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  A.I.B.  

Operazioni di spegnimento

 

Le operazioni di spegnimento si possono dividere in tre fasi principali: avvistamento, spegnimento (diviso in attacco indiretto, attacco diretto e tecnica mista) e bonifica.

  Centro operativo aereo unificato (INTERVENTI CON MEZZI AEREI)

  Intervento notturno

  Cause principali degli incendi

  Regole da seguire

 

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 Avvistamento dell’incendio: può essere occasionale cioè effettuato da comuni passanti o dagli abitanti della zona interessata, oppure organizzato dai volontari o dal Corpo Forestale in punti di avvistamento fisso (torrette o luoghi panoramici) o mobile (sorveglianza) percorrendo continuamente le zone a rischio in auto, moto, motorino o bicicletta. Con la sorveglianza si ottiene un certo effetto deterrente nei confronti degli incendiari; ma essa non sostituisce l’avvistamento, più efficiente nell’individuare tempestivamente i focolai.

L’avvistamento occasionale va incrementato ed educato attraverso la sensibilizzazione e la diffusione dei numeri telefonici del Corpo Forestale (stazioni locali), dei Vigili del Fuoco e dei Gruppi di Volontariato Antincendio. Molto spesso le persone che telefonano per segnalare un incendio sono imprecise e poco chiare, sta alla bravura di chi riceve la telefonata capire qualcosa.

IN GENERALE BISOGNA SEGUIRE LE SEGUENTI REGOLE:

Chiedere nominativo e numero telefonico di chi chiama (per eventuali verifiche), il punto da dove è stato avvistato il fuoco o il fumo (località, via, altri chiari punti di riferimento), il nome della località dove si sta sviluppando il fuoco.

Prima di effettuare le chiamate di emergenza è bene fare qualche rapida verifica e, quando si avverte il Corpo Forestale, bisogna specificare i casi dubbi evitando di dare per scontato ciò che non lo è.

Per quanto riguarda l’avvistamento organizzato, risulta evidente la necessità di un collegamento continuo con la base via radio o telefono (cellulare). Chi segnala l’incendio deve essere breve e preciso ed oltre a specificare il luogo, deve dare anche un’idea delle dimensioni, del tipo di vegetazione interessata e delle strade per raggiungere l’incendio. In base, una volta accertata l’esistenza dell’incendio, lo si segnala al NUMERO VERDE 1515, dopodiché si chiamano i volontari pronti nel punto di partenza o a casa secondo una catena prestabilita di telefonate (o chiamate radio), di cui tutti i volontari hanno uno schema, in modo che dalla base non si facciano più di 4 o 5 telefonate. In base si decide e si comunica l’orario in cui è prevista la partenza dal luogo prestabilito (da 10 a 15 minuti dalla chiamata).

Nel punto di partenza i volontari, se non dispongono di un’autopompa, metteranno il materiale già preparato su una o due automobili, quindi partiranno alla volta dell’incendio. Durante il tragitto è bene non lasciarsi prendere dall’agitazione e dalla fretta, cinque minuti in più non pregiudicano lo spegnimento, mentre è importante prendere la strada giusta.

Si tenga presente che il maggior impiego di tempo tra la segnalazione e l’inizio dello spegnimento è dovuto soprattutto alle chiamate che la base deve effettuare, le verifiche, i preparativi di ciascun volontario e quelle della squadra, ed il momento in cui giunti nei pressi dell’incendio bisogna decidere in quale punto avvicinarsi e cominciare l’attacco. Se si riesce ad arrivare sull’incendio in meno di 30 minuti dalla chiamata si può essere soddisfatti; come tempo limite si possono tenere presenti i 45 minuti.

Nel caso la squadra sia dotata solo di mezzi manuali e meccanici leggeri, bisogna lasciare le automobili in un posto al sicuro dal fuoco e in modo da non intralciare il passaggio, in posizione adatta ad un rapido allontanamento; se l’incendio è lontano dalla strada gli uomini sceglieranno la via meno faticosa e più comoda anche se più lunga, procedendo con passo regolare non affrettato: è inutile arrivare sul fuoco con l’affanno.

