei gestori interessati - Necessità - Fondamento. La necessità di coinvolgere i gestori interessati (soggetti ben individuati) nel procedimento di localizzazione degli impianti discende, non solo, dalle previsioni e dalla ratio della normativa di settore (art. 9, commi 1 e 2, della L. quadro; art. 41, comma 2, della L. n. 166/2002; art. 4, commi 2 e 3, art. 86, comma 2, del Codice delle comunicazioni elettroniche) ma discende, anche, dai principi generali in tema di partecipazione al procedimento amministrativo dei soggetti, nei cui confronti il provvedimento è destinato a produrre effetti, introdotti nell’ordinamento dalla L. n. 241/1990 nonchè dai canoni che debbono presiedere all’esercizio dell’attività amministrativa, affinché questa si conformi all’art. 97 della Costituzione. Pres. Vacirca, Est. del Guzzo - T. spa (Avv. Morbidelli) c. Comune di Pistoia (Avv.ti Papa, Paci e Vitale) - T.A.R. TOSCANA, Sez. I - 3 Ottobre 2005, n. 4572
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