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Opportunità di risparmio energetico nel settore civile e industriale

Il punto di vista del CTI 

Giovanni Riva*, Mauro Alberti**

 

Il CTI - Energia e Ambiente (Comitato Termotecnico Italiano) svolge da tempo un'azione centrale nel settore normativo di pertinenza della termotecnica. Il suo scopo principale è quindi quello di sviluppare dei documenti a supporto dei Ministeri interessati e/o da pubblicare come norme tecniche UNI. Ulteriori informazioni di dettaglio sono riportate sul sito www.cti2000.it 
Il presente contributo, ad esempio, è una sintesi di uno studio preparato dal CTI nel corso del 2003 su invito del Ministero delle Attività Produttive al fine di individuare alcuni interventi di risparmio energetico particolarmente interessanti soprattutto sotto il profilo della fattibilità immediata.
Viene quindi presentato un quadro dei consumi energetici dei diversi comparti al fine di mettere in evidenza i settori che maggiormente incidono sul fabbisogno nazionale di energia primaria. Tra questi, quello civile e industriale sono sicuramente suscettibili di azioni specifiche concettualmente semplici e caratterizzate da: (a) risparmi di energia primaria di grande interesse (legati a loro volta a notevoli riduzioni delle emissioni di gas serra); (b) limitatissimi costi istituzionali; (c) tempi di attuazione rapidi.
Il documento evidenzia queste opportunità e ne stima le potenziali ricadute. 

 

1 QUADRO DEI FABBISOGNI E DEI CONSUMI ENERGETICI NAZIONALI CON PARTICOLARE RIFERIMENTO AI SETTORI CIVILE E INDUSTRIALE


1.1 Fabbisogno
Nel 2002 il consumo lordo (fabbisogno) di energia in fonti primarie è stato di circa 187 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio. Questo livello è il risultato di una lunga evoluzione iniziata negli anni '50 che ha conferito al sistema alcune caratteristiche di fondo, che sono state solo in parte modificate a seguito delle crisi energetiche e di una serie di interventi di politica energetica.
Nel 1973 il petrolio aveva raggiunto una quota pari al 75% del fabbisogno complessivo, con un peso quindi molto ridotto per gas naturale, energia elettrica primaria e combustibili solidi, rispettivamente di 10%, 7% e ancora 7 %. 
Oggi la situazione è mutata, con un ruolo del petrolio che si aggira intorno a 48%, mentre quello del gas naturale è aumentato sino al 31%. Il ruolo dei combustibili solidi è pari al 7%, dato che la politica di diversificazione a favore di questa fonte, avviata negli anni '80, ha incontrato crescenti difficoltà. L'energia nucleare non è più presente in Italia dal 1987. Le fonti rinnovabili, ancora incentrate sull'energia idroelettrica, rappresentano il 7% del consumo di energia in fonti primarie anche perché le politiche di incentivazione non hanno ancora inciso in maniera determinante sulla componente non idrica.
Il sistema dipende ormai (anno 2002) dalle importazioni dall'estero per circa l'86% (rispetto all'83,5% del 2001), dato il limitato patrimonio energetico nazionale il cui sfruttamento sta tra l'altro incontrando crescenti difficoltà sul piano autorizzativo. Queste caratteristiche strutturali differenziano notevolmente il sistema energetico italiano da quello degli altri Paesi dell'Unione Europea, compresi quelli che hanno minori risorse energetiche dell'Italia ma che a esempio hanno sviluppato il ricorso al nucleare, come la Francia. Per far fronte a questa situazione di difficoltà strutturale il sistema energetico italiano ha ridotto progressivamente il contenuto di energia per unità di PIL, specie nei periodi successivi alle crisi energetiche. Questo fattore tende a riequilibrare uno svantaggio competitivo che altrimenti sarebbe ancor più oneroso. Peraltro negli ultimi anni il processo di riduzione dell'intensità energetica italiana sembra aver perso slancio. Dal 1996 al 2002 l'intensità energetica, ovvero il rapporto tra consumi di energia e PIL, è infatti diminuita del 2,6%, meno dello 0,5% medio annuo: un trend che tuttavia non sembra permettere il raggiungimento dei traguardi di riduzione delle emissioni di gas-serra, che implica certamente un contenimento della crescita della domanda energetica.
L'evoluzione dell'intensità energetica e la crescita economica che nello stesso periodo è stata pari all'1,8% medio annuo hanno determinato nel 2002 il fabbisogno energetico evidenziato in precedenza (186,7 Mtep).
Per quanto riguarda l'evoluzione dell'intensità energetica, forti incrementi di efficienza non possono essere assunti come certi e generalizzabili a tutti i settori, almeno fino a quando non si passerà alla fase di attuazione del complesso di misure prevista dalle delibere di attuazione degli impegni assunti con la ratifica del protocollo di Kyoto.


