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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
 

(Segnalata da Nicola Giudice)

 

TRIBUNALE DI PALERMO, Sez. III PENALE, 13 dicembre 2007 , n. 4169
 

 

URBANISTICA ED EDILIZIA - Regione Siciliana - Art. 25 L.R. n. 22/96 - Programmi costruttivi -Approvazione - Intervento sostitutivo del commissario ad acta - Presupposti. E’ pur vero che l’art. 25 della L.R. Sicilia n. 22/96 stabilisce che i Comuni “sono tenuti” ad approvare i programmi costruttivi (strumenti ad iniziativa privata che, se approvati, costituiscono ed equivalgono a varianti dei P.R.G.) e che, in caso di inerzia oltre certi limiti temporali, in loro vece può essere invocato l’intervento in via sostitutiva di un commissario ad acta all’uopo nominato. Tuttavia, tale obbligatoria approvazione non viene prevista sic et simpliciter ma viene condizionata al ricorrere di alcuni ben determinati presupposti: i programmi costruttivi possono essere approvati anche se ricadenti in zone destinate a verde agricolo, purchè si tratti di zone vicine al centro abitato e a condizione che si siano esaurite le aree di espansione già a destinazione abitativa (“C” o “B”). Sicchè, in presenza di aree con tale destinazione, la nomina del commissario ad acta deve ritenersi illegittima. Giud. mon. Alcamo - Imp. Consiglio (avv.ti Mangano e Raimondi) - TRIBUNALE DI PALERMO, Sez. III Penale, 13 dicembre 2007, n. 4169

URBANISTICA ED EDILIZIA - Programma costruttivo - Obbligo della stipula di una convenzione tra privato e p.a. - Insussistenza - Sistematica e continuativa prassi amministrativa - Ragioni. L’obbligo della stipula di una convenzione tra il privato e la pubblica amministrazione è previsto obbligatoriamente solo per i c.d. piani di lottizzazione ad iniziativa di privato che costituiscono uno strumento del tutto diverso dai programmi costruttivi. Nel caso del programma costruttivo non ricorre un analogo obbligo di legge anche se esiste una sistematica e continuativa prassi amministrativa che prevede la stipula di convenzioni anche in questi casi. E ciò, a ben vedere, non senza una logica spiegazione, atteso che nel caso dei programmi costruttivi esistono una serie di materie che vanno convenzionalmente regolate tra il privato e l’ente territoriale, quale, ad esempio, la cessione del diritto di superficie che, come è noto, va fatta con atto pubblico essendo una cessione di diritto reale minore. Giud. mon. Alcamo - Imp. Consiglio (avv.ti Mangano e Raimondi) - TRIBUNALE DI PALERMO, Sez. III Penale, 13 dicembre 2007, n. 4169

URBANISTICA ED EDILIZIA - Avvio dei lavori - Preventivo ottenimento dei pareri prescritti
. Il privato che disponga l’avvio dei lavori deve avere preventivamente ottenuto tutti i pareri prescritti dalla legge (ad es, parere igienico sanitario, nulla-osta del Genio Civile e parere del Settore opere e manutenzioni del locale Comune). Giud. mon. Alcamo - Imp. Consiglio (avv.ti Mangano e Raimondi) - TRIBUNALE DI PALERMO, Sez. III Penale, 13 dicembre 2007, n. 4169

 


N. 4169/2007 SENT.
N. 761/2007 G.R.T.
N. 1489/2006 R.G.N.C.
 


TRIBUNALE DI PALERMO
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 


 


Il Giudice Monocratico Dott. Vittorio ALCAMO della Sezione Terza Penale del Tribunale di Palermo, all’udienza del 7 dicembre 2007, con l’intervento del P.M. Dott. Marco Bottino, e con l’assistenza del Cancelliere B3 Dott.ssa Rosalia Greco
ha pronunciato la seguente