Evitare categoricamente di raggiungere l’incendio dall’alto o con il vento contro, preferire sempre gli spostamenti in piano lungo le curve di livello, tenendosi sulla zona già bruciata o lungo il margine di questa dove il fuoco è già estinto.

Con l’autopompa invece ci si avvicina nel punto più idoneo all’attacco mettendo l’automezzo in posizione di fuga, il coordinatore bada alla pompa e al resto mentre gli altri due volontari procederanno con la lancia verso le fiamme. Anche in questo caso evitare di raggiungere l’incendio dall’alto e contro vento.

Spegnimento: come abbiamo visto, un incendio forma un perimetro irregolare contenente la zona bruciata ed avanza allargandosi a macchia d’olio. Il perimetro dell’incendio presenta sempre una zona dove le fiamme sono più alte e dove avanzano più rapidamente in direzione del vento o in salita: questo è il fronte o la testa dell’incendio che in minor tempo percorre una maggiore superficie, ed è questo il punto che in teoria sarebbe meglio bloccare per primo. In pratica però, la testa dell’incendio è anche la parte dove le fiamme sono più inavvicinabili e pericolose, nel caso di incendi di steppa o di gariga risulta ancora più praticabile un attacco diretto alla testa dell’incendio ma già in incendi di macchia bassa, anche disponendo di un’autopompa, si incontrano notevoli difficoltà che rendono pericoloso e molto lento l’intervento. Un altro motivo che rende pericoloso questo attacco è che il fianco sinistro e il fianco destro dell’incendio possono sempre trasformarsi in una nuova testa più in baso o sopravvento. L’intervento sulla testa dell’incendio può essere vantaggioso solo se indiretto o supportato da mezzi aerei.

 

 L’attacco indiretto con la creazione di fasce tagliafuoco presuppone la disponibilità di decespugliatori, di motoseghe, di un certo numero di volontari addetti al taglio e alla rimozione del materiale vegetale ma soprattutto di tempo, ottime previsioni sull’andamento dell’incendio e possibilità di allontanarsi rapidamente dalla zona, nel caso venisse raggiunta anzitempo dalle fiamme. Proprio per evitare ogni rischio, le fasce tagliafuoco devono venir create a grande distanza dal fronte (anche centinaia di metri), tanto maggiore quanto maggiore è la sua velocità di avanzamento e quanto maggiore è il tempo impiegato nel completare la fascia.

Il modo più rapido per creare delle fasce tagliafuoco è quello di appoggiarsi a zone già libere dalla vegetazione e ad ostacoli come muri a secco, stradine, sentieri, lastroni di roccia, ecc., ampliando e rendendo continui gli spazi privi di vegetazione. Se il fronte risale in pendio si cercherà di creare una linea tagliafuoco a monte in un punto dove la pendenza è minore (terrazzamento, dosso, ecc.).

Maggiore è l’altezza della vegetazione, la pendenza, la velocità del vento, maggiore dovrà essere la larghezza della fascia: da 2 - 3 metri a 10 -20 metri di larghezza, cioè da una a due volte l’altezza della vegetazione. La cosa migliore sarebbe ottenere una fascia tagliafuoco che non sia parallela al fronte ma inclinata rispetto a questo (e quindi più lunga), in modo che venga raggiunta gradualmente dal fuoco permettendo agli uomini di controllare lo spegnimento punto per punto avanzando lungo la fascia man mano che il fuoco arriva.