1.2 Consumi finali
Sotto il profilo storico, dal 1971 al 2002 i consumi energetici finali sono complessivamente aumentati del 40%, passando da 97 a circa 136 Mtep/a, con un tasso di crescita medio annuo di circa l'1,1%. L'evoluzione più recente dei consumi energetici in Italia, suddivisi per settore è presentata nella Tabella 1, dove vengono mostrati i dati relativi agli anni dal 1992 fino al 2002.

 

Tabella 1: Italia - Consumi usi finali (Mtep).

Settore 1992  1993  1994  1995  1996  1997  1998  1999  2000  2001*  2002*
Industria 35,1 34,5 35,7 36,9 36,1 37,2 37,7 38,5 39,5 39,6 39,5
Trasporti  36,1 36,8  36,9 37,8 38,3 38,9  40,3 41,2 41,5 41,9 42,5
Civile 37,1 37,4 34,8 37,6 38,6 37,5 39,3 41,1 39,9 40,9 40,5
Altro [1] 14,5 13,0 12,9 13,3 13 14,1 13,6 13,2 13,4 13,8 13,2
TOTALE 122,8 121,7 120,3 125,6 126 127,7 130,9 134 134,3 136,2 135,7

(Fonte ENEA-Rapporto Energia Ambiente 2001) - (*) Fonte: Relazione Annuale Autorità Energia Elettrica e Gas, 2002 e 2003 [1] Agricoltura, Usi non energetici e Bunkeraggi

L'ultimo anno ha visto nuovamente un freno alla crescita, dovuto soprattutto alla recessione economica in atto.
Dal punto di vista delle dinamiche settoriali, nell'ultimo trentennio i maggiori tassi di crescita della domanda di energia sono stati segnati dai trasporti, seguiti dall'agricoltura e dagli usi civili, mentre la crescita nell'industria ha avuto un ritmo più basso. 
Di seguito si analizzano i singoli settori.


Industria. La domanda energetica nel settore industriale ha avuto andamento altalenante, con alcuni picchi nei primi anni '70, un declino verso i valori minimi della metà degli anni '80, una moderata crescita a fasi alterne fino ai valori attuali.
La principale fonte energetica richiesta dal settore industriale è il gas naturale, che già nel 1987 ha superato la quota di mercato dei prodotti petroliferi, fonte sino ad allora dominante.
Negli ultimi anni la crescita della domanda del settore è stata coperta da gas naturale ed energia elettrica, mentre i consumi di solidi e derivati petroliferi sono stabili.
Il passaggio dai derivati petroliferi al gas naturale e all'energia elettrica e la riduzione dell'intensità energetica della produzione industriale, che ha consentito il mantenimento di un livello piuttosto stabile dei consumi energetici industriali nel trentennio trascorso, hanno comportato una forte riduzione delle emissioni specifiche di gas-serra dal settore industriale. Ulteriori risparmi di energia potrebbero forse derivare dalle tecnologie a ciclo combinato ad alto rendimento, unite ad una razionalizzazione negli usi energetici all'interno degli stabilimenti industriali.