SENTENZA


Nei confronti di
CONSIGLIO Salvatore, nato a Cammarata (AG) il 2.2.1960, res.te in San Giovanni Gemini (AG) Via Mantegna 4
Libero /Contumace
Difeso di fiducia dagli Avv.ti Roberto Mangano e Salvatore Raimondi
Parte civile costituita: Legambiente, rappresentata dall’Avv. Fabio Lanfranca


IMPUTATO


Per il reato di cui all’art. 44, lett. c) del D.P.R. n. 380/2001 perché, quale committente e legale rappresentante dell’impresa “IACEV S.r.l.”, in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, in assenza della prescritta sottoscrizione della relativa convenzione urbanistica da parte dell’amministrazione comunale e in assenza del titolo abilitativi richiesto dalle vigenti leggi urbanistiche, realizzava lavori edilizi abusivi in Palermo - località Rocca-Mezzomonreale in un’area di mq 51000 ricadente in zona F1 destinata a verde agricolo, consistenti:
- Nella realizzazione di opere di spianamento e sbancamento di terreno per complessivi mq 9000 circa, tra le quali due ampi scavi di mq 1610 e di mq 2356 circa, entrambi avente la profondità di mq 4,00 circa;
- nella realizzazione di due corpi di fabbrica, il primo con struttura di fondazione ed un’elevazione f.t. avente struttura in c.a. composta da 23 pilastri e due muri di sostegno in c.a. con solaio di copertura, con superficie totale di mq. 330 circa; il secondo per una superficie di 330 circa, avente soltanto l’armatura metallica della fondazione;
così determinando un’illegittima trasformazione della destinazione urbanistica dell’area a scopo edificatorio.
Accertato in Palermo nel giugno 2004.
Con la recidiva reiterata ed infraquinquennale


CONCLUSIONI DELLE PARTI


Il PM. chiede la condanna a mesi dieci di arresto ed € 25.000/00 di ammenda, nonché applicare le pene accessorie come per legge e la confisca.
L’Avv. Lanfranca per la parte civile conclude come da comparsa conclusionale e nota spese che deposita.
L’Avv. Mangano nell’interesse dell’imputato chiede l’assoluzione con la più ampia formula liberatoria. Deposita memoria difensiva.
L’Avv. Raimondi si associa alle richieste dell’Avv. Mangano.