Si inizia a tagliare la vegetazione formando prima un comodo sentiero lungo quanto la fascia che si prevede di fare; quindi si procede allargandolo sul lato verso il fuoco: per primi avanzeranno gli uomini con i decespugliatori distanziati tra loro, poi seguiranno quelli dotati di motosega che taglieranno le piante più grosse (tutti coloro che usano decespugliatori e motoseghe dovranno indossare le protezioni specifiche e lavorare a non meno di 3 metri l’uno dall’altro). Infine dietro ci saranno diverse persone per sfrondare e spostare il materiale tagliato dalla parte opposta a quella che sarà raggiunta dalle fiamme. Per trascinare la ramaglia si possono usare delle funi. Se si opera nella macchia alta o nella lecceta, ci sono grossi problemi per le dimensioni delle piante e si può decidere di limitarsi ad abbattere le piante asportando solo le chiome e lasciando in terra, distanziati tra loro, i tronchi ed i rami più grossi, il fuoco rallenterà comunque e le fiamme si abbasseranno notevolmente fino ad estinguersi. La fascia tagliafuoco in questo caso dovrà essere molto larga in modo da permettere un buon controllo se il fuoco cominciasse ad attraversarla. Una volta eliminata la vegetazione arborea e arbustiva, bisognerà ripulire il terreno con l’aiuto di rastri e zappaccette; se non c’è tempo basterà ripulire una stretta striscia ( 1 - 2 metri) all’interno della fascia. Se si dispone di acqua e di ritardanti si può irrorare la vegetazione lungo la fascia tagliafuoco aumentandone la sicurezza. La creazione di fasce tagliafuoco durante l’incendio va concordata con il coordinatore ufficiale del Corpo Forestale.

Risulta chiaro che l’attacco indiretto non prescinde quasi mai da quello diretto poiché sarà comunque necessario stringere l’incendio ai lati perché non aggiri la fascia tagliafuoco, inoltre sarà necessario controllare con l’azione diretta eventuali attraversamenti che possono rendere vano il lavoro fatto.

Per completare una fascia tagliafuoco possono essere necessarie ore di lavoro per una decina di uomini e, in presenza di forti venti, le faville possono portare il fuoco a molti metri di distanza. Per questi motivi vi si ricorre raramente e solo in casi particolari cioè quando non c’è altro modo di risolvere l’incendio, quando si tratta di salvare zone preziose, quando la topografia e la vegetazione del luogo la rendono particolarmente efficace, di rapido e sicuro completamento.

In ogni caso per incendi di gariga e di macchia bassa l’uso del decespugliatore rende piuttosto conveniente questo sistema (bastano anche fasce larghe 2 - metri).

 

 Una tecnica mista tra l’attacco diretto e quello indiretto, idonea nella macchia bassa, consiste proprio nel creare una corta (10 -15 metri) e sommaria fascia tagliafuoco (larga 2 -3 metri) lungo un fianco dell’incendio, in modo da rendere più agevole l’attacco diretto quando il fuoco raggiunge la zona liberata dalla vegetazione; una volta estinte le fiamme lungo questo tratto, si procede ad aprire una corta fascia successiva e così via. Impiegando questo sistema la squadra di spegnimento e la squadra addetta al decespugliamento si alternano tra loro fino al raggiungimento della testa dell’incendio ed al suo completo spegnimento.

Questo sistema è meno rischioso poiché è più facile prevedere l’andamento dell’incendio per i seguenti 15 0 20 minuti piuttosto che per le seguenti due ore; i volontari addetti al decespugliamento per allontanarsi dalla fascia devono percorrere pochi metri per trovarsi in zona sicura, estinta e presidiata dalla squadra di spegnimento; comporta un minore affaticamento di tutti gli uomini. Un altro vantaggio dell’attacco diretto - indiretto consiste nella possibilità di ridurre la distanza di sicurezza tra la linea del fuoco e fascia tagliafuoco, limitando la superficie bruciata, grazie alle migliori previsioni consentite.

Per quanto riguarda l’uso del controfuoco dell’attacco indiretto, nessun volontario, per quanto esperto, può permettersi la responsabilità di aggravare la situazione e il rischio di mettere in pericolo delle vite umane. Ne va assolutamente escluso l’uso da parte dei volontari.

 

 L’attacco diretto alle fiamme non è uno scontro frontale con l’incendio bensì un attento e faticoso lavoro ai fianchi di questo.

Anche in questo caso sono necessarie ottime previsioni sull’andamento dell’incendio. La scelta del punto d’attacco è estremamente importante per l’esito finale; essa dipenderà molto dalle attrezzature e dal numero di volontari disponibili.

Il punto d’attacco migliore in genere è uno dei due lati dell’incendio, nella parte più vicina alla coda. La scelta di uno o dell’altro lato è legata in primo luogo alla previsione dello sviluppo dell’incendio, cioè si cercherà di bloccare il lato che rivela più distruttivo, in secondo luogo alla facilità o possibilità di intervento.

