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Circolare 15 Febbraio 2008, n. 1
Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali. Ulteriori chiarimenti ed indicazioni sulle modalita' applicative previste dal decreto 30 agosto 2000. Regolamento CE n. 1760/2000 - Titolo II etichettatura delle carni bovine.
(GU n. 53 del 3-3-2008)
Alle 
		Organizzazioni autorizzate ad etichettare carni bovine
		Agli Organismi indipendenti accreditati
		Alle Associazioni nazionali allevatori razze bovine
		All'Assocarni
		Alla Confederazione nazionale coltivatori diretti
		Alla Confederazione generale dell'agricoltura italiana
		Alla Confederazione italiana agricoltori
		Alla Confederazione produttori agricoli - COPAGRI
		Alla Associazione generale cooperative italiane AGCI
		All'Anca-Lega
		Alla Federazione nazionale cooperative agricole
		All'Assalzoo
		Al Consorzio italiani macellatori
		Alla Confesercenti
		Alla Confcommercio
		All'Agea
		Alla Commissione ministeriale etichettatura carni bovine
		Alle regioni e province autonome di Trento e Bolzano - Assessorati 
		agricoltura
		Al Ministero dello sviluppo economico D.G.S.P.C.
		Al Ministero della salute - Dipartimento per la sanita' pubblica 
		veterinaria, la nutrizione e la sicurezza degli alimenti
		All'Ispettorato Centrale per il controllo della qualita' dei prodotti 
		agroalimentari - ICQ
		Alla Direzione generale delle politiche agricole
		1. Premessa.
		Con circolare n. 5 del 15 ottobre 2001 (1) e circolare n. 1 del 9 
		aprile 2003 (2) sono stati forniti chiarimenti sulla predisposizione dei 
		disciplinari di etichettatura delle carni bovine e sulle modalita' 
		applicative degli stessi nell'ambito dell'etichettatura facoltativa 
		introdotta dal regolamento CE n. 1760/2000 (3) (titolo II) e dal decreto 
		ministeriale 30 agosto 2000 (4).
		(1) Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 250 del 26 ottobre 
		2001.
		(2) Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 93 del 22 aprile 
		2003.
		(3) ;Gazzetta Ufficiale della Comunita' europea L 204 dell'11 agosto 
		2000.
		(4) Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 268 del 16 novembre 
		2000.
		A seguito dell'applicazione dei disciplinari approvati per 
		l'etichettatura delle carni bovine con informazioni facoltative ed all'attivita' 
		di monitoraggio esercitata dal Ministero delle politiche agricole 
		alimentari e forestali, al fine di una piu' puntuale e corretta 
		applicazione della normativa sopra richiamata, si rende necessario 
		fornire ulteriori chiarimenti.
		2. Alimentazione zootecnica priva di grassi animali aggiunti 
		questione UNIFEED.
		Con le precedenti circolari n. 5/2001 e n. 1/2003 sono stati fissati 
		i metodi di analisi ed i limiti di accettabilita' che le organizzazioni 
		e gli organismi indipendenti, nell'ambito della rispettiva attivita' di 
		autocontrollo e di controllo, devono utilizzare per garantire 
		l'informazione di alimentazione zootecnica priva di grassi animali 
		aggiunti.
		Gli stessi organismi ed organizzazioni, hanno evidenziato che i limiti 
		di accettabilita' del colesterolo, fissati e confermati dalle predette 
		circolari n. 5/2001 e n. 1/2003, pari a «percentuale di colesterolo 
		minore o uguale a 1% sulla frazione sterolica e/o contenuto di 
		colesterolo minore o uguale a 50 mg/kg sul grasso estratto», vengono di 
		norma superati e che la percentuale di colesterolo supera i limiti sopra 
		indicati nel caso di alimentazione zootecnica sotto forma di UNIFEED.
		La stazione sperimentale per le industrie degli oli e dei grassi (SSOG), 
		investita del problema, ha evidenziato, sulla base di nuovi dati 
		sperimentali, che la percentuale relativa di colesterolo nella frazione 
		sterolica inferiore od uguale all'1.5% puo' essere confermato anche nel 
		caso in cui nella razione alimentare si utilizzano gli UNIFEED, mentre 
		l'alto contenuto di colesterolo espresso in mg/kg, presente in alcune 
		materie prime (ad es. olio di palma, alcune farine di estrazione di 
		soia, granella di mais, ecc.) utilizzate per la preparazione proprio 
		degli UNIFEED, evidenzia difficolta' di rispettare il limite 
		precedentemente stabilito di 50 mg/kg di colesterolo sul grasso 
		estratto. Infatti, il colesterolo, nella fascia piu' significativa dei 
		campioni esaminati, raggiunge valori fino 600 mg/kg. Il nuovo limite del 
		valore assoluto di colesterolo, pertanto, puo' essere fissato fino a 600 
		mg/kg.
