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registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
INQUINAMENTO ACUSTICO - Specifica regolamentazione comunale - Determinazione
di una fasce orarie per l'esercizio di determinate attività rumorose - Emissione
ed immissione dei rumori - Potestà comunale - Sussiste - Fissazione di limiti -
Legge quadro n. 447/1995 - Fattispecie. In materia di inquinamento acustico,
l'art. 6, comma terzo, della legge quadro 26 ottobre 1995, n. 447 consente ai
comuni di disciplinare l'esercizio di professioni, mestieri ed attività rumorose
anche con l'istituzione di fasce orarie in cui soltanto possono essere
espletati, di attuare una più specifica regolamentazione dell'emissione ed
immissione dei rumori e, sempre nell'ambito del limite dettato dalle norme in
materia, prendere in considerazione non il dato oggettivo del superamento di una
certa soglia di rumorosità (indipendentemente dall'accertamento che sia stato
arrecato o meno un effettivo disturbo alle persone), bensì gli effetti negativi
di quest'ultima sulle occupazioni o sul riposo delle parsone e quindi sulla
tranquillità pubblica e/o privata (Cass. pen. 2316/1998, 1295/1998, 8589/1997).
Fattispecie: disturbo provocato dalla musica proveniente dal parco Acqualandia
all'ora vietata dal Regolamento comunale. Pres. De Musis, Est. Salvago, P.M.
Gambardella (Conf.), Pareschi in proprio e nella qualità (Romanelli ed altro)
contro Com. Jesolo (Zambelli), (Rigetta, Trib. Venezia, 13/03/2000). CORTE DI
CASSAZIONE CIVILE Sez. I, 9 ottobre 2003 (Ud. 30/4/2003), Sentenza n. 15081
INQUINAMENTO ACUSTICO - Tutela della quiete pubblica - Tranquillità/riposo
delle persone e soglia di tollerabilità delle emissioni ed immissioni sonore -
Differenza e vigenza normativa. La norma che tutela la quiete pubblica, e
cioè la tranquillità e il riposo delle persone non è stata abrogata dalla legge
447 del 1995 che tutela, invece, la salute pubblica, individuando la soglia di
tollerabilità delle emissioni ed immissioni sonore. Pres. De Musis, Est. Salvago,
P.M. Gambardella (Conf.), Pareschi in proprio e nella qualità (Romanelli ed
altro) contro Com. Jesolo (Zambelli), (Rigetta, Trib. Venezia, 13/03/2000).
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE Sez. I, 9 ottobre 2003 (Ud. 30/4/2003), Sentenza n.
15081
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA
Composta dagli III. mi Signori
1. Dott. DE MUSIS Rosario Presidente
2. Dott. PANEBIANCO Ugo Riccardo Consigliere
3. Dott. ADAMO Mario Consigliere
4. Dott. SALVAGO Salvatore
rel Consigliere
5. Dott. FORTE Fabrizio Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PARESCHI LUCIANO, in proprio quale legale rappresentante e amministratore unico
de L'ANCORA S.R.L., elettivamente domiciliato in ROMA VIA COSSERIA 5, presso
l'avvocato GUIDO FRANCESCO ROMANELLI, che lo rappresenta e difende unitamente
all'avvocato MASSIMO STEFANUTTI, giusta procura in calce;
- ricorrente -
contro
COMUNE DI JESOLO, in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA LIMA 15, presso l'Avvocato MARIO ETTORE
VERINO, rappresentato e difeso dall'avvocato FRANCO ZAMBELLI giusta mandato a
margine del controricorso;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 2/2000 del Tribunale di VENEZIA, depositata il
13/03/2000;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 30/04/2003 dal
Consigliere Dott. Salvatore SALVAGO;
udito per il ricorrente l'Avvocato PECORA, con delega, che ha chiesto
l'accoglimento del ricorso;
udito per il controricorrente l'Avvocato VERINO, con delega, che ha chiesto il
rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Vincenzo
GAMBARDELLA che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Venezia, con sentenza del 13 marzo 2000, ha respinto
l'opposizione di Luciano Pareschi, n. q. di rappresentante della s.r.l. L'Ancora
contro l'ordinanza del 23 marzo 1998 con cui il comune di Jesolo aveva ingiunto
il pagamento della somma di L. 246.400 per aver accertato che l'8 settembre 1997