IN FATTO E IN DIRITTO


Con il decreto in atti il Procuratore della Repubblica di Palermo citava a giudizio innanzi al Tribunale di Palermo in composizione monocratica Consiglio Salvatore per rispondere del reato di cui in epigrafe (fatto commesso in Palermo fino al giugno 2004; con la recidiva).
All’udienza del 25.6.2007 si costituiva parte civile, senza alcuna opposizione, l’associazione “Legambiente”, il P.M. si riportava al capo di imputazione e le parti chiedevano i rispettivi mezzi di prova.
Il Giudice, pertanto, ammetteva le prove richieste e, nel corso della medesima udienza, veniva escusso il teste Maone Antonio, all’esito della cui audizione, su concorde richiesta delle parti veniva revocata l’audizione del teste Farina al quale le parti rinunciavano.
All’udienza del 17.9.2007 venivano escussi i testi Paleologo Giovanni, Raimondo Francesco e Bazan Giuseppe e veniva ammessa la produzione di documenti.
Il 27 ottobre successivo, la difesa scioglieva positivamente una riserva su una produzione documentale richiesta dal P.M. che veniva ammessa, deponeva il teste Clotta Giovanni e veniva ammessa anche una produzione della difesa.
All’udienza del 16.11.2007 veniva revocata l’ordinanza ammissiva delle prove nella parte relativa all’esame del teste Zammataro e dello stesso imputato ai quali le parti rinunciavano.
Quindi venivano dichiarati utilizzabili gli atti e chiusa l’istruzione dibattimentale, e, dopo un rinvio chiesto per la discussione, all’odierna udienza il P.M. e la difesa concludevano come da verbale.
Ciò posto, ritiene il Giudice che le risultanze dell’istruzione dibattimentale consentano di affermare la penale responsabilità dell’imputato in ordine al reato ascrittogli in rubrica.
La presente vicenda processuale, intrecciandosi inevitabilmente con il procedimento tuttora in corso davanti all’Autorità Giudiziaria amministrativa e facendo riferimento ad un lungo ed articolato iter procedimentale, assume aspetti di particolare complessità.
All’imputato, infatti, viene contestato il reato di cui all’art. 44, lett. c) del D.P.R. 380/01 per avere, nella sua qualità di amministratore e legale rappresentante della IACEV s.r.l.”, realizzato, in un terreno destinato a verde agricolo ed esteso circa 51.000 mq, alcune opere edili:
- in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici;
- in assenza della prescritta sottoscrizione di una convenzione urbanistica da parte del locale Comune;
- ed in assenza del prescritto titolo abilitativo.
La complessità della vicenda e del relativo iter burocratico-amministrativo non deve, tuttavia, far perdere di vista l’obiettivo centrale del presente accertamento giudiziale.
Il giudice penale, invero, non deve dar luogo ad una riedizione del processo tuttora in corso presso la competente autorità giudiziaria amministrativa né deve sostituirsi ad essa ma verificare la sussumibilità della specifica condotta oggetto della presente contestazione nella individuata fattispecie criminale.
Nell’eseguire tale doveroso compito lo scrivente deve tuttavia certamente rifarsi alla situazione giuridica e di fatto esistente al momento della condotta (giugno 2004), senza però sconfinare in ambiti che non gli sono propri, specie in considerazione della attuale pendenza del correlato processo amministrativo.
La prima verifica che la contestazione impone è connessa alla sussistenza o meno di una violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici da parte della IACEV s.r.l.
Quest’ultima, avendo ottenuto un finanziamento ai sensi della legge n. 457/78, aveva chiesto al Comune di Palermo l’assegnazione di un’area per la realizzazione di un “programma costruttivo” di circa 150 alloggi con una prima istanza avanzata il 31.7.2001 che veniva esitata negativamente.
Il 12 dicembre successivo la società avanzava una seconda istanza questa volta finalizzata ad ottenere l’approvazione di un programma costruttivo sempre di 150 alloggi ma in una zona preventivamente individuata dalla stessa (“Riserva Reale” in località Rocca).
Anche tale seconda istanza veniva rigettata in quanto in contrasto con le direttive consiliari di indirizzo del 1999 (la n. 225) che escludeva la possibilità di realizzare alloggi di edilizia sociale in aree destinate a verde agricolo e che indicava il centro storico come unica macro-area destinata a tale scopo.
Orbene, già dall’esame di tale primissima fase del complesso iter in esame appare evidente come il Comune di Palermo avesse chiaramente espresso la propria volontà amministrativa, frutto di una precisa scelta di politica urbanistica di sua stretta competenza.
Non trova, pertanto, conferma la tesi difensiva fondata sulla presunta costante inanità e comunque sulla unilateralità ed immotivata contrarietà del Comune di Palermo a qualsiasi iniziativa della società in questione, atteso che l’ente territoriale, fin dalla fase iniziale, ha chiaramente manifestato le proprie scelte urbanistiche e lo ha adeguatamente motivate come conseguenza di indirizzi politico-amministrativi, che non possono essere sostituiti tout court dalla, pur rilevante, libera iniziativa imprenditoriale privata.