Il perimetro dell’incendio viene spento andando in direzione della testa e gli uomini non si pongono né alle spalle né di fronte alla linea del fuoco, ma lateralmente, a cavallo tra la zona combusta e quella incombusta; dietro di loro altri consolidano e sorvegliano la parte del perimetro già estinta (coprendo le spalle a chi effettua il primo spegnimento). Questo procedimento viene seguito sia da volontari dotati esclusivamente di mezzi manuali sia da volontari dotati del getto di una motopompa.

Gli uomini che operano sulle fiamme si alternano rapidamente tra loro in modo da non rimanere a lungo esposti a fiamme e calore (5 minuti al massimo per chi usa i flabelli o le pompe a zaino, 10 -15 minuti per chi usa una lancia o un soffiatore).

L’estinzione viene curata in prima persona dal caposquadra. Le fiamme vengono affrontate nel momento in cui si abbassano, quando il vento cala o quando la vegetazione si fa più rada o meno combustibile. Appena le fiamme si rialzano, i volontari si ritirano velocemente a distanza di sicurezza nella zona già estinta, preferibilmente sul bruciato, in attesa di un nuovo momento favorevole. Lo spegnimento diretto consiste proprio in continui attacchi e ritirate effettuati con rapidità ed intelligenza.

Nel caso si utilizzi il getto di una motopompa i momenti favorevoli all’attacco saranno numerosi per la maggiore distanza da cui si opera e per l’efficacia dell’acqua, inoltre non sarà sempre necessaria l’azione di consolidamento. Nel caso dell’uso di flabelli e pompe a zaino il lavoro va ben organizzato: due battitori ed un pompista (o due) attaccano le fiamme con precisione (cosa difficile fra fumo e calore) alla loro base nella sottile striscia (pochi cm) tra ciò che sta bruciando e ciò che sta per bruciare. A pochi e regolari colpi di flabello devono seguire brevi getti d’acqua (a cono molto stretto) delle pompe a zaino diretti con precisione sulla linea che divide il "nero" dal "verde". L’acqua delle pompe può essere usata per abbassare le fiamme e permettere l’avvicinamento dei battitori, o (nella steppa e nella gariga) direttamente nello spegnimento; questo uso però esaurisce rapidamente l’acqua ed è meno efficiente.

Dietro questi volontari ce ne sono altri, sempre con pompe e flabelli, che consolidano lo spegnimento. Infatti lo spegnimento effettuato da coloro che si trovano "in prima linea" non deve essere accurato, ma rapido, mirando a "mangiare" quanto più fuoco è possibile, risalendo i lati dell’incendio verso la testa. Per questo il successivo consolidamento è fondamentale.

Il gruppo in prima linea e il gruppo di consolidamento non devono mai distanziarsi sia perché devono alternarsi tra loro (ogni 5 -10 minuti), sia per motivi di sicurezza (copertura delle spalle). I rifornimenti d’acqua per le pompe e di quella da bere devono essere regolari e tempestivi: vanno calcolati la durata dell’acqua (20 - 30 minuti) e il tempo impiegato nel trasporto.

Il soffiatore sostituisce i flabelli e permette un avanzamento più rapido ma necessita di una maggiore quantità di acqua per il raffreddamento, deve perciò essere seguito da almeno due pompe a zaino.

La fase critica dell’attacco diretto è il momento in cui si raggiunge la testa dell’incendio. Ci sono sostanzialmente tre possibilità di risolvere l’incendio:

- Continuare a controllare i lati della testa, attendendo che le fiamme si abbassino per completare lo spegnimento. Questo se ci sono concrete possibilità che la vegetazione più avanti sia più bassa e rada o che il vento cali o che diminuisca la pendenza o che sia previsto un intervento aereo.

- Organizzare ed attuare un attacco indiretto preparando una fascia tagliafuoco molto più avanti, nel caso si preveda che le fiamme non si abbasseranno. Continuando, nel frattempo, a controllare i lati della testa dell’incendio.

- Usare la tecnica mista di attacco diretto - indiretto, nel caso la vegetazione non sia più alta di 1,5 - 2 metri (macchia bassa, usando una distanza di sicurezza tra testa e fascia tagliafuoco maggiore di quella usata per i lati dell’incendio.

