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Le fonti rinnovabili: da alternativa verde a
necessità energetica

Dario Giardi *


La vita ha bisogno di “energia”, energia che arriva a noi dal Sole sotto forma di radiazione elettromagnetica (calore+luce): la grande macchina della natura è alimentata dall’energia. La “macchina” della società umana, al pari della macchina della natura, necessità di energia per funzionare, cioè per la produzione di beni, servizi, attività domestiche, riscaldamento, illuminazione etc… La creazione da parte dell’uomo di un habitat tecnologico artificiale più confortevole e mirato a obiettivi di incremento della qualità della propria vita ha cominciato ad alterare l’equilibrio delle risorse e della qualità del pianeta.
Questo però non vuole dire che per non sconvolgere l’equilibrio vitale del pianeta si debba necessariamente rinunciare al confort tecnologico o allo sviluppo umano che ha in così larga misura contribuito a migliorare i nostri standard di vita. Dobbiamo solo cercare di adottare opportune strategie di sviluppo della società umana compatibili con le risorse e con l’equilibrio vitale del pianeta.

Una “ricetta” potrebbe essere quella di intraprendere la via delle fonti rinnovabili.
Questa scelta non sottintende soltanto un bisogno “ambientale”, di salvaguardare il pianeta abbandonando quelle fonti ad alta pericolosità ambientale come i cosiddetti combustibili fossili (quali il petrolio ed il carbone, ma anche il gas metano ed altri derivati), ma anche l’unica vera scelta strategica energetica per assicurare lo sviluppo della società umana.

Quanto dureranno le riserve di petrolio?

Secondo la ExxonMobil, la maggiore compagnia petrolifera, i giacimenti petroliferi sono sufficienti, ai ritmi attuali, per la fornitura di petrolio fino al 2050.

Secondo la BP Amoco, la seconda compagnia petrolifera, i giacimenti accertati sono, sempre ai ritmi di consumo attuali, sufficienti fino al 2044.

Le correnti di pensiero sono due: gli ottimisti e i pessimisti. Tra i primi vi è una task force scientifica dell'U.S. Geological Survey che, dopo uno studio durato cinque anni, ha concluso che il mondo ha riserve sufficienti per circa 80 anni ai ritmi di consumi attuali, circa due mila e trecento miliardi di barili, (313 miliardi di tonnellate) anche se gran parte di esse devono essere ancora scoperte. Tra i secondi, invece, ci sono i geologi del King Hubbert Center della Colorado School of Mines che ritengono che la produzione dell'oro nero toccherà il suo picco in questo decennio con 85 milioni di barili al giorno per poi scendere drammaticamente a 35 milioni nel 2020. Una previsione che molti altri esperti ritengono errata. Un consulente governativo americano, Daniel Yergin, ha dichiarato al Los Angeles Times «ormai da oltre un secolo ci sono predizioni catastrofiche sull'esaurimento delle riserve petrolifere, ma in realtà l'unica cosa sicura è che il petrolio è una risorsa finita. Non sappiamo, però, quanto ce ne sia ancora nelle viscere del pianeta».

Secondo Thomas S. Ahlbrandt della Geological Survey sono stati consumati circa 710 miliardi di barili di petrolio. «Le analisi», dice Ahlbrandt, «dimostrano che ce ne sono ancora 891 miliardi sicuri più altri 688 probabili. Senza contare che ulteriori ricerche potranno portare a scoprire altri 731 miliardi di barili». Altri, però, sottolineano alcuni segnali negativi. Innanzi tutto le riserve dei paesi arabi sarebbero state sovrastimate. Poi molti giacimenti sarebbero troppo costosi da sfruttare perché situati in zone proibitive. Colin J. Campbell, un esperto che vive in Irlanda, ritiene ad esempio che le nuove scoperte daranno un massimo di 100 miliardi di barili sufficienti solo per tre o quattro anni.
Infine, altri rilevano che se le multinazionali stanno iniziando prospezioni in aree come i bacini oceanici, l'Artico e l'Antartico, qualche motivo ci sarà: cioè le famose riserve delle zone temperate non esisterebbero affatto.

