Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
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CORTE DI GIUSTIZIA - Comunità Europee, - Sentenza 11 novembre 2004, causa C-457/02
CORTE DI GIUSTIZIA
delle Comunità Europee,
Sentenza della Corte (Seconda Sezione) dell' 11 novembre 2004
"Direttive 75/442/CEE e 
91/156/CEE - Nozione di rifiuti - Residui di produzione o di consumo idonei alla 
riutilizzazione - Rottami ferrosi"
Nel procedimento C-457/02,avente ad oggetto una domanda di pronuncia pregiudiziale sottoposta alla Corte, ai sensi dell'art. 234 CE, dal Tribunale penale di Terni con ordinanza 20 novembre 2002, pervenuta in cancelleria il 18 dicembre 2002, nel procedimento penale a carico di: Antonio Niselli,
LA CORTE (Seconda Sezione),
composta dai sigg. C.W.A. Timmermans, presidente di sezione, C. Gulmann e J. 
P. Puissochet (relatore), giudici, 
avvocato generale: sig.ra J. Kokott
cancelliere: sig.ra M. Múgica Arzamendi, amministratore principale 
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all'udienza del 6 maggio 
2004, 
considerate le osservazioni presentate: 
-  per il sig. Niselli, dagli avv.ti L. Mattrella e E. Morigi; 
-  per il governo italiano, dal sig. I.M. Braguglia, in qualità di agente, 
assistito dal sig. M. Fiorilli, avvocato dello Stato; 
-  per il governo austriaco, dal sig. E. Riedl, in qualità di agente; 
-  per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. M. Kostantidinis e 
R. Amorosi, in qualità di agenti, assistiti dall'avv. G. Bambara, 
sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 10 
giugno 2004, 
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale in esame verte sull'interpretazione 
della direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE, relativa ai rifiuti (GU 
L 194, pag. 47), come modificata dalla direttiva del Consiglio 18 marzo 1991, 
91/156/CEE (GU L 78, pag. 32), nonché dalla decisione della Commissione 24 
maggio 1996, 96/350/CE (GU L 135, pag. 32; in prosieguo: la "direttiva 75/442").
2 Tale domanda è stata presentata nel corso di un procedimento penale promosso 
nei confronti del sig. Niselli, imputato del reato consistente nell'aver svolto 
un'attività di gestione di rifiuti senza previa autorizzazione della competente 
autorità.
Contesto normativo
La normativa comunitaria 
3 La direttiva 75/442 mira a ravvicinare le legislazioni nazionali per 
quanto riguarda la gestione dei rifiuti. 
4 L'art. 1, lett. a), primo comma, di tale direttiva definisce il rifiuto come 
"qualsiasi sostanza od oggetto che rientri nelle categorie riportate 
nell'allegato I e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo 
di disfarsi". 
5 L'allegato I della direttiva 75/442, intitolato "Categorie di rifiuti", 
menziona segnatamente, al punto Q 1, i "[r]esidui di produzione o di consumo in 
appresso non specificati", al punto Q 14, i "[p]rodotti di cui il detentore non 
si serve più (ad esempio articoli messi fra gli scarti dall'agricoltura, dalle 
famiglie, dagli uffici, dai negozi, dalle officine, ecc.)" e, al punto Q 16, 
"[q]ualunque sostanza, materia o prodotto che non rientri nelle categorie sopra 
elencate". 
6 L'art. 1, lett. a), secondo comma, della direttiva 75/442 ha affidato alla 
Commissione delle Comunità europee il compito di stabilire "un elenco dei 
rifiuti che rientrano nelle categorie di cui all'allegato I" (in prosieguo: 
l'"elenco dei rifiuti"). Un elenco del genere è oggetto della decisione della 
Commissione 3 maggio 2000, 2000/532/CE, che sostituisce la decisione 94/3/CE che 
istituisce un elenco di rifiuti conformemente all'articolo 1, lettera a), della 
direttiva 75/442/CEE del Consiglio relativa ai rifiuti e la decisione 94/904/CE 
del Consiglio che istituisce un elenco di rifiuti pericolosi ai sensi 
dell'articolo 1, paragrafo 4, della direttiva 91/689/CEE del Consiglio relativa 
ai rifiuti pericolosi (GU L 226, pag. 3). Tale elenco è stato modificato più 
volte e in particolare, da ultimo, dalla decisione del Consiglio 23 luglio 2001, 
2001/573/CE (GU L 203, pag. 18). L'elenco dei rifiuti è entrato in vigore il 1° 
gennaio 2002. Rientrano nel capitolo 17 di tale elenco i "rifiuti delle 
operazioni di costruzione e demolizione (compreso il terreno proveniente da siti 
contaminati)". La voce 17 04 di tale capitolo enumera vari tipi di rifiuti 
metallici. La nota introduttiva all'elenco dei rifiuti precisa che esso è un 
elenco armonizzato che sarà periodicamente rivisto ma che, tuttavia, 
"l'inclusione di un determinato materiale nell'elenco non significa che tale 
materiale sia un rifiuto in ogni circostanza. La classificazione del materiale 
come rifiuto si applica solo se il materiale risponde alla definizione di cui 
all'art. 1, lett. a), della direttiva 75/442/CEE". 