Civile. La domanda finale di energia nel settore civile è cresciuta negli ultimi trent'anni, passando da meno di 30 Mtep agli inizi degli anni '70 a più di 40 Mtep attuali, con tassi medi annui di crescita intorno all'1,5%. Il trend di crescita è stato regolare solo durante gli anni '80. Per il resto, a forti crescite si sono succeduti anni di stasi o decrementi.
Oggi la fonte energetica maggiormente richiesta dal settore civile è il gas naturale, che copre oltre la metà della domanda (52%), seguita dall'energia elettrica (27%) e dai prodotti petroliferi (16%). I combustibili solidi danno un contributo marginale (3%).
La dinamica delle fonti nell'ultimo trentennio ha visto la sostituzione dei prodotti petroliferi con il gas naturale, oltre ad una regolare crescita dell'energia elettrica.
Il settore civile si può suddividere in residenziale e terziario e da questo punto di vista i maggiori consumi energetici spettano al residenziale, sebbene il terziario abbia fatto registrare negli ultimi anni i maggiori tassi di crescita. La dinamica delle fonti procede abbastanza similmente nei due comparti, a eccezione dell'energia elettrica che nel settore terziario cresce a ritmi molto più forti che nel residenziale e costituisce per quel comparto la prima fonte, seguita da vicino dal gas naturale.
Dal punto di vista degli usi finali dell'energia, invece, circa due terzi della domanda energetica del settore civile sono destinati al riscaldamento degli ambienti, più del 10% rispettivamente agli usi elettrici obbligati (elettrodomestici, media, illuminazione) e alla produzione di acqua calda, poco più del 5% agli usi per la cucina.
La crescita nei consumi di gas naturale è stata accompagnata da una analoga diffusione del riscaldamento autonomo con caldaia murale a gas. Questo elemento tecnologico, soprattutto per la comodità d'uso offerta, è stato uno dei maggiori driver della domanda energetica del settore civile.
L'altro grande elemento trainante è stato l'incremento nella penetrazione delle apparecchiature elettriche nelle abitazioni e negli uffici. In prospettiva, sembra che questo ultimo elemento sia determinante per gli incrementi di domanda futuri, soprattutto per la penetrazione degli impianti di condizionamento dell'aria.


Trasporti. I trasporti sono stati nel trentennio trascorso il maggiore driver della domanda energetica. La domanda finale di energia per i trasporti è passata da 15 Mtep nel 1971 a oltre 41 Mtep attuali, con una crescita abbastanza regolare a ritmi superiori al 5,5% medio annuo, con un solo segno negativo da 1973 al 1974, in seguito alla crisi petrolifera.
La sola fonte energetica rilevante in questo settore è ancora oggi costituita dai derivati petroliferi, che coprono quasi il 98% della domanda. I solidi sono del tutto scomparsi alla fine degli anni '70, mentre l'elettricità è sotto il 2% e il gas naturale sotto l'1%.
Le benzine e il gasolio superano rispettivamente il 42% della domanda energetica del settore, mentre il GPL è intorno al 4% e il carboturbo superiore all'8%.
Il settore dell'autotrazione copre il 90% della domanda di energia dei trasporti, mentre il trasporto aereo assorbe oltre l'8%, quello ferroviario quasi l'1,5% e quello navale lo 0,5%.
Le tendenze sembrano confermare le previsioni di una progressiva sostituzione dei consumi di benzina per autotrazione con il gasolio.


Industria dell'energia. Questo settore raccoglie le attività di produzione e utilizzo di fonti energetiche primarie (ed eventualmente valorizzazione dei residui) per la loro trasformazione in vettori energetici adatti al consumo negli usi finali. In tali attività di trasformazione vi possono essere forti perdite di energia primaria connesse con i cicli stessi di trasformazione da una forma di energia ad un'altra. 
Facendo riferimento ai dati del 19991 si possono ad esempio constatare consumi (perdite) del settore energetico per circa 48 Mtep (contro i circa 52 previsti per il 2010), su un fabbisogno totale di 183 Mtep. Una grossa fetta di tali perdite (circa 37 Mtep) è legata alla trasformazione delle fonti primarie in elettricità: di queste, una parte minore (11 Mtep) è costituita dalle cosiddette perdite virtuali, mentre una quota molto più consistente (26 Mtep) è costituita dal calore disperso nell'ambiente dagli impianti di generazione di elettricità (circa 5-7 Mtep sotto forma di calore sono invece recuperati, direttamente nei processi industriali o indirettamente con la distribuzione in reti di riscaldamento). Oltre all'utilizzo di calore di recupero vi è poi la possibilità di impiego di residui vari (in particolare rifiuti urbani e biomasse di recupero) per la produzione di elettricità e di calore. Ancora per il 1999 si può ricordare: (a) l'utilizzo di biomasse per produzione di calore, specie nel settore domestico, per una quantità equivalente di fonti fossili compresa fra 1,8 e 3,6 Mtep, secondo recenti stime; (b) l'utilizzo di reflui di processo industriali (a es. catrame delle raffinerie), di rifiuti urbani e di biomasse di recupero per la produzione di circa 10 TWh di elettricità, corrispondenti in fonte primaria convenzionale a circa 2,2 Mtep2 (circa 3÷4 Mtep in forma fisica3 ).