		In conclusione per garantire l'assenza di grassi animali aggiunti 
		vengono fissati i nuovi limiti analitici di accettabilita' di 
		colesterolo nel controllo dei prodotti destinati alla alimentazione 
		zootecnica sottoforma di UNIFEED:
		a) percentuale relativa di colesterolo nella frazione sterolica: minore 
		o uguale a 1,5%;
		b) contenuto assoluto di colesterolo nel grasso estratto: minore o 
		uguale a 600 mg/kg.
		3. Controllo di rintracciabilita' attraverso analisi del DNA.
		Alcune organizzazioni hanno manifestano l'interesse a riportare in 
		etichetta, nell'ambito del proprio disciplinare di etichettatura, 
		l'informazione sull'esito del processo di rintracciabilita' adottato e 
		garantito attraverso un controllo genetico effettuato con analisi del 
		DNA degli animali e delle loro carni. Tale controllo si basa sul 
		confronto dei genotipi definiti per campioni di materiale biologico 
		dello stesso animale prelevati in momenti differenti e la verifica della 
		coincidenza dei genotipi stessi.
		In generale, la procedura operativa proposta mirerebbe a prelevare e 
		conservare un campione biologico degli animali allevati da utilizzare 
		per l'analisi del DNA e l'esecuzione del confronto con campioni di carne 
		post-macellazione per la stessa.
		L'indicazione di questo tipo potrebbe rientrare tra le informazioni che 
		possono essere apposte in etichetta purche' le organizzazioni 
		interessate sviluppino apposito protocollo operativo nell'ambito di un 
		disciplinare di etichettatura approvato, precisando:
		1) i metodi ufficiali di campionamento;
		2) i metodi ufficiali di catalogazione e conservazione;
		3) i metodi di analisi del DNA per la determinazione del genotipo del 
		campione;
		4) calcolo della stima dell'incertezza associata al metodo;
		5) la significanza statistica del numero dei siti e del numero di 
		analisi per sito per garantire con ragionevole certezza che il sistema 
		di rintracciabilita' e' garantito attraverso il confronto dei genotipi 
		ottenuti da campioni biologici dello stesso soggetto prelevati in 
		momenti diversi (soggetto vivo/soggetto macellato). Nel disciplinare 
		vanno conseguentemente sviluppati gli aspetti relativi a tale 
		informazione e precisamente:
		a) l'esecuzione del prelievo di un campione biologico sul 100% dei capi 
		attraverso il prelievo di un campione (tissutale o ematico o di pelo 
		ovvero altro materiale biologico) idoneo all'analisi del DNA, attraverso 
		metodi definiti;
		b) la spedizione dei campioni prelevati ad un laboratorio accreditato 
		SINAL;
		c) le modalita' di stoccaggio e conservazione dei campioni biologici, 
		prelevati nei siti, presso il laboratorio idoneo ed accreditato SINAL 
		per la prova di rintracciabilita' genetica delle carni di origine 
		animale ed in grado, pertanto, di procedere alla estrazione del DNA e 
		alle operazioni di confronto e verifica sui campioni in comparazione;
		d) la tempistica di consegna e conservazione dei campioni biologici 
		presso il laboratorio di stoccaggio:
		1) consegna del campione prelevato nell'arco delle 48 ore;
		2) conservazione del campione per un minimo di 48 ore dopo l'esaurimento 
		della carne di quel bovino sul mercato;
		e) il riscontro analitico su almeno un campione casuale dei capi (random) 
		estrapolato secondo le modalita' indicate dalle linee guida EAC per 
		l'applicazione delle Norme europee EN 45012:
=====================================================================
Numero di siti | Numero di siti da visitare
=====================================================================
3 | 100%
4-7 | 3, 3, 4, 4 (1)
8-11 | 4, 4, 5, 6 (1)
12-19 | 40%, minimo 6
20-29 | 30%, minimo 6
30-39 | 25%, minimo 9
40-99 | 20%, minimo 10
100-199 | 15%, minimo 21
200-399 | 10%, minimo 31
400-699 | 7%, minimo 40
700-999 | 6%, minimo 50
> 1000 | 5%, minimo 60
(1) Per 4, 5, 6, 
		7 siti rispettivamente il numero di siti da visitare vale 3, 3, 4, 4. La 
		stessa notazione viene utilizzata nel caso di un numero di siti da 8 a 
		11.
		f) la ripartizione del riscontro analitico all'interno delle varie fasi 
		di lavorazione almeno nella seguente misura minima calcolata sul 
		campione casuale di cui alla lettera e):
		- 20% nella fase di macellazione;
		- 30% nella fase di sezionamento;
		- 50% nella fase di vendita.