7 L'art. 1, lett. b), della detta direttiva definisce il "produttore" come "la 
persona la cui attività ha prodotto rifiuti ("produttore iniziale") e/o la 
persona che ha effettuato operazioni di pretrattamento, di miscuglio o altre 
operazioni che hanno mutato la natura o la composizione di detti rifiuti".
8 Quanto al "detentore", esso è definito all'art. 1, lett. c), della direttiva 
75/442 come il "produttore dei rifiuti o la persona fisica o giuridica che li 
detiene". 
9 L'art. 1, lett. d), della citata direttiva definisce la "gestione" dei rifiuti 
come "la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti, 
compreso il controllo di queste operazioni nonché il controllo delle discariche 
dopo la loro chiusura". 
10 L'art. 1, lett. e) e f), definisce lo "smaltimento" ed il "ricupero" dei 
rifiuti come tutte le operazioni previste, rispettivamente, nell'allegato II A e 
nell'allegato II B. Tali allegati sono stati adattati al progresso scientifico e 
tecnico con decisione della Commissione 24 maggio 1996, 96/350/CE (GU L 135, 
pag. 32). Tra le operazioni di recupero elencate nell'allegato II B figurano, al 
punto R 4, il "[r]iciclo/recupero dei metalli o dei composti metallici" e, al 
punto R 13, la "[m]essa in riserva di rifiuti per sottoporli a una delle 
operazioni [indicate nel suddetto allegato] (escluso il deposito temporaneo, 
prima della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti)" 
11 L'art. 3, n. 1, lett. b), della direttiva 75/442 dispone, tra l'altro, che 
gli Stati membri adottano le misure appropriate per promuovere il recupero dei 
rifiuti mediante riciclo, reimpiego, riutilizzo e ogni altra azione intesa a 
ottenere materie prime secondarie. 
12 L'art. 4 della medesima direttiva dispone che gli Stati membri adottano le 
misure necessarie per assicurare che i rifiuti siano recuperati o smaltiti senza 
pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che 
potrebbero recare pregiudizio all'ambiente, in particolare senza creare rischi 
per l'acqua, l'aria, il suolo e per la fauna e la flora, e senza danneggiare il 
paesaggio e i siti di particolare interesse. Tale articolo precisa che gli Stati 
membri adottano inoltre le misure necessarie per vietare l'abbandono, lo scarico 
e lo smaltimento incontrollato dei rifiuti. 
13 Gli artt. 9 e 10 della direttiva 75/442 dispongono che tutti gli stabilimenti 
o imprese che effettuano operazioni di smaltimento dei rifiuti o operazioni di 
recupero dei rifiuti devono ottenere l'autorizzazione dell'autorità competente.
14 Una dispensa dall'autorizzazione è tuttavia prevista, a determinate 
condizioni, all'art. 11 della direttiva 75/442. 
La normativa nazionale 
15 La direttiva 75/442 è stata trasposta in diritto italiano con il decreto 
legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, recante attuazione delle direttive 
91/156/CEE, sui rifiuti, 91/689/CEE, sui rifiuti pericolosi, e 94/62/CE, sugli 
imballaggi e sui rifiuti di imballaggio (Supplemento ordinario alla GURI n. 38 
del 15 febbraio 1997), ulteriormente modificato dal decreto legislativo 8 
novembre 1997, n. 389 (GURI n. 261 dell'8 novembre 1997; in prosieguo: il 
"decreto legislativo n. 22/97"). 
16 L'art. 6, n. 1, lett. a), del decreto legislativo n. 22/97 definisce il 
"rifiuto" come "qualsiasi sostanza od oggetto che rientra nelle categorie 
riportate nell'allegato A e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia 
l'obbligo di disfarsi". L'allegato A dello stesso decreto legislativo riprende 
l'elenco delle "categorie di rifiuti" contenuto nell'allegato I della direttiva 
75/442. Peraltro, gli allegati B, C e D del decreto legislativo n. 22/97 
elencano rispettivamente le operazioni di smaltimento e le operazioni di 
recupero dei rifiuti, analogamente a quanto fanno gli allegati II A e II B della 
direttiva 75/442, nonché i rifiuti pericolosi ai sensi dell'art. 1, n. 4, della 
direttiva 91/689. 
17 Per la gestione di taluni tipi di rifiuti, il decreto legislativo n. 22/97 
esige un'autorizzazione amministrativa. In tal caso, il difetto di 
autorizzazione è sanzionato penalmente. 
18 Successivamente all'avvio del procedimento penale oggetto della causa 
principale è stato emanato il decreto legge 8 luglio 2002, n. 138 (GURI n. 158 
dell'8 luglio 2002), convertito in legge 8 agosto 2002, n. 178 (GURI n. 187 del 
10 agosto 2002; in prosieguo: il "decreto legge n. 138/02"). 