alle ore 14, 55 dal parco Acqualandia fuoriusciva della musica a quell'ora
vietata dall'art. 64 del Regolamento comunale. Ha osservato, al riguardo, che
detta norma che tutela la quiete pubblica, e cioè la tranquillità ed riposo
delle persone non è stata abrogata dalla legge 447 del 1995 che tutela, invece,
la salute pubblica, individuando la soglia di tollerabilità delle emissioni ed
immissioni sonore; e che, nel caso, gli accertamenti compiuti dai vigili urbani
avevano confermato che la musica proveniente dal parco aveva attitudine a
determinare un oggettivo turbamento e disturbo del riposo delle persone. Per la
cassazione della sentenza il Pareschi ha proposto ricorso per due motivi; cui
resiste il comune di Jesolo con controricorso illustrato da memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo del ricorso, Luciano Pareschi, denunciando violazione della
legge 447 del 1995 e del d.p.c.m. 1 marzo 1991, censura la sentenza impugnata
per aver confermato la sanzione amministrativa irrogata dal comune senza
considerare che quest'ultima legge aveva riformato l'intera materia
dell'inquinamento acustico, facendo obbligo ai comuni di adeguare i propri
regolamenti di igiene e sanità entro un anno e perciò abrogando ogni altra norma
contraria o incompatibile, a maggior ragione se di natura regolamentare; con la
conseguenza che nessuna efficacia poteva attribuirsi al regolamento di polizia
urbana del comune. Con il secondo motivo, deducendo omessa e contraddittoria
motivazione si duole che il Tribunale abbia ritenuto configurabile la violazione
in base alle sole dichiarazioni dei vigili urbani, laddove nel caso occorrevano
mezzi e strumenti oggettivamente e tecnicamenti idonei quali i fonometri,
idonei a stabilire con appositi rilevamenti tecnici che era stata oggettivamente
superata la soglia della normale tollerabilità.
Entrambi i motivi sono infondati.
La legge quadro sull'inquinamento acustico 447 del 1995 ha inteso stabilire i
principi fondamentali in materia di tutela dell'ambiente esterno e dell'ambiente
abitativo dall'inquinamento acustico, ai sensi e per gli effetti dell'articolo
117 Costit. (art. 1), definendone le categorie, stabilendo valori limite di
emissione e di immissione di rumuori e sorgenti sonore (art. 2), riservando alla
competenza dello Stato la determinazione mediante appositi decreti ministeriali
dei i valori limite di emissione, di quelli di immissione, nonché i valori di
attenzione e di qualità menzionati da quest'ultima norma (art. 3); e facendo
carico ai comuni, entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge, di
adeguare i regolamenti locali di igiene e sanità o di polizia municipale,
mediante apposite norme contro l'inquinamento acustico, con particolare
riferimento al controllo, al contenimento e all'abbattimento delle emissioni
sonore derivanti dalla circolazione degli autoveicoli e dall'esercizio di
attività che impiegano sorgenti sonore (art. 6).
Queste norme, espressamente dichiarate dall'art. 1 "fondamentali di riforma
economico-sociale della Repubblica", comportano dunque che nessun ente pubblico
territoriale può disapplicarle introducendo categorie diverse ed in contrasto
con quelle previste dalla menzionata legge, ovvero valori limite di emissione o
immissione dei rumori diversi e comunque inferiori rispetto a quelli stabiliti
dal d.p.c.m. 14 novembre 1997 (art. 3 e 4), adottato proprio per dare attuazione
a quanto disposto dalla menzionata legge 447/1995; e che eventuali disposizioni
difformi contenuti nei regolamenti comunali debbano considerarsi implicitamente
abrogati dalla fonte normativa suddetta di rango superiore, la quale consente
alle amministrazioni in questione soltanto (art. 6, 1 comma lett. h):
"l'autorizzazione, anche in deroga ai valori limite di cui all'articolo 2, comma
3, per lo svolgimento di attività temporanee e di manifestazioni in luogo
pubblico o aperto al pubblico e per spettacoli a carattere temporaneo ovvero
mobile, nel rispetto delle prescrizioni indicate dal comune stesso".