		g) l'analisi di rintracciabilita' delle carni mediante confronto dei 
		genotipi anche di eventuali lavorazioni per lotti di carni attribuibili 
		a due o piu' animali;
		h) le procedure previste nel caso in cui si rilevi il mancato 
		abbinamento del DNA rilevato sulla carne con quello presente in archivio 
		relativo al capo vivo. In particolare, e' necessario prevedere 
		l'immediata segnalazione all'ASL competente per territorio del mancato 
		abbinamento, alla identificazione, isolamento e blocco alla vendita 
		delle carni oggetto del mancato abbinamento eventualmente ancora 
		presenti nella filiera. Successivamente, e' necessario prevedere 
		l'immediato avvio di un'indagine per comprendere la natura dell'errore e 
		mettere in atto le relative procedure correttive. Si deve, inoltre, 
		prevedere il rafforzamento della frequenza dei controlli sul punto ove 
		si e' verificata la problematica ed in tutti i punti a monte dello 
		stesso. L'intensificazione del controllo sul sito del problema si 
		continua fino all'individuazione dello stesso e la si conserva fino alla 
		verifica della bonta' dei correttivi applicati. La chiusura della non 
		conformita' riavvia il processo di etichettatura facoltativa; 
		i) la comunicazione dell'attivazione e conclusione della procedura 
		prevista alla precedente lettera h), entro quindici giorni, segnalando 
		l'accaduto alla regione o provincia autonoma competente per territorio e 
		al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.
		Il macello, i laboratori di sezionamento, i punti vendita ed eventuali 
		altri siti che aderiscono all'organizzazione devono consentire il 
		prelievo di campioni di carne e/o altro tipo di tessuto al fine di poter 
		procedere al controllo del sistema per mezzo dell'analisi del DNA.
		L'informazione da apporre in etichetta, con l'adozione di detta 
		procedura operativa, puo' essere del tipo: «sistema controllato a 
		campione attraverso il metodo di rintracciabilita' della carne mediante 
		analisi del DNA».
		Nel caso in cui l'organizzazione miri invece a rafforzare le procedure 
		di autocontrollo piuttosto che a garantire al consumatore la certezza 
		dell'informazione «sistema controllato a campione attraverso il metodo 
		del DNA», e' possibile prevedere, nell'ambito del proprio piano di 
		autocontrollo una operativita' basata sul prelievo parziale di campioni 
		tissutale dagli animali e delle loro carni, anche limitatamente ad 
		alcuni segmenti delle filiere, e successivo controllo genetico 
		attraverso analisi del DNA. Detta verifica parziale, pertanto, 
		effettuata in autocontrollo, consentirebbe di ridurre la pressione 
		dell'autocontrollo medesimo esercitato dalla stessa organizzazione nelle 
		varie fasi della filiera produttiva medianti sistemi ispettivi e 
		documentali.
		4. Conservazione documentazione.
		In merito al periodo di tempo minimo per il quale un operatore od 
		una organizzazione e' tenuta alla conservazione della documentazione 
		necessaria a garantire la rintracciabilita' prevista dal regolamento CE 
		n. 1760/2000 e dal decreto ministeriale 30 agosto 2000, va chiarito che 
		il limite dei due anni indicato all'art. 16 del decreto ministeriale 30 
		agosto 2000, si applica indifferentemente sia per l'etichettatura 
		obbligatoria che facoltativa. Non vi e', infatti, alcun motivo, ne' 
		tecnico, ne' amministrativo per differenziare le procedure di 
		rintracciabilita' tra il sistema obbligatorio e quello facoltativo di 
		etichettatura delle carni bovine.
		La conservazione della «... documentazione cartacea e informatica 
		necessaria allo svolgimento di quanto previsto dal disciplinare ...» 
		stabilita per l'etichettatura facoltativa all'art. 16, non puo' 
		prescindere da quella concernente il sistema di identificazione e di 
		registrazione delle carni che ciascun operatore o organizzazione deve 
		implementare per poter fornire le informazioni obbligatorie previste da 
		regolamento CE n. 1760/2000 e dal decreto ministeriale 30 agosto 2000.
		Sono fatte salve, in ogni caso, le disposizioni che prevedono piu' ampi 
		termini per la conservazione della documentazione e dei registri di cui 
		alle vigenti normative sanitarie e fiscali.