19 L'art. 14 di tale decreto legge reca un'"interpretazione autentica" della 
definizione di "rifiuto" ai sensi del decreto legislativo n. 22/97, secondo la 
quale: 
"1. Le parole "si disfi", "abbia deciso" o "abbia l'obbligo di disfarsi" di cui 
all'art. 6, comma 1, lett. a), del decreto legislativo [n. 22/97], e successive 
modificazioni (…), si interpretano come segue: 
a) "si disfi": qualsiasi comportamento attraverso il quale in modo diretto o 
indiretto una sostanza, un materiale o un bene sono avviati o sottoposti ad 
attività di smaltimento o di recupero, secondo gli allegati B e C del decreto 
legislativo [n. 22/97]; 
b) "abbia deciso": la volontà di destinare ad operazioni di smaltimento e di 
recupero, secondo gli allegati B e C del decreto legislativo [n. 22/97], 
sostanze, materiali o beni; 
c) "abbia l'obbligo di disfarsi": l'obbligo di avviare un materiale, una 
sostanza o un bene ad operazioni di recupero o di smaltimento, stabilito da una 
disposizione di legge o da un provvedimento delle pubbliche autorità o imposto 
dalla natura stessa del materiale, della sostanza e del bene o dal fatto che i 
medesimi siano compresi nell'elenco dei rifiuti pericolosi di cui all'allegato D 
del decreto legislativo [n. 22/97]. 
2. Non ricorrono le fattispecie di cui alle lettere b) e c) del comma 1, per 
beni o sostanze e materiali residuali di produzione o di consumo ove sussista 
una delle seguenti condizioni: 
a) se gli stessi possono essere e sono effettivamente e oggettivamente 
riutilizzati nel medesimo o in analogo o diverso ciclo produttivo o di consumo, 
senza subire alcun intervento preventivo di trattamento e senza recare 
pregiudizio all'ambiente; 
b) se gli stessi possono essere e sono effettivamente e oggettivamente 
riutilizzati nel medesimo o in analogo o diverso ciclo produttivo o di consumo, 
dopo aver subito un trattamento preventivo senza che si renda necessaria alcuna 
operazione di recupero tra quelle individuate nell'allegato C del decreto 
legislativo [n. 22/97]". 
I fatti e le questioni pregiudiziali 
20 Il sig. Niselli, legale responsabile della società ILFER SpA, è imputato del 
reato di attività di gestione di rifiuti non autorizzata. Un semirimorchio della 
ILFER SpA era stato infatti sequestrato dai carabinieri perché trasportava 
rottami ferrosi sprovvisto del modulo d'identificazione dei rifiuti previsto dal 
decreto legislativo n. 22/97. Era inoltre emerso che il semirimorchio non era 
iscritto all'albo nazionale delle imprese di gestione dei rifiuti, come previsto 
dallo stesso decreto legislativo. 
21 Secondo una perizia presentata nel corso del procedimento, i materiali posti 
sotto sequestro provenivano dalla demolizione di macchinari e di automezzi o 
dalla raccolta di oggetti di scarto. Essi avevano come caratteristiche comuni la 
matrice ferrosa, sia unica sia in lega con altri metalli, e il fatto di essere 
contaminati in parte da sostanze di natura organica quali vernici, grassi o 
fibre. Essi derivavano da diversi cicli tecnologici, dai quali erano stati 
estromessi perché non più utilizzabili in tali cicli. 
22 Dovendo decidere del seguito del procedimento penale dopo l'entrata in vigore del decreto legge n. 138/02, il Tribunale penale di Terni si interroga in sostanza in merito all'"interpretazione autentica" della nozione di rifiuto fornita dall'art. 14 del decreto legge n. 138/02, che potrebbe essere in contrasto con la direttiva 75/442. Secondo tale interpretazione, i fatti addebitati al sig. Niselli non costituirebbero più reato in quanto i rottami ferrosi posti sotto sequestro erano destinati al riutilizzo e quindi non potrebbero più essere qualificati come rifiuti. Tuttavia, nell'ipotesi in cui tale interpretazione fosse incompatibile con la direttiva 75/442, il procedimento penale dovrebbe proseguire sulla base dell'imputazione formulata.