 

  Bonifica: una volta estinte le fiamme, per essere sicuri che queste non riprendano a bruciare, si procede ad un’attenta e meticolosa operazione di controllo del perimetro dell’incendio, allontanando brace e tizzoni dal margine incombusto o spegnendoli con l’acqua, estinguendo le ceppaie fumanti che rischiano di propagare il fuoco all’esterno dell’area bruciata.

In pratica si tratta di creare una netta separazione tra il verde e il bruciato ancora caldo, aprendo, quando è possibile, un vero e proprio sentiero lungo il margine dell’incendio, eliminando tutte le foglie secche e lasciando a nudo il terreno per una larghezza di 30-40 cm.

La bonifica richiede molta attenzione e tempo, solo dopo averla effettuata si può considerare estinto l’incendio. Troppo spesso accade che a causa di frettolose e superficiali bonifiche l’incendio riprenda, vanificando tutto il lavoro fatto in precedenza. Per evitare che ciò accada un buon accorgimento è quello di usare uomini freschi, soprattutto se le operazioni di spegnimento sono state lunghe e faticose, affiancati, con funzioni di guida, da qualcuno dei volontari che ha partecipato allo spegnimento (caposquadra). Si ricordi sempre che questa operazione richiede grande responsabilità, soprattutto verso chi ha compiuto lo spegnimento, e che la ripresa del fuoco sarà generalmente imputata ad una cattiva bonifica.

Nella bonifica vengono molto usati gli strumenti manuali per la cura che richiede, anche se c’è la possibilità di usare acqua in abbondanza (motopompa), questa non è molto efficace sulle ceppaie roventi. Gli strumenti sono: la pompa a zaino, la roncola, il rastro, la zappaccetta e il flabello nell’eventualità di dover affrontare dei focolai. In genere non servono molti uomini (5 o 6), ma essi devono comunque essere in contatto con il coordinatore ed alcuni di loro devono avere una buona esperienza di queste operazioni, perché non è facile individuare i punti che potrebbero sviluppare un nuovo focolaio.

La difficoltà di bonificare e quindi la cura che si deve applicare, aumenta con l’aumentare dell’intensità dell’incendio e l’intrico della vegetazione: la bonifica è semplice se si tratta di steppa, gariga o lettiera di lecceta; molto difficoltosa nella macchia alta. Nel caso di pinete o di macchie con resinose (ginepri) bisognerà scavare anche dei solchi e, se possibile, usare molta acqua, poiché il fuoco può propagarsi sottoterra, attraverso le radici, verso la zona salvata.

Infine, terminata la bonifica, è necessario organizzare la sorveglianza della zona, per non essere colti impreparati dalla ripresa di qualche focolaio. Infatti il vento può sempre sollevare faville dall’area bruciata, dove le braci covano anche per qualche giorno incendi ad alta densità), portandole fuori da perimetro bonificato.

Intervento con l’appoggio di mezzi aerei. Il lavoro delle squadre a terra non è affatto concluso con l’arrivo dei mezzi aerei . Infatti il lavoro si fa più serrato poiché bisogna allontanarsi rapidamente dalla zona interessata al lancio e subito dopo approfittare dell’abbassamento delle fiamme e completare l’estinzione.

E’ necessario che il coordinamento tra mezzi aerei e squadre a terra sia massimo e che i volontari seguano scrupolosamente le direttive del coordinamento del Corpo Forestale. Esso si trova in contatto radio con il pilota e con i volontari (avendo la loro radio o tramite il coordinatore dei volontari). Solo lui decide se chiedere l’intervento al Centro Operativo aereo Unificato, presso il dipartimento della Protezione Civile.

Durante un intervento aereo gli uomini devono essere tutti ben visibili, devono restare vicini tra loro, non devono trovarsi nel punto di lancio, ne a valle se la zona di impatto è franosa.