		5. Allevamenti che aderiscono a piu' disciplinari.
		A seguito dell'attivita' di monitoraggio, esercitata dal Ministero 
		delle politiche agricole alimentari e forestali sulle organizzazioni 
		autorizzate ad etichettare le carni bovine con informazioni facoltative, 
		e' emerso che alcuni allevamenti aderiscono, per ragioni economiche, a 
		piu' organizzazioni di etichettatura. E' intuitivo che detti allevamenti 
		devono garantire e soddisfare contestualmente le condizioni previste da 
		tutti i disciplinari a cui aderiscono. Il protocollo operativo approvato 
		nel contesto di un disciplinare di etichettatura deve prevedere, quindi, 
		l'obbligo da parte dell'allevatore di allevare tutti i bovini presenti 
		nella propria azienda secondo le norme previste dal disciplinare di 
		etichettatura che prevede i maggiori vincoli per l'allevatore stesso o 
		che soddisfino contestualmente i vincoli dei disciplinari a cui 
		aderiscono, indipendentemente dalla destinazione degli animali allevati. 
		In particolare, le procedure riguardanti le tecniche di allevamento e 
		l'alimentazione devono interessare indistintamente tutti i bovini 
		presenti in azienda e non solo quelli destinati ad una organizzazione 
		piuttosto che all'altra. Di contro, nelle aziende dotate di strutture 
		indipendenti, e' possibile suddividere l'azienda medesima sulla base 
		delle norme previste dai vari disciplinari. In quest'ultimo caso, le 
		stalle e le relative pertinenze, nonche' le attrezzature utilizzate (es. 
		carro UNIFEED) devono essere ben delimitate e preventivamente 
		individuate.
		6. Marchi privati e certificazioni volontarie.
		Ad integrazione di quanto gia' indicato nella circolare n. 5 del 15 
		ottobre 2001 e nella circolare n. 1 del 9 aprile 2003, allorche' 
		l'organizzazione voglia applicare un sistema di qualita' aziendale o di 
		prodotto, e' ammesso l'utilizzo, sulle confezioni, di informazioni 
		relative a certificazioni volontarie regolamentate attestate da 
		organismi terzi.
		6.1. Certificazioni di prodotto e di processo.
		Relativamente alle certificazioni di prodotto e di processo si richiama 
		quanto segue:
		1) certificazioni volontarie di prodotto che non prevedono requisiti 
		specifici ma prevedono la certificazione di aspetti che riguardano 
		principalmente l'implementazione di un sistema organizzativo/gestionale 
		dell'organizzazione che si fa carico della gestione/controllo della 
		filiera produttiva per uno specifico prodotto (es. UNI 10939:01, ISO 
		22005 ecc. ) sono ammesse a condizione di riportare chiaramente sulla 
		confezione gli estremi della certificazione (ente, tipo di 
		certificazione, n. certificato); 
		2) certificazioni volontarie di sistema (es. ISO 9001:00, ISO 22000 
		etc.) possono essere comunicate sulla confezione;
		3) certificazioni volontarie di prodotto che prevedono, da parte 
		dell'organizzazione certificata, il controllo centralizzato di requisiti 
		igienico sanitari aggiuntivi rispetto a quelli normalmente previsti 
		dalla normativa vigente sono ammesse a condizione di riportare 
		chiaramente sulla confezione gli estremi della certificazione (ente, 
		tipo di certificazione, n. certificato);
		4) non possono, invece, essere citate in etichetta certificazioni 
		volontarie di prodotto relative a requisiti specifici (es. NO OGM, 
		alimentazione vegetale, omega 3, benessere animale) in assenza di un 
		disciplinare di etichettatura facoltativa approvato ai sensi del 
		regolamento CE n. 1760/2000 e del decreto ministeriale 30 agosto 2000.
		6.2. Marchi privati e collettivi.
		L'uso di marchi privati e collettivi registrati sulle confezioni delle 
		carni e' ammesso a condizione che i marchi medesimi non siano tali da 
		fornire informazioni che dovrebbero essere invece previste in un 
		disciplinare di etichettatura facoltativa approvato ai sensi del 
		regolamento CE n. 1760/2000 e del decreto ministeriale 30 agosto 2000. 
		Qualora il marchio in questione sia riferito alla denominazione/logo 
		dell'organizzazione autorizzata dal Ministero delle politiche agricole 
		alimentari e forestali, il marchio puo' comparire nell'etichetta tra le 
		informazioni obbligatorie.
		6.3. Ulteriori modalita' di comunicazione marchi privati e 
		certificazioni volontarie.
		Le suddette certificazioni e marchi privati e/o collettivi, al fine di 
		facilitare l'operativita', possono essere contenute anche in unica 
		etichetta con le informazioni previste dal regolamento CE n. 1760/2000 e 
		del decreto ministeriale 30 agosto 2000, purche' sia evidente una 
		separazione fisica tra le certificazioni e marchi e le informazioni 
		medesime. La separazione fisica puo' essere realizzata graficamente, 
		raggruppando le informazioni relative alla etichettatura in un apposito 
		spazio in etichetta. In ogni caso, l'etichetta unica deve essere 
		espressamente prevista ed approvata nell'ambito del disciplinare di 
		etichettatura.