23 Il Tribunale penale di Terni, pur precisando che la Commissione ha promosso 
contro la Repubblica italiana un procedimento per inadempimento degli obblighi 
ad essa imposti dalla direttiva 75/442, ha deciso di sospendere il giudizio e di 
sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: 
"1. Se è possibile che la nozione di rifiuto dipenda tassativamente dalla 
seguente condizione: che le parole: "si disfi", "abbia deciso" o "abbia 
l'obbligo di disfarsi", recepite in Italia dall'articolo 6, comma 1, lettera a), 
del decreto legislativo [n. 22/97], siano interpretate come segue: 
a) "si disfi": qualsiasi comportamento attraverso il quale in modo diretto o 
indiretto una sostanza, un materiale o un bene sono avviati o sottoposti ad 
attività di smaltimento o di recupero, secondo gli allegati B e C del decreto 
legislativo [n. 22/97]; 
b) "abbia deciso": la volontà di destinare ad operazioni di smaltimento e di 
recupero, secondo gli allegati B e C del decreto legislativo [n. 22/97], 
sostanze, materiali o beni; 
c) "abbia l'obbligo di disfarsi": l'obbligo di avviare un materiale, una 
sostanza o un bene ad operazioni di recupero o di smaltimento, stabilito da una 
disposizione di legge o da un provvedimento delle pubbliche autorità o imposto 
dalla natura stessa del materiale, della sostanza e del bene o dal fatto che i 
medesimi siano compresi nell'elenco dei rifiuti pericolosi di cui all'allegato D 
del decreto legislativo [n. 22/97]; 
2. Se è possibile che tassativamente non ricorre la nozione di rifiuto per beni 
o sostanze e materiali residuali di produzione o di consumo ove sussista una 
delle seguenti condizioni: 
a) se gli stessi possono essere e sono effettivamente e oggettivamente 
riutilizzati nel medesimo o in analogo o diverso ciclo produttivo o di consumo, 
senza subire alcun intervento preventivo di trattamento e senza recare 
pregiudizio all'ambiente; 
b) se gli stessi possono essere e sono effettivamente e oggettivamente 
riutilizzati nel medesimo o in analogo o diverso ciclo produttivo o di consumo, 
dopo aver subito un trattamento preventivo senza che si renda necessaria alcuna 
operazione di recupero tra quelle individuate nell'allegato C del decreto 
legislativo n. 22/97 vigente in Italia (che ha trasposto pedissequamente 
l'allegato II B alla direttiva 91/156/CEE)". 
Sulle questioni pregiudiziali 
Sulla ricevibilità 
24 Il governo italiano sostiene, da un lato, che l'interpretazione del 
diritto comunitario domandata alla Corte è inutile, in quanto le difficoltà 
interpretative evocate dal giudice del rinvio non sono ravvisabili nella 
giurisprudenza italiana. 
25 Il governo italiano afferma, d'altro lato, che le questioni pregiudiziali 
sono irricevibili, in quanto il giudice del rinvio propone in realtà alla Corte 
di pronunciarsi sull'inadempimento contestato alla Repubblica italiana 
nell'ambito del procedimento avviato dalla Commissione e richiamato 
nell'ordinanza di rinvio. 
26 Questi due argomenti vanno disattesi. Spetta esclusivamente al giudice 
nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la 
responsabilità dell'emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce 
delle particolari circostanze di ciascuna causa, sia la necessità di una 
pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza sia 
la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le 
questioni sollevate vertono sull'interpretazione del diritto comunitario, la 
Corte, in via di principio, è tenuta a statuire. La Corte può rifiutare di 
pronunciarsi su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale 
solo qualora risulti manifestamente che l'interpretazione del diritto 
comunitario o l'esame della validità di una norma comunitaria richiesti da tale 
giudice non hanno alcuna relazione con l'effettività o con l'oggetto della causa 
principale oppure qualora il problema sia di natura ipotetica, oppure ancora nel 
caso in cui la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari 
per fornire una soluzione utile alle questioni che le vengono sottoposte (v., in 
particolare, sentenza 13 marzo 2001, causa C 379/98, PreussenElektra, Racc. pag. 
I 2099, punti 38 e 39). 
27 Tale ipotesi, tuttavia, non ricorre nella fattispecie. Da una parte, risulta 
dagli atti che le questioni sottoposte alla Corte hanno un nesso diretto con 
l'oggetto del procedimento pendente dinanzi al Tribunale penale di Terni. 
D'altra parte, il fatto che la Commissione abbia promosso contro la Repubblica 
italiana un procedimento per inadempimento degli obblighi ad essa imposti dalla 
direttiva 75/442 non priva affatto le questioni pregiudiziali del loro oggetto.
 
28 La Commissione, senza mettere in discussione il rinvio alla Corte, afferma dal canto suo nelle osservazioni scritte che il giudice nazionale - nel caso in cui la Corte dichiarasse la non conformità rispetto alla detta direttiva dell'art. 14 del decreto legge n. 138/02, il quale escluderebbe la responsabilità penale dell'interessato - non potrà far riferimento alla direttiva 75/442 per affermare o aggravare la responsabilità penale del sig. Niselli.
29 In proposito, occorre ricordare che una direttiva non può certamente creare, 
di per sé, obblighi a carico di un singolo e non può quindi essere fatta valere 
in quanto tale nei confronti dello stesso (v., in particolare, sentenza 14 
settembre 2000, causa C 343/98, Collino e Chiappero, Racc. pag. I-6659, punto 
20). Analogamente, una direttiva non può avere l'effetto, di per sé e 
indipendentemente da una norma giuridica di uno Stato membro adottata per la sua 
attuazione, di determinare o di aggravare la responsabilità penale di coloro che 
agiscono in violazione delle sue disposizioni (v., segnatamente, sentenze 8 
ottobre 1987, causa 80/86, Kolpinghuis Nijmegen, Racc. pag. 3969, punto 13, e 26 
settembre 1996, causa C 168/95, Arcaro, Racc. pag. I 4705, punto 37). 