A seguito delle due istanze di cui sopra, la società presentava al Comune diverse versioni del medesimo programma costruttivo su aree differenti tra loro.
Anche tali iniziative non venivano condivise vuoi perché dapprima ricadenti in parte in zone demaniali e poi per altre ragioni tecniche.
Con parallela iniziativa, la IACEV con istanza del 28.1.2002 chiedeva all’Assessorato regionale Territorio ed Ambiente la nomina di un commissario ad acta per l’approvazione in via sostitutiva del programma costruttivo.
Alle richieste di chiarimenti dell’Assessorato, il Comune rispondeva in modo dilatorio ma evidenziando il continuo mutare dell’area di volta in volta suggerita dal privato, a seguito delle prescrizioni indicate dall’ente medesimo.
Sino a questo momento, dunque, appare evidente come l’insistenza della IACEV nel cercare di ottenere l’approvazione del suddetto programma costruttivo non trovasse alcuna sponda nella P.A., posto che ogni soluzione proposta era stata esaminata e rigettata nel merito del Comune di Palermo con atteggiamento chiaro ed in equivoco.
La situazione, tuttavia, subiva un sostanziale mutamento allorquando il nominato commissario ad acta dapprima proponeva (con delibera n. 9 del 7.3.2003) al Consiglio comunale l’approvazione del programma costruttivo in variante allo strumento urbanistico e, successivamente all’inerzia del Consiglio protrattasi per il termine di legge, si sostituiva ad esso emettendo la delibera n. 108 del 23.4.2003 con la quale approvava il programma costruttivo.
A tale proposito, tuttavia, va premesse sin d’ora come il T.A.R., con la sentenza in atti, abbia dichiarato illegittimo tale provvedimento emesso in via sostitutiva dal commissario ad acta per le motivazioni desumibili dalla lettura della citata decisione.
Pur non di meno, la IACEV ha fatto chiaramente leva su tale delibera per trasformare quella che sino ad ora poteva apparire come una legittima aspettativa in una vera e propria pretesa almeno dal punto di vista che ci occupa.
Ed invero, se per un verso deve convenirsi circa la piena legittimità del ricorso ai c.d. “programmi costruttivi” come strumenti ad iniziativa privata che, se approvati, costituiscono ed equivalgono a varianti dei P.R.G., per altro verso deve tenersi conto del complessivo dato normativo richiamato.
Prendendo spunto da leggi precedenti, con la L.R. 22/96 la Regione ha previsto i programmi costruttivi non più solo come strumento a termine ma entro il solo limite rappresentato dall’esaurimento dei fondi pubblici destinati alla realizzazione di interventi abitativi.
Ed è pur vero che l’art. 25 stabilisce che i Comuni “sono tenuti” ad approvare i programmi costruttivi e che, in caso di inerzia oltre certi limiti temporali, in loro vece può essere invocato l’intervento in via sostitutiva di un commissario ad acta all’uopo nominato.
Tuttavia, tale obbligatoria approvazione non viene prevista sic et simpliciter ma viene condizionata al ricorrere di alcuni ben determinati presupposti.
Per quel che interessa in questo processo, i programmi costruttivi possono essere approvati anche se ricadenti in zone destinate a verde agricolo, purchè si tratti di zone vicine al centro abitato e, soprattutto, a condizione che si siano esaurite le aree di espansione già a destinazione abitativa (“C” o “B”):
Orbene, nel caso in esame, come è stato peraltro evidenziato prima di questo Giudice dal T.A.R. con la sentenza citata (v. pag. 24), è proprio questo il punctum dolens.
Al momento dell’adozione della delibera n. 108 - il 23.4.2003 - esisteva una variante generale al P.R.G. che individuava espressamente alcune aree “C” c.d. di nuova espansione ed altre aree “B” di completamento.
Si tratta della variante al P.R.G. adottata con D. dir. N. 124 del 13.3.2002 che, proprio in relazione all’aspetto funzionale cui faceva riferimento la normativa in esame, individuava delle nuove aree di espansione classificate come “C” e “B”.
Solo all’esaurimento di queste nuove aree il Comune sarebbe stato tenuto ad approvare il programma di costruzione predisposto dalla IACEV su aree destinate a verde agricolo.
Ragionando a contrario, atteso che il Comune di Palermo, prima ancora delle richieste della IACEV aveva indicato diverse aree a destinazione abitativa di tipo B e C, non era per nulla tenuto ad approvare il programma costruttivo.
Il presupposto legale della nomina del commissario ad acta - l’omessa doverosa approvazione del programma costruttivo - pertanto non appare, in adesione a quanto sinora sostenuto dalla giustizia amministrativa, sussistere nel caso di specie.
Ciò non di meno, l’imputato ha fatto leva proprio su tal provvedimento in via sostitutiva (poi dichiarato illegittimo dal TAR) per dare avvio al programma costruttivo ed ai conseguenti lavori, senza neppure fermarsi di fronte ad una volontà contraria reiteratamente (sia pure talora con notevole e colposo ritardo) espressa dall’amministrazione e ad un’ordinanza di sospensione dei lavori.