		7. Denominazione di vendita «Vitello» e «Vitellone».
		Con il regolamento (CE) n. 700/2007 del Consiglio dell'11 giugno 
		2007 (5) «relativo alla commercializzazione della carne da bovini di 
		eta' non superiore a dodici mesi» e' stata approvata la fissazione delle 
		denominazioni di vendita che devono essere utilizzate in ogni Stato 
		membro per la commercializzazione delle carni ottenute da animali delle 
		categorie di eta' 0 a 8 mesi e da 8 a 12 mesi, con l'obbligo di indicare 
		la categoria di eta' dei capi al momento della macellazione.
		In Italia per le carni della prima categoria la denominazione di vendita 
		sara' «vitello» o «carne di vitello», mentre per quelle della seconda 
		categoria e' prevista la denominazione «vitellone» o «carne di 
		vitellone».
		(5) Gazzetta Ufficiale della Comunita' europea L 161 del 22 giugno 2007.
		Per quanto concerne l'indicazione in etichetta delle categorie dei 
		bovini adulti, stabilite dal regolamento CEE n. 1208/81 (6), attualmente 
		sostituito dal regolamento CE n. 1183 del 24 luglio 2006 (7), valgono le 
		indicazioni fornite con circolare n. 5 del 15 ottobre 2001 e circolare 
		n. 1 del 9 aprile 2003.
		Piu' precisamente, in caso di bovini di eta' superiore ai dodici mesi, 
		qualora si intendono riportare in etichetta le terminologie commerciali 
		riferite alle categorie di cui al citato regolamento CE n. 1183/2006, e' 
		fatto obbligo di disporre di un disciplinare di etichettatura 
		facoltativo.
		Per quanto concerne la classificazione merceologica delle carni 
		provenienti da animali di eta' superiore ai dodici mesi rimane validi
		quanto disposto dalla legge 4 aprile 1964, n. 171 (8) cosi' come 
		modificata dall'art. 22 della legge 22 dicembre 1969, n. 964 (9).
		8. Modalita' di emissione della documentazione nell'ambito 
		dell'etichettatura facoltativa.
		Alcune organizzazioni prevedono, tra la documentazione predisposta 
		nelle forniture di carne bovina ad operatori non appartenenti alla 
		propria organizzazione di etichettatura facoltativa, anche documenti 
		riepilogativi o vere e proprie etichette «informazioni per i 
		consumatori», nelle quali riportano sia le informazioni obbligatorie che 
		quelle facoltative previste dal proprio disciplinare di etichettatura 
		approvato dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.
		Il trasferimento di informazioni facoltative ad altro operatore esterno 
		all'organizzazione medesima presuppone il possesso da parte di 
		quest'ultimo di un disciplinare di etichettatura autorizzato dal 
		Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. In mancanza 
		di detto disciplinare non e' possibile l'utilizzo in alcun modo delle 
		informazioni facoltative, anche se queste ultime sono apposte in 
		etichette direttamente sulla carne. Di contro si possono trasferire, 
		secondo le prescrizioni del Regolamento (CE) n. 1760/2000, 
		esclusivamente le informazioni obbligatorie.
		L'illecito uso delle informazioni facoltative e' sanzionato dall'art. 5 
		del decreto legislativo 29 gennaio 2004, n. 58 (10) e coinvolge anche le 
		organizzazioni che incautamente le hanno fornite. 
		Le organizzazioni autorizzate ad etichettare le carni bovine con 
		informazioni facoltative vengono pertanto invitate a non fornire 
		documentazioni con informazioni facoltative medesime ad operatori non 
		appartenenti alla stessa organizzazione o associati ad altra 
		organizzazione che non sia in possesso di un disciplinare autorizzato. 
		Se cio' non fosse possibile per ragioni organizzative, le stesse 
		organizzazioni devono prevedere (6) Gazzetta Ufficiale della Comunita' 
		europea L 141 del 14 febbraio 1991.
		(7) Gazzetta Ufficiale della Comunita' europea L 214 del 4 agosto 2006.
		(8) Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 92 del 13 aprile 
		1964.
		(9) Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 327 del 30 dicembre 
		1969.
		(10) Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 51 del 2 marzo 
		2004. opportune avvertenze sulla documentazione di accompagnamento in 
		questione che, in ogni caso, diffidi l'uso diretto o indiretto delle 
		informazioni facoltative in mancanza di disciplinare autorizzato dal 
		Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.
		9. Indicazione per riportare in etichetta informazioni riguardanti 
		l'allevamento, l'alimentazione e la tecniche di allevamento. 