1.3 Evoluzione
Secondo stime recenti è concreta la possibilità che anche una crescita dell'economia abbastanza contenuta, dell'ordine dell'1,5% medio annuo dal 2002 al 2010, possa spingere in questo orizzonte temporale i consumi di energia ben al di sopra della soglia dei 200 Mtep. Assumendo comunque alcuni miglioramenti di efficienza mirati che portino ad un incremento della riduzione annua dell'intensità energetica fino ad un valore dello 0,6% medio annuo dal 2002 al 2010, si può assumere un fabbisogno energetico al 2005 di 192 milioni di tep, che dovrebbe svilupparsi ulteriormente sino a poco più di 200 milioni di tep nel 2010 (Tabella 2 dove, per maggiore chiarezza, vengono espresse anche le perdite del settore energetico, che determinano il fabbisogno totale di energia primaria necessario per soddisfare i consumi finali).

 

Tabella 2: Consumi energetici, anno 2000 ed evoluzione all'anno 2010. Scenario tendenziale (Mtep).

 

Anno 2000

Carbone e derivati  Gas naturale Petrolio Rinnovabili Energia Elettrica Totale

Elettrico

 7,23 18,83 19,42 11,32 -56,80 -

Industria

 4,00 16,75 6,78 0,23 11,73 39,49

Trasporti (incl. voli inter.)

 0,00 0,33 40,45 0,00 0,73 41,51

Civile

 0,07 20,70 7,19 1,16 10,59 39,71

Altro *

 0,16 1,10  11,64 0,13 0,42 13,45

Perdite

 1,42 0,66 5,81 0,07 43,09 51,05

TOTALE 

12,88 58,37 91,29 12,91 9,76 185,21

Anno 2010 scenario tendenziale

           

Elettrico

 9,20 28,29 14,00 12,17 -63,52 -

Industria

4,42 17,12 5,96 0,00 15,11 42,61

Trasporti (incl. voli inter.)

0,00 2,23 43,61 0,00 0,85  46,69

Civile

0,00 27,57 2,90 1,07  11,05  42,59

Altro *

0,12 0,89 14,58 0,00  0,38  15,97

Perdite

0,97 0,72 6,66 0,00 44,08 52,43

TOTALE 

14,71

76,82  87,71 13,24 7,95  200,29

    Fonte: III Comunicazione Nazionale UNFCCC, 2003; * Agricoltura, Usi non energetici e Bunkeraggi

 

1.4 Conclusioni
Come è possibile evincere dai dati riportati nelle tabelle precedenti i diversi settori hanno differenti pesi sul consumo totale di energia per usi finali (135 Mtep, per quanto riguarda l'anno 2000, Figura 1). Il settore dei trasporti, in particolare e come evidenziato in precedenza, è quello che è cresciuto di più negli ultimi anni. In aggiunta si osserva come il settore civile e industriale incidano per il 59% del totale.

Considerando il bilancio in termini di energia primaria, occorre tuttavia tenere conto anche delle perdite attribuite alle industrie energetiche che contribuiscono a determinare il fabbisogno totale, pari a 185 Mtep (Figura 2). In questa ipotesi l'aliquota dei settori civile e industriale sale a ben il 67% del consumo energetico complessivo e ciò sta ad indicare come questi due settori debbano essere presi in debita considerazione in qualsiasi programmazione mirata al risparmio energetico.

Tali settori sono tradizionalmente, almeno per quanto riguarda la normativa tecnica, di competenza del CTI, per cui si ritiene opportuno sviluppare, nei capitoli che seguono e in particolare nel Capitolo 2, una analisi delle opportunità di intervento all'interno di essi, attraverso opportune azioni caratterizzate da un interessante rapporto costi/benefici.

 

Figura 1: Consumi finali e fabbisogni di energia primaria suddivisi per settore.




Figura 2: Fabbisogni globali di energia primaria del settore industriale, dei trasporti e del civile (perdite delle industrie energetiche incluse e assegnate ai settori).