30 Tuttavia, nella fattispecie è pacifico che, all'epoca dei fatti che hanno 
dato luogo al procedimento penale a carico del sig. Niselli, tali fatti 
potevano, se del caso, integrare gli estremi di infrazioni sanzionate 
penalmente. Ciò considerato, non vi è motivo di esaminare le conseguenze che 
potrebbero discendere dal principio della legalità delle pene per l'applicazione 
della direttiva 75/442 (v., in tal senso, sentenza 25 giugno 1997, cause riunite 
C 304/94, C 330/94, C 342/94 e C 224/95, Tombesi e a., Racc. pag. I 3561, punto 
43). 
31 La domanda di pronuncia pregiudiziale è pertanto ricevibile. 
Nel merito 
Sulla prima questione 
32 Con la prima questione, il giudice del rinvio domanda in sostanza se i 
termini "si disfi", "abbia deciso" o "abbia l'obbligo di disfarsi", utilizzati 
dall'art. 1 lett. a), primo comma, della direttiva 75/442, ricomprendano 
tassativamente i casi in cui, rispettivamente, in modo diretto o indiretto, il 
detentore di una sostanza o di un materiale lo destini o lo sottoponga a 
un'operazione di smaltimento o di recupero prevista dagli allegati II A e II B 
della stessa direttiva, mediante rinvio alla legislazione italiana, oppure abbia 
la volontà o l'obbligo di farlo in forza di una legge, di un provvedimento delle 
pubbliche autorità o in ragione della natura stessa della sostanza o del 
materiale di cui trattasi, oppure in ragione del fatto che i medesimi rientrano 
nell'elenco dei rifiuti pericolosi. 
33 L'ambito di applicazione della nozione di rifiuto dipende dal significato del 
verbo "disfarsi". Esso deve essere interpretato alla luce della finalità della 
direttiva 75/442, che, ai sensi del suo terzo 'considerando', è la tutela della 
salute umana e dell'ambiente contro gli effetti nocivi della raccolta, del 
trasporto, del trattamento, dell'ammasso e del deposito dei rifiuti, ma anche 
alla luce dell'art. 174, n. 2, CE, secondo il quale la politica della Comunità 
in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela ed è fondata in 
particolare sui principi della precauzione e dell'azione preventiva (v., in 
particolare, sentenza 18 aprile 2002, causa C 9/00, Palin Granit e Vehmassalon 
kansanterveystyön kuntayhtymän hallitus, Racc. pag. I 3533; in prosieguo: la 
"sentenza Palin Granit", punti 22 e 23). 
34 Tuttavia, la direttiva 75/442 non suggerisce alcun criterio determinante per 
individuare la volontà del detentore di disfarsi di una determinata sostanza o 
di un determinato materiale. In mancanza di disposizioni comunitarie, gli Stati 
membri sono liberi di scegliere le modalità di prova dei diversi elementi 
definiti nelle direttive da essi trasposte, purché ciò non pregiudichi 
l'efficacia del diritto comunitario (v., in particolare, sentenza 15 giugno 
2000, cause riunite C 418/97 e C 419/97, ARCO Chemie Nederland e a., Racc. pag. 
I 4475, punto 41). 
35 Stando all'interpretazione della nozione di rifiuto esposta dal giudice del 
rinvio, la destinazione ad operazioni di smaltimento e di recupero di una 
sostanza o di un materiale è considerata la manifestazione dell'atto, 
dell'intento o dell'obbligo di "disfarsene" ai sensi dell'art. 1, lett. a), 
primo comma, della direttiva 75/442. 
36 Orbene, allorché definisce l'azione di disfarsi di una sostanza o di un 
materiale soltanto a partire dall'esecuzione di un'operazione di smaltimento o 
di recupero menzionata agli allegati II A e II B della direttiva 75/442, tale 
interpretazione subordina la qualifica come rifiuto ad un'operazione che, a sua 
volta, può essere qualificata come smaltimento o recupero solo ove applicata ad 
un rifiuto. Quest'interpretazione non contribuisce pertanto minimamente a 
precisare la nozione di rifiuto. 
37 In proposito, occorre ricordare che dal fatto che su una sostanza venga 
eseguita un'operazione menzionata negli allegati II A o II B della direttiva 
75/442 non discende necessariamente che l'operazione consista nel disfarsene e 
che quindi tale sostanza vada considerata rifiuto (sentenza Palin Granit cit., 
punto 27). In effetti, se l'interpretazione di cui trattasi fosse applicata nel 
senso che ogni sostanza o materiale oggetto di uno dei tipi di operazioni 
menzionati agli allegati II A e II B della direttiva 75/442 deve essere 
qualificato come rifiuto, essa condurrebbe a qualificare come tali sostanze o 
materiali che non lo sono ai sensi della detta direttiva. Ad esempio, stando a 
questa interpretazione, della nafta utilizzata come combustibile costituirebbe 
sempre un rifiuto, in quanto sarebbe soggetta, al momento della combustione, 
all'operazione rientrante nella categoria R 1 dell'allegato II B alla direttiva 
75/442. 
38 Ma soprattutto, qualora l'interpretazione esposta dal giudice a quo fosse 
applicata nel senso che una sostanza o un materiale di cui ci si disfi in un 
modo diverso da quelli menzionati negli allegati II A e II B alla direttiva 
75/442 non costituisce un rifiuto, essa restringerebbe anche la nozione di 
rifiuto quale risulta dall'art. 1, lett. a), primo comma, della detta direttiva. 