		
Le informazioni 
		da riportare in etichetta relative alle tecniche di allevamento, 
		all'alimentazione e all'indicazione della denominazione e sede o regione 
		dell'allevamento devono essere sempre abbinate al «periodo per il quale 
		detta informazione e' effettivamente garantita». L'assenza di 
		quest'ultima informazione lascerebbe intendere che le informazioni in 
		questione sono state garantite dalla nascita del bovino. Cio' non e' in 
		linea con l'obiettivo di fornire ai consumatori un'informazione corretta 
		e trasparente ed e' in contrasto con gli obiettivi fissati dal 
		Regolamento (CE) n. 1760/2000 e con il decreto legislativo 27 gennaio 
		1992, n. 109 (11) cosi' come modificato dall'art. 2 del decreto 
		legislativo 23 giugno 2003, n. 181 (12).
		Pertanto, i disciplinari di etichettatura che prevedono informazioni 
		relative alle tecniche di allevamento, all'alimentazione e 
		all'indicazione della denominazione e sede o regione dell'allevamento 
		devono sempre prevedere anche l'indicazione del periodo al quale fanno 
		riferimento e per il quale sono garantite, periodo che non puo' essere 
		inferiore ai quattro mesi. 
		10. Indicazioni per riportare in etichetta informazioni riguardanti 
		«razza», «tipo genetico» e «meticcio».
		Tra le informazioni facoltative relative all'animale hanno acquisito 
		un rilevante interesse quelle concernenti il genotipo dell'animale 
		medesimo ed in particolare l'indicazione di «razza» o di «tipo 
		genetico».
		Mentre per la definizione di «razza» la pratica attualmente seguita e' 
		soddisfacente, il bovino deve risultare iscritto al relativo libro 
		genealogico, le definizioni di «tipo genetico» o «incrocio» o ancora 
		«meticcio» lasciano ampio spazio ad equivoci ed incertezze.
		Ora, poiche' la legge 15 gennaio 1991, n. 30 (13), recante disciplina 
		della riproduzione animale e successive modificazioni, prevede che i 
		riproduttori bovini maschi debbono essere iscritti ad un L.G. di razza 
		italiano o estero, la razza del padre di qualunque bovino e' l'unico 
		elemento certo e verificabile.
		Pertanto, tutte le fattispecie riguardanti bovini non di razza pura 
		possono essere individuate con la dizione «tipo genetico: incrocio di 
		(seguito dalla razza del padre)».
		(11) Supplemento ordinario n. 31 alla Gazzetta Ufficiale della 
		Repubblica italiana n. 39 del 17 febbraio 1992.
		(12) Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 167 del 21 luglio 
		2003.
		(13) Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 24 del 29 gennaio 
		1991.
		Le organizzazioni in possesso di un disciplinare di etichettatura 
		autorizzato, che prevedono la possibilita' di riportare in etichetta, 
		tra le informazioni facoltative, le diciture «razza», «tipo genetico» o 
		«meticcio/incrocio» devono attenersi, pertanto, alle seguenti 
		indicazioni:
		a) tipo genetico: in etichetta l'informazione dovra' essere riportata 
		come «tipo genetico: incrocio di (seguito dalla razza del padre)»;
		b) razza: in etichetta l'informazione dovra' essere riportata come 
		«razza: (seguita dal nome della razza)». Si fa rilevare che per potere 
		indicare la razza e' necessario che il bovino sia iscritto ad un libro 
		genealogico.
		In tutti i casi dovra' essere garantita la veridicita' delle 
		informazioni sia in termini di autocontrollo da parte 
		dell'organizzazione che di controllo da parte dell'organismo 
		indipendente.
		11. Nuove indicazioni per la predisposizione del piano dei controlli 
		da parte degli organismi indipendenti.
		Il sistema di etichettatura facoltativa delle carni bovine esige che 
		l'operatore o l'organizzazione autorizzata svolga un fondamentale ruolo 
		di autocontrollo sull'attivita' degli operatori aderenti al 
		disciplinare. Sulla base di tale presupposto ne deriva che l'attivita' 
		di controllo svolta dall'organismo di controllo (OdC) incaricato 
		rappresenta prioritariamente un'azione di verifica dell'efficacia 
		dell'autocontrollo dell'organizzazione e pertanto deve essere modulata 
		in funzione delle criticita' legate alla tipologia ed alla struttura 
		logistica ed organizzativa dell'operatore e dell'organizzazione 
		medesima, alla natura delle informazioni facoltative previste dal 
		disciplinare ed alla affidabilita' del piano di autocontrollo. I 
		risultati delle azioni di controllo evidenziati dai vari organismi di 
		controllo e la valutazione del ruolo e dell'efficacia degli 
		autocontrolli messi in atto finora consentono di rivedere le frequenze 
		di controllo definite nella circolare n. 1 del 9 aprile 2003.
