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 Massime della sentenza

 

 

CORTE DI CASSAZIONE Sez. I Civile 22 novembre 2004 Sentenza n. 21967

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Corte di Cassazione Civile Sez. I  22 novembre 2004, sentenza n. 21967
 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE I CIVILE

Omissis

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


1. Agenti del Corpo forestale dello Stato accertavano, con verbale di constatazione della violazione dell'art. 25 della legge regionale della Campania n. 11 del 1996 e dell'art. 48, tabella b), delle prescrizioni di massima della Polizia Forestale, notificato al signor GELSOMINO MOSCATO, l'utilizzazione del bosco di alto fusto di specie quercine, in difformità (per il taglio di 168 mc di legno in più) dall'autorizzazione rilasciata dalla COMUNITA' MONTANA LAMBRO E MINGARDO. Quest'ultima, pertanto, intimava il pagamento della somma di £ 15.597.750.

Il signor GELSOMINO MOSCATO proponeva opposizione deducendo che: a) il taglio del bosco non era avvenuto in modo difforme, essendo state tagliate solo 493 piante in luogo delle 673 previste; b) l'ordinanza era nulla perché priva dell'enunciazione del fatto e dei motivi posti a suo fondamento; c) la sanzione pecuniaria era eccessiva; d) il fatto contestato, costituente anche illecito penale, doveva essere giudicato solo in quest'ultima sede, in base al principio di specialità (art. 9 legge n. 689 del 1981); e) dagli atti di vendita del legname e dall'autorizzazione, sarebbe risultato che l'autore della violazione era il signor VITTORIO MOSCATO.

2. Il Tribunale di Vallo della Lucania rigettava l'opposizione proposta dal signor GELSOMINO MOSCATO che condannava al pagamento delle spese processuali.

2.1. Secondo il giudice del merito, tra i reati contestati ai signori Giacomo Lamanna, Vittorio Moscato e Gelsomino Moscato (riguardanti le previsioni di cui agli artt. 110 cod. pen., 1 bis e 1 sexies DL, n. 431 del 1985, convertito nella legge n. 431 del 1985, per avere proceduto ad alterare il paesaggio senza nulla osta e, la previsione degli artt 110 e 734 cod. pen., per l'alterazione della bellezza del luogo soggetto a speciale protezione dell'autorità) e l'illecito amministrativo vi sarebbe una identità solo materiale, non anche giuridica. Infatti, l'interesse tutelato dalle norme penali consisterebbe nella salvaguardia del valore estetico ambientale, mentre quello protetto dalla disposizione amministrativa riguarderebbe il bosco come materiale legnoso e la sua soggezione alle norme tecniche di taglio.

Pertanto, nella specie si verserebbe in un caso di cumulo giuridico in relazione al quale troverebbe applicazione l'art. 8 della legge n. 689 del 1981.

La responsabilità del signor GELSOMINO MOSCATO risulterebbe provata dalla nota diretta al Comando della stazione del Corpo forestale dello Stato nella quale, il titolare dell'autorizzazione al taglio lo avrebbe indicato come esecutore, mentre altra documentazione non avrebbe valore sia perché non avente data e provenienza certa sia perché avente esclusivamente natura privatistica e al più indicativa di rapporti civilistici esistenti tra i due Moscato.

L'ordinanza era sufficientemente motivata sia per l'indicazione delle norme e sia per il richiamo al verbale di constatazione del Corpo forestale dello Stato. Inoltre, l'atto avrebbe pienamente raggiunto il suo scopo, tanto è vero che i motivi di opposizione sarebbero stati analiticamente prospettati.

Nel merito le responsabilità sarebbero state accertate, in relazione al taglio complessivo, più ampio di quello consentito ed autorizzato, e alle modalità della sua esecuzione, non rispettose delle procedure fissate (specie con riguardo alla numerazione delle piante), e alla vendita del materiale ricavato dagli abbattimenti.



MOTIVI DELLA DECISIONE
 

1.1. Con il primo motivo di ricorso, primo profilo (con il quale si lamenta la violazione e falsa applicazione del principio di specialità di cui all'art. 9 della legge n. 689 del 1981.), il ricorrente deduce che il fatto contestato in sede amministrativa e quello attribuito in sede penale erano identici e, in relazione ad esso (riguardante il taglio del bosco, in difformità dalla autorizzazione), doveva farsi applicazione della sola previsione penale. Nella specie, ove a suo avviso ricorrerebbe una ipotesi di conflitto apparente tra una norma penale ed una norma regionale, il giudice avrebbe dovuto applicare, ai sensi dell'art. 9, comma secondo, della legge n. 689 del 1981, la sola norma penale. Inoltre, argomentando dall'art. 24 della legge n. 689 del 1981, il fatto, connesso con quello penale, farebbe slittare comunque la sua cognizione davanti al giudice penale.