Infatti, una sostanza o un materiale non soggetto a obbligo di smaltimento o di 
recupero e di cui il detentore si disfi mediante semplice abbandono, senza 
sottoporlo ad un'operazione del genere, non verrebbe qualificato come rifiuto, 
mentre lo sarebbe ai sensi della direttiva 75/442. 
39 Il fatto che l'abbandono di un rifiuto non possa essere considerato una 
modalità di smaltimento dello stesso risulta in particolare dall'art. 4, secondo 
comma, della direttiva 75/442, ai sensi del quale "gli Stati membri adottano […] 
le misure necessarie per vietare l'abbandono, lo scarico e lo smaltimento 
incontrollato dei rifiuti". Questa disposizione ben distingue l'abbandono dallo 
smaltimento. Ne deriva che l'abbandono e lo smaltimento di un materiale o di una 
sostanza costituiscono due tra i vari modi di disfarsene ai sensi dell'art. 1, 
primo comma, lett. a), della direttiva 75/442. 
40 La prima questione dev'essere pertanto risolta dichiarando che la definizione 
di rifiuto contenuta nell'art. 1, lett. a), primo comma, della direttiva 75/442 
non può essere interpretata nel senso che essa ricomprenderebbe tassativamente 
le sostanze o i materiali destinati o soggetti alle operazioni di smaltimento o 
di recupero menzionate negli allegati II A e II B della detta direttiva, oppure 
in elenchi equivalenti, o il cui detentore abbia l'intenzione o l'obbligo di 
destinarli a siffatte operazioni. 
Sulla seconda questione 
41 Con la seconda questione, il giudice del rinvio domanda in sostanza se 
possano essere esclusi dalla nozione di rifiuto ai sensi dell'art. 1, lett. a), 
primo comma, della direttiva 75/442 i residui di produzione o di consumo che 
possano essere o siano riutilizzati nel medesimo ciclo produttivo o di consumo, 
oppure in un ciclo analogo o diverso, senza subire alcun trattamento preventivo 
e senza recare pregiudizio all'ambiente, oppure dopo aver subito un trattamento 
preventivo senza che tuttavia si renda necessaria alcuna operazione di recupero 
tra quelle individuate nell'allegato C del decreto legislativo n. 22/97, che ha 
testualmente trasposto in diritto interno l'allegato II B della direttiva 
75/442. 
42 Come sottolinea il governo italiano, l'interpretazione oggetto della seconda 
questione mira ad escludere dalla nozione di rifiuto, a determinate condizioni, 
i residui di produzione o di consumo idonei ad essere riutilizzati. 
43 Come la Corte ha dichiarato, il fatto che una sostanza utilizzata sia un 
residuo di produzione costituisce, in via di principio, un indizio 
dell'esistenza di un'azione, di un'intenzione o di un obbligo di disfarsene ai 
sensi dell'art. 1, lett. a), della direttiva 75/442 (v. sentenza ARCO Chemie 
Nederland e a., cit., punto 84). La stessa valutazione si impone per quanto 
riguarda i residui di consumo. 
44 Può tuttavia ammettersi un'analisi secondo la quale un bene, un materiale o 
una materia prima derivante da un processo di fabbricazione o di estrazione che 
non è principalmente destinato a produrlo può costituire non un residuo, bensì 
un sottoprodotto, del quale l'impresa non ha intenzione di "disfarsi", ai sensi 
dell'art. 1, lett. a), primo comma, della direttiva 75/442, ma che essa intende 
sfruttare o commercializzare a condizioni per lei favorevoli, in un processo 
successivo, senza operare trasformazioni preliminari. Un'analisi del genere non 
contrasta infatti con le finalità della direttiva 75/442 in quanto non vi è 
alcuna giustificazione per assoggettare alle disposizioni di quest'ultima, che 
sono destinate a prevedere lo smaltimento o il recupero dei rifiuti, beni, 
materiali o materie prime che dal punto di vista economico hanno valore di 
prodotti, indipendentemente da qualsiasi trasformazione, e che, in quanto tali, 
sono soggetti alla normativa applicabile a tali prodotti (v. sentenza Palin 
Granit, cit., punti 34 e 35). 
45 Tuttavia, tenuto conto dell'obbligo di interpretare in maniera estensiva la 
nozione di rifiuti, per limitare gli inconvenienti o i danni inerenti alla loro 
natura, il ricorso a tale argomentazione, relativa ai sottoprodotti, dev'essere 
circoscritto alle situazioni in cui il riutilizzo di un bene, di un materiale o 
di una materia prima non sia solo eventuale, ma certo, senza previa 
trasformazione, e avvenga nel corso del processo di produzione (sentenza Palin 
Granit, cit., punto 36). 