		Dall'esame delle relazioni pervenute al Ministero delle politiche 
		agricole alimentari e forestali, sull'attivita' degli anni passati, si 
		evince che siti operativi quali il macello ed il laboratorio di 
		sezionamento, nonche' il mangimificio (anche aziendale) in caso di 
		informazioni riguardanti l'alimentazione degli animali, costituiscono 
		punti nodali nei quali il verificarsi di una non conformita' rischia di 
		ripercuotersi in modo determinante su tutta la filiera a valle.
		E', pertanto, opportuno differenziare l'intensita' del controllo 
		dell'organismo di controllo nelle diverse fasi del ciclo produttivo, 
		privilegiando il rafforzamento delle verifiche nei succitati segmenti 
		della filiera.
		L'obiettivo di ridefinire le frequenze minime da adottare nella 
		attivita' di controllo da parte degli organismi terzi, pertanto, e' 
		quello di indicare procedure idonee a correggere situazioni di non 
		conformita'.
		A seguito delle sopra esposte considerazioni gli interventi ispettivi di 
		controllo effettuati dagli organismi di controllo, presso i diversi 
		operatori della filiera vanno rimodulati con la frequenza minima annuale 
		di seguito riportata:
		
		
		organizzazione => 2 volte sul 100%
		
		mangimifici (1) => 1 volta sul 100%
		
		allevamenti => 1 volta sulla radice di Ni (*) dei siti
		
		macelli => 1 volta sul 100%
		
		laboratori di sezionamento => 1 volta sul 100%
		
		piattaforme => 1 volta sulla radice di Ni (*) dei siti
		
		punti vendita => 1 volta sulla radice di Ni (*) dei siti
		
		Il numero di siti da verificare secondo il criterio della radice 
		quadrata deve essere stabilito arrotondando per eccesso il risultato.
		Il controllo, inoltre, deve essere equamente distribuito nel corso 
		dell'anno e non concentrato solo in alcuni e noti periodi. E' possibile 
		concentrare i controlli in particolari periodi esclusivamente se l'attivita' 
		di etichettatura dell'operatore o dell'organizzazione evidenzia dei 
		picchi di intensita' in particolari periodi dell'anno.
		Analogamente si ritiene che nel caso di disciplinari che prevedono 
		informazioni relative all'alimentazione le verifiche analitiche siano 
		effettuate dall'organismo di controllo secondo il seguente criterio:
		a) presso ogni mangimificio aderente al disciplinare (fatta eccezione 
		per i mangimifici in possesso di certificazione volontaria di prodotto a 
		copertura delle informazioni previste dal disciplinare) deve essere 
		prelevato almeno un campione/anno da sottoporre alla determinazione 
		analitica di tutti i parametri previsti dal disciplinare;
		b) negli allevamenti devono essere effettuati un numero di controlli 
		analitici pari a radice di Ni (ove Ni e' il numero di allevamenti che 
		garantiscono informazioni omogenee relative all'alimentazione) 
		effettuati su campioni di alimento zootecnico prelevato in allevamento 
		alla mangiatoia;
		c) negli allevamenti con mangimificio aziendale si utilizzano gli stessi 
		criteri stabiliti per i mangimifici aderenti all'organizzazione.
		Nel caso in cui il controllo evidenzi delle non conformita' l'organismo 
		di controllo deve:
		1) acquisire tutte le informazioni relative alla causa della non 
		conformita', al trattamento dell'eventuale prodotto non conforme, 
		all'azione correttiva che l'organizzazione intende attuare al fine di 
		evitare il ripetersi della non conformita' ed ai tempi di attuazione 
		della misura correttiva;
		(1) Ad eccezione di quelli in possesso di una certificazione volontaria 
		a copertura delle informazioni previste dal disciplinare approvato.
		(*) Ni e' il numero di siti ascrivibili al gruppo esimo di siti omogenei 
		compresi nella filiera, secondo il criterio descritto da SINCERT nel 
		Regolamento tecnico RT 17 - prescrizioni per l'accreditamento delle 
		certificazioni a fronte della norma UNI 10939:01 «Sistemi di 
		rintracciabilita' nelle filiere agroalimentari (requisiti minimi)».
		2) valutare e approvare gli interventi correttivi proposti 
		dall'organizzazione;
		3) valutare la risoluzione della non conformita' (la verifica della 
		risoluzione della non conformita' puo' essere effettuata presso il sito 
		in cui e' stata rilevata o, quando possibile, presso la sede 
		dell'organizzazione);
		4) disporre - in caso di necessita' - anche un aumento della frequenza 
		dei controlli rispetto a quanto previsto dal piano dei controlli 
		approvato dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali 
		e/o prescrive altre azioni all'organizzazione, quali per esempio: 
		modifiche procedurali, variazioni al disciplinare (per essere operative 
		devono essere approvate dal Ministero delle politiche agricole 
		alimentari e forestali), formazione degli operatori etc.