Anche l’intervento aereo può essere diretto ed in questo caso si usa acqua (a volte addizionata con schiumogeni) e mezzi che permettono ripetuti lanci in breve tempo (elicotteri e Canadair) o indiretto con l’uso di ritardanti lanciati sulla vegetazione, prima che sia raggiunta dal fuoco, onde formare una fascia in grado di rallentare la combustione. Gli aerei usati in questo caso (Aeritalia G222, Ercules C130) devono rifornirsi tornando in aeroporto ed i lanci sono molto distanziati nel tempo. Quando un elicottero deve avvicinarsi al suolo, per atterrare o per rifornirsi d’acqua, bisogna tenersi a debita distanza. Se, in caso di rifornimento o di soccorso, è proprio necessario avvicinarsi ad esso, farlo anteriormente, rendendosi visibili al pilota.

 

TAB. n. I

MEZZI IMPEGNATI DAL CENTRO OPERATIVO AEREO UNIFICATO

AEREI

CANADAIR CL 215 Forestale 

AERITALIA G 222 A.M.

HERCULES C 130 A.M

CANADAIR CL 415 

ELICOTTERI

CHINOOK CH 47 E.I.

AUGUSTA BELL 412 E.I.

AUGUSTA BELL 212 M.M.

Aerei CANADAIR CL 215: Sono il più efficace mezzo d'intervento per gli incendi di grosse proporzioni, ma in genere arrivano tardi a causa delle insufficienti unità e alle obiettive esigenze della Regione. Gli aerei più validi restano ancora i Canadair, (sia come precisione di lancio sia come tempi di carico). Questi aerei risultano oltre tutto più economici, ma sono sempre stati stranamente boicottati al momento dell'acquisto. Capacità di carico del Canadair 5.346 litri.

Aerei militari: alla buona volontà dei piloti si contrappongono dei mezzi del tutto inadeguati allo scopo. Sia l'Aeritalia G 222, che l'Hercules C 130 Lockeed, non sono maneggevoli e facilmente pilotabili. Ogni aereo costa il doppio del Canadair, non può caricare liquido ritardante senza atterrare, e per ogni lancio di questo liquido getta al vento circa 16 milioni di lire (mentre i Canadair usano acqua normale). In pratica è provato che un Canadair ha un'efficacia di lancio 10 volte superiore, a costo e tempi più che dimezzati.

Elicotteri: Potrebbero risultare utili per la localizzazione degli incendi (se non vi è il telerilevamento satellitare) o per il trasporto delle cose o persone sul luogo dell'incendio. Poco funzionali in attività di spegnimento, anche i nuovi Augusta Bell. Capacità di carico degli elicotteri 530\1000 litri.

 

 Intervento notturno: è più pericoloso e difficile raggiungere l’incendio effettuare i rifornimenti e bonificare. Lo spegnimento in se non presenta particolari difficoltà perché le fiamme illuminano a giorno il punto dove si opera. I problemi sorgono durante la bonifica poiché, al buio, non si riesce ad individuare il margine tra il combusto e l’incombusto.

L’intervento notturno deve essere limitato a steppa, gariga e macchia bassa, cioè dove sia consentita una certa visibilità tra i membri della squadra e una certa praticabilità del terreno.

I volontari che intervengono devono essere tutti esperti, anche quelli della squadra di rifornimento. Tutti devono essere dotati di bande fluorescenti sulla tuta ed avere ognuno una torcia portatile. I membri della squadra devono restare sempre vicini tra loro ed essere ben collegati con il coordinatore con almeno due radio. Per individuarsi nel buio si ricorre alle torce, alle radio e se necessario a voce (le grida vanno usate solo per far sapere in che direzione siamo).

In ogni caso i rifornimenti vanno limitati al minimo. Se i volontari sono sul fuoco dal pomeriggio, va organizzato un ricambio con uomini freschi (anche se è bene che qualcuno dei meno stanchi resti, perché ricorda la situazione precedente).

 TAB. n. II 

 CAUSE PRINCIPALI DEGLI INCENDI

Naturali (0,7%) 

(Fulmini, Autocombustione) 

Involontarie (29,8%) 

(Bruciatura delle stoppie, Incendio dei pascoli, Fuochi d'artificio, Bottiglia al sole che funge da lente ustoria, Mozziconi di sigaretta accesi, incidenti alle condutture elettriche ecc.) 

Volontarie (69.5 %) 

(Piromania, Fini speculativi, Protesta sociale, Esibizionismo, Vendetta)

 

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