46 Oltre al criterio derivante dalla natura o meno di residuo di produzione di 
una sostanza, il grado di probabilità di riutilizzo di tale sostanza, senza 
operazioni di trasformazione preliminare, costituisce quindi un secondo criterio 
utile ai fini di valutare se essa sia o meno un rifiuto ai sensi della direttiva 
75/442. Se, oltre alla mera possibilità di riutilizzare la sostanza, il 
detentore consegue un vantaggio economico nel farlo, la probabilità di tale 
riutilizzo è alta. In un'ipotesi del genere la sostanza in questione non può più 
essere considerata un ingombro di cui il detentore cerchi di "disfarsi", bensì 
un autentico prodotto (sentenza Palin Granit, cit, punto 37). 
47 Risulta da quanto precede che è ammesso, alla luce degli obiettivi della 
direttiva 75/442, qualificare un bene, un materiale o una materia prima 
derivante da un processo di fabbricazione o di estrazione che non è 
principalmente destinato a produrlo non come rifiuto, bensì come sottoprodotto 
di cui il detentore non desidera "disfarsi" ai sensi dell'art. 1, lett. a), 
primo comma, di tale direttiva, a condizione che il suo riutilizzo sia certo, 
senza trasformazione preliminare, e nel corso del processo di produzione (v. 
sentenza 11 settembre 2003, causa C 114/01, AvestaPolarit Chrome, Racc. pag. I 
8725). 
48 Tuttavia, quest'ultima analisi non è valida per quanto riguarda i residui di 
consumo, che non possono essere considerati "sottoprodotti" di un processo di 
fabbricazione o di estrazione idonei ad essere riutilizzati nel corso del 
processo produttivo. 
49 Un'analisi simile non può essere accolta nemmeno per quanto riguarda rifiuti 
del genere che non possono essere qualificati come beni d'occasione riutilizzati 
in maniera certa e comparabile, senza previa trasformazione. 
50 Orbene, secondo l'interpretazione risultante da una disposizione quale l'art. 
14 del decreto legge n. 138/02, affinché un residuo di produzione o di consumo 
sia sottratto alla qualifica come rifiuto sarebbe sufficiente che esso sia o 
possa essere riutilizzato in qualunque ciclo di produzione o di consumo, vuoi in 
assenza di trattamento preventivo e senza arrecare danni all'ambiente, vuoi 
previo trattamento ma senza che occorra tuttavia un'operazione di recupero ai 
sensi dell'allegato II B della direttiva 75/442. 
51 Un'interpretazione del genere si risolve manifestamente nel sottrarre alla 
qualifica come rifiuto residui di produzione o di consumo che invece 
corrispondono alla definizione sancita dall'art. 1, lett. a), primo comma, della 
direttiva 75/442. 
52 In proposito, materiali come quelli oggetto del procedimento principale non 
sono riutilizzati in maniera certa e senza previa trasformazione nel corso di un 
medesimo processo di produzione o di utilizzazione, ma sono sostanze o materiali 
di cui i detentori si sono disfatti. Stando alle spiegazioni del sig. Niselli, i 
materiali in discussione sono stati successivamente sottoposti a cernita ed 
eventualmente a taluni trattamenti, e costituiscono una materia prima secondaria 
destinata alla siderurgia. In un tale contesto essi devono tuttavia conservare 
la qualifica di rifiuti finché non siano effettivamente riciclati in prodotti 
siderurgici, finché cioè non costituiscano i prodotti finiti del processo di 
trasformazione cui sono destinati. Nelle fasi precedenti, essi non possono 
ancora, infatti, essere considerati riciclati, poiché il detto processo di 
trasformazione non è terminato. Viceversa, fatto salvo il caso in cui i prodotti 
ottenuti siano a loro volta abbandonati, il momento in cui i materiali in 
questione perdono la qualifica di rifiuto non può essere fissato ad uno stadio 
industriale o commerciale successivo alla loro trasformazione in prodotti 
siderurgici poiché, a partire da tale momento, essi non possono più essere 
distinti da altri prodotti siderurgici scaturiti da materie prime primarie (v., 
per il caso particolare dei rifiuti di imballaggio riciclati, sentenza 19 giugno 
2003, causa C 444/00, Mayer Parry Recycling, Racc. pag. I 6163, punti 61 75).
53 La seconda questione dev'essere pertanto risolta dichiarando che la nozione 
di rifiuto ai sensi dell'art. 1, lett. a), primo comma, della direttiva 75/442 
non dev'essere interpretata nel senso che essa escluderebbe l'insieme dei 
residui di produzione o di consumo che possono essere o sono riutilizzati in un 
ciclo di produzione o di consumo, vuoi in assenza di trattamento preventivo e 
senza arrecare danni all'ambiente, vuoi previo trattamento ma senza che occorra 
tuttavia un'operazione di recupero ai sensi dell'allegato II B di tale 
direttiva. 
Sulle spese 
54 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento 
costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta 
quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute per presentare osservazioni alla 
Corte, diverse da quelle delle dette parti, non possono dar luogo a rifusione.
 
Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:
1) La definizione di rifiuto contenuta nell'art. 1, lett. a), primo comma, 
della direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE, relativa ai rifiuti, 
come modificata dalla direttiva del Consiglio 18 marzo 1991, 91/156/CEE e dalla 
decisione della Commissione 24 maggio 1996, 96/350/CE, non può essere 
interpretata nel senso che essa ricomprenderebbe tassativamente le sostanze o i 
materiali destinati o soggetti alle operazioni di smaltimento o di recupero 
menzionati negli allegati II A e II B della detta direttiva, oppure in elenchi 
equivalenti, o il cui detentore abbia l'intenzione o l'obbligo di destinarli a 
siffatte operazioni. 