 



2 POSSIBILI INTERVENTI PER IL RISPARMIO ENERGETICO SUGGERITI DAL CTI

2.1 Premesse
Vengono di seguito presentati una serie di interventi adottabili per il contenimento e la progressiva riduzione dei consumi energetici e, conseguentemente, del fabbisogno di energia primaria (azioni del terzo tipo cui si è accennato nel Capitolo 2), per i quali il CTI ritiene sia particolarmente conveniente avviare da subito dei programmi di attività, trattandosi peraltro di azioni che richiedono investimenti istituzionali sostanzialmente nulli e che possono essere attuati in tempi ragionevolmente rapidi. 
Le proposte di intervento si concentrano sui settori industriale e civile che, come sottolineato in precedenza, sono responsabili di quasi il 70% dei fabbisogni di energia primaria. 
Sono inoltre considerati alcune opportunità di intervento riguardanti il settore delle industrie energetiche (in particolare il termoelettrico) che presentano, come visto, una fortissima dipendenza dalle fonti fossili importate. 
I potenziali risparmi energetici sono calcolati, e nel seguito vengono fornite le indicazioni essenziali per la verifica di tali ipotesi di lavoro, rispetto allo scenario tendenziale per l'anno 20104, situazione a cui si perverrebbe in assenza di ulteriori misure di incremento dell'efficienza rispetto a quelle già in essere.
Più dettaglio, nei paragrafi che seguono vengono presi in considerazione


2.2 Interventi per il settore Civile

2.2.1 Risultati conseguibili
Avviando delle azioni riguardanti il riscaldamento invernale degli edifici (aumento del rendimento degli impianti e riduzione delle perdite attraverso l'involucro) e la climatizzazione estiva (riduzione dei consumi specifici) si stima un possibile risparmio di circa 3,5 Mtep/a. Ciò è reso possibile, per quanto concerne il riscaldamento invernale (risparmio di circa 3,1 Mtep/a riferito a un consumo pari a circa 28 Mtep nel 2010), attraverso: (a) la riqualificazione degli impianti esistenti; (b) la sostituzione degli attuali impianti con impianti a più elevato rendimento e (c) attraverso l'aumento delle prestazioni energetiche degli edifici, anche a seguito della relativa certificazione. 
Per quanto riguarda invece la climatizzazione estiva, il risparmio di 0,3-0,4 Mtep (su un consumo per condizionamento pari a circa 3-4 Mtep primari nel 2010) ottenibile attraverso il controllo e il contenimento dei consumi, si aggiunge alla possibile riduzione dei picchi estivi di potenza elettrica richiesta, da conseguire, oltre che attraverso il risparmio energetico, anche mediante la promozione di un maggior impiego di impianti di condizionamento con gruppi di assorbimento a metano, anche di potenza modesta.

2.2.2 Azioni suggerite
Al fine di raggiungere i risparmi in precedenza individuati sono necessarie alcune misure prescrittive mirate alla riduzione dei consumi per il riscaldamento e la climatizzazione estiva degli edifici e, di conseguenza, del relativo fabbisogno di energia primaria (e anche dei picchi di potenza elettrica richiesta durante i periodi più caldi dell'anno derivanti dall'utilizzo degli impianti di condizionamento).
Tra possibili azioni si suggeriscono le seguenti:
- Razionalizzazione delle disposizioni riguardanti gli impianti di riscaldamento che induca una progressiva riqualificazione degli impianti esistenti e la (parziale) sostituzione con impianti a più elevato rendimento permettendo di mantenere nel tempo i rendimenti previsti attraverso un adeguato programma di controllo e di manutenzione. Ciò richiede di intervenire con: 
 · prescrizioni sulle metodologie di calcolo degli impianti e dei relativi rendimenti; 
 · prescrizioni sulle prestazioni e sulle caratteristiche di rendimento degli impianti e dei componenti;
 · revisione del rendimento di produzione medio stagionale dei generatori di calore e degli impianti (DPR 412/93, art. 5);
 · revisione del rendimento globale medio stagionale degli impianti di nuova installazione o ristrutturati (DPR 412/93, art. 5);
 · revisione del rendimento di produzione medio stagionale nel caso di sostituzione di generatore di calore (DPR 412/93, art. 5);
 · prescrizioni ai fini della verifica degli impianti, alla loro conduzione, esercizio ed alla conservazione nel tempo delle caratteristiche di rendimento previste in fase di progettazione ed installazione.
- Razionalizzazione delle disposizioni riguardanti gli edifici che, a partire da un programma di certificazione energetica degli edifici, permetta di elevare (per via regolamentare o attraverso meccanismi di mercato) le prestazioni energetiche degli edifici (coefficiente volumico di dispersione Cd, fabbisogno energetico convenzionale, fabbisogno energetico normalizzato FEN).
- Introduzione, nel breve-medio periodo, di disposizioni per il contenimento dei consumi specifici per la climatizzazione estiva degli edifici, anche attraverso una stima dei consumi per condizionamento tra i consumi complessivi di energia elettrica.
- Introduzione di disposizioni per la diffusione della climatizzazione con macchine frigorifere alimentate a gas metano.
Per quanto concerne la normativa tecnica è opportuno ricordare che a riguardo del riscaldamento e del raffrescamento degli edifici è disponibile un buon numero di norme tecniche che coprono numerosi aspetti riguardanti sia la sicurezza, sia il risparmio energetico.
Il Comitato Termotecnico Italiano (CTI), in particolare, sta seguendo tutto lo sviluppo normativo del settore e ha elaborato ipotesi per il riordino della legislazione. Il CTI ha anche predisposto una raccomandazione per la valutazione delle prestazioni termiche degli edifici e la conseguente esecuzione della certificazione (con riferimento ai dati relativi all'edificio).