A giudizio dello scrivente, al momento del fatto di reato in contestazione (giugno 2004), la situazione giuridica era certamente controversa e passibile di varie interpretazioni ma non consentiva, neppure sotto il profilo dell’elemento psicologico del reato, al Consiglio di ritenere legittimamente autorizzati i lavori che aveva disposto di avviare nella sua qualità di amministratore della IACEV.
La seconda violazione contestata nel capo di imputazione, come si è detto, riguarda la mancanza di una convenzione tra la società ed il Comune di Palermo.
Sotto tale profilo la difesa ha avuto certamente ragione nel sostenere che nessuna normativa statale o regionale stabilisce l’obbligo della stipula di una convenzione tra il privato che presenta un programma costruttivo e l’ente comunale.
Tale obbligo è, invero, previsto obbligatoriamente solo per i c.d. piani di lottizzazione ad iniziativa di privato che, com’è noto costituiscono uno strumento del tutto diverso dai programmi costruttivi.
Un piano di lottizzazione, cioè, non può considerarsi giuridicamente valido ed efficace se non è seguito dalla stipula di una convenzione tra il Comune e il privato proponente, nella quale, come è noto, si convenga la cessione di alcune aree, gli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria etc. etc.
Nel caso del programma costruttivo certamente non ricorre un analogo obbligo di legge anche se, come confermato anche da alcuni testi, esiste una sistematica e continuativa prassi amministrativa che prevede la stipula di convenzioni anche in questi casi.
E ciò, a ben vedere, non senza una logica spiegazione, atteso che nel caso dei programmi costruttivi esistono una serie di materie che vanno convenzionalmente regolate tra il privato e l’ente territoriale, quale, ad esempio, la cessione del diritto di superficie che, come è noto, va fatta con atto pubblico essendo una cessione di diritto reale minore.
Del resto anche la IACEV ha dimostrato di essere a conoscenza di tale prassi amministrativa, posto che nel suo programma costruttivo ha per l’appunto inserito, accento a tutti gli elaborati tecnici, anche uno schema di convenzione da stipulare con il Comune di Palermo (v. documento in atti al punto 14).
Anche sotto questo profilo, dunque, il Consiglio non poteva certamente ritenere legittimamente di essere autorizzato ad avviare i lavori, atteso che la convenzione dallo stesso proposta non solo non era stata sottoscritta dal Comune ma assai difficilmente lo sarebbe stata in considerazione dell’atteggiamento costantemente negativo del suddetto ente.
Né può sostenersi - come ha fatto l’imputato nel carteggio in atti - che la convenzione in parola poteva essere stipulata in un secondo momento, posto che l’esecuzione dei lavori avrebbe di fatto posto nel nulla il potere contrattuale della parte pubblica nella stipulando convenzione.
Infine, all’imputato viene contestato il reato sotto un ulteriore profilo connesso al ricorso alla Denuncia di Inizio Attività (o D.I.A.).
L’argomento si presenta ancora più strettamente tecnico ed autorizza la formulazione di ipotesi interpretative, ancora una volta, di segno diverso tra loro.
In sostanza, dall’Accusa si sostiene l’avvio dei lavori in assenza di un valido titolo abilitativo che, viceversa, la difesa dell’imputato ritiene dell’imputato ritiene di individuare proprio nella D.I.A.
In effetti l’esame della normativa regionale e statale di riferimento sembra indurre a ritenere possibile il ricorso alla D.I.A. anche in caso di un programma costruttivo come quello in esame.
E, del resto, in tal senso si è espresso anche il dirigente comunale Giuseppe Monteleone, il quale, nella sua qualità di responsabile del settore concessioni edilizie del locale Comune, ha formulato un parere favorevole alla D.I.A. da parte della IACEV (si tratta di un documento in data 1.3.2004 prodotto dalla difesa all’udienza del 25.6.2007).
Sul punto lo scrivente si limita ad osservare come l’accertamento anche di tale ulteriore profilo non appare decisivo per l’affermazione della penale responsabilità del Consiglio alla luce delle risultanze sin qui esaminate.
La natura abusiva - al momento del fatto in contestazione - delle opere in concreto avviate dalla IACEV, invero, emerge aliunde con sufficiente chiarezza e conducenza.
Pur tuttavia, appare di dover evidenziare come il pur legittimo ricorso alla D.I.A. non può ritenersi esaustivo ai fini dell’ottenimento del titolo abilitativo, atteso che il privato che disponga l’avvio dei lavori deve avere preventivamente ottenuto tutti i pareri prescritti dalla legge (ad es. parere igienico sanitario, nulla-osta del Genio Civile e parere del Settore opere e manutenzioni del locale Comune).