 
2) La nozione di rifiuto ai sensi dell'art. 1, lett. a), primo comma, della 
direttiva 75/442, come modificata dalla direttiva 91/156 e dalla decisione 
96/350, non dev'essere interpretata nel senso che essa escluderebbe l'insieme 
dei residui di produzione o di consumo che possono essere o sono riutilizzati in 
un ciclo di produzione o di consumo, vuoi in assenza di trattamento preventivo e 
senza arrecare danni all'ambiente, vuoi previo trattamento ma senza che occorra 
tuttavia un'operazione di recupero ai sensi dell'allegato II B di tale 
direttiva.
 
1) Rifiuti - Definizione - Dir. 75/442/CEE, art. 1 lett.a) - Intepretazione - Sostanze o materiali destinati o soggetti alle operazioni di smaltimento o recupero menzionati negli allegati IIA e IIB oppure in elenchi equivalenti - Indicazione tassativa - Esclusione. La definizione di rifiuto contenuta nell'art. 1, lett. a), primo comma, della direttiva 75/442 non può essere interpretata nel senso che essa ricomprenderebbe tassativamente le sostanze o i materiali destinati o soggetti alle operazioni di smaltimento o di recupero menzionate negli allegati II A e II B della detta direttiva, oppure in elenchi equivalenti, o il cui detentore abbia l'intenzione o l'obbligo di destinarli a siffatte operazioni. CORTE DI GIUSTIZIA delle Comunità Europee, - Sentenza 11 novembre 2004, causa C-457/02
2) Rifiuti - Definizione - Art. 14 D.L. 138/02 - Residui di produzione o di consumo - Sottrazione alla qualifica di rifiuto - Contrasto con l'art. 1, lett. a), primo comma dir. 75/442/CEE. Secondo l'interpretazione risultante da una disposizione quale l'art. 14 del decreto legge n. 138/02, affinché un residuo di produzione o di consumo sia sottratto alla qualifica come rifiuto sarebbe sufficiente che esso sia o possa essere riutilizzato in qualunque ciclo di produzione o di consumo, vuoi in assenza di trattamento preventivo e senza arrecare danni all'ambiente, vuoi previo trattamento ma senza che occorra tuttavia un'operazione di recupero ai sensi dell'allegato II B della direttiva 75/442. Un'interpretazione del genere si risolve manifestamente nel sottrarre alla qualifica come rifiuto residui di produzione o di consumo che invece corrispondono alla definizione sancita dall'art. 1, lett. a), primo comma, della direttiva 75/442. CORTE DI GIUSTIZIA delle Comunità Europee, - Sentenza 11 novembre 2004, causa C-457/02
3) Rifiuti - Rottami ferrosi - Qualifica di rifiuti - Sussistenza - Fino al momento in cui essi non siano effettivamente riciclati in prodotti siderurgici. I rottami ferrosi, non riutilizzati in maniera certa e senza previa trasformazione nel corso di un medesimo processo di produzione o di utilizzazione, sono sostanze o materiali di cui i detentori si sono disfatti. Essi conservano la qualifica di rifiuti finché non siano effettivamente riciclati in prodotti siderurgici, finché cioè non costituiscano i prodotti finiti del processo di trasformazione cui sono destinati. Nelle fasi precedenti, essi non possono ancora essere considerati riciclati, poiché il detto processo di trasformazione non è terminato. Viceversa, fatto salvo il caso in cui i prodotti ottenuti siano a loro volta abbandonati, il momento in cui i materiali in questione perdono la qualifica di rifiuto non può essere fissato ad uno stadio industriale o commerciale successivo alla loro trasformazione in prodotti siderurgici poiché, a partire da tale momento, essi non possono più essere distinti da altri prodotti siderurgici scaturiti da materie prime primarie. CORTE DI GIUSTIZIA delle Comunità Europee, - Sentenza 11 novembre 2004, causa C-457/02
4) Rifiuti - Definizione - Dir. 75/442/CEE, art. 1 lett.a) - Interpretazione - Residui di produzione o consumo riutilizzati in un ciclo produttivo - Non possono essere esclusi dalla nozione di rifiuti. La nozione di rifiuto ai sensi dell'art. 1, lett. a), primo comma, della direttiva 75/442, come modificata dalla direttiva 91/156 e dalla decisione 96/350, non dev'essere interpretata nel senso che essa escluderebbe l'insieme dei residui di produzione o di consumo che possono essere o sono riutilizzati in un ciclo di produzione o di consumo, vuoi in assenza di trattamento preventivo e senza arrecare danni all'ambiente, vuoi previo trattamento ma senza che occorra tuttavia un'operazione di recupero ai sensi dell'allegato II B di tale direttiva. CORTE DI GIUSTIZIA delle Comunità Europee, - Sentenza 11 novembre 2004, causa C-457/02
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