1.2. Con il primo motivo di ricorso, secondo profilo (con il quale si lamenta la violazione dell'art. 3 della legge n. 689 del 1981) il ricorrente deduce che l'autore della violazione sarebbe il signor Vittorio Moscato e non il signor GELSOMINO MOSCATO, atteso che il contratto di vendita di bosco sarebbe intervenuto tra tale Lamanna e proprio il signor Vittorio Moscato, al quale sarebbero intestate le fatture di vendita della legna ottenute dal lavoro svolto da operai dallo stesso incaricati e retribuiti.

1.3. Con il primo motivo di ricorso, terzo profilo, si lamenta la violazione degli artt. 5 e 6 della legge n. 689 del 1981.

2. Con il secondo motivo di ricorso (con il quale si duole della nullità della sentenza o del procedimento) il ricorrente premette che l'ordinanza ingiunzione, motivata per relationem, rispetto all'accertamento eseguito dal corpo forestale dello Stato, farebbe riferimento ad una disposizione violata (Part. 25 della LR n. 11 del 1996) forte di ben 14 commi, e solo genericamente indicata senza la precisazione di quello effettivamente interessato. Inoltre le accuse si baserebbero su fatti né accertati né provati.

3. Con i1 terzo motivo di ricorso (con il quale si lamenta l'omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia) il ricorrente deduce di essersi attenuto alle prescrizioni fornite nell'autorizzazione, mentre il provvedimento censurato non avrebbe tenuto conto del fatto che in un bosco come quello interessato ai fatti di causa sarebbero inevitabili i cd. sottocavalli (ossia il danneggiamento di piante per la caduta di quelle oggetto di taglio).

4. Il ricorso, che nel suo complesso è infondato, deve essere respinto, per le ragioni che seguono.

4.1. La prima, e più complessa questione, posta dal ricorso, consiste nella verifica dell'erroneità della decisione impugnata, la quale secondo la prospettazione in esame avrebbe fatto applicazione della sanzione amministrativa, conseguente a1 relativo illecito, in luogo della sanzione penale, nascente dal reato ravvisabile nel fatto accertato nei confronti del ricorrente.

Il motivo, ai limiti dell'inammissibilità per la mancata specificazione delle fattispecie di reato che si porrebbero in rapporto di specialità rispetto all'illecito amministrativo accertato con l'ordinanza ingiunzione e ravvisabile nella previsione di cui all'art. 25 della legge regionale della Campania del 7 maggio 1996, n. 11, va in ogni caso respinto.

Oltre alle ragioni già svolte nella sentenza di merito (che non hanno ravvisato il preteso rapporto di specialità tra gli illeciti, penali e amministrativi, sopra indicati), é sufficiente il rilievo che la disposizione in esame (Part. 25 della L. R. Campania n. 11 del 1996), nella sua parte introduttiva, tiene per «ferme» le «norme di carattere penale» con una tipica salvezza («Ferme restando le norme di carattere penale, coloro che nei boschi vincolati .. ») che esclude la possibilità astratta di un rapporto di specialità fra l'illecito amministrativo, di creazione regionale, e quello penale, di posizione statuale.

L'art. 9, secondo comma, della legge n. 689 del 1981, infatti, con disposizione il cui fondamento (costituito dalla necessità di non eludere il comando più gravemente sanzionato attraverso disposizioni amministrative favorevoli) è stato più volte ritenuto costituzionalmente adeguato dalla giurisprudenza e dalle riflessioni dottrinarie, stabilisce che «quando uno stesso fatto è punito da una disposizione penale e da una disposizione regionale o delle province autonome di Trento e di Bolzano che preveda una sanzione amministrativa, ovvero da una pluralità di disposizioni che prevedono sanzioni amministrative, si applica in ogni caso la disposizione penale, salvo che quest'ultima sia applicabile solo in mancanza di altre disposizioni penali». Tale disposizione, che afferma l'impossibilità di eludere il precetto penale, attraverso la posizione, da parte del legislatore regionale o provinciale (dotato della speciale autonomia), di sanzioni amministrative applicabili in luogo di quelle, per la riferita relazione di specialità, senza possibilità di cumularle, pone un divieto (di cumulo), derogabile solo per effetto di diversa ed espressa disposizione di legge (regionale o provinciale), senza che ciò produca un contrasto con le norme costituzionali in tema di potestà legislativa di regioni e province autonome (Cassazione, sentt. nn.: 3080 del 1988, 3479 del 1991, 7607 del 1996).

La deroga al principio posto dall'art. 9, secondo comma, 1. n. 689 del 1981, é stata utilmente esercitata, nel caso esaminato, proprio in ragione della salvezza contenuta nella formula dell'art. 25 della legge regionale della Campania n. 11 del 1996, che fa salva e tiene ferme le norme penali statali che puniscono, a vario titolo, i comportamenti integranti anche l'illecito amministrativo consistente nel taglio o nel danneggiamento di piante facenti parte dei boschi, vincolati ai sensi del R.D. n. 3267 del 1923, in violazione delle indicazioni contenute, fra l'altro, anche nei progetti di taglio redatti ai sensi della stessa legge regionale, e che legittimamente coesistono con le violazioni amministrative ivi stabilite.