2.3 Interventi per il settore Industriale


2.3.1 Risultati conseguibili
Si prende in considerazione un complesso di industrie di processo con elevata incidenza di consumi termici. Il paniere comprende industrie alimentari, agro alimentari, tessili, cartarie, conciarie, del cemento, della ceramica e, in parte, della chimica, alle quali si attribuisce un consumo di energia primaria prevista per l'anno 2010 di 9-11 Mtep5. Si ipotizza di ottenere una riduzione dei consumi del 10%, ovvero circa 1 Mtep, dovuta a una maggiore efficienza complessiva del ciclo dell'energia termica (con un rendimento globale che passa dal 60 a ca. il 67 %)


2.3.2 Azioni suggerite
A differenza di quanto avviene per il settore del riscaldamento degli edifici ove esistono norme tecniche che prescrivono le modalità per la definizione del bilancio termico, del flusso di energia destinato al processo produttivo e alle utenze interne, delle perdite non recuperabili e recuperabili (relative norme UNI, UNI EN, raccomandazioni CTI), per il settore industriale non sono disponibili documenti normativi mirati alla definizione dei bilanci energetici di processo e/o delle unità produttive.

La misura che si ritiene quindi prioritaria per il conseguimento di significativi risparmi energetici nei comparti industriali individuati è l'introduzione di disposizioni per la stima (in fase di progettazione) e il controllo (in fase di esercizio) dei consumi di energia all'interno dei siti produttivi. Ciò anche attraverso la definizione di un documento tecnico normativo di supporto alla determinazione dei bilanci energetici che costituisca la base necessaria per la definizione degli interventi volti al miglioramento del rendimento complessivo nell'utilizzo dell'energia termica ed elettrica all'interno del sito produttivo. 
Il bilancio, redatto secondo criteri uniformi e quindi in forma unificata e confrontabile, dovrebbe costituire un requisito per tutti i nuovi insediamenti industriali e, con modalità da definire, anche per gli insediamenti esistenti.


2.4 Interventi per il settore delle Industrie Energetiche


2.4.1 Risultati conseguibili
Per completare il quadro delle possibili misure per la razionalizzazione dei consumi, si segnalano le possibili azioni volte, soprattutto all'interno delle industrie energetiche (in particolare termoelettrico), alla sostituzione di combustibili fossili con fonti alternative e (almeno parzialmente) rinnovabili. 
Una di queste misure è la promozione dell'uso energetico dei vettori biomassa/biogas e rifiuti/combustibili derivati da rifiuti6. Queste risorse si trovano oggi di fronte a difficoltà oggettive (costi di gestione e del combustibile) che ne ritardano la penetrazione, nondimeno una significativa diffusione delle stesse è prevista da gran parte della normativa vigente (Direttiva 2001/77 e Circolare Ministro Attività Produttive, Delibera CIPE 2002 ecc.).
In particolare la circolare del Ministro delle Attività Produttive, menzionata in precedenza, conferma gli obiettivi delineati nel Libro Bianco sulle Fonti Rinnovabili, di potenza installata entro il 2010, pari rispettivamente a 2300 MW per biomassa/biogas e 800 MW per rifiuti. 
Ulteriori obiettivi di diffusione della biomassa (soprattutto biogas) e dei rifiuti come fonti utilizzabili per la produzione di energia elettrica e calore potrebbero essere raggiunti introducendo modalità di incentivazione legate ai risparmi netti di emissioni di gas serra, in modo da tracciare, contestualmente, un quadro di valutazione del rapporto costi/benefici relativo al sostegno di queste fonti. Tale quadro sarebbe utilizzabile poi anche per l'inserimento di queste fonti in ambito industriale (come previsto anche dalla delibera CIPE 2002).
In particolare, attraverso l'installazione di 400-800 MW alimentati a biomassa/biogas e di 200-400 MW alimentati a rifiuti/CDR risulterebbe possibile ridurre ulteriormente il consumo di energia da fonti fossili di circa 0,65-1,3 Mtep (rispettivamente 0,5-1 Mtep da biomassa e 0,15-0,3 Mtep da rifiuti).