Si pensi, infatti, alla situazione obiettivamente inammissibile in cui potrebbe trovarsi un privato che, dando avvio alla procedura D.I.A. ed iniziando i lavori, realizzi un’opera asseritamente munita di titolo abilitativo per la quale intervenga successivamente un parere igienico-sanitario contrario o un nulla osta negativo da parte del Genio Civile.
Ciò posto in ordine agli aspetti cruciali della presente vicenda processuale, deve solamente aggiungersi che nessun dubbio ricorre (né è stato sollevato dalla difesa) circa il titolo di proprietà dell’immobile, la qualifica soggettiva dell’imputato e la sua veste di committente delle opere in esame.
Sulla base di tali risultanza istruttorie, a giudizio dello scrivente, va affermata la penale responsabilità dell’imputato in relazione al reato ascrittogli.
Ed invero, nella deposizione dei testi escussi e dalla copiosa documentazione in atti è stato sufficientemente dimostrato che il prevenuto ha realizzato o, comunque, fatto realizzare nel terreno di circa 51.000 mq destinato a verde agricolo sito in località Rocca-Mezzomonreale e di proprietà della società IACEV s.r.l. le opere in cemento armato e gli sbancamenti meglio descritti nel capo di imputazione in violazione dei vigenti strumenti urbanistici, in assenza di una convenzione con il Comune e del titolo abilitativo.
Quanto all’elemento soggettivo, trattandosi di contravvenzione, è sufficiente la colpa sicuramente sussistente, in considerazione della ormai universale conoscenza, salvo eccezioni soggettive da dimostrare da parte di chi ne abbi interesse, della esistenza di un controllo preventivo, consistente nel rilascio di autorizzazioni e di concessioni, da parte della pubblica autorità sulla realizzazione di opere edilizie.
In particolare, si è già evidenziato come, proprio per le suesposte considerazioni, il Consiglio al momento del fatto non avrebbe potuto legittimamente ritenere autorizzate le opere che disponeva di avviare.
Ad ogni modo, trattandosi di contravvenzione, quantomeno sotto il profilo della colpa non pare che possa in alcun modo dubitarsi della sussistenza dell’elemento psicologico del reato in contestazione.
Sulla scorta di tali sintetiche considerazioni, dunque, va affermata la penale responsabilità del Consiglio, al quale non possono concedersi le circostanze attenuanti generiche, in considerazione della sua personalità criminale desumibile dal certificato penale in atti.
Anzi l’esistenza di detti precedenti deve far ritenere la recidiva così come contestata dal P.M. nel decreto di citazione a giudizio.
Appare, pertanto, congrua, ex art. 27 co. 3° Cost. ed avuto riguardo ai criteri oggettivi e soggettivi di cui all’art. 133 c.p. la pena di mesi otto di arresto e 30.000,00 euro di ammenda, così determinata: pena base mesi sei di arresto e 24.000,00 di ammenda aumentata fino alla suddetta pena finale per effetti della ritenuta recidiva.
Segue di diritto la condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali.
L’imputato va, inoltre, condannato al risarcimento del danno in favore della parte civile costituita Legambiente, da determinarsi nella competente sede civile nonché alla refusione delle spese legali di costituzione e difesa che liquida in complessivi euro 4.000,00 oltre I.V.A. e c.p.a. se dovuti come per legge.
A tale proposito ci si limita a richiamare la costante giurisprudenza della Corte di legittimità in tema di diritto al risarcimento da parte di associazione ambientaliste, ed in modo particolare proprio dell’associazione Legambiente, per reati in materia edilizia che producano danni al territorio ed all’ambiente.
Nel caso in esame, peraltro, risulta agli atti che la suddetta associazione si è resa parte attiva nel procedimento amministrativo facendo ricorso al T.A.R. e così sostenendo le ragioni ambientaliste in modo concreto e fattivo.
Ai sensi del disposto di cui all’art. 240 c.p. e 44 e ss. D.P.R. 380/01, va poi ordinata la confisca di quanto in giudiziale sequestro, ricorrendone le condizioni di legge.
Sussistendo, invece, i presupposti previsti dagli artt. 163 e ss. c.p. e nella ragionevole previsione che l’imputato, nonostante l’esistenza dei suddetti precedenti, si asterrà nel futuro dal commettere ulteriori reati, l’esecuzione della pena può essere sospesa, per il termine ed alle condizioni di legge.
Ai sensi dell’art. 7 L. 47/85 e succ. mod. va inoltre ordinata la demolizione delle opere abusivamente realizzate.
Si osserva in proposito che l’ordine di demolizione da parte del giudice ai sensi della norma citata costituisce atto dovuto in caso di condanna e di mancata esecuzione della demolizione, senza che vi sia alcun rapporto alternativo tra esso e l’ordine analogo eventualmente emesso dalla pubblica amministrazione, trattandosi di misura diretta a rendere ineludibile l’obbligo della demolizione delle opere abusive.
Infine, stante la relativa complessità della presente fattispecie, lo scrivente indica, ai sensi dell’art. 544 co. 3 c.p.p., il termine di giorni novanta per il deposito della motivazione della sentenza.