4.2. Gli ulteriori profili di doglianza contenuti nel primo motivo di ricorso sono inammissibili, in quanto tendenti a introdurre nel giudizio di Cassazione censure riguardanti l'accertamento dell'autore del fatto (secondo profilo), insindacabile in questa sede, e in quanto non intelligibili (terzo profilo), non essendo sufficiente per esporre una doglianza contro il provvedimento impugnato fare un semplice riferimento a disposizioni di leggi, come tali oscure ove non sia chiarito il loro aspetto applicativo e la violazione di legge (o il vizio di motivazione) che ne è conseguito.

4.3. Il secondo motivo di ricorso non ha pregio perché, da dichiararsi inammissibile, espone critiche sulla ricostruzione del fatto e sulla sua prova, che non sono meglio specificate né articolate in violazioni legislative, né d'altro canto allega e, in un'altra parte, da dichiararsi infondata, lamenta la mancata precisazione di quale sia il comma dell' art. 25 della L.R. Campania n. 11 cit., esattamente violato. Infatti, sotto questo secondo profilo, la sentenza impugnata ha ben precisato quale sia stato il contorno legislativo della violazione accertata, laddove ha affermato che «l'art. 25 della legge regionale prevede la sanzione amministrativa dal doppio al quadruplo del valore del danno per il caso dei boschi vincolati ai sensi del RD 3267 del 30.12.1923» (poi calcolato con il riferimento all'art. 48, tabella B), dell'allegato C alla predetta legge).

E se è costante orientamento di questa Corte quello di consentire al giudice dell'opposizione persino la diversa qualificazione del fatto contestato (Cassazione sentt. nn.: 4843 del 2003, 16190 del 2002, 13666 del 2000, ecc.), ben si comprende come tale potestà in una parte vizi motivazionali comprende anche quella di fornire, alla contestazione già correttamente operata, specificazione normativa.

4.4. Il terzo motivo, infine, è inammissibili., in quanto tende ad introdurre nel giudizio di Cassazione censure riguardanti l'accertamento del fatto (il taglio accidentale di piante dovuto alla formazione dei cd. sottocavalli, o abbattimenti o danneggiamenti accidentali dovuti alla caduta di piante su altre piante), insindacabile in questa sede di legittimità, ove congruamente motivato ed immune da vizi logicogiuridici.

5. Al rigetto del ricorso, segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali che si liquidano come da dispositivo.



P.Q.M.


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, che liquida in Euro 1.100,00 di cui 100,00 per esborsi, oltre alle spese generali e agli accessori, come per legge.

 

M A S S I M E

 

Sentenza per esteso

 

1) Boschi e foreste - Taglio irregolare di bosco vincolato - Sanzioni amministrative - Cumulabilità con le sanzioni penali - Configurabilità - Reati ambientali. Le sanzioni amministrative pecuniarie inflitte da leggi regionali per il taglio irregolare di bosco vincolato (in difformità dalle autorizzazioni delle Comunità montane) si cumulano con le sanzioni penali, ove questi comportamenti integrino anche reati ambientali e le leggi regionali abbiano stabilito il cumulo (e non la sostituzione) delle sanzioni. (Cassazione, sentt. nn.: 3080 del 1988, 3479 del 1991, 7607 del 1996). Pres. G. Losavio, Est. F. A. Genovese. CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. I, 22 novembre 2004, Sentenza n. 21967

 

2) Procedure e varie - Qualificazione del fatto contestato - Specificazione normativa - Potestà del giudice - Accertamento del fatto - Insindacabilità in sede di legittimità - Presupposti - Fondamento - Fattispecie: taglio di bosco vincolato. E' costante orientamento giurisprudenziale quello di consentire al giudice dell'opposizione persino la diversa qualificazione del fatto contestato (Cassazione sentt. nn.: 4843 del 2003, 16190 del 2002, 13666 del 2000, ecc.), ben si comprende come tale potestà in una parte vizi motivazionali comprende anche quella di fornire, alla contestazione già correttamente operata, specificazione normativa. Tuttavia il ricorso è inammissibili, quando esso tende ad introdurre nel giudizio di Cassazione censure riguardanti l'accertamento del fatto (in specie il taglio accidentale di piante dovuto alla formazione dei cd. sottocavalli, o abbattimenti o danneggiamenti accidentali dovuti alla caduta di piante su altre piante), insindacabile in sede di legittimità, ove congruamente motivato ed immune da vizi logico-giuridici. Pres. G. Losavio, Est. F. A. Genovese. CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. I, 22 novembre 2004, Sentenza n. 21967

 

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