		L'organismo di controllo, nella predisposizione del piano dei controlli 
		deve prevedere, nel caso riscontri non conformita' gravi, che rendono il 
		prodotto non conforme ai requisiti previsti dal disciplinare di 
		etichettatura, non rilevate dal sistema di autocontrollo, un incremento 
		della frequenza del controllo sugli elementi esaminati, secondo uno 
		schema prefissato, stabilito dell'organismo di controllo medesimo, in 
		base ad un calcolo dei rischi. Le eventuali ulteriori non conformita' 
		rilevate a seguito dell'incremento del controllo si cumulano con le 
		precedenti, determinando una ulteriore intensificazione della frequenza 
		del controllo. La frequenza del controllo, potra' essere riportata a 
		quella iniziale prevista dal piano dei controlli solo dopo la verifica 
		dell'assenza di non conformita' nei siti campionati.
		Come previsto dal decreto 30 agosto 2000 tutte le non conformita' 
		riscontrate (corredate della causa della non conformita', del 
		trattamento e della relativa azione correttiva definita 
		dall'organizzazione e/o prescritta dall'organismo di controllo) devono 
		essere comunicate entro quindici giorni al Ministero delle politiche 
		agricole alimentari e forestali e alla regione dove ha la sede 
		l'organizzazione medesima. Sulla base della gravita' delle non 
		conformita' riscontrate il Ministero delle politiche agricole alimentari 
		e forestali puo' stabilisce ulteriori eventuali azioni.
		Almeno in occasione della relazione annuale l'organismo terzo deve 
		comunicare al Ministero delle politiche agricole e forestali lo stato 
		delle non conformita' riscontrate.
		12. Comunicazione inizio attivita' etichettatura.
		Le organizzazioni e gli organismi di controllo designati, 
		autorizzati dal Ministero delle politiche agricole alimentari e 
		forestali, rispettivamente, ad etichettare le carni bovine con 
		informazioni facoltative e ad esercitare i controlli di conformita' 
		sulla corretta gestione del disciplinare di etichettatura, devono 
		comunicare, al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali 
		medesimo e alla regione o provincia autonoma, la data di attivazione del 
		disciplinare approvato entro quindici giorni dall'inizio dell'attivita' 
		di etichettatura facoltativa. Devono essere, inoltre, comunicate 
		tempestivamente eventuali sospensioni dell'attivita' di controllo. In 
		tal caso, risulta evidente, che non sono soddisfatte le condizioni 
		previste dal regolamento CE n. 1760/2000 e dal decreto ministeriale 30 
		agosto 2000 e, pertanto, l'attivita' di etichettatura prevista dal 
		disciplinare approvato deve essere sospesa fintanto che non saranno 
		ripristinate tutte le condizioni previste dalla normativa vigente.
		13. Predisposizione piani di autocontrollo e piani dei controlli. 
		Per facilitare la lettura dei piani di autocontrollo e dei piani di 
		controllo da parte degli incaricati alla vigilanza esercitata dalla 
		pubblica amministrazione, e' stata evidenziata la necessita' che detti 
		piani siano redatti in un unico documento, da assemblare a cura 
		dell'organizzazione autorizzata, cosi' come previsto dalla circolare n. 
		1/2003. Fermo restando che la stesura del piano di autocontrollo e del 
		piano di controllo devono essere effettuata, rispettivamente, 
		dall'organizzazione e dall'organismo di controllo sempre secondo lo 
		schema proposto dalla circolare n. 1/2003 per la parte di propria 
		competenza.
		14. Organismi indipendenti designati ai controlli: autorizzazioni.
		La documentazione che deve essere presentata per gli organismi 
		indipendenti di controllo accreditati SINCERT o gia' autorizzati dal 
		Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, prevista alla 
		lettera «E) Organismi indipendenti di controlli, autorizzazioni, della 
		circolare n. 1/2003, deve essere integrata con i tariffari predisposti 
		dagli organismi indipendenti medesimi per lo svolgimento dell'attivita' 
		di controllo previsto. Eventuali variazioni di detti tariffari devono 
		essere comunicate in occasione della presentazione delle relazioni 
		annuali predisposte, dagli organismi indipendenti, in ottemperanza a 
		quanto previsto dal decreto ministeriale 13 dicembre 2001 (14).
		15. Adeguamento disciplinari e piani di controllo.
		Le procedure previste nei disciplinari e nei piani di controllo 
		vigenti, non in linea con le istruzioni di cui alla presente circolare, 
		dovranno essere adeguate e rese operative entro sei mesi dalla data di 
		pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della presente circolare stessa.
		
		Roma, 15 febbraio 2008
		Il direttore generale
		per la qualita' dei prodotti agroalimentari
		La Torre
		(14) Gazzetta Ufficiale n. 23 del 28 gennaio 2002.