Senza schierarsi con l’una o con l’altra corrente si possono, comunque, fare alcune considerazioni: è vero che negli anni '70 i catastrofisti davano per imminente l'esaurimento dei giacimenti petroliferi collocando l'esaurimento dei giacimenti per il primo decennio del nuovo secolo ed invece nel 2003 la domanda è ancora inferiore all'offerta di petrolio, rimane però il fatto che il petrolio è una fonte esauribile e calcolare quando finirà è un esercizio fondamentalmente sbagliato nel concetto: anche se per assurdo fosse sufficiente per soddisfare la domanda a costi contenuti per altri 100 o 200 anni non giustifica il fatto che si possa farlo con leggerezza considerando che in meno di 200-300 anni avremmo comunque esaurito una preziosa risorsa che non sarà più riproducibile.

E le altre fonti non rinnovabili?

Al di là dei combustibili fossili che hanno garantito lo sviluppo fino ad ora, l’altra fonte energetica che garantirebbe nell’immediato la copertura del fabbisogno energetico mondiale è il nucleare da fissione. Ma -come è noto- tale nucleare, pur se non inquina molto, ha dei problemi seri da affrontare: scorie radioattive a grande vita media, problemi relativi al sempre possibile errore umano, sicurezza dei siti da attacchi terroristici e -da ultimo- un aspetto ancora non molto noto: le riserve di Uranio (il materiale utilizzato per produrre l'energia nucleare) non sono infinite ed anzi hanno una scadenza..

Secondo un rapporto elaborato dall'agenzia dell'OCSE per l'energia nucleare (AEN) e dall'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (IAEA), pubblicato nel 1999, si stima che la quantità di uranio disponibile sul pianeta ammonti a 4 milioni di tonnellate (www.nea.fr, www.francenuc.org). Nel 1998, nel mondo, il consumo annuale d’uranio delle centrali nucleari è stato valutato pari a circa 60.000 tonnellate. A questo ritmo l'uranio sarà esaurito prima della conclusione di questo secolo.

L’unica alternativa, che rimarrebbe a questa soluzione, è quella della fusione termonucleare che è ancora molto al di là da venire e tale rimarrà -presumibilmente- per molti anni.

Ecco quindi che si pone una domanda: quale energia per un futuro sostenibile e che cioè si preoccupi dell'ambiente ma anche dello sviluppo della società?

Per il momento l'unica risposta concreta, pratica e programmatica è: le fonti rinnovabili.

Ecco quindi che le rinnovabili non saranno più solo energie pulite, "verdi", ma rappresenteranno l'unica scelta energetica a lungo periodo praticabile in tempi brevi quando le altre fonti non rinnovabili saranno esaurite.

È inutile quindi porre in essere politiche energetiche che spostandosi da un combustibile fossile all’altro cerchino di rimanere a galla quanto più possibile, bisognerebbe investire subito nella ricerca nel settore delle fonti rinnovabili, che rappresentano l’unica strada percorribile a lungo termine e che dovrebbero in breve tempo acquisire competitività ed efficienza, solo così, infatti, le fonti rinnovabili diventeranno fonti a basso costo capaci di giocare un ruolo di primo piano nello sviluppo.
Va ricordato, infatti, che la chiave per lo sviluppo è, piaccia oppure no, la disponibilità d’energia a basso costo e che tale disponibilità oggi è resa possibile solo ricorrendo alle fonti tradizionali. Questo non esclude che in futuro le cose possano e come abbiamo detto dovrebbero necessariamente cambiare tenendo conto che se consideriamo appunto l’efficienza energetica come energia a basso costo, anche i combustibili fossili a breve non saranno più competitivi.

Ad esempio, anche se non volessimo sapere quando finiranno le scorte del petrolio convenzionale (quello a buon mercato) dovremmo chiederci, però, quando la produzione comincerà ad assottigliarsi, perché l’ultimo barile di petrolio è molto più difficile da estrarre e più costoso del primo, quindi o diminuisce la domanda o salgono i prezzi, come a dire che termina il petrolio a buon mercato.

E poi va anche considerato che in realtà il prezzo delle energie rinnovabili è più alto perché integra in se l’efficienza ambientale quel costo sociale cioè (l'inquinamento ambientale produce una diminuzione di benessere per gli agenti che involontariamente sono esposti ad esso; l’inquinamento genera cioè quella che viene chiamata “esternalità” che a sua volta genera un costo sociale come ad esempio la bonifica a seguito dell’inquinamento di un sito) che dovrebbe essere aggiunto al costo dei combustibili fossili e che invece non viene considerato. In tutti i casi, nei costi dell’energia ottenuta dai combustibili fossili, manca il computo dell’impatto ambientale della combustione, cioè il prezzo di questo tipo di energia è più basso del suo costo sociale (ecco perché si è arrivati alla carbon tax che consente di consumare meno: il carbone raggiunge il suo picco di produzione nel 1996 e poi cala, visto che comincia a costare troppo). L’elettricità ottenuta per via eolica comprende il costo delle turbine e della distribuzione e non ci sono costi sociali, mentre il costo di quella ottenuta con il carbone comprende solo l’estrazione, la distribuzione, senza i costi sociali che ne derivano.