 

P.Q.M.


Visti gli articoli di legge in epigrafe, 99 c.p., 533-535 c.p.p.;


DICHIARA


Consiglio Salavtore colpevole del reato ascrittogli e con la recidiva contestata in atti lo condanna alla pena di mesi otto di arresto e di 30.000,00 euro di ammenda, oltre che al pagamento delle spese processuali.
Visto l’art. 538 e ss. c.p.p.;
condanna il predetto imputato al risarcimento dei danni in favore della parte civile costituita “legambiente”, da determinarsi nella competente sede civile nonché alla refusione delle spese di costituzione e difesa che liquida in complessivi euro 4.000,00 oltre I.V.A. e c.p.a. se dovuti come per legge.
Visto l’art. 163 c.p.;
ordina sospendersi l’esecuzione della suddetta pena per il termine e alle condizioni di legge.
Visto l’art. 240 c.p. e 44 e ss. D.P.R. 380/01;
ordina la confisca di quanto in giudiziale sequestro.
visto l’art. 7 ult. co. L. 47/85 e succ. mod.;
ordina la demolizione delle opera abusive meglio descritte nel capo d’imputazione.
Visto l’art. 544 co.3 c.p.p.;
indica il termine di giorni novanta per il deposito della motivazione della sentenza.
Palermo, 7 dicembre 2007
Il giudice monocratico
V. Alcamo
Dep. 13/12/07

 


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