2.4.2 Azioni suggerite
Una promozione dell'utilizzo delle fonti suddette che sia corretta dal punto di vista dell'attribuzione di incentivi, dovrebbe trovare un base razionale dalla quantificazione oggettiva degli effetti positivi indotti dall'uso energetico di tali risorse. In particolare un metodo normalizzato di quantificazione delle emissioni dirette di gas serra derivanti dall'utilizzo di questi combustibili e delle emissioni evitate rispetto allo scenario base7 (cosiddetta "baseline") diviene indispensabile per assegnare correttamente gli incentivi a queste forme di energia rinnovabile
Queste metodologie, in fase di sviluppo a livello internazionale (anche attraverso attività di standardizzazione svolte dal CEN e dall'ISO) possono altresì applicarsi per il sostegno di altri programmi condotti in Italia (es. TEE, in cui i diversi interventi di risparmio energetico possono essere valutati anche in base alla riduzione delle emissioni di gas serra) o all'estero (meccanismi flessibili, in base a quanto previsto dal Protocollo di Kyoto).


2.5 Conclusioni
I diversi interventi descritti in precedenza vengono sintetizzati in Tabella 3
, dove sono riportate le informazioni relative ai risparmi di energia primaria, alle emissioni evitate di gas serra e, laddove disponibili, i dati relativi ai volumi di fatturato indotti dagli interventi previsti. 
Vengono inoltre valutati, da un punto di vista qualitativo, i costi attesi per l'attuazione delle misure suggerite da parte del Ministero delle Attività Produttive. Questi sono, come anticipato in precedenza, per la maggior parte modesti e limitati alle risorse necessarie per la fase di impostazione delle azioni e di introduzione di strumenti normativi e/o linee-guida per una corretta e uniforme realizzazione degli interventi qui suggeriti. 
Eventuali necessità di incentivazione per alcune misure (es.: maggiore introduzione di fonti rinnovabili) devono essere valutate di volta in volta, non potendo essere generalizzate. 

 

Tabella 3: Sintesi dei risparmi ottenibili (2010) da interventi adottabili nei settori civile e industriale.


Settore/azione

Risparmi energia primaria 

(Mtep/a)

Risparmi CO2eq.

(Mt/a)*

Fatturato indotto 

(M€)

Investimenti da parte del MAP

CIVILE (consumo previsto: 42-43 Mtep 

[1])

3,4÷3,5 [2]

9,5÷9,8 

 

 

1. CLIMATIZZAZIONE INVERNALE 

       

Interventi di riqualificazione degli impianti di riscaldamento e installazione di caldaie a elevato rendimento

1,9 5,3 2000-3000 [3]   (--)

Interventi di riqualificazione energetica degli edifici nell'ambito delle attività di certificazione energetica

1,2  3,3   ?  (--)

2. CLIMATIZZAZIONE ESTIVA 

       

Interventi di riduzione dei consumi per climatizzazione estiva degli edifici e la riduzione dei picchi di potenza elettrica 

0,3÷0,4  0,9-1,2   ? (--)

INDUSTRIALE (consumo previsto: 42-43 Mtep [1])  

0,9÷1,1 2,5÷3    

3. USI TERMICI DI PROCESSO 

       

Interventi di razionalizzazione dei flussi termici (aumento dei rendimenti)   

0,9÷1,1[4]   2,5-3 900-1100[5] (--)

INDUSTRIE ENERGETICHE [6]   

0,65÷1,3 2÷3,9    

Biomassa/biogas [7]  

0,5÷1,0  1,5-3[8] 900-1800[9]  (-)

Rifiuti [7]   

0,15÷0,3 0,45-0,9[8] 500-1000[10]  (-)