Ma questi limiti, il cui contenuto è espressamente ed in modo inequivoco
prefissato dalla legge statale non comportano, a meno di stravolgerne il
significato, che nel loro ambito ai comuni non sia consentita di attuare una più
specifica regolamentazione dell'emissione ed immissione dei rumori nel loro
territorio, come del resto è ribadito dal 3 comma dello stesso art. 6, secondo
cui "I comuni il cui territorio presenti un rilevante interesse
paesaggistico-ambientale e turistico, hanno la facoltà di individuare limiti di
esposizione al rumore inferiori a quelli determinati ai sensi dell'articolo 3,
comma 1, lettera a), secondo gli indirizzi determinati dalla regione di
appartenenza, ai sensi dell'articolo 4, comma 1, lettera f)". E non comportano a
maggior ragione, come già ripetutamente affermato dalle sezioni penali di questa
Corte, che dette amministrazioni non possano disciplinare l'esercizio di
professioni, mestieri ed attività rumorose anche con l'istituzione di fasce
orarie in cui soltanto possono essere espletati e, sempre nell'ambito del limite
dettato dalla legge 447/1995, prendere in considerazione non il dato oggettivo
del superamento di una certa soglia di rumorosità (indipendentemente
dall'accertamento che sia stato arrecato o meno un effettivo disturbo alle
persone), bensì gli effetti negativi di quest'ultima sulle occupazioni o sul
riposo delle parsone e quindi sulla tranquillità pubblica e/o privata (Cass.
pen. 2316/1998, 1295/1998, 8589/1997).
E proprio fra queste ultime
disposizioni rientra l'art. 64 del regolamento del comune di Jesolo, il quale,
come accertato dal Tribunale e non contestato dal ricorrente che non lo ha
neppure prodotto, è inserito nel titolo 4^ dedicato alla "Quiete pubblica" e
rivolto a tutelare la tranquillità ed il riposo degli abitanti del comune,
proibendo (comma 1) determinate dislocazioni ai locali esercenti mestieri
rumorosi o incomodi e vietandone (comma 2) comunque l'esercizio in talune fasce
orarie onde impedire disturbo al vicinato: a prescindere, dunque dall'avvenuto
obbiettivo superamento del limite di rumorosità fissato dalla legge 447/1995 e
dal d.p.c.m. 14 novembre 1997, integrante l'autonoma violazione prevista
dall'art. 10 della legge statale, che nel caso non è stato contestato al
ricorrente.
Pertanto, non si trattava di stabilire se fossero stati osservati i limiti
massimi al riguardo introdotti dalle tabelle indicate dagli art. 2 e 3 di detto
decreto, ne' di compiere le rilevazioni nelle località e con i criteri
individuati da queste norme, perciò richiedenti l'utilizzazione di appositi
apparecchi di precisione aventi proprio siffatta peculiare funzione; bensì di
accertare se la condotta produttiva di rumore addebitata alla soc. L'Ancora
avesse avuto una tale diffusività da comportare che l'evento di disturbo era
potenzialmente idoneo ad essere risentito da un numero indeterminato di persone,
pur se poi concretamente solo taluna (come è avvenuto nel caso concreto) o
addirittura nessuna se ne era di fatto lamentataci da avere inciso sulla
tranquillità pubblica. Sicché, del tutto correttamente la sentenza impugnata ha
fondato il suddetto accertamento sulle indagini espletate al riguardo dalla
Polizia municipale la quale, per un verso, ha evidenziato la circostanza (del
tutto incontestata) che l'attività rumorosa era stata percepita alle ore 14,55,
in una fascia oraria, dunque in cui era vietata. E per altro verso, malgrado lo
scarso traffico veicolare della zona dovuto proprio all'ora suddetta, la musica
si udiva distintamente in punti diversi dell'abitato, tutti esterni al parco
Acqualandia, gestito dalla società, in ciascuno dei quali erano ubicati numerosi
edifici: si da arrecare disturbo ad un numero rilevante ed indeterminato di
persone.
E trattandosi di un accertamento di fatto, congruamente motivato ed immune da
vizi logico-giuridici che il ricorrente non ha neppure prospettato, limitandosi
a dedurre la circostanza del tutto inconducente al fine di contestarne la
validità che il parco Acqualandia è ubicato a crea 100/200 metri dalle
abitazioni più vicine, lo stesso si sottrae al giudizio di questa Corte di
legittimità; sicché anche il secondo motivo del ricorso deve essere respinto.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali che liquida in favore del comune di Jesolo in complessivi euro
560,00 di cui euro 400,00 per onorario di avvocato oltre spese generali ed
accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 30 aprile 2003.
Depositato in Cancelleria il 9 ottobre 2003
L' estensore
Il presidente
Amedeo Franco
Enrico Papa
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