L’importante è comunque iniziare seriamente ad investire in ricerca e sviluppo nel campo delle rinnovabili perché se veramente le previsioni più recenti si rivelassero valide ci troveremmo di fronte a una sostanziale scarsità di petrolio e combustibili fossili in assenza di alternative «mature» per sostituirli. Se invece possedessimo alternative mature ed efficienti rispetto alle fonti non rinnovabili non ci sarebbe tanta preoccupazione sui dati allarmanti riguardo all’esaurimento dei combustibili fossili.

Passare dai combustibili fossili al nucleare o alle fonti rinnovabili non rappresenterebbe un salto nel buio; non sarebbe la prima volta, infatti, che l’umanità si troverebbe a passare da una sorgente energetica ad un’altra. È avvenuto per la legna che ha lasciato il passo al carbone, è avvenuto per il carbone che ha lasciato il passo al petrolio, sta tuttora avvenendo per il petrolio che sta progressivamente lasciando il passo al gas naturale.
L’età della pietra non è finita perché si esaurirono le pietre.
In effetti, quando siamo passati dal legno al carbone, non è stato perché il legno era esaurito. Quando siamo passati dal carbone al petrolio, non è stato perché il carbone era esaurito. In entrambi i casi, il passaggio è avvenuto perché si erano rese disponibili soluzioni tecnologiche piú pratiche e meno costose di quelle esistenti.

Investire in fonti rinnovabili ha un vantaggio rispetto ad investire in petrolio, non si esauriscono. Senza percorrere ipotesi fantascientifiche, (1) è possibile un futuro incentrato su rinnovabili, risparmio e migliore efficienza energetica. In effetti, a breve termine non si può ipotizzare che l’intero fabbisogno energetico di un paese sviluppato come ad esempio l’Italia possa essere coperto dalle fonti rinnovabili ma si potrebbe adottare una politica basata su un decentramento energetico:eolico (Danimarca al 15%), celle a combustibile, fotovoltaico (specie per le utenze isolate), geotermia (Italia al 2%, Nicaragua e Filippine a oltre il 26%).

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* Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio.

(1) I pannelli solari terrestri sono dispositivi di raccolta energetica dalle capacità intrinsecamente limitate per due motivi: l’assenza di luce solare diretta nelle ore notturne e l’interferenza atmosferica delle condizioni climatiche. Il programma Nasa Space Solar Power, ora abbandonato, avrebbe aggirato tali ostacoli mediante il lancio di satelliti in grado di raccogliere le radiazioni solari e ritrasmetterle sulla Terra. Un sistema che avrebbe garantito abbastanza gigawatt di elettricità da alimentare decine di migliaia di abitazioni. Tale sistema non sarebbe altro che una rivisitazione delle “Sfere di Dayson”.
La Sfera di Dyson (o guscio di Dyson) è stata originariamente proposta nel 1959 dall'astronomo Freeman Dyson in "Search for Artificial Stellar Sources of Infrared Radiation" (Ricerca di Sorgenti Stellari Artificiali nella Radiazione Infrarossa) sulla rivista Science, e presentata come una possibile maniera per una civiltà avanzata di utilizzare tutta l'energia irradiata dal proprio sole. Una Sfera di Dyson è una sfera di origine artificiale e di raggio pari a quello di un'orbita planetaria. La sfera consisterebbe di un guscio di collettori solari o di habitat posti attorno alla stella, sicché tutta l'energia emessa dalla stella (o quanto meno una significativa porzione di tale energia) colpirebbe una superficie ricevente sulla quale l'energia stessa verrebbe infine utilizzata.

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Bibliografia
Guy Dauncey e Patrick Mazza, "101 soluzioni per ridurre l'effetto serra", Franco Muzzio Editore, Roma 2003.
AAVV, "Terza Comunicazione Nazionale sui Cambiamenti climatici", Ministero dell'Ambiente, Roma 2003.
Paolo Degli Espinosa, "I limiti dell'energia", Garzanti, Roma.