TOTALE Risparmio Energia Primaria**  

4,3¸4,6 14,2¸17,1     

 * Le emissioni di CO2 risparmiate (MtCO2) sono stimate a partire dai risparmi di energia primaria tramite un fattore di conversione. Emissioni CO2 Evitate (MtCO2) = Risparmi Energia Primaria (Mtep) * f (MtCO2/Mtep). 
f è pari a 2,79 MtCO2/Mtep (produz. energia termica) oppure 3,16-3,18 MtCO2/Mtep (prod. E.E., termoelettrico)
** Esclusa sostituzione energia primaria fossile con rinnovabile in industrie energetiche, pari a 0,65-1,3 Mtep.
(--) Investimenti modesti, limitati alla impostazione delle azioni; (-) Investimenti limitati all'impostazione delle metodologie di valutazione costi/benefici; probabile necessità di incentivazione "pubblica".
[1] Consumo del settore previsto per l'anno 2010, scenario tendenziale.
[2] Parte del risparmio sarà presumibilmente ottenuto tramite i TEE per i quali i risparmi previsti sono 2,8 Mtep più altri 1,5-2,9 Mtep derivanti dall'estensione della misura (Delibera CIPE 2002).
[3] Studio condotto dal CTI sulla sostituzione di impianti esistenti con impianti a elevato rendimento.
[4] Dall'analisi e rendicontazione dei consumi e dei flussi termici industriali potrebbe scaturire una maggiore diffusione della cogenerazione, per la quale nella Delibera CIPE è previsto un obiettivo di riduzione di emissioni di gas serra di 0,8-1,5 Mt di CO2 (equivalenti a circa 0,28-0,54 Mtep in energia primaria).
[5] Fonte ENEA, '96: Interventi di razionalizzazione energetica nell'industria Italiana: analisi delle ricadute energetico-ambientali.
[6] Gli interventi in questo settore mirano soprattutto a sostituire fonti "ad alto contenuto di carbonio" con altre a minor impatto (gas e rinnovabili; queste ultime in particolare riducono l'energia primaria fossile utilizzata).
[7] E' previsto l'utilizzo di rifiuti e biogas in sostituzione di combustibili fossili anche in impianti industriali che porterebbero a riduzioni di emissioni pari a rispettivamente 0,9-1,1 (rifiuti) e 0,9-1,9 (biogas) Mt di CO2 (equivalenti a rispettivamente ca. 0,5 - di cui 0,36 fossili - e 0,3-0,6 Mtep in energia primaria). 
[8] Sono considerati i soli risparmi relativi alla generazione di elettricità in sostituzione di fonti convenzionali. 
[9] Investimento stimato: 2 M€/MW per biomassa, 2,5 M€/MW per biogas.
[10] Investimento stimato: 2,2-2,5 M€/MW.

 

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NOTE: 

* Professore Ordinario dell'Università Politecnica delle Marche, Direttore Generale CTI.
* * Settore Ricerca e Sviluppo - Ufficio Centrale CTI.

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1 ENEA - Rapporto Energia e Ambiente 2001; GRTN Statistiche anno 2001.
2 L'energia elettrica è convertita in Mtep usando il principio di sostituzione, con l'equivalenza 3 2200 Mcal/MWh (convenzione italiana) e tenendo conto che 1 Mtep = 1010 Mcal.
3 Calcolati sulla base della trasformazione in Mtep del potere calorifico (inferiore) della materia prima

4 Come previsto anche dalle metodologie di calcolo delle riduzioni necessarie di gas serra, per il raggiungimento degli obiettivi posti dal protocollo di Kyoto

5 Più in particolare: agro alimentare (3,6 Mtep nel 1999), tessile (2,8 Mtep; soprattutto conciario), cartario (2,6 Mtep), gomma e materie plastiche (2 Mtep), costruzioni (ceramica: 2 Mtep; cemento: 2 Mtep), in parte chimica (2-3 Mtep). Si tratta di industrie che si prestano alla razionalizzazione energetica e in crescita dal punto di vista del consumi che per il 2010 si prevede raggiungano ai 9-11 Mtep (valore ottenuto sottraendo al totale previsto per il 2010 - circa 20 Mtep - l'elettricità acquistata e autoprodotta - 6,5-7,5 Mtep - e l'energia primaria utilizzata per riscaldamento - 2,5-3,5 Mtep -).
6 Il CTI è fortemente impegnato in questo settore attraverso la definizione di standard europei che riguardano questi materiali.

7. Rispetto cioè alla produzione convenzionale di E.E. e, per i rifiuti/residui agricoli e agro alimentari, anche rispetto alle modalità di smaltimento alternative (es. discarica, compostaggio) che hanno un impatto diverso in termini di emissioni di gas serra (con produzione di biogas contenente metano).